Loading...

Tag: social media

#BOOTSTRAP: L’ARTE DI AVVIARE UN BUSINESS

L’evento che mette in contatto giovani imprenditori e protagonisti del mondo dell’innovazione.

Il 30 ottobre 2019 all’interno di ALI EXPO, la due giorni di Azimut dedicata all’economia reale, torna #Bootstrap, l’evento organizzato da StartupItalia che ha come obiettivo quello di fare incontrare chi fa business, chi crea valore e posti di lavoro, accompagnando e spingendo i clienti verso l’evoluzione futura.

16 startup early stage avranno l’opportunità di incontrare 16 mentor con i quali discutere, condividere esperienze, scambiare opinioni per capire su cosa puntare per avere successo. Nessun palco, ma quattro tavoli di lavoro intorno ai quali direttori marketing, responsabili web e social media, giornalisti e CTO delle più importanti aziende italiane si metteranno a disposizione delle nuove idee e delle startup su 4 temi:

  1. Mission e Strategia;
  2. Funding e Risorse Umane;
  3. Execution, Tecnologia, UX;
  4. Comunicazione e Promozione.

Per partecipare al #Bootstrap, possono partecipare tutte le Startup italiane, la deadline è fissata entro il 30 settembre 2019, attraverso la compilazione del form al seguente link: https://startupitalia.eu/bootstrapcall

Ascoltare il cliente è la base per l’innovazione: l’approccio Lean Startup

L’ascolto del cliente come punto di partenza per implementare l’innovazione: parliamo di una delle basi fondamentali dell’approccio Lean Startup, la metodologia per startup ideata da Eric Ries

L’approccio Lean Startup rappresenta una delle colonne portanti del percorso di formazione teorico/pratica per lo startup creation a cui hanno avuto accesso le 20 idee di impresa selezionate per i Learning Days di #VulcanicaMente4R. Il percorso dei Learning Days si avvale, infatti, di un esclusivo approccio metodologico chiamato approccio scientifico – sperimentale che raccoglie contributi derivanti da svariate correnti sull’imprenditorialità innovativa e le startup.

Quello che vogliamo approfondire oggi in questo post è uno dei temi caratterizzanti dell’approccio Lean Startup, rappresentato dalla centralità del cliente e, in particolare, dall’importanza di ascoltare il cliente e i suoi feedback per costruire e migliorare il prodotto e/o il servizio offerto dalla propria startup.

Questa tematica è affrontata in un interessante post pubblicato di recente dal blog di leanstartup.co, intitolato “Innovate Better By Listening To Your Customers”. Il post descrive la conversazione avvenuta tra Elliot Susel (Lean Startup Co.) e Sonali Shetty (Kova Digital), incentrata proprio sul modo più efficace che le aziende dovrebbero implementare nel comunicare con i clienti.

La rivoluzione nella comunicazione azienda/cliente è iniziata circa dieci anni fa, quando Apple aveva aperto l’app store, i social media erano in enorme crescita e Facebook aveva aperto la propria API a sviluppatori di app di terze parti. Improvvisamente, le aziende avevano la possibilità di comunicare con i propri clienti e, più in generale, con il proprio target di potenziali clienti in una maniera diretta come mai era accaduto prima.

Shetty racconta come ha vissuto quel periodo: l’obiettivo della sua azienda era quello di far capire a startup e imprese cosa poteva significare per loro questo cambiamento, quanto fosse rivoluzionario e quanto fosse importante per la loro crescita prepararsi ad utilizzare al meglio tutto questo. Nel frattempo, la crescita esponenziale del mondo digital stava ampliando sempre di più gli orizzonti: non c’erano soltanto le app, ma anche nuovi prodotti in campo mobile, web, IoT, algoritmi e machine learning. Questa crescita non faceva altro che ampliare le opportunità derivanti dalla comunicazione diretta tra azienda e cliente.

La metafora del fiume, utilizzata da Shetty per spiegare quanto accadeva in quel periodo di crescita e di cambiamento, aiuta a comprendere meglio la situazione: è come quando attraversi il fiume e senti le pietre sotto ai piedi. L’obiettivo resta attraversare il fiume, ma mentre prosegui il tuo percorso, sentire che le pietre danno stabilità al tuo cammino ti aiuta a capire quanto il percorso stia procedendo su un terreno sempre più solido e sensato.

Facendo perno proprio sulle nuove possibilità in termini di prodotto offerte dal panorama in continua evoluzione, Shetty con la sua Kova Digital si è concentrato sull’innovazione e sulla consulenza alle imprese che desideravano implementarla. Il punto di forza del progetto stava nel fatto che tutte le aziende, prima o poi, hanno bisogno di innovarsi.

L’innovazione però, spiega Shetty, non è mai un lavoro facile: nella maggior parte dei casi, le aziende hanno serie difficoltà a implementare il cambiamento. Spesso vedono dei rischi troppo grandi, o hanno paura di fallire, o ancora non vogliono investire le risorse necessarie. Per questo motivo, Shetty consiglia di affidare ad una persona il compito di innovare, facendone un lavoro vero e proprio.

Questa persona deve impegnarsi nell’attività di ascolto del cliente: lo scopo è conoscerlo, capirlo, capire quale sia il suo percorso di acquisto e se ci sono (e dove) delle lacune o delle opportunità da studiare, eliminare o sfruttare.
Non bisogna mai cercare di copiare l’innovazione di altre aziende: l’innovazione giusta è diversa per ciascun progetto, perché è legata indissolubilmente all’ascolto delle esigenze, dei bisogni, dei feedback raccolti dai clienti effettivi e potenziali.

Lo scopo deve essere quello di individuare e fornire al cliente ciò che egli ritiene essere un valore aggiunto. Per questo motivo, imparare a comunicare efficacemente con il cliente è un’attività che bisognerebbe imparare a fare prima possibile. Ed è altrettanto fondamentale imparare ad implementare rapidamente i miglioramenti a prodotti e servizi, testarli e ripartire da capo ogni volta che sarà necessario, in quello che l’approccio Lean definisce il feedback loop.

Questo approccio, cuore pulsante del Lean Startup, è quello che ogni startup deve imparare a mettere in pratica fin dall’inizio della sua attività di business, per permettere all’idea di crescere e di arrivare sul mercato con migliori opportunità di successo. Occorre fare attenzione, però, perché (come spiega Shetty per esperienza) spesso le startup tendono a voler saltare immediatamente alla costruzione di un prodotto, che vivono come qualcosa di più semplice e immediato, senza trascorrere abbastanza tempo nell’attività di comunicazione e conoscenza del cliente.

La lezione più importante per una startup, quindi, è quella di imparare prima possibile ad ascoltare il cliente e i suoi bisogni, in maniera tale da apportare al prodotto / servizio offerto i miglioramenti suggeriti e da testare quanto prima il nuovo prodotto / servizio ottenuto. E, naturalmente, non dimenticare mai l’insegnamento più importante: il concetto di fallimento va rimodulato, perché

un errore ben compreso e sfruttato non è altro che una forma di apprendimento

Vi ricordiamo che l’approccio Lean Startup è una delle basi teoriche del percorso di formazione e mentorship ad approccio scientifico – sperimentale dei Learning Days di #VulcanicaMente4R, riservato ai 20 migliori team che hanno partecipato alla call for ideas.

I 6 workshop dei Learning Days, della durata di due giorni ciascuno, saranno ospitati dal CSI – Centro Servizi Incubatore Napoli Est. Il percorso ha preso il via lo scorso 30 ottobre, con la partecipazione dei 20 team selezionati nella prima fase del percorso di “VulcanicaMente: dal talento all’impresa 4 – Reloaded”.

Il programma e il calendario dei Learning Days sono disponibili qui: 

Vulcanicamente 4 learning days

vm4r

Startup e Branding: le regole per costruire e far crescere un marchio di successo

Martin Zwilling (CEO e founder di Startup Professionals) ha raccolto le otto regole fondamentali per una startup che vuole costruire un brand di successo duraturo nel tempo: l’elenco è stato recentemente pubblicato da Forbes, in un articolo intitolato “8 New Rules For Growing An Enduring Startup Brand”.

brandingstartup

Tutte le startup, al momento di lanciare un nuovo business, sperano di poter diventare il brand di riferimento nel proprio settore: come Starbucks per il caffè, o Apple per l’elettronica di consumo. Ma riuscire a costruire e a far crescere un brand di successo è un’impresa tutt’altro che semplice, nella quale è fondamentale una strategia ben precisa, sorretta da un lavoro costante ed impegnativo.

Tra i motivi per cui risulta così difficile per una startup costruire un brand di successo duraturo, Zwilling nomina il fatto che il mercato ed i gusti/bisogni del consumatore sono in continua evoluzione. A ciò si aggiunge la spinta dei concorrenti, che alzano continuamente il tiro riguardo ai prodotti e ai servizi, rendendo l’arena competitiva sempre più difficile da gestire e fronteggiare.

Zwilling prova a venire incontro agli startupper alle prese con il brand, fornendo un elenco di otto regole utili che nascono dalle sue riflessioni ed intuizioni dopo la lettura del libro “Rocket: Eight Lessons to Secure Infinite Growth” a cura di The Boston Consulting Group.

Alla base del suo ragionamento, c’è la convinzione secondo la quale eventuali passi falsi in materia di branding sono più semplici da recuperare, se capitano nel corso delle prime fasi di vita di una startup. Vediamo quindi, più nel dettaglio, le otto regole di Zwilling per la strategia di branding di una startup:

1) Non chiedere ai clienti cosa vogliono nel prossimo futuro

La realtà di ogni startup è quella in cui ci si sforza di riuscire a trovare il giusto equilibrio tra la necessità di trovare immediatamente una soluzione al problema del cliente, e l’offrire a quest’ultimo una vera e propria sfida, quella di “fare un salto avanti” utilizzando un prodotto/servizio del tutto innovativo. I clienti non possono immaginare un concetto o dei comportamenti del tutto nuovi: bisogna incuriosirli, portarli a lavorare di immaginazione, per poi proporgli una nuova realtà.

2) Trasforma i tuoi più grandi fan nei tuoi clienti “evangelizzatori”

I primi clienti soddisfatti rappresentano il veicolo attraverso il quale la reputazione di una startup arriva sul mercato: sono questi ultimi a conoscere per primi i punti di forza, le debolezze e le opportunità del nuovo prodotto/servizio. Occorre ascoltarli, rispondergli, instaurare un dialogo con loro per riuscire ad innescare il passaparola. Secondo l’autore, il valore di un cliente “evangelizzatore” può essere fino ad otto volte superiore a quello di un nuovo cliente: il passaparola riesce ad innescare una vera e propria traiettoria di crescita del valore del brand.

3) Accogli sempre il disprezzo di un cliente come se fosse un dono

In una startup è facile convincersi che una certa percentuale di clienti insoddisfatti è fisiologica: ma anche le recensioni negative vanno accolte, fornendogli una risposta esauriente. Questo atteggiamento è la chiave per la crescita del business: senza le valutazioni dei clienti, buone o cattive che siano, non ci sarà nessun miglioramento.

4) Le persone giudicano sempre un libro dalla copertina

Un cliente acquista soprattutto in base a ciò che vede: gli aspetti estetici, strettamente visivi di un prodotto/servizio sono quindi fondamentali. Come ha sempre fatto Steve Jobs, occorre creare un prodotto/servizio attraente per gli occhi, qualcosa che renda fieri, al contempo, il team che l’ha creato ed il cliente che lo ha acquistato.

5) Trasforma dipendenti e collaboratori in appassionati “evangelizzatori”

Un team motivato ed entusiasta del proprio lavoro riesce a raccontare la storia della startup e del prodotto in maniera appassionata e coinvolgente per il cliente: si tratta di una fonte importantissima di vantaggio competitivo per una startup che sta lavorando alla brand strategy. La fedeltà del team è strettamente connessa al processo di fidelizzazione della clientela.

6) Cura le relazioni reali e virtuali

Nell’era digitale, le relazioni virtuali con il cliente sono sempre più intrecciate e indivisibili dalle relazioni ed i contatti reali. Far crescere le relazioni virtuali è un processo più semplice e veloce, per cui è fondamentale per una startup utilizzare blog e social media come strumenti per costruire relazioni interattive con la clientela.

7) Fai passi da gigante piuttosto che piccoli passi

Può essere davvero difficile cambiare il mondo con piccoli progressi incrementali e di consolidamento: una startup dovrebbe essere sempre chiara, efficace, decisa nelle proprie richieste ed azioni di branding. In caso contrario, diventa veramente difficile riuscire a farsi notare nell’enorme mole di messaggi cui il cliente è sottoposto ogni giorno. Una startup può contare, da questo punto di vista, su un grande vantaggio: parte da un sogno e non ha alcun legame che la ancori al passato.

8) Non dare mai per scontato che il brand abbia raggiunto la stabilità

Tutti i rapporti sono costantemente sottoposti a cambiamenti e fluttuazioni: ciò accade anche nella relazione con il cliente. In qualsiasi momento, cambiamenti culturali ed eventi esterni possono minare la stabilità del brand: per affrontare questo tipo di problematica, una startup deve impegnarsi in un’attività costante di raccolta e monitoraggio dei dati. Sulla base dei dati, infatti, sarà possibile riconoscere repentinamente un cambiamento e reagire in maniera proattiva.

In conclusione, Zwilling fa notare come il filo rosso che lega tutte le otto regole elencate sia la necessità di costruire prima possibile uno stretto legame emotivo con il cliente: una relazione solida e basata sulla fiducia tra clientela e brand rappresenta infatti la base per una crescita esponenziale della startup.

Il post originale su Forbes è disponibile qui: http://www.forbes.com/sites/martinzwilling/2015/10/15/8-new-rules-for-growing-an-enduring-startup-brand/?linkId=18062925

Napoli, 25/11/2015

Project Music Accelerator 2016: 30K e 3 mesi negli USA per startup nell’industria musicale

L’acceleratore statunitense Nashville Entrepreneur Center, con sede in Tennessee, è alla ricerca di startup con progetti tecnologici ed innovativi nell’industria della Musica: la call for startup resterà aperta fino al 6 novembre 2015 con il form di registrazione on-line disponibile qui.

projectmusic

Per il programma di accelerazione Project Music Accelerator 2016 saranno selezionati i migliori progetti di otto startup da tutto il mondo, focalizzati sul mondo della Musica nelle seguenti aree di interesse:

Social Media
Big Data
Content Monetization
Hardware
Distribuzione
Engagement

Per ciascuno degli otto team selezionati (il numero minimo di componenti è di due founder che lavorano full time al progetto), Project Music garantisce:

percorso di accelerazione della durata di 16 settimane negli USA (in partenza a Gennaio 2016)
finanziamento da 30K dietro cessione di un massimo del 10% di Equity

Project Music propone un percorso di accelerazione nel quale i team potranno interagire con mentor e formatori esperti di startup, del settore musicale e delle più importanti competenze aziendali. Inoltre, i team saranno accompagnati nel percorso di incontro e contrattazione con eventuali investitori.
Ricordiamo che è fondamentale che i progetti nel campo dell’industria musicale presentino una componente innovativa e technology based.

Per maggiori informazioni: http://www.projectmusic.co/

Napoli, 26/10/2015

The Startup Framework: sei passi per convalidare il prodotto senza investire capitale

Mitchell Harper è CEO di Capital H Labs, startup studio che si occupa di prodotti e strumenti utili alle nuove aziende nel loro percorso di crescita, ed è co-founder di Bigcommerce, startup fondata nel 2009 che conta oggi oltre 100.000 clienti e 500 dipendenti. Sul portale Medium ha recentemente pubblicato i suoi consigli per le startup, con particolare riferimento ad un framework in 6 fasi da utilizzare allo scopo di convalidare l’idea prima di iniziare ad investire denaro nel progetto.

Secondo Harper, sono essenzialmente due le attività da svolgere in una startup prima di lanciare il prodotto:

1) validare il bisogno del prodotto,
2) creare un prodotto che risponda al bisogno riscontrato.

La validazione del prodotto è essenziale per una startup: senza un’adeguata validazione del prodotto rispetto al mercato di riferimento, infatti, si rischia di ritrovarsi tra le mani un prodotto per il quale nessuno sarà disposto a pagare. Ciò significa bruciare un sacco di risorse in termini di tempo, lavoro e denaro, per non parlare degli strascichi che il team porta addosso dopo un fallimento.

Ecco perchè il team di Harper ha realizzato un vero e proprio framework, un canovaccio di attività da seguire ed implementare prima di investire anche un solo euro in una startup: vediamo quali sono le fasi che lo compongono.

FASE 1 – Identificare il problema, non la soluzione

Lo scopo è quello di riuscire a spiegare in maniera chiara ed articolata un problema che si verifica regolarmente per voi e/o per gli altri. Attenzione: in questa fase occorre concentrarsi esclusivamente sul problema, la soluzione sarà in un secondo momento.
Bisogna riuscire a descrivere il problema in una frase, più semplice possibile, ad esempio:

– Non è possibile continuare a mantenere un contatto con la clientela una volta che lasciano il ristorante;
– La progettazione grafica di qualità professionale per i social media è troppo difficile.

In conclusione, si avrà l’idea solo quando si sarà in grado di articolare il problema in una frase unica, semplice ed efficace.

FASE 2 – Determinare se si tratta o meno di un problema di primo livello

Identificare i problemi è piuttosto semplice, ce ne sono ovunque: ciò che davvero una startup deve riuscire a fare è identificare un problema “di primo livello”. Per problema di primo livello si intende che quello che si sta cercando di risolvere rappresenta uno dei tre problemi più importanti che i potenziali clienti stanno vivendo.

Prendiamo, ad esempio, il caso in cui il nostro cliente target sia il CEO di una piccola impresa. I primi cinque problemi del target di riferimento potrebbero essere i seguenti:

1. Generare più vendite
2. Far funzionare in maniera efficiente il marketing (assumere un responsabile marketing)
3. Esternalizzare (outsurcing) il payroll ed i benefit
4. Migliorare la product selection
5. Avviare una campagna social efficiente, investendo in Facebook Ads

Se la nostra startup sta cercando di lanciare sul mercato un social media tool, è evidente che il CEO di una piccola impresa non dovrebbe essere il suo target di riferimento: il problema dei social media, infatti, non è tra i primi tre della sua lista, bensì si trova al quinto posto. I CEO di una piccola impresa saranno, quindi, troppo impegnati a risolvere i primi tre problemi per interessarsi sufficientemente al prodotto della startup in questione.

Questo ragionamento è spesso difficile da accettare per i founder di una startup, che sono convinti di avere il miglior prodotto possibile da offrire: la verità è che bisogna identificare il proprio target in maniera più efficace, costruendo un vero e proprio profilo/base di chi è interessato ad acquistare il prodotto. Ad esempio, identificando le dimensioni dell’azienda, il ruolo, la localizzazione ed il settore di riferimento.

Una volta costruito il profilo-base del potenziale cliente target, è utile costruire una lista di almeno 20 persone che soddisfano i requisiti (ad esempio, basandosi sui profili LinkedIn). A questo punto, occorre inviare un messaggio ad ognuno dei nomi presenti nella lista per proporre una breve chiamata conoscitiva, allo scopo di effettuare una ricerca di mercato.

Quando si scrive il messaggio occorre tenere ben presenti alcuni brevi ed efficaci consigli offerti da Harper: essere brevi e andare dritti al punto, specificare il giorno e l’ora in cui si vuole effettuare la chiamata, costruire una lista di almeno 3 volte il numero di persone che si desidera effettivamente intervistare.

Una volta giunti a questo punto, si avrà a disposizione una lista di potenziali clienti che realmente vivono il problema identificato: si può dunque procedere con le interviste, che dovranno essere costruite in modo tale da convalidare alcuni elementi.

Al termine delle interviste dovranno essere ben chiari i seguenti punti:

1. Il modo in cui si sperimenta il problema
2. Quanto è effettivamente sentito il problema (è un problema di livello 1?)
3. Come cercano di risolvere il problema attualmente
4. Sarebbero disposti a pagare per una soluzione?

FASE 3 – Identificare correttamente le soluzioni attualmente esistenti

Tra le informazioni di cui si dispone dopo aver effettuato le interviste, ci sarà un’idea ben chiara del modo in cui attualmente è possibile risolvere il problema. Ad esempio, gli intervistati potrebbero nominare specifici prodotti o aziende a cui fanno riferimento. A tal proposito, l’autore mette in guardia da un possibile e diffuso errore in fase di intervista: non bisogna chiedere nello specifico “quale prodotto utilizza al momento per affrontare il problema?”, ma mantenersi su un generico “in che modo affronta il problema attualmente?”.

Solitamente, una startup cercherà di risolvere un problema che già altre aziende provano a risolvere: ciò può accadere in un mercato abbastanza grande, con un problema di livello 1 che almeno un concorrente attualmente risolve in maniera efficace (ciò può significare che esiste traction, che ha raccolto fondi, che è in attività da alcuni anni, che è in fase di crescita, etc).

Se non esiste nessuno che sta cercano di risolvere quello specifico problema, invece, bisogna fare attenzione: nella maggior parte dei casi significa che non esiste un mercato di riferimento, o che non è abbastanza grande da giustificare un investimento.

FASE 4 – Cercare i difetti delle soluzioni esistenti

Che ci siano o meno dei prodotti che attualmente risolvano in qualche modo il problema, lo step successivo consiste nel capire quali sono i difetti dell’attuale processo di soluzione del problema.

Se c’è già un prodotto concorrente, lo scopo deve essere quello di capire in che modo la nostra startup può riuscire ad offrire qualcosa di diverso e maggiormente efficace: non basta una semplice differenza, occorre che sia una differenza che rende la nostra soluzione migliore di quella dei concorrenti.

Se non c’è un prodotto concorrente vero e proprio, ma un processo composto da una serie di prodotti, servizi, modalità che gli intervistati utilizzano, è utile capire bene di cosa si tratta per capire quali siano i difetti di questo processo (tempi, complessità, costi, frustrazione).

Lo scopo finale della fase 4 è quello di riuscire ad articolare chiaramente in che modo la nostra soluzione è migliore rispetto agli attuali prodotti/processi utilizzati.

FASE 5 – Verificare se esiste un budget per la soluzione

Se esistono già dei prodotti concorrenti, è possibile osservare e studiare i loro dati in termini di traction: stanno crescendo rapidamente? Hanno un sufficiente volume di clienti? Hanno chiuso con successo operazioni di fund raising? Stanno assumendo personale?

Se ci sono dei segnali di crescita per i concorrenti, significa che questi ultimi hanno un buon prodotto, che sta generando entrate e per cui ci sono dei clienti disposti a pagare. Il che significa che qualcuno ha un budget assegnato per prodotti di questo tipo.

A questo punto può essere utile effettuare alcune interviste di follow-up (possono bastarne 10) per chiedere un parere sul prezzo che sarebbero disposti a pagare per una soluzione al problema che hanno dichiarato di vivere. Questa seconda tornata di chiamate potrebbe essere strutturata nel modo seguente:

ricapitolare il problema,
spiegare la nostra soluzione, focalizzandosi sul perché è migliore di quelle attuali,
chiedere quanto sarebbero orientativamente disposti a pagare per la nostra soluzione.

FASE 6 – Utilizzare le informazioni ottenute per stabilire una roadmap

Una volta identificato il problema, la soluzione, il potenziale mercato di riferimento, la concorrenza, il vantaggio competitivo e il prezzo è possibile prendere una decisione definitiva: avviare o meno una startup?

Se si decide di avviare una nuova impresa, è possibile compiere i successivi passi come la pianificazione del prodotto e la costruzione del MVP. Ma, nella definizione della sua roadmap con tutte le attività e gli obiettivi, la startup prenderà il via con il vantaggio essere riusciti a validare il prodotto senza aver investito capitale, grazie al framework proposto da Harper.

Per leggere il post originale: https://medium.com/swlh/the-startup-framework-to-validate-your-idea-before-you-spend-1-5c475a3bbd6f

Napoli, 09/10/2015

International Accelerator Winter Program 2015: 12 mesi in Texas e 50K per le startup selezionate

Resterà aperta fino al prossimo 5 ottobre la call for startup di International Accelerator, acceleratore statunitense (con sede nella città di Austin, in Texas) che si ripropone di portare sul mercato nordamericano le migliori startup nate fuori dagli USA.

La call è destinata a startup di tutto il mondo, che saranno selezionate con l’aiuto di ambassador scelti per ogni Paese (per l’Italia si tratta di Startupbusiness).
Le candidature vanno inviate entro il 5 ottobre 2015, compilando il modulo online disponibile al seguente link: http://www.internationalaccelerator.com/apply-now/

Le 10 migliori startup saranno selezionate entro il 19 ottobre e dovranno confermare la loro partecipazione all’evento “Investment Commitee” (previsto nella sede di International Accelerator ad Austin tra il 18 e il 21 novembre) entro il 23 ottobre. Tra le 10 startup finaliste, saranno selezionate soltanto le migliori (da 3 a 5) che entreranno a fare parte del programma di accelerazione invernale 2015/2016.

int_accelerator

International Accelerator è alla ricerca di progetti in svariati settori, con un focus in particolare sulle seguenti aree: Saas, Healthcare, Energy & Cleantech, Social Media.

Requisito fondamentale richiesto alle startup candidate, è avere a disposizione un Mvp (minimum viable product), con una validazione di mercato e metriche di traction.

Il prodotto dovrà rispondere ad uno specifico bisogno in un mercato che negli Stati Uniti sia attualmente in fase di crescita. Completano l’elenco delle caratteristiche fondamentali per partecipare alla call, un team solido con una profonda conoscenza del prodotto e del mercato di riferimento della startup, in cui almeno uno dei membri non sia cittadino USA. Inoltre, almeno uno dei rappresentanti del team deve disponibile a trasferirsi ad Austin, per la durata del percorso di accelerazione.

Riguardo ai premi in palio, le 10 startup finaliste avranno l’opportunità di presentare i loro progetti agli investitori dell’area di Austin e di conoscere meglio l’area della città texana, tra quelle che stanno crescendo con la maggiore velocità tre le tech-city americane.
Le startup vincitrici della call, infine, accedono al programma di accelerazione di International Accelerator (durata 12 mesi) e ad un finanziamento da 50.000$ (sotto forma di convertible note).

Per maggiori informazioni: http://www.internationalaccelerator.com/

FONTE: http://it.startupbusiness.it/news/aperta-la-call-invernale-di-international-accelerator/80992/?utm_source=twitterfeed&utm_medium=twitter&utm_campaign=Feed%3A+startupbusinessnews+%28Startupbusiness+News%29

Napoli, 10/09/2015

Innovazione in azienda: tre modi per favorire la creatività e il successo

Nick Royle è CMO a MSI, è esperto di Marketing Strategy, Social Media, Digital, Branding ed ha pubblicato di recente su LinkedIn un post dedicato al tema dell’innovazione in azienda. Secondo Royle, le aziende migliori sono proprio quelle che non si limitano a crescere ed espandersi, ma si impegnano ogni giorno a cercare nuovi modi per risolvere i problemi. Questo tipo di aziende sono quelle che non si accontentano ad essere le migliori in ciò che fanno: sono quelle che cercano costantemente di cambiare, innovare, migliorare per rendere il proprio business un successo.

innovation-world

Ma in che modo un’azienda può essere davvero innovativa? L’obiettivo, secondo Role, deve essere quello di modificare le proprie “practices” per incoraggiare la creatività a fluire liberamente. L’autore suggerisce tre modalità per farlo:

1) Prestare particolare attenzione alle politiche in materia di risorse umane

Assumere persone innovative è il primo passo per migliorare l’innovazione in azienda. Ma questo, spesso, vuol dire far entrare nel team candidati che, a prima vista, non sono allineati alla perfezione alle esigenze aziendali.

Sembra un controsenso, ma un’azienda che si rivolge a candidati esattamente allineati alle esigenze del business rischia di ritrovarsi involontariamente con una serie di “cloni” che bloccano lo sviluppo aziendale, impantanandosi in una mentalità ristretta.

Scegliere i candidati giusti per l’innovazione non significa assumere personale non qualificato, o che non condivide la vision aziendale: significa essere disposti a creare un team composto da background e personalità differenti, per aumentare le possibilità di confronto e condivisione di idee.

2) Espandersi nei modi e nei luoghi giusti

Un’azienda in crescita dovrebbe prendere in considerazione l’apertura di altre sedi, per ospitare più dipendenti ed accrescere il mercato di riferimento. Ma quando un’azienda innovativa studia il mercato, sceglie di indirizzare le proprie nuove sedi nelle aree in cui è possibile ottenere maggiori potenzialità di crescita. Per questo motivo, la scelta sarà preceduta da attente analisi e ricerche, anche in termini di competenze disponibili.

La delocalizzazione internazionale può dare una grossa spinta al processo di crescita di un’azienda, e a volte un cambiamento di scenario serve anche ad aprire gli occhi e guidare il business verso attività nuove. In ogni caso, anche se l’internazionalizzazione rappresenta una grossa opportunità di crescita ed innovazione, le aziende devono essere prudenti ed assicurarsi di essere pronte per questo passo.

3) Riconoscere e premiare ogni buona idea

In un mondo utopico, qualsiasi nuova idea viene eseguita con successo fino ad aggiungere valore all’azienda. Ma purtroppo, circostanze reali e spesso impreviste possono dimostrare che una buona idea innovativa non è effettivamente realizzabile. Ciò non deve essere vissuto come un fallimento completo: quando un dipendente ha una buona idea e la determinazione di realizzarla deve essere sempre lodato e premiato, a prescindere dal risultato finale.

Il fallimento di un’idea innovativa è un rischio insito in qualsiasi percorso di crescita ed innovazione aziendale: basta pensare al concetto stesso di innovazione disruptive. Un vero leader è colui che riesce a creare una cultura aziendale fondata su valori di flessibilità, che incoraggia il team a tentare e ad imparare dagli errori.

Non bisogna mai dimenticare, però, che l’innovazione richiede coraggio, non il lanciarsi nel rischio ad occhi chiusi. Non tutte le aziende che si assumono rischi ottengono il successo, ma tutte le aziende di successo si assumono dei rischi.

Il consiglio finale di Royle è quindi quello di implementare in azienda le tre azioni elencate, ma esaminando sempre tutte le opzioni in modo critico, con mente aperta, per favorire l’innovazione a tutti i livelli.

Il post originale è disponibile qui: https://www.linkedin.com/pulse/3-ways-spur-innovation-organization-nick-royle

Napoli, 22/07/2015

Consigli per startup e imprese – Digital Marketing e creazione di contenuti: uno strumento per aumentare le vendite

L’attività di Digital Marketing rappresenta uno degli strumenti più importanti ed efficaci di cui una startup (e, in generale, un’azienda) può avvalersi per raggiungere i propri obiettivi di business e, in particolare, di vendite. Nello specifico, un’attività coerente e costante di marketing digitale, basata sulla creazione di contenuti mirati su social media, può contribuire in larga misura al successo di una startup.

Il tema del Digital Marketing è affrontato in un interessante post di James Kelliher, CEO di Whiteoaks, pubblicato di recente nella sezione “Lead Generation” del Digital Marketing Magazine: come anticipato dal titolo, lo scopo del post di Kelliher è quello di dimostrare in che modo l’utilizzo corretto del Digital Content può cambiare le dinamiche del business aziendale.

digital-marketing

Prima di tutto, l’autore afferma che la maggior parte delle aziende che decidono di concentrarsi sulle politiche e le linee guida riguardo il coinvolgimento e la gestione della community devono prendere coscienza che una buona campagna di social media rappresenta lo strumento in grado di creare il massimo valore in termini di lead generation: per questo motivo, la campagna social deve essere l’obiettivo primario.

Il primo step da affrontare nella pianificazione ed implementazione di una campagna di Digital Marketing è quello di identificare i target e le priorità su cui concentrare la comunicazione: questo passaggio è oggi facilitato dagli strumenti offerti dai social media, che consentono di costruire un vero e proprio database delle persone cui rivolgersi.

Una volta identificate le persone cui rivolgersi, bisogna convincerle ad avvicinarsi alla nostra azienda fino a concludere la transazione con l’acquisto del nostro prodotto: è in questa fase che il Digital Content diventa di centrale importanza. Da questo momento in poi, il contenuto offerto rappresenta il veicolo che permette di raggiungere il potenziale cliente e, in prospettiva, di convincerlo a procedere all’acquisto.

Per questo motivo, occorre fare molta attenzione al mix di contenuti offerti: bisognerebbe pubblicare informazioni specifiche riguardanti l’azienda, e altri contenuti open-source su argomenti rilevanti del settore, costruiti in modo tale da comunicare un messaggio di innovazione e sviluppo nel settore.
I contenuti così creati vanno poi veicolati attraverso i social: in particolare, Kelliher sostiene che nelle comunicazioni b2b l’ideale è servirsi di Twitter e LinkedIn.

Un altro aspetto fondamentale da tenere in considerazione è che l’engagement è un processo “a doppio senso”: la comunicazione funziona se, oltre a diffondere messaggi e contenuti, l’azienda riesce ad incoraggiare le persone ad avviare un dialogo. Una volta che c’è l’engagement, è possibile raccogliere dati ed informazioni utili su utenti e potenziali clienti. Un suggerimento utile offerto dall’autore riguardo alla raccolta di dati e informazioni è quello di assicurarsi che i messaggi specifici cui avranno accesso gli utenti che si collegano al sito aziendale siano in parte aperti e in parte chiusi. I contenuti di alto valore dovrebbero infatti essere chiusi, e i visitatori del sito dovrebbero lasciare dati ed informazioni per accedere ad essi.

Ancora, l’engagement degli utenti può essere monitorato attraverso le attività sui social media: ad esempio, è possibile identificare un orizzonte temporale (1, 2 o 3 mesi) e capire se durante questo periodo di tempo gli utenti avranno delle interazioni social con i profili dell’azienda (un retweet, un like, una condivisione, un commento, etc). Tenere sotto controllo questa tipologia di attività rappresenta un modo per monitorare la qualità delle relazioni che si sono instaurate tra l’azienda e il cliente.
Inoltre, esaminare la tipologia di contenuto che cattura l’interesse è un’ulteriore opportunità per raccogliere informazioni e capire quale tipologia di prodotto il cliente potrebbe acquistare.

Office Desk with Tools and Notes About Digital Marketing

Il passo finale, naturalmente, è quello di trasformare l’engagement in vendite effettive: in questo, i canali di vendita tradizionali sono insostituibili (telefono, faccia a faccia, attraverso l’intermediazione di terzi).
Tuttavia, la quantità di dati ed informazioni raccolte attraverso una campagna di Digital Marketing coerente, continuativa e basata sui contenuti rappresenta un passo avanti quando ci si trova a dover concludere la vendita finale.

In conclusione, Kelliher pone l’attenzione su un aspetto caratterizzante di questa tipologia di approccio: visto da questa prospettiva, il marketing diventa un processo in cui il potenziale cliente non è più un semplice “bersaglio passivo”, ma assume un ruolo importante in cui si sente coinvolto fin dalle prime fasi di attività del business.

Il post originale è disponibile qui: http://digitalmarketingmagazine.co.uk/digital-marketing-lead-generation/effective-use-of-digital-content-will-change-the-dynamics-of-your-business

Napoli, 09/07/2015

Consigli per startup e imprese: umanizzare il brand grazie alla comunicazione social

Michelle Manafy è direttore di Digital Content Next, associazione di categoria che si occupa delle esigenze delle imprese in materia di digital media. Nel suo ultimo articolo pubblicato da INC., parla di come i social media rappresentino un aspetto fondamentale per i brand di startup e imprese.

In particolare, il suo articolo analizza un aspetto tanto importante quanto difficile da gestire: quando si tratta di social media, i brand devono essere “umanizzati”. Comportarsi “come dei robot” è infatti, secondo Michelle Manafy, l’errore più fatale che un’azienda possa commettere quando si affronta la comunicazione sui social media.

Nel suo articolo, l’autrice espone ai lettori tre strategie efficaci per aziende e startup alle prese con la comunicazione sui social: vediamo di quali strategie si tratta.

1) Le persone alimentano il business

Le persone che lavorano in un’azienda sono una grande forza per il brand: il primo suggerimento è quello di prendere in considerazione l’idea di mettere una foto che ritragga il team sulle home page degli account social. Guardare in faccia le persone che compongono un’azienda è importante per i clienti, che possono in questo modo avere uno strumento in più da cui capire la cultura che c’è dietro al brand.
Un’altra buona idea è quella di coinvolgere il personale e il team nella creazione di contenuti su Twitter: la conseguenza sarà quella di infondere alla presenza social del brand una vera e propria “forza umanizzante” che coinvolge in maniera efficace la community.

Social media communication concept

2) La conversazione è a due vie

Uno dei più grandi errori che un’azienda può fare quando si tratta di social media è quello di utilizzare i propri profili come un mezzo di comunicazione a senso unico. Il minimo che si possa fare, è utilizzare i social come un mezzo per rispondere a richieste e reclami dei clienti.
Anche in questo caso, bisogna ricordare sempre che lo scopo è quello di umanizzare il brand: per questo motivo, è importante parlare con i clienti affrontando problemi e richieste con grazia e gentilezza.

Oltre ad utilizzare i social media come canale per il servizio clienti, è possibile aumentare l’efficacia della comunicazione social del brand cercando di coinvolgere la clientela nella creazione di contenuti: un metodo molto utile e diffuso è, ad esempio, quello di incoraggiarli a postare fotografie tramite Twitter o Facebook, che ritraggano il cliente mentre utilizza il prodotto.
Da questo punto di vista, è importante dare sempre un riscontro o una risposta (ad esempio attraverso un retweet).

3) Le persone hanno la propria personalità

A questo punto, l’autrice si sofferma sul logo aziendale: questo è di solito la prima cosa che un cliente vede sulle pagine social dell’azienda. Ma questo logo ha personalità? La risposta può essere sì, ma secondo Michelle Manafy anche il logo migliore non può mai ricalcare e comunicare la pluralità di aspetti della personalità umana.
Ecco perchè bisogna affiancare al logo un linguaggio che riesca a comunicare delle emozioni, in particolare la gioia e l’umorismo: sono proprio queste ultime, infatti, le emozioni che riscuotono maggior successo sui social media.

Infine, l’autrice ricorda due aspetti da tenere sempre in mente quando si parla di comunicazione social del brand: la prima regola generale è quella di interagire utilizzando i nomi e parlando in prima persona, per trasmettere un maggior senso di umanità e genuinità.
La seconda, è quella di applicare i tre consigli strategici esposti anche alla creazione di contenuti.

Per leggere il post originale: http://www.inc.com/michelle-manafy/humanizing-your-brand-for-social-success-the-content-connection.html

Napoli, 30/06/2015

1 2 3