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Tag: mercato

Consigli per startup: come affrontare al meglio l’attività di Product Validation

In un interessante post pubblicato di recente dal portale on-line Medium, l’imprenditore seriale e mentor di startup di origini indiane Ripul Kumar affronta un tema di rilevanza centrale per un’impresa alle prime fasi di sviluppo: il tema della Product Validation, ossia dell’incontro del prodotto di una startup con il “mondo reale”, e quindi con il mercato vero e proprio e i consumatori.

Il lancio di un nuovo prodotto sul mercato è un momento cruciale per una startup, e nella maggioranza dei casi (Kumar parla addirittura del 90%) questo incontro si rivela fallimentare: a volte i consumatori non ritengono utile il prodotto, altre volte non lo reputano abbastanza valido, altre ancora il prodotto si rivela essere “un capriccio” del CEO, altre ancora il prodotto viene lanciato al momento sbagliato (troppo presto o troppo tardi rispetto alle reali esigenze dei consumatori). In altri casi, ancora, il prodotto non risolve alcun problema al cliente oppure è estremamente difficile da usare.

Il ruolo del Product Manager di una startup è quindi quello di capire come costruire un prodotto che risponda ai comportamenti e alle esigenze della clientela. Per fare questo, bisogna convalidare le ipotesi ed essere pronti a pivot e modifiche quando necessario, cercando di essere il più possibile rapidi e reattivi ai feedback ricevuti dal mercato.
Nel processo di Product Validation la precocità è fondamentale: modificare un prodotto quando si è già troppo avanti nel processo, infatti, rappresenta un costo molto elevato.

Nel suo post, Kumar cerca di analizzare alcuni degli strumenti più utilizzati per la Product Validation nell’arco del ciclo di sviluppo del prodotto di una startup, cercando di capire quali possono essere i problemi e gli errori più frequenti.

1) Focus Group

I Focus Group possono essere uno strumento davvero difficile da usare nel processo di Product Validation: lo stesso Steve Jobs ha affermato che “Nella maggior parte dei casi, le persone non sanno ciò che vogliono finché non glielo si mostra”.

Nelle ricerche di mercato si utilizzano i Focus Group partendo dal presupposto che siano un’arma fondamentale per capire quale sia il comportamento del cliente di fronte ad un nuovo prodotto: in realtà, secondo Kumar, questo strumento non è assolutamente utile.

Innanzitutto, i Focus Group sono nati quando la gente aveva poco tempo a disposizione e più ricerche da fare, e le interviste one-to-one rappresentavano uno strumento dispendioso in termini di tempo e denaro: mettere 3/8 persone in una stanza nello stesso momento sembrava una strada più veloce e meno costosa per capire di più in termini di Product Validation.

Tuttavia, le dinamiche di gruppo portano molti pregiudizi e comportamenti inconsci: i partecipanti assumono spesso dei comportamenti finalizzati ad ottenere l’accettazione sociale del resto del gruppo, fornendo affermazioni e feedback falsati. Spesso, infatti, all’interno di un Focus Group emerge un leader che inconsapevolmente guida il comportamento degli altri partecipanti (fenomeno del “Group Think”). Il risultato è che i dati della ricerca sono irrimediabilmente falsati.

Secondo Kumar, quindi, i Focus Group sono uno strumento poco adatto in fase di Product Validation, mentre possono essere molto utili per una startup in fase di ideazione del prodotto.

2) Sondaggi

I sondaggi sono una delle tecniche più utilizzate dal Product Manager, che si basa sulla convinzione secondo cui tali strumenti possono fornire informazioni utili per la segmentazione, per l’analisi dei comportamenti e per prevedere i comportamenti futuri del cliente. Le ricerche di mercato, in passato, si sono basate molto speso sui sondaggi per cercare di capire come le persone di sarebbero comportate di fronte a nuovi prodotti o servizi.

In realtà, i sondaggi sono efficaci solo per la comprensione di dati noti (ad esempio, per i dati demografici) o per analizzare comportamenti specifici e relativi al passato, mentre per la Product Validation è fondamentale analizzare i comportamenti in via previsionale. I sondaggi forniscono opinioni, e come è noto le opinioni possono essere facilmente distorte.

3) Beta Release

Le versioni Beta vengono spesso utilizzate per risolvere eventuali bug di prodotto che sono sfuggite in fase di testing: in pratica, i componenti del team si aspettano che siano i clienti a trovare eventuali bug al posto loro. Ma questo discorso è possibile solo per alcune tipologie di prodotto: come afferma l’autore, infatti, non si può pretendere che siano i clienti a trovare eventuali difetti in prodotti come aerei, medicinali o automobili, come avviene invece per i software.

Spesso il Product Manager di una startup pensa sia meglio aspettare il rilascio della Beta per iniziare l’attività di Product Validation: in realtà, spiega Kumar, questa convinzione è errata e può essere fallimentare. La strada più giusta per una startup, invece, è testare il prodotto con gli early adopters, per evitare modifiche difficili e dispendiose quando ormai il processo è in fase avanzata.

4) Product Feedback

Effettuare le attività di Product Validation in una fase ancora successiva, dopo la Beta e quando il prodotto definitivo è ormai sul mercato, è un’altra situazione che la startup dovrebbe evitare: si tratta di una situazione di attesa, per la quale occorre aspettare le vendite effettive per poi ricevere i feedback dei compratori.

Il metodo più utile per una startup, al contrario, è quello di chiedere i feedback agli utenti quando i problemi possono ancora essere risolti in maniera ragionevole: inoltre, una volta delusi dall’acquisto, i clienti sono difficilmente propensi ad inviare il proprio feedback. Preferiscono, invece, semplicemente abbandonare il prodotto.

Quando il prodotto definitivo è sul mercato, infatti, i feedback di clienti delusi si trasformano in recensioni negative su blog e social media. Inoltre, se il prodotto non è ancora ampiamente diffuso sul mercato e le vendite stentano a crescere, saranno davvero pochi i feedback che la startup potrà ricevere.

5) Analytics

Nell’attuale situazione globale, in cui i dati sono universalmente e liberamente disponibili a chiunque, è facile pensare di poter analizzare le informazioni ottenendo numeri e metriche da utilizzare per la Product Validation.

Sicuramente l’analisi dei dati attraverso Analytics è fondamentale per capire da dove arrivano gli utenti e cosa fanno: si tratta di uno strumento molto utile per individuare dove sono i problemi.
Tuttavia, è impossibile utilizzare Analytics come strumento per capire le motivazioni alla base del comportamento degli utenti: ecco il motivo per cui è uno strumento poco adatto alla Product Validation, dove invece si ricercano i perché del comportamento dei consumatori.

In conclusione, come è possibile convalidare al meglio il prodotto?

Secondo Kumar, ci sono tre punti fondamentali per una buona attività di Product Validation che ogni startup dovrebbe tenere ben presenti:

– Convalidare il prodotto con utenti reali e nelle primissime fasi del ciclo di vita del prodotto, a partire dalla fase di ideazione. Non aspettare il rilascio della Beta o della versione definitiva.

– Convalidare ininterrottamente il prodotto in tutte le fasi del suo ciclo di vita, per poter effettuare le correzioni in maniera rapida e tempestiva.

– Convalidare il prodotto utilizzando strumenti e tecniche comportamentali (Usability Testing), lasciando perdere metodi come i sondaggi e i Focus Group.

Per leggere il post originale: https://medium.com/start-up-vision/5-product-validation-disasters-751fe61a26b4

Napoli, 14/01/2015

Arch Grants Global Startup Competition: il contest internazionale per portare la tua startup a St. Louis

A partire dal 1° gennaio 2015 è possibile inviare la propria candidatura per partecipare al contest internazionale Arch Grants Global Startup Competition, organizzata dall’incubatore e venture capital statunitense con sede a St. Louis Arch Grants. Dal 2012, anno di inizio della sua attività, Arch Grants svolge la sua attività di sostegno e tutoraggio per startup innovative assegnando ai team selezionati grant da 50.000$ cash e percorsi di incubazione con esperti in materie legate all’imprenditorialità innovativa, con particolare riferimento ai business in fase early stage.

Per il 2015 Arch Grants ha previsto una Competition internazionale suddivisa in due tranche: a partire dal 1° gennaio è possibile candidarsi alla prima “tornata”, con deadline fissata per il 31 marzo 2015.
Le startup interessate a partecipare alla Arch Grants Global Startup Competition devono avere un progetto basato sulle tecnologie innovative, o su prodotti e servizi innovativi, con particolare preferenza per business scalabili e di potenziale impatto a livello internazionale.
Gli organizzatori del contest non prevedono particolari limitazioni riguardo ai settori di riferimento dei progetti, ma le aree in cui Arch Grants ha già finanziato startup in passato sono:

Information Technology
Hardware Technology
Consumer Products
Manufacturing
Fashion
Medical Devices
Bio-Technology
Ag-Tech / Clean-Tech
Social Ventures

Per partecipare, le startup dovranno inviare la propria candidatura attraverso la procedura di iscrizione on-line disponibile al seguente link: https://app2.pitchburner.com/s1/site//ArchGrants
Le startup dovranno allegare una serie di documenti, tra cui l’Executive Summary, il Pitch Deck e, in via opzionale, Video, Business Plan e referenze (questi ultimi documenti dovranno essere obbligatoriamente prodotti in caso di accesso alla fase finale).
Possono partecipare candidati che abbiano compiuto il 18° anno di età e che siano disponibili a stabilirsi a St. Louis almeno per un anno.

I team selezionati per l’accesso alla fase finale saranno invitati a presentare la propria startup ad un Pitch Day Finalist, che si svolgerà in tre appuntamenti: 3 marzo, 2 aprile e 7 maggio 2015.
Entro la metà di maggio saranno scelti i vincitori, che inizieranno il proprio percorso di incubazione a St. Louis il 18 giugno 2015.

Le startup vincitrici avranno diritto ad un grant di 50.000$ in contanti (no equity) e a un percorso di incubazione con servizi di metorship e tutoraggio nelle aree più importanti per un business in fase early stage (contabilità, consulenza legale, marketing & design, comunicazione, consulenza finanziaria e bancaria, consulenza tecnologica, risorse umane).
Inoltre, i team avranno accesso al network internazionale di Arch Grant composto da potenziali investitori, venture capitalist e business angel.

Per maggiori informazioni: http://archgrants.org/competition/

Napoli, 02/01/2015

Consigli alle startup: il punto di vista di un Angel Investor quando si tratta di valutare il pitch

Nel suo “Instigator Blog”, Ben Yoskovitz (VP Product di Codified, co-autore di “Lean Analytics” e Angel Investor in diverse startup) ha pubblicato un post nel quale descrive il suo approccio da investitore nei primi incontri con i founder di startup alla ricerca di finanziamenti: si tratta di un interessante punto di vista per aspiranti startupper che possono farsi un’idea di come ragiona un Angel Investor e di cosa cerca nel team e nel progetto quando deve decidere se investire il suo capitale.

Yoskovitz elenca dieci “domande-tipo” che è solito rivolgere ai founder di una startup:

1) Cosa ti spinge a portare avanti questo progetto?

Per Yoskovitz è di fondamentale importanza sapere quali sono le preoccupazioni e le motivazioni che spingono i founder di una startup: bisogna capire bene su cosa si poggia il lungo e spesso duro lavoro che comporta una startup early-stage.

2) Come sapete che il vostro prodotto/servizio risponde ai bisogni dei clienti? 

Yoskovitz è convinto che l’approccio Lean sia il migliore per una startup, per cui la validation è un aspetto chiave: per capire se i founder lo stanno applicando, gli si chiede se hanno già parlato con clienti ed utenti potenziali, se c’è una vision di riferimento e se alle spalle della vision c’è un piano strutturato per metterla in pratica.

3) Cosa ti tiene sveglio la notte?

Secondo la sua esperienza, Yoskovitz sa che c’è sempre qualcosa che spaventa gli imprenditori: in base alla risposta si può capire quali sono le priorità, se si è concentrati su ciò che è davvero importante. Inoltre, consente all’Angel Investor di “rompere il ghiaccio” e mettere le basi per una conversazione personale e “umana” con gli startupper.

4) Quali sono i prossimi step in programma?

Anche se è risaputo che nessun business plan sopravvive al primo contatto con il mercato, è comunque fondamentale che la startup abbia un piano strutturato dei prossimi step da implementare (di solito, si richiede un orizzonte temporale di 3/6 mesi dopo il finanziamento). Il piano deve essere costruito sulla base di una strategia logica e razionale, basata sui compiti e le sfide ordinati su scala prioritaria.

5) Chi saranno i prossimi ad essere assunti dalla vostra startup?

Nella maggior parte dei casi, una startup nelle primissime fasi di vita assumerà un talento tecnico. In casi più rari, alcune startup particolarmente lungimiranti possono scegliere di assumere un componente che si occupi del marketing o delle vendite. In ogni caso, è fondamentale per l’investitore sapere come si pensa di gestire le assunzioni, perché i costi per il personale sono sempre quelli più elevati per una startup ed è importante che i founder sappiano come gestirli.

6) Dove vedete i maggiori rischi per il vostro business?

Serve a capire se i neo-imprenditori hanno compreso a fondo le dinamiche relative al mercato di riferimento. Inoltre, questa domanda è essenziale per capire in che modo i founder intendono approcciarsi ai problemi: suona come “cosa hai intenzione di fare per affrontare i maggiori rischi del tuo business?”.

7) Chi sono i concorrenti?

Un investitore si trova ad ascoltare molti pitch, quasi sempre afferenti a settori diversi di mercato: è quindi indispensabile che i founder abbiano una profonda conoscenza del proprio mercato di riferimento e della concorrenza, per dare all’investitore tutte le informazioni utili per valutare la possibilità di concedere o meno il finanziamento. Inoltre, la startup deve dimostrare di avere almeno un elemento di differenziazione rispetto alla concorrenza: solo in questo caso l’Angel Investor potrà decidere di rischiare il proprio capitale.

8) Com’è la traction?

Naturalmente le startup in fase early stage avranno una traction piuttosto bassa, ma ciò non vuol dire che l’investitore non sia interessato ad approfondire l’argomento. Si tratta infatti di un aspetto molto importante per valutare se i founder hanno davvero capito a fondo la questione, e se sanno quali sono le metriche davvero importanti per la loro startup.

9) Perché stai chiedendo questo finanziamento?

Un Angel Investor vuole sapere a cosa serviranno i fondi da lui investiti, come verranno impiegati nel dettaglio: l’ideale sarebbe presentare un piano relativo ai 12 mesi successivi, per rassicurare l’investitore che sta rischiando il proprio capitale sui tempi in cui sarà possibile vedere eventuali progressi.

10) Come posso aiutarti in qualità di Angel Investor?

Con questa domanda Yoskovitz si riferisce al valore aggiunto che può offrire al team al di là del capitale investito: spesso, infatti, gli investor sono competenti in alcuni aspetti specifici del business e, in quanto tali, possono dare un aiuto esperto agli startupper.

Infine, esistono altri due aspetti fondamentali per un Angel Investor che valuta la possibilità di finanziare una startup: il team e il prodotto. Ogni startup dovrebbe assicurarsi di presentare questi due punti in maniera efficace al potenziale investitore, che ha bisogno di sapere su chi e su cosa sta rischiando il proprio capitale.

Per leggere il post originale: http://www.instigatorblog.com/10-questions-entrepreneurs-investing/2014/02/05/

Napoli, 30/12/2014

Consigli per startup: i 9 passi fondamentali per il successo di una nuova impresa

Laura Dornbush (AHA Strategic Partners), specializzata in Business and Personal Coaching, ha pubblicato attraverso LinkedIn un interessante contributo sul tema delle startup in cui elenca 9 passaggi critici da tenere in attenta considerazione per lanciare un’attività imprenditoriale di successo. Si tratta di un vero e proprio vademecum che i founder dovrebbero cercare di implementare passo dopo passo: vediamo più nel dettaglio i singoli step che lo compongono.

1) Smettere di mirare alla perfezione

La perfezione è soltanto un mito, non è la realtà: attendere che tutto sia perfetto serve solo a rallentare il momento della partenza. In più, bisogna sempre ricordare che “L’ottimo è nemico del bene“, vero più che mai anche quando si parla di startup e impresa.

2) Pianificare il successo

Per raggiungere il successo, in generale e a maggior ragione quando si tratta di startup, occorre prendersi tutto il tempo necessario per l’attività di pianificazione. i piani sono indispensabili per comprendere meglio il percorso da fare.
L’autrice cita in questo caso Benjamin Franklin: “Failing to plan is planning to fail“: quindi, non è possibile raggiungere la perfezione, ma è possibile e indispensabile costruire un piano solido per raggiungere il successo.

3) Fare le proprie ricerche

La ricerca è un aspetto imprescindibile per aspiranti imprenditori: amare ciò che si fa non basta, se non si conosce al meglio il settore, il mercato, tutto ciò che concerne il proprio business. La ricerca è un fattore chiave per capire se la strada che si sta scegliendo di percorrere con la propria startup è quella giusta.

Quindi, quando si sviluppa il business plan, è importante effettuare un’accurata attività di ricerca sul mercato di riferimento, sulla concorrenza, su prodotti e servizi complementari, etc. Infine, riguardo alla ricerca, non bisogna mai trascurare l’attività di documentazione dei risultati: si tratta infatti di dati e informazioni indispensabili sia per l’attuale pianificazione che per le future ricerche di cui la startup avrà bisogno nel corso degli anni.

4) Identificare i “core values”

Si tratta dei valori fondamentali della cultura aziendale, che rappresentano il cuore di qualsiasi attività e, in particolare, di una startup. Saranno indispensabili per affrontare eventuali crisi e periodi di stallo, per avvicinarsi ai clienti e costruire relazioni con loro, per scegliere le attività su cui concentrare il business.

In questo ambito Laura Dornbush consiglia ai founder di tenere sempre a mente che “si tratta di una maratona, non di uno sprint“: occorre lavorare in maniera continuativa per far sì che i clienti conoscano i valori dell’azienda e accrescano la loro fiducia, con la consapevolezza che i risultati arriveranno con il tempo.

5) Definire al meglio il target

La maggior parte delle startup sono convinte che il target di riferimento sia composto semplicemente da chi ha i soldi per comprare il loro prodotto/servizio: purtroppo, questo tipo di ragionamento porta a spendere male le risorse, attirando fasce errate di clientela e finendo per erodere i profitti.

L’autrice consiglia invece di prendere il tempo necessario per definire il target di mercato: partendo da aspetti demografici, occorre restringere sempre più il campo e identificare un target di clienti più possibile specifico. Si tratta infatti del modo migliore per assicurarsi di soddisfare al meglio i bisogni.

6) Trovare finanziamenti

Il sostegno finanziario, naturalmente, è indispensabile per una startup: spesso il rischio è quello di partire con una grande idea e un grande progetto, ma di arrivare a fine percorso senza i capitali necessari per il “salto” dalla fase di startup a quella di impresa consolidata.

Il primo passo che Laura Dornbush consiglia di fare è quello di impostare una rete di sostegno finanziario partendo da amici, famiglia, parenti e poi accedere alla banca. L’obiettivo deve essere quello di assicurarsi un flusso di cassa costante per svolgere le attività quotidiane, più un piccolo budget per eventuali spese impreviste.
Con il passare del tempo, la startup potrà poi avere accesso ad eventuali finanziamenti o prestiti.

7) Affidarsi all’outsourcing quando è possibile

Esternalizzare le attività è un passo indispensabile per assicurare il successo del business: una startup non può pensare di fare tutto da sola, anche perché alcune attività potrebbero togliere tempo prezioso per il core business.

Le aree che una startup dovrebbe esternalizzare sono, secondo l’autrice, soprattutto quelle relative agli aspetti contabili e amministrativi.

8) Assumere le persone migliori

La startup è fatta soprattutto delle persone che la compongono: ecco perché è importante assumere le persone migliori che ci si può permettere. Occorre quindi uscire, parlare con le persone, capire cosa sanno fare e come possono dare un contributo al progetto.

Inoltre, è importante guardare in maniera obiettiva le competenze dei componenti del team e assicurarsi di assumere persone che possono completarlo.

9) Creare una dashboard finanziaria

Molte aziende perdono soldi perché non hanno stabilito fin dall’inizio il proprio schema di riferimento per tenere sotto controllo gli aspetti finanziari del business: occorre invece creare la propria dashboard e aggiornarla in maniera precisa e puntuale nel tempo.

Secondo l’autrice, l’ideale sarebbe dedicare almeno 15 minuti all’aggiornamento settimanale della dashboard finanziaria della startup, per tenere sotto controllo gli aspetti fondamentali del business.

Per leggere il post originale: https://www.linkedin.com/pulse/9-critical-startup-steps-launch-your-dream-business-laura-dornbusch

Napoli, 22/12/2014

Startup e ricerche di mercato: i consigli per capire fin da subito se il business avrà successo sul mercato

Entrepreneur ha pubblicato pochi giorni fa un estratto modificato dal libro “Start Your Own Business” (Entrepreneur Media Inc.), su come affrontare i primi tre anni da imprenditore alla guida di una startup e, in particolare, sul tema dell’importanza della ricerca di mercato: quest’ultima è infatti indispensabile per ottenere informazioni utili in tre aree critiche da studiare prima di lanciare il businessIndustry informationConsumer close-upCompetition close-up.

Anche quando si ha una grande idea per un prodotto/servizio innovativo, occorre infatti fermarsi e cercare di determinare se davvero esiste un mercato per tale prodotto/servizio:è necessario, quindi, condurre una ricerca di mercato.
Spesso, purtroppo, i neo-imprenditori pensano di poter bypassare questo passaggio cruciale per il product development perché pensano che il loro prodotto/servizio sia perfetto così com’è, e non vogliono sentire pareri negativi dai potenziali clienti. Altre volte, invece, sono spaventati dai costi che la ricerca di mercato può comportare.

Questo approccio, però, è decisamente sbagliato e pericoloso per la startup: non fare la ricerca di mercato può equivalere ad una condanna a morte per l’azienda. La ricerca di mercato va invece considerata come un investimento per il futuro: fare le eventuali necessarie modifiche al prodotto/servizio fin da subito consente alla startup di risparmiare denaro nel lungo periodo.

Una ricerca di mercato è essenzialmente un modo per raccogliere informazioni da utilizzare per risolvere o evitare problemi di marketing: una buona ricerca di mercato, quindi, consente di avere a disposizione i dati necessari per sviluppare un piano di marketing adatto alle esigenze della startup.
Grazie alla ricerca di mercato, la startup può identificare i segmenti specifici del mercato che desidera raggiungere e creare un’identità di prodotto/servizio che la differenzi dai concorrenti. Inoltre, la ricerca di mercato può aiutare i founder a scegliere la migliore area geografica per il lancio del nuovo business.

Come accennato, una buona ricerca di mercato dovrebbe fornire informazioni su tre aree critiche:

1) Industry information

Si tratta di informazioni sui trend più recenti nel settore di riferimento: in quest’area, una ricerca di mercato ha lo scopo di confrontare le statistiche e i dati sulla crescita del settore; identificare quali aree sembrano essere in espansione e quali in declino; capire se ci sono nuove tipologie di clienti; verificare se ci sono sviluppi tecnologici che stanno interessando il settore e capire se è possibile utilizzarli a proprio vantaggio. L’aspetto più importante da tenere in considerazione è verificare l’esistenza di una fiorente industria nel settore: non bisogna mai rischiare di avviare una startup in un settore del mercato che è in declino.

2) Consumer close-up

Per quanto riguarda i clienti, la ricerca dovrebbe iniziare con un’accurata indagine di mercato, che sia in grado di offrire i dati necessari per fare delle previsioni di vendita ragionevoli. Per un’indagine di mercato di questo tipo, il primo passo è quello di determinare i limiti (o confini fisici) dell’area di mercato in cui il business esiste. A questo punto sarà possibile studiare le caratteristiche di spesa della popolazione afferente quell’area.
La ricerca di mercato per le informazioni sui clienti dovrà fornire dati utili a stimare il potere d’acquisto della popolazione (in base ad elementi quali il reddito pro-capite, il livello medio di reddito, il tasso di disoccupazione e altri fattori demografici) e l’attuale volume di vendita per quella specifica tipologia di prodotto/servizio.
Sarà quindi possibile, sulla base di tali informazioni, stimare in maniera ragionevole il volume di vendita che la startup può ottenere.

3) Competition close-up

Grazie ai dati ottenuti dalle due precedenti aree critiche, la startup può a questo punto proseguire la ricerca di mercato avendo a disposizione un quadro più chiaro della concorrenza: non bisogna mai sottovalutare il numero di concorrenti, né tantomeno dimenticare di tenere in considerazione sia la concorrenza attuale che eventuali potenziali futuri concorrenti.
In questa parte della ricerca occorre esaminare i concorrenti in scala locale e, se necessario, nazionale, studiando le loro strategie e attività. L’analisi deve fornire alla startup un quadro completo delle potenziali minacce, debolezze, punti di forza e di debolezza del nuovo business.
Inoltre, è fondamentale cercare di capire quali sono i trend del settore per identificare vantaggi ed opportunità del business, per capire se la startup potrà avere in futuro un percorso di successo.

Per leggere il post originale: http://www.entrepreneur.com/article/240164

Napoli, 18/12/2014

Consigli per startup – “Continuous Learning”: come costruire una cultura aziendale basata sull’apprendimento

Aaron Skonnard è il CEO di Pluralsight, startup che ha co-fondato nel 2004 e che è attualmente una delle più grandi biblioteche on-line al mondo di video tutorial: di recente, il portale Inc ha pubblicato un suo articolo sul tema della cultura aziendale e, in particolare, su come quest’ultima possa essere implementata all’interno di una startup in maniera tale da creare vantaggio competitivo per l’azienda.

Nello specifico, la cultura aziendale può rappresentare un grande fattore di vantaggio competitivo se è basata sull’apprendimento: la capacità di imparare più velocemente rispetto alla concorrenza può diventare addirittura, secondo il Dr. Arie de Geus (capo della pianificazione strategica per Royal Dutch/Shell Oil), “l’unico vantaggio competitivo sostenibile”.

Per imparare in fretta, secondo Skonnar, bisogna affidarsi al lean thinking e alla mentalità propria dell’approccio Lean Startup: proporre il proprio progetto all’esterno e per capire meglio le esigenze dei clienti e creare valore nella maniera più vicina possibile a questi ultimi.

La metodologia più utile a questo scopo è definita “continuous learning”, apprendimento continuo: deve essere alla base della cultura aziendale e deve permeare ogni aspetto del business.
Secondo Skonnar esistono cinque modi per incoraggiare una cultura aziendale basata sull’apprendimento:

1) Fare dell’apprendimento il nucleo centrale del DNA dell’azienda

I valori fondamentali della cultura aziendale sono lo specchio dei valori e delle caratteristiche delle persone che compongono l’organizzazione: ecco perché un buon modo per costruire una cultura aziendale fondata sull’apprendimento è assumere persone che siano appassionate e abbiano voglia di imparare.

2) Destinare un budget specifico all’apprendimento

Dare priorità all’apprendimento è il punto di partenza, ma il secondo passo fondamentale per costruire la cultura aziendale basata sull’apprendimento è definire il budget da destinare alla formazione specifica che consentirà al team e ai dipendenti di seguire l’approccio di continuous learning.

3) Fornire opportunità di apprendimento e formazione in-house

Non sempre è necessario l’investimento di risorse finanziarie per acquistare la formazione all’esterno: ci sono alcuni passaggi che l’azienda può implementare autonomamente e in maniera gratuita all’interno dell’organizzazione, per ispirare una cultura aziendale fondata sull’apprendimento.
Ad esempio, i job swaps rappresentano un’opportunità unica per aumentare le competenze e facilitare la comprensione e l’interscambio tra i soggetti coinvolti. Si tratta di “scambiare” per un periodo limitato di tempo le posizioni tra i dipendenti per provare a fare uno il lavoro dell’altro. Questa pratica è utile per tutti i soggetti coinvolti e consente di ottenere ottimi risultati in termini di apprendimento quando avviene tra due funzioni che lavorano a stretto contatto (ad esempio il team di vendita e quello di marketing), per comprendere meglio i processi e le responsabilità di ciascun ruolo e trovare una migliore modalità di collaborazione in futuro.

4) Dimostrare la propria passione per l’apprendimento

Il gruppo dirigente dovrebbe essere il primo a dare il buon esempio, riuscendo a partecipare in prima persona alle opportunità di apprendimento offerte dall’azienda inviando così un messaggio positivo sull’importanza del continuous learning e della crescita professionale.
I team leader e i dirigenti dovrebbero essere quindi i primi ad incarnare i valori di una cultura aziendale fondata sull’apprendimento.

5) Valorizzare gli insegnamenti appresi dal fallimento

Il fallimento è sicuramente una delle migliori fonti di apprendimento: per imparare, bisogna prima fallire. Per questo motivo, una cultura aziendale basata sull’apprendimento incoraggia la sperimentazione, il rapido recupero dopo un errore, la creatività e l’inventiva: tutto ciò avviene in base ad un approccio lean e agile, fondamentali per una startup che ha bisogno di testare i prototipi muovendosi rapidamente sul mercato.

Per leggere il post originale di Aaron Skonnard: http://www.inc.com/aaron-skonnard/the-most-important-culture-change-you-can-make.html

Napoli, 17/12/2014

Customer e Brand Loyalty: un percorso rapido ed efficace in tre step per startup che vogliono costruire la fedeltà del cliente

Paige O’Neill è CMO (Chief Marketing Officer) per SDL ed ha venti anni di esperienza lavorativa in ruoli dirigenziali nel settore marketing. Di recente, ha pubblicato un interessante post su Lean Back, rubrica di The Economist Group, riguardo uno dei temi centrali per startup: la Brand (o Customer) Loyalty.

Il post della O’Neill si propone di definire un approccio in tre step per accelerare il processo di costruzione del brand commitment e della fedeltà di marca, partendo dai risultati di una ricerca di mercato particolarmente autorevoli effettuate sull’argomento a inizio 2014.
Tale ricerca analizza un panel di clienti globale, che rappresenta quattro generazioni in sei continenti, nove mercati e in cinque lingue: secondo i risultati, un brand oggi deve “corteggiare” i clienti per almeno due anni prima di avere un livello accettabile di brand loyalty.
Ma la curva della brand loyalty non si ferma ai primi due anni: il vero e proprio punto di svolta, che consente all’azienda di ottenere una considerevole crescita dei ricavi, è attualmente fissato dopo cinque anni dall’inizio degli investimenti sul cliente.

Si tratta obiettivamente di un periodo troppo lungo, che nessuna azienda e in particolare nessuna startup può permettersi di attendere: da qui, la necessità di fissare un programma per diminuire i tempi di costruzione della brand loyalty.
Il programma proposto da Paige O’Neill si articola in tre step:

1) Focalizzarsi sui customer mandates più importanti

Secondo la ricerca, esistono 55 fattori critici che dovrebbero guidare la strategia aziendale in termini di customer commitment. Tra questi fattori, esiste un sottogruppo di elementi che risultano essere di particolare rilevanza per il cliente: è proprio su questi che bisogna concentrare gli sforzi e le risorse aziendali. Le domande da porsi, secondo l’autrice del post, devono servire a capire se il marketing dell’azienda riesce a creare una relazione con il cliente che sia basata su un equo scambio di valore, se l’azienda è in linea con l’etica dei clienti, se ha una leadership sul mercato rispetto ai concorrenti e se tale leadership è percepita dai clienti. Si tratta, in ultima analisi, di assicurarsi che il brand sia in grado di soddisfare le esigenze emotive dei clienti: solo in questo caso è possibile costruire la brand loyalty su basi solide.

2) Soddisfare le esigenze funzionali al miglioramento della customer experience

Come specifica Paige O’Neill, la customer experience deve “incarnare la promessa del marchio”: deve essere rilevante, continua, coerente, significativa e reciprocamente gratificante.
Per ottenere una customer experience con queste caratteristiche, l’azienda deve sviluppare un’esperienza integrata multicanale: ciò implica che i dati dei clienti vengano utilizzati e gestiti dall’azienda in maniera tale da inviare dei messaggi pertinenti e affidabili.
Per questo step è necessario analizzare le preferenze dei clienti per ciascun canale di comunicazione e le eventuali variazioni geografiche di tali preferenze. La brand loyalty, infatti, può essere costruita efficacemente se le attività di marketing si concentrano sui canali più rilevanti per il pubblico chiave dell’azienda.

3) Perfezionare la customer journey eliminando i possibili attriti

La customer journey è il percorso decisionale ed operativo che il cliente attraversa nelle varie fasi che lo portano alla decisione di acquisto. E’ fondamentale, nella costruzione della brand loyalty, che l’esperienza multicanale offerta dall’azienda al cliente sia il più possibile variegata: ad esempio, la O’Neill consiglia di prevedere una varietà di canali (on-line e off-line) per dare al cliente la massima possibilità di scelta.
Inoltre, la direzione più efficace che la comunicazione del brand deve assumere nell’attuale contesto di mercato è quella di creare cosiddetti “content in context”, ossia facendo in modo che i contenuti e i clienti possano incontrarsi davvero.
I clienti devono avere la possibilità di costruire e ritagliare i propri percorsi personalizzati di acquisto: in questo modo è possibile costruire al meglio la brand loyalty, con un percorso breve ed efficace adatto alle esigenze di una startup.

Per leggere il post originale di Paige O’Neill: http://www.economistgroup.com/leanback/consumers/sdl-research-how-to-build-customer-loyalty/

Napoli, 16/12/2014

Eventi per startup e imprese in Campania: domani, due appuntamenti sulle opportunità di finanziamento da EEN e Unioncamere Campania

Segnaliamo per la giornata di domani, martedì 16 dicembre, due interessanti appuntamenti dedicati a imprese e startup campane in cerca di opportunità di finanziamento: si tratta di due iniziative organizzate da Enterprise Europe Network e Unioncamere Campania, con differenti partner per ciascuno dei due seminari.

In mattinata, a partire dalle 9:30, l’appuntamento è a Salerno (Hotel Mediterranea – Via S. Allende n.8) per il Seminario Informativo sull’Accesso al Credito per le PMI nato dalla collaborazione con la Camera di Commercio di Salerno e Invitalia.
I relatori previsti dal Programma dell’evento (consultabile qui) sono Ciro Di Leva (Presidente CCIAA Salerno), Beatrice Pernarella (Invitalia – Incentivi per le Imprese), Stefano Immune (Invitalia – Procedure per la presentazione delle domande ed introduzione alla stesura di un business plan).
La partecipazione all’evento è gratuita previa registrazione obbligatoria (il link per la registrazione è http://www.unioncamere.campania.it/index.phtml?Id_VMenu=349).
La conclusione dell’evento è prevista per le ore 13:00.

Nel pomeriggio, invece, è previsto per le 15:30 l’inizio del Tavolo Operativo sulle Opportunità per le PMI dall’Unione Europea – “Innovazione, Competitività, Mercato”. L’evento è organizzato in collaborazione con Camera di Commercio di Caserta ed ENEA.
Dopo il benvenuto di Francesco Geremia, componente di Giunta della CCIAA di Caserta, gli interventi previsti dal Programma saranno affidati a Michele Di Natale (Preside della Facoltà di Ingegneria SUN – L’innovazione nel comparto produttivo in Campania), Filippo Ammirati (ENEA Unità Trasferimento Tecnologico – H2020 e COSME: focus sulle PMI), Simone Sparano (Unioncamere Campania – I servizi di Enterprise Europe Network alle PMI).
Anche per questo appuntamento, la registrazione è obbligatoria ed è effettuabile a questo link: http://www.unioncamere.campania.it/index.phtml?Id_VMenu=349
La chiusura del Tavolo Operativo è prevista per le ore 17:30.

Napoli, 15/12/2014

Smart&Start Italia: pubblicata la Circolare del MISE con tutti i dettagli. Domande a partire dal 16/02/2015

E’ stata pubblicata dal Ministero dello Sviluppo Economico la Circolare n. 68032 del 10 dicembre 2014, che prevede chiarimenti e dettagli sul funzionamento del nuovo Smart&Start Italia: lo strumento prevede la possibilità di agevolazioni per start-up innovative su tutto il territorio nazionale, a differenza della precedente iniziativa che era focalizzata sulle Regioni dell’Obiettivo Convergenza e sui territori del Cratere Sismico Aquilano.

Le domande di agevolazione potranno essere presentate esclusivamente on-line tramite la procedura che sarà attivata attraverso il portale dedicato all’iniziativa (http://www.smartstart.invitalia.it/site/smart/home.html) a partire dal 16 febbraio 2015 (ore 12:00).

AGGIORNAMENTO 04/02/2015: On-line la modulistica per presentare domanda di agevolazione: http://www.smartstart.invitalia.it/site/smart/home/presenta-la-domanda.html

Il nuovo strumento non prevede più due incentivi separati (Smart e Start), bensì un unico strumento denominato Smart&Start Italia, che sarà accessibile a start-up innovative in possesso dei seguenti requisiti:

– essere costituite da non oltre 48 mesi dalla data di presentazione della domanda di agevolazione,
– essere imprese di piccola dimensione,
– avere sede legale e operativa sul territorio nazionale italiano.

Possono accedere alle agevolazioni Smart&Start Italia, inoltre, team di persone fisiche che intendono avviare una start-up innovativa e cittadini stranieri in permesso del Visto Start-up. In questi ultimi due casi, i richiedenti dovranno costituire una start-up innovativa entro 60 giorni dalla comunicazione di ammissione alle agevolazioni.

Le domande saranno valutate dal Soggetto Gestore Invitalia secondo la procedura a sportello, nel rispetto dell’ordine cronologico di presentazione.

Tra le informazioni richieste per la compilazione della domanda, la Circolare elenca (al punto 5.8):

– dati anagrafici e profilo del soggetto proponente,
– descrizione dell’attività proposta,
– analisi del mercato e relative strategie,
– aspetti tecnici ed economico-finanziari,
– una presentazione libera (pitch) del progetto composta da un massimo di 15 slide.

Riguardo alla tipologia di progetti ammissibili ai finanziamenti, i piani di impresa dovranno avere: un significativo contenuto tecnologico e innovativo, essere mirati allo sviluppo di prodotti, servizi e soluzioni nel campo dell’economia digitale, essere finalizzati alla valorizzazione economica dei risultati della ricerca. L’importo dei piani di investimento dovrà essere compreso tra un minimo di 100.000 e un massimo di 1,5 milioni di euro.

Riguardo alle voci di spesa ammissibili, la Circolare elenca una serie di voci tra cui ricordiamo: impianti, macchinari e attrezzature tecnologiche; componenti hardware e software; consulenze specialistiche tecnologiche; personale dipendente e collaboratori, servizi di accelerazione. Per l’elenco completo delle spese di investimento e dei costi di gestione ammissibili, si rimanda ai punti 10 e 11 della Circolare.

Smart&Start Italia consente di accedere ad agevolazioni sotto forma di finanziamento agevolato per un importo pari al 70% delle spese ammissibili (max 1.050.000 €).
La percentuale cresce per le startup localizzate nelle Regioni Basilicata, Campania, Calabria, Puglia, Sardegna e Sicilia e nel territorio del Cratere Sismico Aquilano (80%, max 1.200.000 €).
Allo stesso modo, il finanziamento coprirà l’80% delle spese ammissibili per piani di investimento presentati da startup innovative costituite interamente da giovani under 35 e/o donne, o per imprese in cui sia presente almeno un esperto ricercatore (vedi punto 9.2 della Circolare).

I finanziamenti agevolati avranno una durata massima di 8 anni, a tasso zero, rimborsati secondo un piano di ammortamento a rate semestrali a partire da 48 mesi dopo la stipula del contratto di finanziamento. Non sono previste garanzie.

Inoltre, le imprese costituite da non oltre 12 mesi dalla data di presentazione della domanda avranno diritto a beneficiare di servizi di tutoraggio tecnico-gestionale per un valore di 15.000 € (in caso di imprese ubicate in Basilicata, Campania, Calabria, Puglia, Sardegna e Sicilia e nel territorio del Cratere Sismico Aquilano) o di 7.500 € per tutte le altre start-up.

Per maggiori informazioni e approfondimenti, è possibile consultare il testo integrale della Circolare n. 68032 del 10/12/2014 al seguente link: http://www.mise.gov.it/images/stories/normativa/Circolare_SS2_10_12_2014n68032.pdf

Altri link utili:

http://www.smartstart.invitalia.it/site/smart/home.html
http://www.mise.gov.it/index.php/it/incentivi/impresa/smart-start

Napoli, 12/12/2014

Consigli per startup e imprese: i 10 trend da tenere in considerazione per i business tecnologici e internet-based

L’Huffington Post ha pubblicato un interessante articolo che porta la firma di Kira Makagon, imprenditrice seriale di grande successo nel settore delle startup tecnologiche, focalizzato sul tema dei 10 trend più importanti per le startup tecnologiche e internet-based.

Secondo l’autrice del post, in questo momento storico si aprono una serie di opportunità potenzialmente infinite per le imprese tecnologiche, sia in termini di business che di investimenti e creazione di posti di lavoro. Ciò è molto importante non soltanto per le startup ma anche per le imprese già consolidate, che vedono nuove potenziali strade di crescita ed espansione.

L’articolo elenca quindi quelli che, secondo Kira Makagon, rappresentano i 10 trend fondamentali che startup e imprese tecnologiche dovrebbero tenere in considerazione nel prossimo futuro:

1) Internet Of Things: oggi Internet è un’infrastruttura tecnologica capace di essere connessa a qualsiasi oggetto, sia da fisso che da mobile. Ciò significa che risulta applicabile a prodotti, dispositivi ed oggetti di qualsiasi tipo, forma e dimensione (in particolare: elettrodomestici, automobili, edifici, wereable technology, ecc). Con il crescente sviluppo dell’Internet Of Things e l’aumento dei prodotti connessi ad internet, cresce di pari passo la domanda di software e altre tecnologie di supporto.

2) Security And Access Control: con lo sviluppo delle tecnologie internet-based sta aumentando la necessità di sicurezza e controllo degli accessi, sia a livello domestico che per uffici, aziende, veicoli. Questo trend va tenuto in attenta considerazione perchè rappresenta un’opportunità sia a livello di consumatori che in termini B2B.

3) Digital Payments: le tecnologie di pagamento digitale stanno crescendo in maniera esponenziale già da qualche anno. L’arrivo di Apple Pay ha infatti dato una spinta a quest’area di business, che continuerà a crescere in futuro. Molto importante a riguardo, secondo l’autrice del post, è non fermarsi al software per i pagamenti digitali, ma guardare con occhio attento anche gli aspetti legati all’hardware.

4) Offline/Online Integration: sono molti i casi di successo di startup che si adoperano per l’integrazione tra Offline e Online, come ad esempio Uber che è riuscita a collegare in maniera efficace il mondo digitale e fisico. Secondo Kira Makagon, a questo proposito è importante osservare il trend dal punto di vista B2B, che offre molte potenziali opportunità in un segmento che finora ha dato il meglio da un punto di vista consumer.

5) Increased Cloud-Based Products and Services: le soluzioni internet-based come l’e-mail e l’archiviazione dati non sono certo una novità per i consumatori e per le imprese. Tuttavia, il mercato sta entrando in una nuova era caratterizzata da soluzioni cloud-based, in cui sia la tecnologia che il numero di utenti crescono esponenzialmente assieme ad una nuova variegata gamma di opportunità di business, grazie a prodotti e soluzioni innovative e inaspettate.

6) Smart Wellness: le cosiddette “wereable technology”, le tecnologie indossabili, rappresentano solo un aspetto di questo importante trend che va sempre di più nella direzione di soluzioni internet-based per il personal fitness e il benessere. Gli smartphone possono infatti aiutare le persone a mangiare meglio, a monitorare il sonno, a fare la spesa alimentare in maniera più intelligente e salutare. Applicazioni di questo tipo rappresentano nuove opportunità per le startup tecnologiche da tenere sotto osservazione.

7) New Communications: internet permette una vasta gamma di nuove funzionalità di comunicazione, oggi infatti è possibile affiancare alla comunicazione testuale anche i video e la voce. Le comunicazioni, inoltre, dai dispositivi fissi si spostano sempre di più sul mobile aprendo una serie di nuove opportunità di business per startup e imprese in grado di creare innovazioni nell’ambito delle telecomunicazioni.

8) Smart Government: la tecnologia innovativa in ambito governativo e delle forze dell’ordine si sposta sempre più dal ristretto ambito dei siti web e della connettività mobile, aggiungendo nuove funzionalità e applicazioni internet-based che consentono di modificare l’utilizzo, ad esempio, dei veicoli o delle informazioni e dei dati.

9) Green Tech/Clean Tech/Cause Tech: negli ultimi anni la maggior parte delle idee di business e delle startup innovative si sono concentrate su applicazioni consumer inerenti il divertimento e l’intrattenimento, ma nel prossimo futuro cresceranno aziende emergenti che utilizzano la tecnologia per risolvere problemi inerenti le energie green o problemi a livello mondiale come lo spreco di cibo.

10) Education: oggi il mercato delle tecnologie legate al mondo dell’istruzione è in una fase di crescita e di evoluzione mai vista prima. Le startup impegnate nel migliorare le esperienze di apprendimento, rivolte sia agli studenti che ai docenti, sono in prima linea e gli investimenti in questo mercato cresceranno nei prossimi anni.

Per leggere il post originale: http://www.huffingtonpost.com/kira-makagon/10-important-trends-in-st_b_6216338.html

Napoli, 12/12/2014

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