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Tag: marketing

Il nuovo Bando UE frontierCities: finanziamenti fino a 150K per startup e PMI nel settore Smart Mobility

FrontierCities è uno dei 16 acceleratori nati nell’ambito dell’iniziativa UE FI-PPP (Future Internet – Public Private Partnership) e ha attualmente lanciato il suo bando dedicato al supporto e al finanziamento di startup e PMI con soluzioni innovative nel settore della Smart Mobility.

Il Bando frontierCities prevede il finanziamento di un massimo di 70 idee imprenditoriali (proposte da PMI, startup e web-developers) con la possibilità di accesso a grant di valore compreso tra 50.000 e 150.000 € ciascuno: inoltre, alle idee finanziate sarà garantito supporto tecnico e di business development dagli esperti del programma. I proponenti delle idee finanziate potranno inoltre partecipare a sessioni di mentoring e formazione e ad una serie di eventi internazionali organizzati a livello europeo.

Le idee innovative partecipanti a frontierCities dovranno essere caratterizzate dall’applicazione di tecnologie ICT e dall’utilizzo della piattaforma tecnologica FIWARE. Il tema principale di riferimento è quello della Smart Mobility, con particolare attenzione ai seguenti settori:

– Smart Cities,
– E-Health,
– Trasporti,
– Energia e ambiente,
– Turismo.

La call è stata lanciata lo scorso 20 novembre e prevede due step di selezione: innanzitutto, le candidature dovranno essere inviate per via telematica (https://www.f6s.com/fiware-frontiercities) entro il 16 febbraio 2015.
Nella domanda di partecipazione, i proponenti dovranno rispondere a 5 “core questions” riguardo la propria idea in tema Smart Mobility: il problema, la soluzione, la tecnologia, il mercato, le persone.

Al termine della prima fase di selezione saranno individuate le idee più meritevoli che potranno partecipare alsecondo step: i proponenti saranno invitati ad inviare una seconda domanda più dettagliata, della lunghezza massima di 15 pagine, contenente un piano dettagliato con business model, previsioni economico-finanziarie, informazioni relative al prototipo, notizie sui componenti del team e una timeline con le milestones principali da raggiungere.

Il programma frontierCities prevede infine il coinvolgimento di città e municipalità europee che si candideranno come tester per i progetti innovative e potranno eventualmente adottare in futuro le applicazioni che saranno finanziate e sviluppate dai vincitori del bando.

Per maggiori informazioni: http://www.fi-frontiercities.eu/the-call/

Napoli, 28/01/2015

BEST Program 2015: domani, l’evento di presentazione a Napoli – 4 Borse di Studio per la tua startup in Silicon Valley

Domani, 27 gennaio 2015, l’Università degli Studi di Napoli “Federico II” ospita un incontro dedicato a tutti gli interessati al Programma BEST, destinato a giovani italiani under 35 interessati ad un’esperienza di scambio innovativo negli Stati Uniti e, in particolare, all’ecosistema startup della Silicon Valley: il convegno “Programma BEST: la tua startup high-tech imparando a Silicon Valley” sarà ospitato nell’Aula Scipione Bobbio – Scuola Politecnica e delle Scienze di Base sita a Napoli in Piazzale Tecchio n. 80, a partire dalle 10:30.

Tra gli interventi in Calendario, una tavola rotonda dedicata al tema “Prospettive dell’Imprenditoria giovanile nei settori high-tech” moderata da Giorgio Mulè (Direttore di Panorama) cui parteciperanno, tra gli altri, Pietro Salatino, Presidente Scuole Politecniche e delle Scienze di Base Federico II; Luigi Califano, Presidente Scuole di Medicine e Chirurgie Federico II; Domenico Arcuri, Amministratore Delegato Invitalia e Eva Milella, Presidente IMAST.

A seguire, la presentazione dell’iniziativa BEST_BUSINESS EXCHANGE AND STUDENT TRAINING e del Bando BEST 2015/2016, da parte di Fernando Napolitano, Responsabile di Italian Business and Investment Initiative e la presentazione di testimonianze di partecipanti alle precedenti edizioni del Programma BEST.

L’incontro è finalizzato ad incentivare la partecipazione all’edizione 2015/16 del Programma BEST, nato allo scopo di stimolare ed accrescere la cultura imprenditoriale high-tech in Italia offrendo ai migliori talenti under 35 la possibilità di una borsa di studio del valore di 35.000 € per frequentare i corsi universitari intensivi in Entrepreneurship e Management e partecipare ad uno stage (internship) presso un’azienda USA.
Le borse di studio sono riservate a giovani italiani di età massima pari a 35 anni, in possesso di Laurea triennale o Laurea Vecchio Ordinanamento, Laurea Magistrale o Dottorato di Ricerca oppure frequenza di un Dottorato di Ricerca.
I settori prioritari sono: Biotecnologie, Nanotecnologie, Scienze biomediche, Tecnologia delle comunicazioni, Ingegneria aereospaziale e dei nuovi materiali, Design industriale, Tecnologie per la protezione ambientale e la produzione energetica, Art&Fashion, Entertainment.

Il Bando 2015 del BEST Program prevede l’assegnazione di quattro borse di studio della durata complessiva di sei mesi, suddivisi in un trimestre di corsi intensivi in Entrepreneurship e Management (incentrati sul settore scientifico e tecnologico) e un trimestre diinternship presso una società della Silicon Valley.

Il Programma inizierà tra agosto e settembre 2015, e la borsa di studio copre le tasse universitarie, l’alloggio, l’assicurazione medica, i costi iniziali di insediamento (start-up allowance), il programma di orientamento all’arrivo presso la Santa Clara University. I borsisti, inoltre, hanno diritto ad uno stipendio mensile di circa 1.000 $ e ad un rimborso forfetario di 1.500 € per le spese di viaggio e il visto di ingresso negli USA.

Il Programma BEST ha avuto negli ultimi anni numerosi casi di successo e ha consentito la nascita di numerose startup (37 startup high-tech realizzate in Italia) con la creazione di 320 nuovi posti di lavoro.

Le domande per partecipare al Programma BEST 2015 dovranno essere inviate entro il 27 marzo 2015: per maggiori informazioni e dettagli è consigliabile la lettura integrale del Bando di Concorso, disponibile al seguente link: http://www.fulbright.it/wp-content/uploads/2014/12/Bando-BEST-2015-16.pdf.

Altri link utili:

http://www.bestprogram.it/
http://www.fulbright.it/programma-best/

Napoli, 26/01/2015

Team Building e Leadership: alcuni suggerimenti utili per i founder di una startup

Il portale Serious Startup ha pubblicato qualche settimana fa un articolo sulla tematica del team building e della leadeship all’interno di una startup: la firma è di Dan Adika, CEO e co-founder di WalkMe (startup che fornisce un servizio cloud-based per professionisti dedicato in particolare alle attività di assistenza clienti).

Il punto di partenza sul quale Adika costruisce il suo contributo è quello secondo cui il team rappresenta il bene più importante per una startup, dal quale dipende in ampia misura il futuro successo del progetto imprenditoriale: per questo motivo, è interessante capire come gestire e dare ispirazione al team in modo tale da fornire ai suoi componenti gli strumenti fondamentali per lavorare al meglio.

I suggerimenti contenuti nel post di Dan Adika sono essenzialmente quattro: vediamoli più nel dettaglio.

1) Rispettare l’individuo

Ogni componente del team di una startup ha le proprie competenze ed esperienze. Spesso, il leader di una startup è giovane e alle sue prime esperienze, e può trovarsi a gestire persone più adulte e con un bagaglio di esperienza alle spalle maggiore del suo. Un buon consiglio per il leader è quello di non spaventarsi di fronte a questa eventualità, ma di vederla come una sfida e soprattutto come la possibilità di utilizzare a vantaggio della startup il bagaglio di competenze ed esperienze dei componenti del team.
Bisogna quindi innanzitutto essere sempre attenti ad ascoltare cosa pensano i componenti “senior” riguardo alle attività da implementare nel percorso, ed è importante allargare questo atteggiamento di ascolto e di apertura a tutti i componenti del team, non solo ai veterani. Occorre sempre ricordarsi che ciascuno dei membri del team ha le proprie caratteristiche e i propri campi di eccellenza, e questo è il motivo per cui il founder li ha scelti.

2) Essere aperti alle nuove idee

Mantenere una politica open all’interno della startup è molto importante: spesso le migliori idee provengono dalle fonti più inaspettate, quindi è necessario essere aperti a qualsiasi fonte. Il team deve sapere che il leader della startup è aperto a ricevere e valutare nuove idee, deve sentirsi incoraggiato a comunicarle in qualsiasi momento.
Inoltre, è risaputo che nessuno conosce il funzionamento di una startup meglio di chi ci lavora ogni giorno: il team è quindi la fonte migliore di suggerimenti per migliorare il business di una startup.

3) Essere d’esempio

Il leader di una startup deve essere sempre il modello di riferimento per il team, mostrando gli standard di riferimento attraverso il proprio lavoro. Essere d’esempio è infatti il modo migliore per motivare i componenti del team: comportarsi da “grande capo” che si limita a dare ordini non dà alcun contributo al successo di una startup.
Quando il team vede che non c’è una gerarchia in cui il leader si pone al di sopra del resto della squadra è più propenso a lavorare in maniera efficace al progetto e sarà più semplice mantenere degli standard elevati anche nel prodotto/servizio offerto ai clienti.

4) Empowerment

Un buon leader non deve mai dimenticare quanto sia importante l’empowerment per il team: la squadra ideale per una startup è quella in grado di affrontare problemi e difficoltà anche senza chiedere aiuto. Ad esempio, se un cliente è in attesa di una risposta, dover aspettare “il responso dall’alto” serve solo a rallentare il processo. In una startup è invece fondamentale offrire al team la formazione e le conoscenze di cui hanno bisogno per svolgere il proprio lavoro con successo e nella maniera più autonoma possibile. Per risparmiare tempo e denaro, l’autore consiglia di preferire le guide digitali agli incontri fisici.

In conclusione, secondo Dan Adika, seguire questi quattro suggerimenti può aiutare il leader di una startup ad attivare il team verso maggiori competenze di problem solving, con il risultato di potersi concentrare meglio e garantire la crescita ed il successo del progetto.

Il link del post originale è disponibile qui: http://seriousstartups.com/2014/12/01/4-tips-empowering-team/

Napoli, 19/01/2015

Formazione, consulenza e mentorship per startup nel settore alimentare: il nuovo bando SIFooD / ComoNExT

L’incubatore di startup innovative del Parco Scientifico e Tecnologico ComoNExt, in collaborazione con l’Associazione tecnologica SIFooD (Science & Innovation Food District) hanno lanciato un nuovo Bando per la selezione di quattro progetti innovativi incentrati sul tema della riduzione dello spreco alimentare: in palio per ciascuno dei vincitori, un voucher del valore massimo di 30.000 € più l’accesso al programma di incubazione di ComoNExt della durata di 18 mesi.

Possono partecipare alle selezioni del Bando SIFooD / ComoNExT aspiranti startupper (che dovranno costituire l’impresa entro 4 mesi dall’ammissione al programma di incubazione) e microimprese o PMI in attività da non oltre 18 mesi alla data di presentazione della domanda. Le startup vincitrici dovranno obbligatoriamente collocare la propria sede operativa all’interno dell’Incubatore ComoNExT per i 18 mesi del percorso di incubazione, mentre la sede legale non è vincolante ai fini della partecipazione.

I progetti innovativi che partecipano al Bando SIFooD / ComoNExT devono essere incentrati, come accennato, sulle tematiche della riduzione dello spreco alimentare e, in particolare:

TEMATICHE SPECIFICHE: riduzione degli sprechi alimentari e di packaging; sostenibilità del ciclo di vita dei prodotti alimentari; efficienza della catena alimentare; food safety.

TEMATICHE TRASVERSALI: packaging attivo e strategie di conservazione; tecnologie di conservazione e preparazione innovative;

TECNOLOGIE ABILITANTI DI NATURA PERVASIVA: nuovi materiali e nanotecnologie; ICT, sensoristica avanzata; food science.

E’ possibile inoltrare la domanda di partecipazione al Bando SIFooD / ComoNExT inviando il modulo di domanda (scaricabile al seguente link: http://comonext.it/bando-sifood-comonext/) attraverso una delle tre modalità previste all’art. 6 del Bando:

via e-mail all’indirizzo incubatore@comonext.it;
via raccomandata A/R da inviare a: ComoNExT scpa – Via Cavour, 2 – 22074 Lomazzo (CO);
a mano, presso la sede di ComoNExT.

In ogni caso, la deadline è fissata a venerdì 30 gennaio 2015.

La selezione dei vincitori sarà effettuata da una Commissione di Valutazione composta da esperti di SIFooD e ComoNExT, che selezioneranno i quattro migliori progetti basandosi innanzitutto sulle domande pervenute, poi su colloqui individuali con i rappresentanti delle startup, indagini di mercato e valutazione del Business Plan.
Le fasi del processo di valutazione e i criteri che saranno applicati sono dettagliati all’art. 5 del Bando.

I quattro progetti vincitori avranno accesso al percorso di incubazione ComoNExT per un periodo di 18 mesi, durante i quali sarà possibile spendere i Voucher assegnati per un valore massimo di 30.000 € ciascuno (di cui 20.000 € da utilizzare nei primi 12 mesi di incubazione).

Le spese ammissibili al Voucher, elencate all’art. 4, sono relative a:

Stesura, valutazione ed integrazione del business plan per un massimo di 5.000 € + IVA;

Affitto della postazione di lavoro open space presso ComoNExt con tutti i servizi offerti dall’Incubatore, per un massimo di 4.500 € + IVA;

Percorso di consulenza, formazione e tutoring su aspetti basilari per startup e imprese innovative (tra aspetti legali, fiscali, amministrativi, gestionali, di marketing e comunicazione, etc) per un valore massimo di 20.500 € + IVA.

Per ulteriori informazioni, per scaricare la modulistica e per il testo integrale del Bando SIFooD / ComoNExT: http://comonext.it/bando-sifood-comonext/

Napoli, 15/01/2015

Il primo anno di vita di una startup: focus su chiarezza, pianificazione e identificazione del target

Il primo anno di attività di una startup è di importanza cruciale per qualsiasi progetto di impresa: partendo da questa consapevolezza, Stefan Kazakis (business coach australiano con un’ampia esperienza nel mondo startup) stila una serie di utili consigli per aspiranti imprenditori in un post pubblicato qualche tempo fa dal portale Startup Smart.

Il punto di partenza di Kazakis è che qualsiasi progetto di startup parte con una grande idea, che i founder perseguono con passione ed entusiasmo: questi aspetti sono indispensabili per affrontare il duro lavoro che attende chi inizia un progetto di startup, soprattutto nel primo anno di attività, ma secondo Kazakis non bastano la passione e l’entusiasmo per portare una nuova impresa al successo.

Un aspetto imprescindibile che gli startupper devono focalizzare nel primo anno di vita dell’impresa è infatti quella che Kazakis definisce “Clarity”: la chiarezza deve infatti entrare a far parte del DNA di una startup, della sua cultura aziendale, in quanto rappresenta il presupposto fondamentale sul quale poter costruire l’indispensabile fiducia con il team, i clienti e tutti gli stakeholders che interagiscono con una startup nel corso della sua attività.

In secondo luogo, è fondamentale secondo l’autore riuscire a mantenere intatto nel tempo lo slancio iniziale che accompagna qualsiasi nuovo progetto di impresa: per farlo, bisogna passare ad una fase in cui la chiarezza serve come base non solo della fiducia, ma anche di aspetti quali la pianificazione delle attività e la definizione del target di riferimento sul mercato.

Per iniziare al meglio il primo anno di attività di una startup, i founder devono innanzitutto identificare quello che Kazakis definisce “l’obiettivo n° 1”: il suggerimento dell’autore è quello di fissare un obiettivo annuo in termini di profitto, per poter determinare su questa base la strategia, le decisioni di business e le risorse da impiegare.
Altro suggerimento importante: una volta identificato l’obiettivo principale, la startup deve scegliere un adeguato “piano B”. Secondo Kazakis, è importante per una startup alle prese con una situazione nuova e incerta provare a immaginare i peggiori scenari possibili, per poi stabilire un piano B cui affidarsi qualora dovessero verificarsi.

A questo punto, Kazakis consiglia di iniziare la fase che definisce di “Scomposizione”: si tratta di una programmazione delle attività del primo anno di attività della startup, da effettuare suddividendo l’anno in quattro blocchi da 90 giorni ciascuno. Una volta stabilite le attività da svolgere nel primo di questi quattro blocchi, è possibile focalizzare più dettagliatamente le attività su base settimanale.

In questo modo, i founder della startup avranno una programmazione strutturata dei tempi e delle attività da seguire settimana dopo settimana per raggiungere il proprio obiettivo n° 1: si tratta di focalizzarsi per il 50% del tempo su quelle che l’autore definisce IGA (income growth activities), ossia le attività essenziali per raggiungere gli obiettivi di crescita prefissati dalla startup.

Naturalmente, occorre tener conto del fatto che non sempre le cose vanno come previsto e che ogni startup attraversa alti e bassi: ecco perché la costante revisione dei piani è fondamentale, assieme ad una continua attività di team meeting per comunicare in maniera aperta e dettagliata chi sta facendo cosa e in che modo. Kazakis consiglia, inoltre, di raccogliere tutte le idee, gli spunti e le informazioni utili dai team meeting per utilizzarle nella programmazione del successivo blocco da 90 giorni.

Come ultimo consiglio per l’attività di scomposizione, Kazakis suggerisce tre domande da porsi sempre durante il primo anno di startup:

1) A cosa stiamo lavorando?
2) Che cosa non sta funzionando?
3) Cosa stiamo facendo a riguardo?

Per essere certi che una strategia funzioni, infatti, è necessario testare e misurare le attività tutti i giorni, e anche su base settimanale e mensile: il business è un ambiente in rapida evoluzione e le startup devono essere sempre adattabili ai cambiamenti del mercato.

Dopo aver parlato della pianificazione, Kazakis si concentra sul tema del target di riferimento: quando si avvia una startup è fondamentale avere sempre chiaro chi comprerà il prodotto e perché. Per identificare al meglio il proprio target di mercato, la startup deve utilizzare strumenti e metodologie adatte alla fase di creazione dell’idea, che sono differenti da quelli necessari ad accrescere la quota di mercato e che saranno insipensabili in una fase più avanzata del progetto.

In fase di startup, si dispone di un prodotto o servizio che avrà un proprio mercato: per sapere come e perchè i clienti acquisteranno il nostro prodotto/servizio occorre avere una chiara definizione del proprio mercato di riferimento. Solo in questo modo, infatti, una startup può stabilire la strategia di business più adeguata.

Per essere certi di conoscere in maniera chiara il target di riferimento, l’autore suggerisce sei domande utili che la startup deve porsi all’inizio della sua attività:

1) Chi è il nostro cliente? E’ importante essere in grado di dare una definizione dettagliata delle persone (o aziende) che intendiamo servire.
2) Dove si trova il nostro cliente? Una startup deve sapere dove si concentra a livello geografico la propria clientela.
3) Quale problema intendono risolvere grazie al nostro prodotto?
4) Dove arriva il loro “livello di frustrazione”? Significa riuscire a capire quando effettivamente il cliente decide di acquistare il prodotto in questione.
5) Perché dovrebbero scegliere il nostro prodotto? Qualunque sia il prodotto o servizio offerto, è bene tener sempre presente che il potenziale cliente ha altre opzioni a sua disposizione.
6) Come ti aspetti che si svolgano i rapporti con il cliente? Come si pensa di comunicare ed entrare in contatto con la potenziale clientela?

Conoscere al meglio il target di riferimento rappresenta la migliore opportunità per una startup di implementare la strategia di business più adatta: in caso contrario, afferma Kazakis, il business è totalmente affidato alla fortuna.

Infine, Kazakis offre i suoi tre consigli “top” per il primo anno di vita di una startup, adattabili anche a tutti gli anni successivi:

Go slow to go fast: procedere lentamente per riuscire ad andare veloce;
– Il 50% di qualcosa di successo è meglio del 100% di qualcosa che non c’è;
– Ricordare sempre “le 5 R”: “right people, hired for the right roles, who are clear about their responsibilities, getting paid the right money, will deliver the right results” – le persone giuste, assunte per i ruoli giusti, che hanno ben chiare le proprie responsabilità, pagate con la remunerazione giusta, otterranno i risultati giusti.

Il post originale è disponibile qui: http://www.startupsmart.com.au/planning/business-planning/surviving-your-first-year-how-clarity-is-essential-to-achieve-longevity/2014061712529.html?displaypage=start

Napoli, 14/01/2015

Consigli per startup: come affrontare al meglio l’attività di Product Validation

In un interessante post pubblicato di recente dal portale on-line Medium, l’imprenditore seriale e mentor di startup di origini indiane Ripul Kumar affronta un tema di rilevanza centrale per un’impresa alle prime fasi di sviluppo: il tema della Product Validation, ossia dell’incontro del prodotto di una startup con il “mondo reale”, e quindi con il mercato vero e proprio e i consumatori.

Il lancio di un nuovo prodotto sul mercato è un momento cruciale per una startup, e nella maggioranza dei casi (Kumar parla addirittura del 90%) questo incontro si rivela fallimentare: a volte i consumatori non ritengono utile il prodotto, altre volte non lo reputano abbastanza valido, altre ancora il prodotto si rivela essere “un capriccio” del CEO, altre ancora il prodotto viene lanciato al momento sbagliato (troppo presto o troppo tardi rispetto alle reali esigenze dei consumatori). In altri casi, ancora, il prodotto non risolve alcun problema al cliente oppure è estremamente difficile da usare.

Il ruolo del Product Manager di una startup è quindi quello di capire come costruire un prodotto che risponda ai comportamenti e alle esigenze della clientela. Per fare questo, bisogna convalidare le ipotesi ed essere pronti a pivot e modifiche quando necessario, cercando di essere il più possibile rapidi e reattivi ai feedback ricevuti dal mercato.
Nel processo di Product Validation la precocità è fondamentale: modificare un prodotto quando si è già troppo avanti nel processo, infatti, rappresenta un costo molto elevato.

Nel suo post, Kumar cerca di analizzare alcuni degli strumenti più utilizzati per la Product Validation nell’arco del ciclo di sviluppo del prodotto di una startup, cercando di capire quali possono essere i problemi e gli errori più frequenti.

1) Focus Group

I Focus Group possono essere uno strumento davvero difficile da usare nel processo di Product Validation: lo stesso Steve Jobs ha affermato che “Nella maggior parte dei casi, le persone non sanno ciò che vogliono finché non glielo si mostra”.

Nelle ricerche di mercato si utilizzano i Focus Group partendo dal presupposto che siano un’arma fondamentale per capire quale sia il comportamento del cliente di fronte ad un nuovo prodotto: in realtà, secondo Kumar, questo strumento non è assolutamente utile.

Innanzitutto, i Focus Group sono nati quando la gente aveva poco tempo a disposizione e più ricerche da fare, e le interviste one-to-one rappresentavano uno strumento dispendioso in termini di tempo e denaro: mettere 3/8 persone in una stanza nello stesso momento sembrava una strada più veloce e meno costosa per capire di più in termini di Product Validation.

Tuttavia, le dinamiche di gruppo portano molti pregiudizi e comportamenti inconsci: i partecipanti assumono spesso dei comportamenti finalizzati ad ottenere l’accettazione sociale del resto del gruppo, fornendo affermazioni e feedback falsati. Spesso, infatti, all’interno di un Focus Group emerge un leader che inconsapevolmente guida il comportamento degli altri partecipanti (fenomeno del “Group Think”). Il risultato è che i dati della ricerca sono irrimediabilmente falsati.

Secondo Kumar, quindi, i Focus Group sono uno strumento poco adatto in fase di Product Validation, mentre possono essere molto utili per una startup in fase di ideazione del prodotto.

2) Sondaggi

I sondaggi sono una delle tecniche più utilizzate dal Product Manager, che si basa sulla convinzione secondo cui tali strumenti possono fornire informazioni utili per la segmentazione, per l’analisi dei comportamenti e per prevedere i comportamenti futuri del cliente. Le ricerche di mercato, in passato, si sono basate molto speso sui sondaggi per cercare di capire come le persone di sarebbero comportate di fronte a nuovi prodotti o servizi.

In realtà, i sondaggi sono efficaci solo per la comprensione di dati noti (ad esempio, per i dati demografici) o per analizzare comportamenti specifici e relativi al passato, mentre per la Product Validation è fondamentale analizzare i comportamenti in via previsionale. I sondaggi forniscono opinioni, e come è noto le opinioni possono essere facilmente distorte.

3) Beta Release

Le versioni Beta vengono spesso utilizzate per risolvere eventuali bug di prodotto che sono sfuggite in fase di testing: in pratica, i componenti del team si aspettano che siano i clienti a trovare eventuali bug al posto loro. Ma questo discorso è possibile solo per alcune tipologie di prodotto: come afferma l’autore, infatti, non si può pretendere che siano i clienti a trovare eventuali difetti in prodotti come aerei, medicinali o automobili, come avviene invece per i software.

Spesso il Product Manager di una startup pensa sia meglio aspettare il rilascio della Beta per iniziare l’attività di Product Validation: in realtà, spiega Kumar, questa convinzione è errata e può essere fallimentare. La strada più giusta per una startup, invece, è testare il prodotto con gli early adopters, per evitare modifiche difficili e dispendiose quando ormai il processo è in fase avanzata.

4) Product Feedback

Effettuare le attività di Product Validation in una fase ancora successiva, dopo la Beta e quando il prodotto definitivo è ormai sul mercato, è un’altra situazione che la startup dovrebbe evitare: si tratta di una situazione di attesa, per la quale occorre aspettare le vendite effettive per poi ricevere i feedback dei compratori.

Il metodo più utile per una startup, al contrario, è quello di chiedere i feedback agli utenti quando i problemi possono ancora essere risolti in maniera ragionevole: inoltre, una volta delusi dall’acquisto, i clienti sono difficilmente propensi ad inviare il proprio feedback. Preferiscono, invece, semplicemente abbandonare il prodotto.

Quando il prodotto definitivo è sul mercato, infatti, i feedback di clienti delusi si trasformano in recensioni negative su blog e social media. Inoltre, se il prodotto non è ancora ampiamente diffuso sul mercato e le vendite stentano a crescere, saranno davvero pochi i feedback che la startup potrà ricevere.

5) Analytics

Nell’attuale situazione globale, in cui i dati sono universalmente e liberamente disponibili a chiunque, è facile pensare di poter analizzare le informazioni ottenendo numeri e metriche da utilizzare per la Product Validation.

Sicuramente l’analisi dei dati attraverso Analytics è fondamentale per capire da dove arrivano gli utenti e cosa fanno: si tratta di uno strumento molto utile per individuare dove sono i problemi.
Tuttavia, è impossibile utilizzare Analytics come strumento per capire le motivazioni alla base del comportamento degli utenti: ecco il motivo per cui è uno strumento poco adatto alla Product Validation, dove invece si ricercano i perché del comportamento dei consumatori.

In conclusione, come è possibile convalidare al meglio il prodotto?

Secondo Kumar, ci sono tre punti fondamentali per una buona attività di Product Validation che ogni startup dovrebbe tenere ben presenti:

– Convalidare il prodotto con utenti reali e nelle primissime fasi del ciclo di vita del prodotto, a partire dalla fase di ideazione. Non aspettare il rilascio della Beta o della versione definitiva.

– Convalidare ininterrottamente il prodotto in tutte le fasi del suo ciclo di vita, per poter effettuare le correzioni in maniera rapida e tempestiva.

– Convalidare il prodotto utilizzando strumenti e tecniche comportamentali (Usability Testing), lasciando perdere metodi come i sondaggi e i Focus Group.

Per leggere il post originale: https://medium.com/start-up-vision/5-product-validation-disasters-751fe61a26b4

Napoli, 14/01/2015

Arch Grants Global Startup Competition: il contest internazionale per portare la tua startup a St. Louis

A partire dal 1° gennaio 2015 è possibile inviare la propria candidatura per partecipare al contest internazionale Arch Grants Global Startup Competition, organizzata dall’incubatore e venture capital statunitense con sede a St. Louis Arch Grants. Dal 2012, anno di inizio della sua attività, Arch Grants svolge la sua attività di sostegno e tutoraggio per startup innovative assegnando ai team selezionati grant da 50.000$ cash e percorsi di incubazione con esperti in materie legate all’imprenditorialità innovativa, con particolare riferimento ai business in fase early stage.

Per il 2015 Arch Grants ha previsto una Competition internazionale suddivisa in due tranche: a partire dal 1° gennaio è possibile candidarsi alla prima “tornata”, con deadline fissata per il 31 marzo 2015.
Le startup interessate a partecipare alla Arch Grants Global Startup Competition devono avere un progetto basato sulle tecnologie innovative, o su prodotti e servizi innovativi, con particolare preferenza per business scalabili e di potenziale impatto a livello internazionale.
Gli organizzatori del contest non prevedono particolari limitazioni riguardo ai settori di riferimento dei progetti, ma le aree in cui Arch Grants ha già finanziato startup in passato sono:

Information Technology
Hardware Technology
Consumer Products
Manufacturing
Fashion
Medical Devices
Bio-Technology
Ag-Tech / Clean-Tech
Social Ventures

Per partecipare, le startup dovranno inviare la propria candidatura attraverso la procedura di iscrizione on-line disponibile al seguente link: https://app2.pitchburner.com/s1/site//ArchGrants
Le startup dovranno allegare una serie di documenti, tra cui l’Executive Summary, il Pitch Deck e, in via opzionale, Video, Business Plan e referenze (questi ultimi documenti dovranno essere obbligatoriamente prodotti in caso di accesso alla fase finale).
Possono partecipare candidati che abbiano compiuto il 18° anno di età e che siano disponibili a stabilirsi a St. Louis almeno per un anno.

I team selezionati per l’accesso alla fase finale saranno invitati a presentare la propria startup ad un Pitch Day Finalist, che si svolgerà in tre appuntamenti: 3 marzo, 2 aprile e 7 maggio 2015.
Entro la metà di maggio saranno scelti i vincitori, che inizieranno il proprio percorso di incubazione a St. Louis il 18 giugno 2015.

Le startup vincitrici avranno diritto ad un grant di 50.000$ in contanti (no equity) e a un percorso di incubazione con servizi di metorship e tutoraggio nelle aree più importanti per un business in fase early stage (contabilità, consulenza legale, marketing & design, comunicazione, consulenza finanziaria e bancaria, consulenza tecnologica, risorse umane).
Inoltre, i team avranno accesso al network internazionale di Arch Grant composto da potenziali investitori, venture capitalist e business angel.

Per maggiori informazioni: http://archgrants.org/competition/

Napoli, 02/01/2015

Consigli alle startup: il punto di vista di un Angel Investor quando si tratta di valutare il pitch

Nel suo “Instigator Blog”, Ben Yoskovitz (VP Product di Codified, co-autore di “Lean Analytics” e Angel Investor in diverse startup) ha pubblicato un post nel quale descrive il suo approccio da investitore nei primi incontri con i founder di startup alla ricerca di finanziamenti: si tratta di un interessante punto di vista per aspiranti startupper che possono farsi un’idea di come ragiona un Angel Investor e di cosa cerca nel team e nel progetto quando deve decidere se investire il suo capitale.

Yoskovitz elenca dieci “domande-tipo” che è solito rivolgere ai founder di una startup:

1) Cosa ti spinge a portare avanti questo progetto?

Per Yoskovitz è di fondamentale importanza sapere quali sono le preoccupazioni e le motivazioni che spingono i founder di una startup: bisogna capire bene su cosa si poggia il lungo e spesso duro lavoro che comporta una startup early-stage.

2) Come sapete che il vostro prodotto/servizio risponde ai bisogni dei clienti? 

Yoskovitz è convinto che l’approccio Lean sia il migliore per una startup, per cui la validation è un aspetto chiave: per capire se i founder lo stanno applicando, gli si chiede se hanno già parlato con clienti ed utenti potenziali, se c’è una vision di riferimento e se alle spalle della vision c’è un piano strutturato per metterla in pratica.

3) Cosa ti tiene sveglio la notte?

Secondo la sua esperienza, Yoskovitz sa che c’è sempre qualcosa che spaventa gli imprenditori: in base alla risposta si può capire quali sono le priorità, se si è concentrati su ciò che è davvero importante. Inoltre, consente all’Angel Investor di “rompere il ghiaccio” e mettere le basi per una conversazione personale e “umana” con gli startupper.

4) Quali sono i prossimi step in programma?

Anche se è risaputo che nessun business plan sopravvive al primo contatto con il mercato, è comunque fondamentale che la startup abbia un piano strutturato dei prossimi step da implementare (di solito, si richiede un orizzonte temporale di 3/6 mesi dopo il finanziamento). Il piano deve essere costruito sulla base di una strategia logica e razionale, basata sui compiti e le sfide ordinati su scala prioritaria.

5) Chi saranno i prossimi ad essere assunti dalla vostra startup?

Nella maggior parte dei casi, una startup nelle primissime fasi di vita assumerà un talento tecnico. In casi più rari, alcune startup particolarmente lungimiranti possono scegliere di assumere un componente che si occupi del marketing o delle vendite. In ogni caso, è fondamentale per l’investitore sapere come si pensa di gestire le assunzioni, perché i costi per il personale sono sempre quelli più elevati per una startup ed è importante che i founder sappiano come gestirli.

6) Dove vedete i maggiori rischi per il vostro business?

Serve a capire se i neo-imprenditori hanno compreso a fondo le dinamiche relative al mercato di riferimento. Inoltre, questa domanda è essenziale per capire in che modo i founder intendono approcciarsi ai problemi: suona come “cosa hai intenzione di fare per affrontare i maggiori rischi del tuo business?”.

7) Chi sono i concorrenti?

Un investitore si trova ad ascoltare molti pitch, quasi sempre afferenti a settori diversi di mercato: è quindi indispensabile che i founder abbiano una profonda conoscenza del proprio mercato di riferimento e della concorrenza, per dare all’investitore tutte le informazioni utili per valutare la possibilità di concedere o meno il finanziamento. Inoltre, la startup deve dimostrare di avere almeno un elemento di differenziazione rispetto alla concorrenza: solo in questo caso l’Angel Investor potrà decidere di rischiare il proprio capitale.

8) Com’è la traction?

Naturalmente le startup in fase early stage avranno una traction piuttosto bassa, ma ciò non vuol dire che l’investitore non sia interessato ad approfondire l’argomento. Si tratta infatti di un aspetto molto importante per valutare se i founder hanno davvero capito a fondo la questione, e se sanno quali sono le metriche davvero importanti per la loro startup.

9) Perché stai chiedendo questo finanziamento?

Un Angel Investor vuole sapere a cosa serviranno i fondi da lui investiti, come verranno impiegati nel dettaglio: l’ideale sarebbe presentare un piano relativo ai 12 mesi successivi, per rassicurare l’investitore che sta rischiando il proprio capitale sui tempi in cui sarà possibile vedere eventuali progressi.

10) Come posso aiutarti in qualità di Angel Investor?

Con questa domanda Yoskovitz si riferisce al valore aggiunto che può offrire al team al di là del capitale investito: spesso, infatti, gli investor sono competenti in alcuni aspetti specifici del business e, in quanto tali, possono dare un aiuto esperto agli startupper.

Infine, esistono altri due aspetti fondamentali per un Angel Investor che valuta la possibilità di finanziare una startup: il team e il prodotto. Ogni startup dovrebbe assicurarsi di presentare questi due punti in maniera efficace al potenziale investitore, che ha bisogno di sapere su chi e su cosa sta rischiando il proprio capitale.

Per leggere il post originale: http://www.instigatorblog.com/10-questions-entrepreneurs-investing/2014/02/05/

Napoli, 30/12/2014

H-Camp Spring 2015: la call for startup è aperta fino al 15/02/2015

H-Camp Spring 2015 è la call for startup per accedere alla quinta edizione del programma di accelerazione internazionale offerto da H-Farm: è possibile candidare la propria startup fino al 15 febbraio 2015 compilando l’apposito form disponibile on-line al seguente link

https://www.f6s.com/h-campaccelerationprogrampoweredbyhfarmventures#/apply

H-Farm si appresta infatti ad aprire le porte alle migliori 10 startup italiane e internazionali in fase pre-seed, con un progetto imprenditoriale innovativo sorretto da una brillante idea e un team di imprenditori “visionari e determinati”.

La call for startup per l’edizione 2015 di H-Camp Spring è aperta a progetti innovativi di tutti i tipi, ma in particolare quelli con focus  su uno dei settori specificati dagli organizzatori:

Fashion & Design
Food & Wine
Travel & Tourism
Retail Experience (online e offline)
Internet of Things (smart home e connected cars)

I 10 progetti selezionati avranno accesso al programma di accelerazione internazionale per startup “all inclusive”, che comprende vitto, alloggio e l’accesso agli spazi di lavoro di H-Farm.

Il programma di accelerazione comprende attività di mentoring e networking, partecipazione ad eventi ad hoc, servizi tecnici e professionali per un valore complessivo di circa 70.000 €.

Inoltre, a ciascuno dei 10 team selezionati sarà riconosciuto un premio cash di 10.000 €.

Per maggiori informazioni: http://www.h-farmventures.com/

Napoli, 29/12/2015

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