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Tag: cliente

E-qube Startup&idea Challenge: La Call a supporto dell’innovazione e dello sviluppo imprenditoriale con premi fino a 60 mila euro

Il laboratorio di ricerca e sviluppo nel settore dell’energia che utilizza le capacità e le energie delle Startup per portare sul mercato nuovi servizi e nuovi prodotti.

Estra – in collaborazione con StartupItalia e Nana Bianca – ha lanciato la terza edizione di E-qube Startup&idea Challenge, la Call con l’obiettivo di individuare e lanciare sul mercato le migliori idee del settore Digital & Energy, sostenendo e accelerando i progetti imprenditoriali più innovativi in tanti settori di business.

La Call è alla ricerca di progetti tecnologici e digitali con una priorità in 9 aree di interesse:

  1. Esperienza del clienteModelli di business innovativi e servizi a valore aggiunto per la base di clienti di Estra;
  2. Soluzioni per città intelligenti ed efficienza energeticaCittà intelligente, edificio intelligente, casa intelligente;
  3. Mobilità intelligente: Soluzioni e servizi per la mobilità sostenibile in un’economia verde e condivisa;
  4. Gestione dei rifiuti ed economia circolareSoluzioni di gestione e trattamento per la riduzione, il riutilizzo e il riciclaggio dei rifiuti;
  5. EnergiaGenerazione di energia e gestione dello stoccaggio innovative;
  6. Marcom: Soluzioni e servizi di intelligenza artificiale basati sui dati per un’interazione innovativa con i clienti;
  7. TelcoInnovazioni della sicurezza IT e tecnologie applicate per la rete di prossima generazione;
  8. Biocombustibile e Smart Grid multi – energiaintegrazione multi-energia nella rete e soluzioni per i biocarburanti di prossima generazione;
  9. Mobile, Retail e FintechPiattaforme basate su UX-UI per la gestione di oggetti intelligenti, pagamenti, contratti e relazioni con i clienti.

Nel particolare, lo scopo della E-qube Startup&idea Challenge è favorire un percorso di open innovation, con un grant complessivo di investimento di 60 mila euro, sostenendo la creazione di nuove imprese e l’accelerazione di Startup.

Le tre Startup selezionate, seguiranno un programma di 16 settimane che comprende anche moduli di formazione imprenditoriale e workshop. Durante tutto questo periodo i partecipanti saranno seguiti da mentor di Estra e Nana Bianca.

Per partecipare alla Call E-qube Startup&idea Challenge, la deadline è fissata entro il 16 gennaio 2020 ore 23:59, attraverso la compilazione del form al seguente link: https://www.f6s.com/e-qube-2019

Per maggiori informazioni è possibile consultare il regolamento al seguente link: https://res.cloudinary.com/estra/image/upload/v1570030997/e-qube/2019/regolamento/E-QUBE_2019_REGOLAMENTO_DEFINITIVO_INGLESE_rev_02102019

Startup Tips: 5 consigli per il primo anno di attività della tua impresa

I suggerimenti di imprenditori di successo per i primi 12 mesi di attività di una startup

Il primo anno di attività di una startup è fondamentale per porre le basi di un percorso imprenditoriale di successo: ecco i 5 consigli utili per gestire al meglio questa fase così delicata.

1. La pianificazione è la chiave

Avere un obiettivo in mente è fondamentale per una startup, ma ciò che conta ancor di più è sapere come fare per raggiungerlo: ecco perchè bisogna pianificare accuratamente una strategia aziendale. Warren Buffett, uno degli investitori di maggior successo di tutti i tempi, una volta disse:

“Qualcuno oggi è seduto all’ombra perché qualcun’altro ha piantato un albero molto tempo fa”

2. Pubblicizza il tuo prodotto o la tua attività

Nessuno sarà mai interessato ad acquistare il tuo prodotto se non gli farai capire realmente di cosa si tratta: nel primo anno di attività è fondamentale occuparsi della visibilità della tua startup, scegliendo il giusto mix di canali di comunicazione tra metodi tradizionali e marketing digitale. Non bisogna mai dimenticare che, come disse una volta il pioniere di Internet William Schrader:

“Quasi da un giorno all’altro, Internet è passato da essere una meraviglia tecnica a un’attività commerciale”

3. Assicurati che i tuoi clienti siano felici

I clienti felici portano al successo dell’azienda: che si tratti di una startup o di un’impresa consolidata, la priorità assoluta deve essere sempre la soddisfazione del cliente. Attenzione, quindi, alla gestione delle relazioni con i clienti (CRM).  D’altronde, fu il grande Henry Ford ad affermare che:

“Un’azienda assolutamente dedita all’eccellenza del servizio clienti avrà una sola preoccupazione per i profitti: saranno imbarazzantemente grandi”

4. Non correre rischi è il rischio più grande

Evitare i rischi calcolati è uno dei fattori che portano la startup al fallimento: la vita di un’azienda è piena di passaggi rischiosi e decisioni difficili da prendere, quindi soppesa accuratamente le opzioni che hai e prova a fare la scelta più intelligente possibile.
E se nonostante questo ti troverai a fallire, accogli il fallimento, fai pace con esso e impara dai tuoi errori, per poi guardare ancora una volta avanti. Come ha detto il fondatore di Facebook, Mark Zuckerberg:

“In un mondo che sta cambiando molto rapidamente, l’unica strategia che è riuscita a fallire non è correre rischi”.

5. La forza è essenziale per uno startupper

Essere un imprenditore significa agire senza guardarsi indietro e senza farsi distrarre da chi cercherà di scoraggiarti: non prestare attenzione a chi ti dice che è impossibile, affronta i fallimenti a testa alta e continua a lavorare verso i tuoi obiettivi con grande forza e volontà.
Come ha detto una volta Steve Jobs, fondatore della Apple:

“Ciò che separa gli imprenditori di successo da quelli non di successo è la pura perseveranza”.

Startup Tips: 5 consigli fondamentali per prevenire ed evitare il fallimento

Come prevenire la possibilità di fallimento di una startup? Ecco 5 consigli fondamentali da mettere in pratica quando scegli di avviare un’impresa

Essere uno startupper è un lavoro impegnativo e spesso snervante, ma anche eccitante e gratificante: portare la tua startup dall’idea iniziale su carta a un’azienda reale, prospera e in crescita non può che essere un percorso affascinante da affrontare!

Dall’altro lato, però, è anche vero che essere il founder di una startup è un po’ come un viaggio sulle montagne russe: quando lanci il tuo prodotto sul mercato i problemi di natura legale, finanziaria, di marketing, relativi al personale o all’assistenza clienti sembrano non finire mai.

Gestire una startup può essere un vero e proprio campo minato e la dimostrazione delle difficoltà di una nuova impresa sembrano essere rispecchiate fedelmente dai numeri: secondo le statistiche, circa la metà delle startup falliscono entro i primi cinque anni di attività.

Ma esiste un modo per provare ad arrivare al successo con una startup ed evitarne il fallimento? Vi proponiamo 5 consigli fondamentali per prevenire ed evitare il fallimento della vostra startup.

1) La tua proposta deve essere unica

Il consiglio principale che i founder di una startup dovrebbero tenere sempre in mente riguarda l’unicità assoluta dei prodotti o servizi proposti sul mercato: identifica con precisione il problema da risolvere e costruisci una soluzione unica nel suo genere, che abbia un target di riferimento ben preciso.
E non dimenticare: il successo della tua startup dipende anche dal modo in cui saprai comunicare ai potenziali clienti l’unicità della tua offerta.

2) Migliora le capacità di leadership

Concentrarsi sulla crescita personale e sul miglioramento delle proprie skills in tema di leadership è fondamentale per uno startupper: se sei intenzionato a lavorare per il successo della tua startup devi rimboccarti le maniche e essere appassionato di ciò che fai, ma soprattutto devi avere la capacità di guidare in maniera sicura il tuo team attraverso tutte le tempeste che incontrete nel vostro viaggio.
Ricorda che essere un leader è una capacità che comprende tante sfaccettature: devi saper motivare, comunicare, delegare e canalizzare le energie del team nel percorso migliore verso il successo.

3) Guarda sempre al cliente

Quando il tuo prodotto/servizio è pronto per il mercato, dovrai lavorare per ottenere la fiducia dei tuoi clienti: aiutali a scegliere proprio te, concentrandoti su un particolare problema o bisogno da risolvere in maniera diversa e unica, quindi identifica il tuo target di riferimento e assicurati di dare ai clienti tutta l’assistenza necessaria.
Ascolta sempre con attenzione i feedback della clientela, positivi o negativi che siano, e impara a farne tesoro per migliorare l’offerta della tua startup.

4) Ingaggia il team giusto

Il talento è fondamentale per una startup, ma anche l’intelligenza e il buon lavoro di squadra sono ingredienti necessari a raggiungere il successo: assicurati di comporre il tuo team con i migliori compagni di squadra possibili, che siano davvero bravi nel loro ruolo.

5) Sii bravo con i numeri

Tutti gli aspiranti imprenditori devono saper testare la redditività dei loro prodotti e servizi prima di lanciarli sul mercato: un prodotto fantastico può fallire miseramente se il lancio non è supportato da adeguati sforzi di marketing e se dietro non si sono calcoli, numeri e stime il più accurati possibile.

In conclusione, l’avvio di una startup non è sicuramente una faccenda semplice e il fallimento è un rischio concreto che devi correre, cercando di essere il più possibile preparato ad affontare gli ostacoli con calma, saggezza e procedendo un passo alla volta.

FONTE: https://www.completeconnection.ca/prevent-startup-failure/

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VulcanicaMente4R, i Learning Days: vi raccontiamo i primi tre workshop

Vi raccontiamo come sta andando il percorso dei team selezionati per la fase dei Learning Days di VulcanicaMente: dal talento all’impresa 4 – Reloaded…. E non lasciatevi sfuggire l’ultima possibilità per entrare a far parte di una delle squadre delle nostre startup!

Con il terzo workshop che si è concluso ieri, il percorso dei Learning Days di #VulcanicaMente4R è arrivato al giro di boa: i team selezionati attraverso la call for ideas hanno partecipato a ben sei moduli, che hanno visto l’alternarsi di momenti di formazione e mentorship di natura teorico-pratica basati su un innovativo ed esclusivo approccio definito “scientifico – sperimentale”.

Grazie all’approccio elaborato ad hoc per i team del CSI – Incubatore Napoli Est, gli aspiranti startupper che si preparano al prossimo momento di confronto e selezione dell’Open Day stanno acquisendo tutte le competenze necessarie per definire e testare il mercato, anche grazie alla formulazione di uno o più MVP – Minimum Viable Product, nonché per perfezionare il modello di business.

Learning Days: i primi tre workshop

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Gli argomenti affrontati dai team di “VulcanicaMente: dal talento all’impresa 4 – reloaded” nel terzo workshop (che si è tenuto nelle giornate di mercoledì 14 e giovedì 15 novembre) sono stati quelli relativi a Prototyping e Customer Experience, sotto la guida esperta di Marco Fantozzi.

Per il modulo “Prototyping” ci si è concentrati sul concetto stesso di prototipazione, fornendo ai ragazzi un toolkit completo finalizzato alla realizzazione di un prototipo del proprio progetto.
Il modulo “Customer Experience”, invece, è stato interamente costruito intorno al concetto di customer journey/experience: lo scopo è quello di dotare i team delle conoscenze fondamentali per analizzare, comprendere e progettare la customer journey per il proprio prodotto / servizio.

Riguardo, invece, ai primi due workshop dei Learning Days di #VulcanicaMente4R, ecco uno schema riassuntivo delle tematiche affrontate:

Workshop 1 – a cura di Marco Meola
Moduli 1 e 2 “L’innovazione e la sua identità”

Il workshop ha avuto finalità introduttive e di accoglienza dei team, con una panoramica generale per approfondire alcuni concetti di base come quelli di innovazione e modelli di business. Ai team è stata inoltre chiarita la definizione di obiettivi, metodologie, aspettative e risultati attesi per ciascun progetto partecipante al percorso.

Workshop 2 – a cura di Irene Cassarino
Moduli 3 e 4 “Discovery e customer profiling: quale mercato, quali clienti, come ri-conoscerli”

L’obiettivo è quello di fornire gli strumenti utili a comprendere il proprio mercato come chiave per acquisire nuovi clienti, mantenere quelli esistent e innovare la propria offerta. Tra gli aspetti approfonditi, la segmentazione di mercato e il Targeting con la loro rilevanza strategica fondamentale. In questo workshop i team hanno acquisito le conoscenze di alcuni approcci fondamentali per le startup, come Job To Be Done, Behavioral Evidence Analysis e metodo ACCESS.

#VulcanicaMente4R – Ancora una possibilità per accedere al percorso

Vi ricordiamo che nel corso di questa fase dedicata ai Learning Days, che si concluderà il 4 dicembre 2018, c’è una nuova possibilità per chi non ha fatto in tempo a partecipare alla call di VulcanicaMente!

Compilando, il prima possibile, il form disponibile a questo link, i talenti in possesso di competenze di natura manageriale, tecnica, commerciale, etc. potranno provare a convincere i team attualmente inseriti nel percorso del CSI a farli entrare nella propria squadra!

Tutte le informazioni per partecipare, assieme alla descrizione dei team e delle idee di #VulcanicaMente4R, sono disponibili qui: https://www.incubatorenapoliest.it/vulcanicamente-4-learning-days/

Ascoltare il cliente è la base per l’innovazione: l’approccio Lean Startup

L’ascolto del cliente come punto di partenza per implementare l’innovazione: parliamo di una delle basi fondamentali dell’approccio Lean Startup, la metodologia per startup ideata da Eric Ries

L’approccio Lean Startup rappresenta una delle colonne portanti del percorso di formazione teorico/pratica per lo startup creation a cui hanno avuto accesso le 20 idee di impresa selezionate per i Learning Days di #VulcanicaMente4R. Il percorso dei Learning Days si avvale, infatti, di un esclusivo approccio metodologico chiamato approccio scientifico – sperimentale che raccoglie contributi derivanti da svariate correnti sull’imprenditorialità innovativa e le startup.

Quello che vogliamo approfondire oggi in questo post è uno dei temi caratterizzanti dell’approccio Lean Startup, rappresentato dalla centralità del cliente e, in particolare, dall’importanza di ascoltare il cliente e i suoi feedback per costruire e migliorare il prodotto e/o il servizio offerto dalla propria startup.

Questa tematica è affrontata in un interessante post pubblicato di recente dal blog di leanstartup.co, intitolato “Innovate Better By Listening To Your Customers”. Il post descrive la conversazione avvenuta tra Elliot Susel (Lean Startup Co.) e Sonali Shetty (Kova Digital), incentrata proprio sul modo più efficace che le aziende dovrebbero implementare nel comunicare con i clienti.

La rivoluzione nella comunicazione azienda/cliente è iniziata circa dieci anni fa, quando Apple aveva aperto l’app store, i social media erano in enorme crescita e Facebook aveva aperto la propria API a sviluppatori di app di terze parti. Improvvisamente, le aziende avevano la possibilità di comunicare con i propri clienti e, più in generale, con il proprio target di potenziali clienti in una maniera diretta come mai era accaduto prima.

Shetty racconta come ha vissuto quel periodo: l’obiettivo della sua azienda era quello di far capire a startup e imprese cosa poteva significare per loro questo cambiamento, quanto fosse rivoluzionario e quanto fosse importante per la loro crescita prepararsi ad utilizzare al meglio tutto questo. Nel frattempo, la crescita esponenziale del mondo digital stava ampliando sempre di più gli orizzonti: non c’erano soltanto le app, ma anche nuovi prodotti in campo mobile, web, IoT, algoritmi e machine learning. Questa crescita non faceva altro che ampliare le opportunità derivanti dalla comunicazione diretta tra azienda e cliente.

La metafora del fiume, utilizzata da Shetty per spiegare quanto accadeva in quel periodo di crescita e di cambiamento, aiuta a comprendere meglio la situazione: è come quando attraversi il fiume e senti le pietre sotto ai piedi. L’obiettivo resta attraversare il fiume, ma mentre prosegui il tuo percorso, sentire che le pietre danno stabilità al tuo cammino ti aiuta a capire quanto il percorso stia procedendo su un terreno sempre più solido e sensato.

Facendo perno proprio sulle nuove possibilità in termini di prodotto offerte dal panorama in continua evoluzione, Shetty con la sua Kova Digital si è concentrato sull’innovazione e sulla consulenza alle imprese che desideravano implementarla. Il punto di forza del progetto stava nel fatto che tutte le aziende, prima o poi, hanno bisogno di innovarsi.

L’innovazione però, spiega Shetty, non è mai un lavoro facile: nella maggior parte dei casi, le aziende hanno serie difficoltà a implementare il cambiamento. Spesso vedono dei rischi troppo grandi, o hanno paura di fallire, o ancora non vogliono investire le risorse necessarie. Per questo motivo, Shetty consiglia di affidare ad una persona il compito di innovare, facendone un lavoro vero e proprio.

Questa persona deve impegnarsi nell’attività di ascolto del cliente: lo scopo è conoscerlo, capirlo, capire quale sia il suo percorso di acquisto e se ci sono (e dove) delle lacune o delle opportunità da studiare, eliminare o sfruttare.
Non bisogna mai cercare di copiare l’innovazione di altre aziende: l’innovazione giusta è diversa per ciascun progetto, perché è legata indissolubilmente all’ascolto delle esigenze, dei bisogni, dei feedback raccolti dai clienti effettivi e potenziali.

Lo scopo deve essere quello di individuare e fornire al cliente ciò che egli ritiene essere un valore aggiunto. Per questo motivo, imparare a comunicare efficacemente con il cliente è un’attività che bisognerebbe imparare a fare prima possibile. Ed è altrettanto fondamentale imparare ad implementare rapidamente i miglioramenti a prodotti e servizi, testarli e ripartire da capo ogni volta che sarà necessario, in quello che l’approccio Lean definisce il feedback loop.

Questo approccio, cuore pulsante del Lean Startup, è quello che ogni startup deve imparare a mettere in pratica fin dall’inizio della sua attività di business, per permettere all’idea di crescere e di arrivare sul mercato con migliori opportunità di successo. Occorre fare attenzione, però, perché (come spiega Shetty per esperienza) spesso le startup tendono a voler saltare immediatamente alla costruzione di un prodotto, che vivono come qualcosa di più semplice e immediato, senza trascorrere abbastanza tempo nell’attività di comunicazione e conoscenza del cliente.

La lezione più importante per una startup, quindi, è quella di imparare prima possibile ad ascoltare il cliente e i suoi bisogni, in maniera tale da apportare al prodotto / servizio offerto i miglioramenti suggeriti e da testare quanto prima il nuovo prodotto / servizio ottenuto. E, naturalmente, non dimenticare mai l’insegnamento più importante: il concetto di fallimento va rimodulato, perché

un errore ben compreso e sfruttato non è altro che una forma di apprendimento

Vi ricordiamo che l’approccio Lean Startup è una delle basi teoriche del percorso di formazione e mentorship ad approccio scientifico – sperimentale dei Learning Days di #VulcanicaMente4R, riservato ai 20 migliori team che hanno partecipato alla call for ideas.

I 6 workshop dei Learning Days, della durata di due giorni ciascuno, saranno ospitati dal CSI – Centro Servizi Incubatore Napoli Est. Il percorso ha preso il via lo scorso 30 ottobre, con la partecipazione dei 20 team selezionati nella prima fase del percorso di “VulcanicaMente: dal talento all’impresa 4 – Reloaded”.

Il programma e il calendario dei Learning Days sono disponibili qui: 

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Startup e strategie di Pricing: esperienze e consigli di founder di successo

Il post di oggi è incentrato su un aspetto specifico e fondamentale per una startup che, dopo aver superato i primi ostacoli, sviluppato un MVP funzionante e, in alcuni casi, implementato uno o più pivot, si appresta a lanciare il prodotto sul mercato. A questo punto, è necessario concentrarsi su un problema spesso particolarmente complesso per gli startupper: definire la strategia di pricing.

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Un recente post apparso sul blog di Foundr a firma di Jonathan Chan viene in aiuto alle startup alle prese con la definizione dei prezzi, raccogliendo i consigli e le esperienze di 11 startupper che hanno già vissuto e superato con successo questo momento delicato della crescita di un business: ripercorriamo quindi i suoi passi, elencando uno per uno i punti salienti delle 11 interviste raccolte da Chan.

INTRODUZIONE

Una volta superate le fasi iniziali di vita, per la startup arriva finalmente il momento di monetizzare: è in questa fase che subentra la necessità di stabilire “il prezzo giusto” per il proprio prodotto.

Il pricing è un’attività tutt’altro che semplice, sempre in bilico nel dubbio tra un prezzo troppo alto (a rischio che nessuno compri il prodotto) e un prezzo troppo basso (che vanificherebbe tutti gli sforzi e le risorse impegnate finora nel progetto).

Le domande che Chan pone ai 11 startupper di successo intervistati sono essenzialmente tre:

a) Qual è la vostra strategia di pricing?
b) Che cosa ti ha fatto decidere il prezzo X per il tuo prodotto?
c) Qual è la cosa più importante da tenere a mente quando si tratta di stabilire il prezzo?

1. John Lee Dumas (Entrepreneur On Fire)

Come si fa a dare un prezzo alla propria passione? Questa è la domanda che J.L. Dumas si è posto nei 12 mesi in cui ha lavorato al suo ultimo progetto, The Freedom Journal.

Per stabilire il prezzo finale di The Freedom Journal (attualmente pari a 35$), Dumas si è concentrato su tre aspetti:

a) Ricerche di mercato: Dumas ha acquistato tramite Amazon tutte le riviste simili alla sua, studiandone i contenuti e confrontandone i prezzi.

b) Coinvolgimento dell’audience di riferimento: utilizzando SurveyMonkey, Dumas ha effettuato un sondaggio per capire cosa pensavano i potenziali clienti sul tema e misurare la loro “sensibilità al prezzo”.

c) Intuito: l’intuizione è un mezzo potente a disposizione di ciascuno di noi e Dumas consiglia a tutti di utilizzarla al meglio nella strategia di pricing.

2. Dan Norriss (WP Curve)

Il consiglio più diffuso quando si parla di pricing è quello di aumentare i prezzi: secondo Norriss si tratta decisamente di un cattivo consiglio. In questo modo si rischia di soffocare l’innovazione, trasformando il proprio business in un servizio di consulenza come tutti gli altri.

Generalmente, le aziende smart e competitive sono riuscite a fare un passo avanti rispetto ai concorrenti, favorendo la diffusione dell’innovazione con prezzi più convenienti rispetto a quelli di prodotti già sul mercato.

Quando ha dovuto definire il prezzo per WP Curve, Norriss ha calcolato in maniera approssimativa quanto gli sarebbe costato il servizio per ciascun utente. Ed ha stabilito il prezzo finale raddoppiando quella cifra.

Ancora oggi, controlla regolarmente la stima di partenza e mantiene questa linea, anche se questo ha significato a volte sacrificare parte dei margini: ma non ha intenzione di cambiare la propria strategia, perchè è convinto che per una startup sia fondamentale mantenere l’equilibrio tra l’esigenza di essere disruptive e quella di diffondere l’innovazione.

3. Ramit Sethi (I Will Teach You How To Be Rich)

Il team di I Will Teach You How To Be Rich ha deciso di offrire gratuitamente agli utenti circa il 98% del suo materiale, con l’obiettivo di fare del proprio materiale free un contenuto migliore di tanti altri a pagamento.

Questa decisione, assieme ad altre scelte strategiche come quella di non poter acquistare i corsi direttamente dal sito web, costa alla startup oltre 2 milioni di $ all’anno. Ma allora perchè lo fanno?

Prima di tutto, secondo Sethi, questa strategia consente di educare il consumatore al perché il materiale di I Will Teach You How To Be Rich è migliore di altri. Ancora più importante, la scelta è imperniata sull’obiettivo di costruire una relazione duratura con il cliente, basata sulla fiducia.

Una volta costruita una solida relazione con il cliente, sarà possibile offrirgli un corso che rappresenta il top a livello mondiale, al prezzo più adatto ad un prodotto del genere: Sethi è assolutamente convinto che nella definizione della strategia di pricing bisogna concentrarsi sull’autostima e sulla convinzione del valore del proprio prodotto.

Se non si è assolutamente convinti che il proprio prodotto rappresenti il top sul mercato, infatti, è probabilmente necessario continuare a lavorare allo sviluppo, allo scopo di farne il migliore in assoluto.

4. Yaro Starak (Entrepreneur’s Journey)

Il modello seguito da Starak nella definizione dei prezzi ricalca il concetto di “imbuto di vendita”, in cui il prezzo cambia a seconda del punto dell’imbuto in cui è posizionato:

– Se il prodotto è “front-end” significa che è posizionato all’entrata dell’imbuto, per cui l’obiettivo è quello di distribuire il valore mantenendo un prezzo abbastanza basso, in modo tale che sia una spesa facile da giustificare;

– Se il prodotto è “back-end” è venduto a clienti che hanno già acquistato da voi in precedenza, con cui esiste quindi un rapporto già collaudato. Si tratta quindi di un acquirente attivo, disposto a spendere di più per avere un prodotto di livello più elevato.

Un altro aspetto da considerare quando si stabiliscono i prezzi è quello che tiene conto del livello di supporto/contatto/complessità. In linea generale, quando il cliente ha un livello di questo tipo particolarmente alto (ad esempio nei servizi di formazione), è possibile mantenere elevato il livello dei prezzo. Allo stesso modo, quanto più complesso è il problema che il prodotto risolve, tanto più il prezzo potrà raggiungere livelli alti.

Ancora, una variabile utile da considerare nella definizione del pricing è quella relativa al risultato che il cliente ottiene attraverso il prodotto: quanto più il prodotto porta un grande cambiamento nella vita del cliente, tanto più il prezzo potrà essere elevato.

Infine, secondo Starak, in caso di dubbio è utile basarsi sul prezzo di altri prodotti simili.

5. Andre Eikmeier (Vinomofo)

La strategia di prezzo di Vinomofo è decisamente semplice: il loro scopo è quello di garantire al cliente il minor prezzo possibile su qualsiasi vino. Il team si concentra, quindi, nella scelta dei fornitori di migliori prodotti al minor prezzo possibile, aggiungendo il margine destinato a Vinomofo. Se il prezzo ottenuto non è il miglior prezzo sul mercato, molto semplicemente non lo acquistano.

In questo modo, gli utenti di Vinomofo sanno che il prezzo a cui acquistano il proprio vino è il migliore possibile: così si costruisce un rapporto di fiducia con la clientela.

In sintesi, la strategia di pricing di Vinomofo si concentra su tre aspetti: cliente, fornitore, azienda. Tutte e tre le parti in gioco devono ottenere un vantaggio dalla transazione.

6. Rand Fishkin (Wizard of Moz)

La strategia di pricing è nata a seguito di una serie di tentativi ed errori, test, ricerche ed indagini di mercato: non c’è nessuna formula preconfezionata. La scelta è stata fatta basandosi su aspetti quali il margine desiderato dalla startup, il budget disponibile del target di riferimento, la concorrenza.

Secondo Fishkin, per il pricing in un business SaaS come quello di Wizard of Moz bisogna focalizzarsi su due aspetti:

– Conservazione: stabilire un prezzo al quale i clienti sentono di ottenere valore,
– CAC o rapporto CLTV/CAC (costo di acquisizione cliente o rapporto tra lifetime value del cliente e CAC): si tratta di metriche che aiutano la startup a scalare con profitti tali da poter reinvestire per la crescita del business.

7. Micah Mitchell (MMMastery)

Il prodotto di punta di MMMastery è Memberium, un prodotto software per cui il prezzo è stato inizialmente stabilito basandosi sull’analisi della concorrenza, fissando un prezzo inferiore alla media di mercato.

Sulla base di tale analisi è stato possibile fissare un prezzo pari a 47$ per abbonamento mensile, quindi al di sotto della “barriera psicologica” dei 50$. Inoltre, si tratta di una cifra mensile che il cliente non ha grossa difficoltà a spendere.

Il team di MMMastery ha previsto in seguito la possibilità di acquistare un abbonamento annuale al prezzo di 470$, dopo aver calcolato che rinunciare a due mesi di abbonamento non avrebbe avuto grosse ricadute sui profitti, ma avrebbe fatto un’ottima impressione alla clientela.

Secondo Mitchell, infatti, la prima cosa da tenere in mente quando si stabilisce la strategia di pricing è come si sentirà il cliente quando arriverà la fattura: l’analisi della concorrenza è un aspetto da considerare, ma non deve essere il principale focus nella definizione della strategia di pricing.

8. Troy Dean (WP Elevation)

Dean afferma di aver sempre voluto posizionare il proprio prodotto nella fascia più alta del mercato, per cui è necessario concentrarsi e lavorare per offrire maggior valore rispetto ai concorrenti.

La sua strategia si basa su una domanda rivolta direttamente al cliente: “Questo problema è talmente importante per voi da essere disposti a pagare TOT per risolverlo?”

Una volta raccolte le risposte, Dean ed il suo team si mettono al lavoro per ottenere un prodotto in quella fascia di prezzo, che soddisfi il cliente e consenta all’azienda di ottenere dei profitti.

Il ruolo e la collaborazione del cliente sono quindi centrali nella strategia di pricing di WP Elevation, così come lo sono stati nella fase di product development.

9. Dean Ramler (Milan Direct)

Il prezzo, secondo Ramler, è un aspetto assolutamente unico e specifico, differente per ogni azienda. Milan Direct è un rivenditore di mobili on-line che lega il proprio brand al concetto di valore: per questo motivo, il team deve stare molto attento a non fissare un prezzo troppo alto o troppo basso.

La strategia prescelta è quella di non giocare con i prezzi: niente margini folli, ma semplicemente il miglior prezzo possibile tenendo conto dei costi e dei margini necessari a mantenere il business remunerativo.

Nel fissare i prezzi, inoltre, Milan Direct tiene conto della concorrenza, anche se la startup ha avuto raramente problemi a mantenere il miglior prezzo sul mercato.

10. Ankur Nagpal (Teachable)

Il prezzo deve essere stabilito sulla base dell’effettivo valore del prodotto: l’unica cosa che conta è il risultato per il cliente. Ed è proprio su questo aspetto che vanno impostate le strategie di pricing secondo Nagpal.

Nel caso si Teachable, ad esempio, il prodotto offerto consiste in corsi di formazione on-line. Se un corso di Teachable consente al cliente di ottenere un aumento da 10K del proprio stipendio, è decisamente possibile vendere il corso a più di 29$ indipendemente dal numero di ore di contenuti.

11. Xavier Major (Automation Masterminds)

Major utilizza una combinazione di intuizione e ricerca per determinare il livello dei prezzi: solitamente, la ricerca viene effettuata analizzando i prodotti simili e quelli competitivi del settore, ma anche il valore che i prodotti offrono al pubblico. Se il prodotto è legato ad un chiaro risultato in termini di valore per il cliente, infatti, il prezzo non è più un problema ed è possibile stabilirlo senza grosse difficoltà.

La cosa principale da tenere in considerazione è che il pricing è un’arte, non una scienza: il prezzo va stabilito e testato, per capire se funziona per il tuo business.

CONCLUSIONI

Dopo aver raccolto i pareri, i consigli e le esperienze di tutti gli startupper intervistati, Chan elenca i punti salienti su cui sembrano essere tutti concordi:

– Il miglior prezzo è quello che tiene basse le aspettative, ma a cui corrisponde un prodotto di grande valore,

– Scoprite cosa fanno i vostri concorrenti e perché,

– Bisogna concentrarsi sempre sul cliente e sulla sua esperienza.

Il post originale è disponibile qui: http://foundrmag.com/12-top-tier-entrepreneurs-share-their-best-advice-on-pricing-strategy/

Napoli, 20/11/2015

Consigli per startup e imprese: come affrontare un nuovo mercato e acquisire nuovi clienti

Scott Gerber è il presidente dello Young Entrepreneur Council. Qualche settimana fa il portale ReadWrite ha pubblicato un suo articolo intitolato “11 Things To Remember When Tackles A New Market”, rivolto agli startupper che si trovano a dover affrontare la sfida di un nuovo mercato.

Secondo Gerber, infatti, l’acquisizione di nuovi clienti è una sfida che tutti gli imprenditori devono affrontare: ma le cose si complicano ancora di più quando ci si trova a dover effettuare il targeting di una nuova customer base, ad esempio in caso di espansione su un mercato differente o, ancora, quando ci si ritrova nelle fasi iniziali di vita di una startup.

Nel suo articolo, quindi, Gerber raccoglie gli spunti e i consigli offerti da alcuni imprenditori di successo, che si sono ritrovati a dover affrontare nuovi segmenti di clientela per il proprio business.

1) Customer Feedback

Nelle primissime fasi, è essenziale che la startup si adoperi in tutti i modi e con tutti gli strumenti possibili per raccogliere i feedback dei potenziali clienti. L’analisi di questi feedback è infatti fondamentale per impostare le future attività dell’impresa, aiutando a minimizzare eventuali problemi ed errori in cui è possibile cadere quando non si ascolta in maniera attenta la clientela.

Ascoltare attentamente l’utente finale, che si tratti di una startup B2B o B2C, rappresenta un investimento utile e redditizio in termini di tempo, risorse e denaro utilizzati.

2) Potential Partnerships

Prima di entrare in un nuovo mercato è fondamentale impostare una ricerca approfondita per individuare le migliori partnership e affiliazioni per il business. Utilissimo in questo senso il contatto diretto con chi ha già esperienza, che sia un contatto telefonico, via e-mail o meglio ancora face-to-face.

L’esperienza di chi ha già lavorato a contatto con i nostri potenziali clienti diventa lo strumento più importante per pianificare la strategia: implementare le giuste partnership consente infatti alla startup di colmare il divario tra la customer base già esistente e quella potenziale.

Non bisogna trascurare infatti che per i clienti un marchio conosciuto è una sorta di garanzia: se già conoscono il partner e il suo prodotto avranno maggiore fiducia nella startup e saranno ben disposti verso il prodotto offerto da quest’ultima.

3) Review Site Research

Altro aspetto fondamentale analizzato da Gerber è quello delle ricerche di mercato: a suo parere, uno startupper dovrebbe innanzitutto capire cosa pensano le persone dei prodotti simili già esistenti sul mercato, quali sono i problemi che incontrano, cosa desiderano e di cosa hanno bisogno.

Questa attività di ricerca può essere effettuata su grandi siti web come Amazon e simili, in particolare attraverso lo studio delle recensioni e cercando di capire se le persone arrivano o meno all’acquisto effettivo del prodotto.

4) The Competition

Non bisogna mai trascurare la concorrenza e la dimensione potenziale di mercato su cui la startup può indirizzarsi. E’ importante capire quanto siano forti i concorrenti, cosa stanno facendo bene e cosa non stanno facendo bene, come ci si può differenziare da loro e quanto è grande il mercato.

5) Your Current Clients

I primi utenti/clienti di una startup rappresentano coloro che hanno già accordato fiducia al brand. Per questo motivo, la startup non deve mai trascurarli quando cerca di espandere la propria customer base: per farlo, è fondamentale non perdere mai di vista del tutto il Business Model originale che ha permesso la costruzione della prima customer base.

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6) Potential Rebranding

Quando si cerca di espandere il Business Model ad una nuova clientela, occorre essere aperti di fronte alla possibilità di lavorare nuovamente al brand per incanalare al meglio il proprio messaggio sul nuovo mercato.

L’attività di rebranding rappresenta una sfida per la startup, che si ritrova a dover modificare la propria brand identity o semplicemente l’estetica del brand. A volte, però, un cambiamento importante rappresenta la strada migliore per aprire le porte di un nuovo mercato.

Per capire se è necessaria un’attività di rebranding, la startup dovrebbe relazionarsi con i nuovi potenziali clienti e capire quali sono le loro esigenze e preferenze: in questo modo sarà più semplice effettuare dei cambiamenti utili ed efficaci.

7) Redefining The Need

Nella maggior parte dei casi, espandere la clientela o raggiungere nuovi segmenti comporta più tempo e risorse di quanto ne occorranno per raggiungere l’attuale customer base.
Non basta semplicemente apportare delle modifiche alla propria strategia di marketing: spesso le startup dimenticano quanto sia stato difficile raggiungere i primi clienti sul mercato iniziale.

Sicuramente non sarà necessario ricorrere agli stessi sforzi dei primissimi tempi della startup, ma occorre tenere ben presente che l’acquisizione di nuovi clienti è un’attività che necessita di tempo e risorse, per ridefinire le necessità e i bisogni alla base del business.

8) Perspective From Other Fields

Occorre affrontare le ricerche di mercato tenendo conto di prospettive differenti: non basta semplicemente analizzare i customer trends del settore, chiedendo ai clienti cosa vorrebbero in futuro.

Anzichè incasellare la propria startup, il proprio brand e il proprio business, il team dovrebbe provare ad espandere la prospettiva e l’orizzionte di ricerca al di là del settore di riferimento: c’è molto da imparare da chi lavora in settori differenti, soprattutto quando si tratta di trovare nuove soluzioni.

9) Thorough Market Analysis

L’analisi di mercato è un aspetto di fondamentale importanza, che va effettuata attraverso uno studio di mercato approfondito, con un’attenta raccolta di dati. In questo campo non è mai consigliabile affidarsi all’istinto.

Attraverso un’analisi di mercato è possibile scoprire se ci sono problemi specifici da affrontare, in modo tale da anticiparsi e costruire il proprio prodotto e le strategie di marketing tenendo conto di queste informazioni. L’analisi di mercato, inoltre, deve identificare i concorrenti e capire per quali motivi questi ultimi non vengono pienamente incontro alle esigenze dei clienti.

Grazie alle informazioni ottenute da una buona analisi di mercato, la startup può elaborare le strategie necessarie per distinguere il proprio business da quello dei concorrenti.

10) Strategic Messaging

Una startup deve assicurarsi di essere sempre propositiva rispetto alle attività di comunicazione di un nuovo prodotto. Inoltre, occorre impostare la comunicazione in maniera tale da accordarla con quella dei prodotti già esistenti: bisogna quindi capire se si vuole impostare una comunicazione totalmente indipendente o integrata con quella degli altri prodotti/servizi dell’azienda.

Quando una startup decide di espandersi lanciando un nuovo prodotto ha la possibilità di far conoscere ai clienti la propria traiettoria in termini di crescita e le proprie capacità in termini di innovazione. Tuttavia, occorre fare attenzione ad impostare la comunicazione in maniera strategica ed efficace, per non disperdere i contenuti del proprio messaggio.

11) Changes In Sales And Service

Non bisogna trascurare, infine, la necessità di apportare cambiamenti a livello di vendite e servizio clienti. Le persone che lavorano in queste aree sono infatti in possesso di caratteristiche e competenze specifiche per lavorare su una certa customer base.

Se si modifica o si espande la clientela di riferimento, occorre considerare la possibilità di apportare modifiche e aggiornamenti a livello di vendite, differenziazione di prodotto e di prezzo, processi formativi interni, etc.

Per leggere il post originale: http://readwrite.com/2015/05/11/startup-new-market-11-things-to-remember

Napoli, 25/06/2015

Consigli per startup e imprese: i 7 tratti distintivi delle aziende di successo

Lean Back, portale on-line dell’Economist Group, ha pubblicato alcuni giorni fa un articolo firmato da Brett Grehan, Bart Delmulle, Tomas Keisers e Vikas Sagar di McKinsey & Co. che nasce da uno studio di benchmarking effettuato su 15.000 dipendenti di oltre 140 aziende mondiali leader nel mercato B2B e B2B2C: lo studio è incentrato sulle capabilities (capacità individuali) di marketing e di vendita di queste aziende.

Secondo i risultati ottenuti, le revenue delle aziende più avanzate in tema di marketing e vendite sono più alte di circa il 30% rispetto alla media registrata nel settore di appartenenza: a partire da questa ricerca, e assieme all’esperienza maturata negli anni, gli autori dell’articolo ed esperti di McKinsey & Co. hanno ricavato i sette tratti distintivi delle aziende leader di mercato.

1) Vedere i costi di marketing e vendite come un investimento, non come una spesa

Investire per costruire un team attentamente selezionato per le attività di marketing e vendita può produrre fino a 5 o 10 volte di più dello stesso investimento in beni materiali o attrezzature. Le aziende con le migliori performance sono quello che si concentrano sulle capabilities strettamente correlate alle opportunità di crescita e ai margini in termini di ROI.

2) Conoscere con chiarezza i propri punti di forza e di debolezza

Le aziende di successo non possono limitarsi a conoscere le proprie capabilities in marketing e vendite, devono anche essere in grado di compararle con le best practices del settore. Diventa quindi fondamentale conoscere con chiarezza e rigore analitico i punti di forza e di debolezza del proprio team, anche e soprattutto rispetto ai competitors.

3) Stabilire il proprio target sulle capabilities che contano di più

Le aziende tendono spesso ad investire in capabilities senza pensare a quelle che possono effettivamente fare la differenza rispetto alla concorrenza, o che possono avere un maggiore impatto sul business. Quando si scelgono le capabilities, bisogna sempre aver ben chiari gli obiettivi di business che l’azienda intende raggiungere.

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4) Non cercare di fare troppo

Costruire le capabilities richiede grande attenzione, e modalità specifiche a seconda del settore economico di appartenenza. Diventa quindi fondamentale muoversi concentrandosi su un massimo di due funzioni per volta.

5) Scegliere l’approccio più adatto alla fase di sviluppo in cui si trova il business

Analizzando i risultati dello studio, gli autori hanno rilevato che la curva delle prestazioni di business è strettamente legata alla fase di sviluppo in cui l’azienda si trova. Ad esempio: 1) Bassa crescita e redditività rispetto al mercato: gli investimenti andrebbero concentrati sulle capabilities di base, che permettono all’azienda di crescere (ad esempio prezzi, prestazioni, gestione dei clienti); 2) Bassa crescita e profitti elevati: l’azienda dovrebbe concentrare gli investimenti sulle attività di brand building, marketing strategy, gestione del ciclo di vita del cliente, customer satisfaction; 3) Crescita e redditività elevate: le imprese in questa fase dovrebbero investire su capabilities di livello elevato, come approcci alternativi al go-to-market, vendite interne ed e-commerce.

6) Pensare alle capacità relazionali dell’intera organizzazione, senza fossilizzarsi su quelle individuali

I singoli individui possono lasciare il team in qualsiasi momento, ma l’azienda rimane: ecco perché le capabilities devono essere sostenibili nel lungo termine. Per questo, è fondamentale costruire un dialogo chiaro ed aperto che consenta di individuare con certezza la vision aziendale.

7) Avere il modello operativo giusto per mettere in atto l’execution

Per avere un modello operativo in grado di sostenere l’execution è necessario avere obiettivi chiari e misurabili attraverso metriche ad hoc, come ad esempio obiettivi annuali di miglioramento delle performance, prestazioni a livello di business unit, incentivi allineati con gli obiettivi istituzionali. Una cultura aziendale top-performing è orientata al cliente, gestita sul lungo termine, in continua evoluzione, creativa, flessibile e basata sulla fiducia.

Per leggere il post originale: http://www.economistgroup.com/leanback/the-next-big-thing/mckinsey-study-revenue-growth-marketing-leadership/

Napoli, 15/04/2015

Il primo anno di vita di una startup: focus su chiarezza, pianificazione e identificazione del target

Il primo anno di attività di una startup è di importanza cruciale per qualsiasi progetto di impresa: partendo da questa consapevolezza, Stefan Kazakis (business coach australiano con un’ampia esperienza nel mondo startup) stila una serie di utili consigli per aspiranti imprenditori in un post pubblicato qualche tempo fa dal portale Startup Smart.

Il punto di partenza di Kazakis è che qualsiasi progetto di startup parte con una grande idea, che i founder perseguono con passione ed entusiasmo: questi aspetti sono indispensabili per affrontare il duro lavoro che attende chi inizia un progetto di startup, soprattutto nel primo anno di attività, ma secondo Kazakis non bastano la passione e l’entusiasmo per portare una nuova impresa al successo.

Un aspetto imprescindibile che gli startupper devono focalizzare nel primo anno di vita dell’impresa è infatti quella che Kazakis definisce “Clarity”: la chiarezza deve infatti entrare a far parte del DNA di una startup, della sua cultura aziendale, in quanto rappresenta il presupposto fondamentale sul quale poter costruire l’indispensabile fiducia con il team, i clienti e tutti gli stakeholders che interagiscono con una startup nel corso della sua attività.

In secondo luogo, è fondamentale secondo l’autore riuscire a mantenere intatto nel tempo lo slancio iniziale che accompagna qualsiasi nuovo progetto di impresa: per farlo, bisogna passare ad una fase in cui la chiarezza serve come base non solo della fiducia, ma anche di aspetti quali la pianificazione delle attività e la definizione del target di riferimento sul mercato.

Per iniziare al meglio il primo anno di attività di una startup, i founder devono innanzitutto identificare quello che Kazakis definisce “l’obiettivo n° 1”: il suggerimento dell’autore è quello di fissare un obiettivo annuo in termini di profitto, per poter determinare su questa base la strategia, le decisioni di business e le risorse da impiegare.
Altro suggerimento importante: una volta identificato l’obiettivo principale, la startup deve scegliere un adeguato “piano B”. Secondo Kazakis, è importante per una startup alle prese con una situazione nuova e incerta provare a immaginare i peggiori scenari possibili, per poi stabilire un piano B cui affidarsi qualora dovessero verificarsi.

A questo punto, Kazakis consiglia di iniziare la fase che definisce di “Scomposizione”: si tratta di una programmazione delle attività del primo anno di attività della startup, da effettuare suddividendo l’anno in quattro blocchi da 90 giorni ciascuno. Una volta stabilite le attività da svolgere nel primo di questi quattro blocchi, è possibile focalizzare più dettagliatamente le attività su base settimanale.

In questo modo, i founder della startup avranno una programmazione strutturata dei tempi e delle attività da seguire settimana dopo settimana per raggiungere il proprio obiettivo n° 1: si tratta di focalizzarsi per il 50% del tempo su quelle che l’autore definisce IGA (income growth activities), ossia le attività essenziali per raggiungere gli obiettivi di crescita prefissati dalla startup.

Naturalmente, occorre tener conto del fatto che non sempre le cose vanno come previsto e che ogni startup attraversa alti e bassi: ecco perché la costante revisione dei piani è fondamentale, assieme ad una continua attività di team meeting per comunicare in maniera aperta e dettagliata chi sta facendo cosa e in che modo. Kazakis consiglia, inoltre, di raccogliere tutte le idee, gli spunti e le informazioni utili dai team meeting per utilizzarle nella programmazione del successivo blocco da 90 giorni.

Come ultimo consiglio per l’attività di scomposizione, Kazakis suggerisce tre domande da porsi sempre durante il primo anno di startup:

1) A cosa stiamo lavorando?
2) Che cosa non sta funzionando?
3) Cosa stiamo facendo a riguardo?

Per essere certi che una strategia funzioni, infatti, è necessario testare e misurare le attività tutti i giorni, e anche su base settimanale e mensile: il business è un ambiente in rapida evoluzione e le startup devono essere sempre adattabili ai cambiamenti del mercato.

Dopo aver parlato della pianificazione, Kazakis si concentra sul tema del target di riferimento: quando si avvia una startup è fondamentale avere sempre chiaro chi comprerà il prodotto e perché. Per identificare al meglio il proprio target di mercato, la startup deve utilizzare strumenti e metodologie adatte alla fase di creazione dell’idea, che sono differenti da quelli necessari ad accrescere la quota di mercato e che saranno insipensabili in una fase più avanzata del progetto.

In fase di startup, si dispone di un prodotto o servizio che avrà un proprio mercato: per sapere come e perchè i clienti acquisteranno il nostro prodotto/servizio occorre avere una chiara definizione del proprio mercato di riferimento. Solo in questo modo, infatti, una startup può stabilire la strategia di business più adeguata.

Per essere certi di conoscere in maniera chiara il target di riferimento, l’autore suggerisce sei domande utili che la startup deve porsi all’inizio della sua attività:

1) Chi è il nostro cliente? E’ importante essere in grado di dare una definizione dettagliata delle persone (o aziende) che intendiamo servire.
2) Dove si trova il nostro cliente? Una startup deve sapere dove si concentra a livello geografico la propria clientela.
3) Quale problema intendono risolvere grazie al nostro prodotto?
4) Dove arriva il loro “livello di frustrazione”? Significa riuscire a capire quando effettivamente il cliente decide di acquistare il prodotto in questione.
5) Perché dovrebbero scegliere il nostro prodotto? Qualunque sia il prodotto o servizio offerto, è bene tener sempre presente che il potenziale cliente ha altre opzioni a sua disposizione.
6) Come ti aspetti che si svolgano i rapporti con il cliente? Come si pensa di comunicare ed entrare in contatto con la potenziale clientela?

Conoscere al meglio il target di riferimento rappresenta la migliore opportunità per una startup di implementare la strategia di business più adatta: in caso contrario, afferma Kazakis, il business è totalmente affidato alla fortuna.

Infine, Kazakis offre i suoi tre consigli “top” per il primo anno di vita di una startup, adattabili anche a tutti gli anni successivi:

Go slow to go fast: procedere lentamente per riuscire ad andare veloce;
– Il 50% di qualcosa di successo è meglio del 100% di qualcosa che non c’è;
– Ricordare sempre “le 5 R”: “right people, hired for the right roles, who are clear about their responsibilities, getting paid the right money, will deliver the right results” – le persone giuste, assunte per i ruoli giusti, che hanno ben chiare le proprie responsabilità, pagate con la remunerazione giusta, otterranno i risultati giusti.

Il post originale è disponibile qui: http://www.startupsmart.com.au/planning/business-planning/surviving-your-first-year-how-clarity-is-essential-to-achieve-longevity/2014061712529.html?displaypage=start

Napoli, 14/01/2015

Approccio Agile e “Continuous Deployment”: l’analisi e i consigli di Steve Blank per startup e imprese innovative

In un post pubblicato nel suo blog e ripreso da Harvard Business Review, Steve Blank analizza l’evoluzione che il processo di sviluppo e distribuzione dei prodotti delle aziende ha attraversato e come i cambiamenti che ne sono derivati possono causare delusione nei clienti.

Secondo Blank, negli ultimi 75 anni il processo di sviluppo e distribuzione delle aziende (sia quelle che si occupano di prodotti durevoli che di software) è stato caratterizzato da un processo “a cascata” (waterfall), in cui l’azienda negli anni rilascia sul mercato versioni del prodotto nuove e migliorate secondo una cadenza prevedibile e con tempi piuttosto lunghi tra il lancio di una versione di prodotto e l’altra.

Il processo di distribuzione a cascata ha ceduto il passo, negli ultimi anni, all’approccio Agile e al cosiddetto “Continuous Deployment” (distribuzione continua): ciò significa per le aziende un enorme passo avanti, in quanto si riducono le risorse (in termini di tempo, denaro e lavoro) impiegate nel processo di sviluppo di nuovi prodotti.

L’autore, però, fa notare come tali continui cambiamenti nella distribuzione abbiano effetti a catena sul modello di business nel suo complesso: tali cambiamenti potrebbero avere conseguenze negative non intenzionali, in termini di generazione di aspettative, confusione ed insoddisfazione dei clienti.

Per essere davvero “smart”, le aziende dovrebbero preoccuparsi di queste eventuali conseguenze negative e adoperarsi per “educare” i propri clienti e comunicare al meglio tali cambiamenti.

A questo punto, Blank analizza le caratteristiche del sistema di distribuzione a cascata: in passato, lo sviluppo ed il conseguente lancio di nuovi prodotti veniva effettuato con un processo che seguiva il sistema “un passo alla volta”. Ciò significava che lo sviluppo di un nuovo prodotto richiedeva un ciclo lungo, e i clienti sapevano che acquistando un determinato prodotto sarebbe trascorso un certo lasso di tempo prima dell’uscita del nuovo modello o della versione aggiornata.

Nel processo a cascata, gli aggiornamenti e i nuovi prodotti seguono un percorso incrementale con cicli di rilascio delle novità sul mercato scanditi e delineati: i clienti regolavano le proprie aspettative di conseguenza.

Il passo successivo dell’autore è quello di analizzare le caratteristiche del sistema di “Continuous Deployment”, particolarmente utilizzato dalle aziende innovative e dalle startup che si sostanzia nel lancio ravvicinato di versioni sempre più aggiornate del prodotto: l’approccio “Continuous Deployment” è chiaramente basato sull’approccio Agile.

L’approccio Agile implica infatti un ritmo di distribuzione elevato, con una continua erogazione di nuovi prodotti caratterizzati da modifiche incrementali ed iterative: questo approccio ha però delle ricadute sulle aspettative dei clienti, i quali potrebbero essere scoraggiati ad acquistare il prodotto per paura di ritrovarsi dopo poco tempo con un modello obsoleto.

Per risolvere questo problema, secondo Blank è auspicabile che le aziende forniscano la possibilità ai propri clienti la possibilità di aggiornare il prodotto attraverso il ricorso alle tecnologie più avanzate e in particolare al cloud. Il ricorso al cloud ha a sua volta delle importanti implicazioni in termini di opportunità per le aziende di ripensare il proprio modello di business, e Blank analizza in merito due casi: Adobe (software) e Tesla (automobili).

Tesla offre un punto di vista su come la distribuzione continua possa avere implicazioni in un’azienda che sviluppa beni durevoli: l’azienda produttrice di automobili, infatti, ha utilizzato tale approccio per la berlina Model S. Ciò ha significato miglioramenti continui al prodotto con aggiornamenti trimestrali, anziché aspettare come sempre un anno per l’uscita del nuovo modello.

Adobe, invece, ha introdotto il cloud per i propri prodotti: anziché aspettare il rilascio delle nuove versioni da acquistare, i clienti Adobe oggi possono sottoscrivere un abbonamento e aggiornare periodicamente i propri programmi contrassegnati dalla nuova etichetta “Adobe Creative Cloud”.
Introdurre il sistema dell’abbonamento ha significato per Adobe il passaggio ad un modello di reddito con una rendita prevedibile: per l’azienda si è trattato quindi di una mossa intelligente.

Ciò che è importante analizzare però, secondo Blank, è in che modo questo tipo di cambiamenti apportati dall’azienda possa avere ricadute negative sul cliente: in molti casi, infatti, il miglioramento incrementale dei prodotti che caratterizza l’approccio “Continuous Deployment” ha avuto un impatto negativo sulla clientela, che preferisce avere una certa autonomia nel decidere quando cambiare il prodotto in suo possesso.

Nel caso specifico di Adobe, ad esempio, la creazione di un flusso di entrate prevedibili come quella derivante dagli abbonamenti non ha avuto un impatto positivo in termini di percezione del cliente: molti possessori del pacchetto Adobe ritengono che l’abbonamento non sia la formula più adatta alle loro esigenze. Se decidono di non rinnovare il proprio abbonamento mensile, infatti, perdono non solo l’accesso ai software ma anche la possibilità di accedere ai propri lavori sviluppati in passato.

In maniera simile, anche Tesla ha dovuto fare i conti con delle conseguenze negative dell’adozione dell’approccio “Continuous Deployment”: ad esempio, gli aggiornamenti ai software delle automobili hanno comportato l’eliminazione automatica di alcune funzioni già pagate dal cliente, senza offrire a quest’ultimo possibilità di scelta. Inoltre, non sempre gli aggiornamenti erano compatibili con tutti i modelli di automobili: ciò ha significato che alcuni clienti non hanno potuto servirsi di nuove funzionalità, vedendo deluse le proprie aspettative.

In conclusione, dall’analisi di Blank risulta chiaro che bisogna fare grande attenzione quando si decide di optare per un approccio “Continuous Deployment”: questo perché la possibilità di continui miglioramenti genera elevate aspettative nei clienti, che l’azienda deve assicurarsi di poter soddisfare per evitare di deluderli.

Per leggere il post originale dal blog di Steve Blank: http://steveblank.com/2014/01/06/15756/

Napoli, 09/01/2014