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Tag: marketing

Consigli alle startup: come lanciare un nuovo prodotto

Il post di oggi è l’adattamento di un interessante articolo pubblicato su Smashing Magazine da Nathan Barry, founder di ConvertKit, un’applicazione per il marketing via e-mail ed autore di libri come “The App Design Handbook” e “Designing Web Applications”.

L’argomento trattato è il lancio di un nuovo prodotto, un momento fondamentale per le startup che spesso può essere scoraggiante e difficile da affrontare e, soprattutto, che se gestito male può portare al fallimento del progetto: il post di Barry è una vera e propria guida pratica sull’argomento, con consigli dettagliati e precisi, adattabili a tutti i tipi di prodotto, che vengono dalla sua esperienza personale.

1) Si parte da zero

Naturalmente, la prima cosa di cui avete bisogno è un prodotto da lanciare, o per meglio dire un’idea del prodotto che lancerete sul mercato. Il punto di partenza di Barry è che le strategie di marketing devono partire quando il prodotto è ancora in fase di sviluppo, o addirittura prima: iniziare la commercializzazione quando il prodotto è ormai pronto è quasi sempre una pessima idea.

Il consiglio di Barry è definire un prodotto, con un nome anche provvisorio, per poter individuare da subito il target di riferimento e mettere su un piano di marketing.

Il secondo passo di questa prima fase è definire le proprie competenze e comunicarle chiaramente ai potenziali clienti: lo strumento più adatto secondo Barry è un blog.

Terzo passo fondamentale: fare un inventario, che raccolga gli strumenti ma soprattutto le persone su cui si può contare e a cui è possibile comunicare l’idea di prodotto a cui stiamo lavorando. Barry elenca a riguardo i lettori del blog, i followers e contatti sui social network, le community di cui facciamo parte.

2) Iniziare ad insegnare

Nel suo articolo, Barry racconta la storia del suo amico Chris: costui aveva le sue stesse competenze come web designer, ma a differenza di Barry decide a un certo punto di scrivere un blog in cui metteva a disposizione le proprie competenze con lezioni on line e tutorial sull’argomento.
Quando Chris decide di lanciare un progetto su Kickstarter, offre in cambio delle donazioni l’accesso gratuito a una serie di tutorial sul programma che stava ridisegnando. Il suo obiettivo era raccogliere 3.500 dollari: alla chiusura del progetto, ne aveva raccolti quasi 90.000!

Barry spiega questo risultato nel modo seguente: il successo di Chris non era dipeso certamente dalle sue competenze, che erano le stesse a disposizione di Barry, ma dal fatto che tutte le persone che avevano beneficiato degli insegnamenti di Chris erano ansiosi di ripagarlo, e l’avevano dimostrato alla prima occasione.

L’insegnamento delle proprie competenze è secondo Barry il modo migliore per convincere la gente a prestare attenzione a te e al tuo prodotto, senza spendere soldi in pubblicità. Diffondendo le informazioni utili, si attirano i potenziali clienti, li si convince a fidarsi di te e, quando arriva il momento di chiedere loro un acquisto, per queste persone sarai diventato un consulente di fiducia, non una società tra le tante che vende qualcosa su Internet.

3) Annuncia il tuo prodotto

La terza fase da seguire per il lancio del prodotto parte dalla creazione di una landing page: bisogna adoperarsi in tal senso quando il prodotto è ancora in fase di sviluppo, basta avere un nome e un’idea.

L’elemento più importante da inserire nella landing page è, secondo Barry, il form per inserire il proprio indirizzo e-mail nella newsletter: è questo l’unico modo per essere certi di poter restare in contatto con i potenziali clienti.

Una volta che la landing page è on line, bisogna iniziare a condividerla e promuoverla: si passa al punto n. 4.

4) I post sul blog

Il modo migliore di diffondere la landing page è, secondo Barry, scrivere dei post a contenuto didattico ed informativo cercando di inserire sempre un riferimento al prodotto che si sta per lanciare. L’unica regola da ricordare è che quei post hanno sempre e comunque lo scopo di insegnare, non quello di vendere il prodotto.
Alla fine di ogni post bisogna sempre inserire il form per iscriversi alla newsletter, in modo tale da ampliare il bacino dei potenziali clienti.

Barry sostiene che il numero perfetto per incuriosire il lettore e spingerlo a lasciare il proprio indirizzo e-mail è di tre post: se ce ne vogliono di più probabilmente i post non sono abbastanza ricchi di contenuto.

5) Stay in touch

Bisogna restare in costante contatto con gli iscritti alla mailing list: se li si trascura, è probabile che si dimenticheranno del prodotto.
Barry raccomanda di fare molta attenzione a questo aspetto, definendo la sua mailing list (che conta oltre 7.000 contatti) il suo bene più prezioso.

6) La sequenza di lancio

Ciò che è stato detto finora è precedente al momento del lancio: Barry passa a questo punto a spiegare cosa fare nel momento in cui si è pronti a mettere il prodotto sul mercato.

Bisogna seguire una sequenza ben precisa: comunicare agli iscritti della mailing list tutti i dettagli del lancio, facendo in modo che siano tutti a conoscenza del momento in cui il prodotto sarà in vendita.
Barry spiega che è molto importante che i potenziali acquirenti siano ben informati, per evitare che siano impreparati al momento dell’effettivo acquisto (potrebbero rimandarlo, o addirittura rinunciarvi).

Riguardo ai contenuti delle ultime mail, Barry sostiene l’importanza di comunicare con i potenziali clienti con un tono amichevole, come se stessimo dando un consiglio ad un amico.

7) Il giorno del lancio

Ultimo consiglio di Barry: inviare una mail per comunicare che il prodotto è sul mercato ed è finalmente possibile acquistarlo. Basta un messaggio semplice e diretto, per arrivare allo scopo finale: far visitare agli iscritti la sales page del sito.

Infine, Barry consiglia di prendersi un po’ di tempo per contattare tutti coloro che hanno reso possibile il lancio del prodotto e ringraziarli dell’aiuto.

E adesso che il prodotto è sul mercato? Ecco l’ultimo consiglio di Barry: “Then, take a break from the computer. You’ll need it.”

Napoli, 04 luglio 2013

Cosa rende una startup un “Hidden Champion”?

L’espressione Hidden Champion s riferisce alle piccole e medie imprese leader del mercato globale che, pur essendo quasi sconosciuti al grande pubblico e ai media, dominano il settore economico di appartenenza con alti livelli di innovazione e di redditività: ne parla in un suo recente articolo su Whiteboard Hermann Simon, grande esperto di marketing, strategia e pricing presso la “Simon-Kucher & Partners Strategy & Marketing Consultants“, nonchè docente universitario presso le più famose Università di business americane.

Le imprese Hidden Champion si caratterizzano nella maggior parte dei casi per posizionarsi tra le prime tre aziende nel loro settore di appartenenza a livello globale, sono spesso al n. 1 nel loro Paese ed hanno un fatturato inferiore ai 5 miliardi di dollari.

Per diventare Hidden Champion ed arrivare ad essere leader del mercato a livello globale, bisogna essere in grado di creare un nuovo mercato offrendo ai clienti qualcosa che nessun altro abbia mai offerto prima: vediamo quali sono i consigli di Simon per provare a fare di una startup un Hidden Champion.

1. Tenere costantemente alta l’attenzione
Focus, focus, focus“, scrive Simon. Bisogna saper concentrare tutte le risorse sul punto focale: il cliente. E’ fondamentale focalizzare tutte le attenzioni e il lavoro per costruire un prodotto in grado di soddisfare il cliente e le sue esigenze meglio dei concorrenti.

2. “Keep at it: resistere!
Indispensabili affinchè un’azienda possa diventare un Hidden Champion, sono la resistenza e perseveranza. Naturalmente, ogni founder ha bisogno di resistenza per avviare e portare al successo la sua startup. Ma per costruire una organizzazione globale e la leadership del mercato mondiale spesso è necessario lavorare il doppio.

3. Globalizzare
Concentrarsi su un unico Paese riduce i margini di crescita rispetto all’aprirsi al mercato globale. La globalizzazione è indispensabile perchè una startup possa fare le cose in grande: qualsiasi mercato su scala globale diventa grande. Il pensiero di Simon sull’argomento è molto chiaro: la globalizzazione è la formula di successo per i founder più ambiziosi. Naturalmente è necessario che sia affiancata dall’innovazione continua, dall’attenzione ai clienti e da un valido team , ma il focus e la globalizzazione sono, secondo Simon, i pilastri indispesabili su cui costruire tutta l’azienda.

FONTE: http://www.whiteboardmag.com/

Napoli, 10/05/2013

 

Tecniche di marketing per le startup: il Growth Hacking

The Next Web ha pubblicato di recente un post di Gagan Biyani incentrato sulle specificità del marketing per le startup, il cosiddetto Growth hacking. Biyani è un imprenditore e growth hacker che ha organizzato insieme a Erin Turner la Growth Hackers Conference.

L’espressione “growth haking” è stata coniata per differenziare il marketing “tradizionale”, adatto alle esigenze di aziende già affermate, dal marketing specifico per le startup: queste ultime, infatti, hanno delle esigenze e delle sfide da affrontare molto diverse dalle altre aziende e, pertanto, devono utilizzare strumenti di marketing specifici.

Ma quali sono le differenze principali tra il marketing di un’azienda già avviata e una startup? Biyani ne elenca tre:

1. L’incertezza è un aspetto caratterizzante le startup: non sanno da chi sarà composta la clientela, quali sono le motivazioni d’acquisto dei clienti, quali sono i canali di marketing più adatti. Le società già avviate, al contrario, hanno già tutte queste informazioni e sulla base di queste cercano di migliorare le performance aziendali.
2. La crescita cui una startup aspira è molto impegnativa: si parla del 20% al mese, mentre un’azienda già avviata può dirsi soddisfatta di una crescita pari al 5% all’anno. Una startup deve essere in grado di crescere in maniera molto significativa partendo da una base molto più piccola rispetto a quella di un’azienda già esistente sul mercato.
3. Le startup non possono vantare certezze in termini di capitale e di brand equity: hanno meno soldi di un’azienda avviata e, di conseguenza, un budget differente da dedicare all’acquisizione e al mantenimento del cliente.

Da queste differenze si comprende quanto sia importante per una startup improntare la propria strategia di marketing in maniera differente rispetto alle aziende avviate, e il growth hacking è la strategia che meglio si adatta alle esigenze tipiche di una società in fase di avvio: è importante quindi capire cos’è e come funziona.

Il termine growth tenere una crescita virale della startup e del suo prodotto; dall’altro lato va inteso in senso più figurativo come uno stile di vita proprio di una persona in grado di pensare fuori dagli schemi, che scopre nuovi modi per risolvere i problemi.

La crescita “haking è una strategia di marketing particolarmente adatta alle startup per diversi motivi:

– si basa su strumenti propri delle tecnologie digitali, web e mobile;
– ha costi molto contenuti, fattore fondamentale per una startup in cui spesso scarseggiano i capitali;
– se ben utilizzata, è una strategia con grosse potenzialità in termini di ROI (Return on Investment);
– è utilizzabile con un prodotto in fase di progettazione, prestandosi quindi all’approccio basato su pivot e iterazione (vedi approccio “Lean Startup“);
– consente di ottenere consistenti ritorni in termini di feedback da parte di clienti e/o potenziali clienti;
– aiuta il processo di conversione da visitatori a utenti/clienti.

Tra le tecniche e gli strumenti di marketing più adatti alla crescita “hacking” ritroviamo prima di tutto la Viral Acquisition: in questa tecnica, si sfruttano le caratteristiche di un prodotto in fase di costruzione per incoraggiare gli utenti a condividere il prodotto con nuovi utenti.
E’ una tecnica particolarmente adatta alle esigenze di una start up perchè attraverso pochi contatti iniziali si propaga il messaggio in maniera esponenziale ad un numero crescente di potenziali clienti. Ciò a cui bisogna fare attenzione è proprio la necessità di controllare il messaggio, vista la velocità con cui esso si diffonde.

Una startup può, in misura spesso minore, utilizzare anche strategie di Acquisizione a pagamento: parliamo di strumenti come Google AdWords, gli annunci di Facebook, i display ads, gli annunci per cellulari, radio, TV, etc. Sono tutti strumenti molto validi, ma spesso un’azienda in fase di start up non ha a disposizione ingenti capitali da destinare a questo tipo di costi.

Anche l’outsourcing attraverso l’istituzione di call center o la creazione di un Team di vendita può essere visto come uno strumento di growth hacking: spesso le startup utilizzano questi mezzi affidandosi a personale a basso costo (esternalizzando in paesi dove il costo del lavoro è più accessibile o affidandosi a stagisti universitari), i quali si occupano di inviare e-mail ai potenziali clienti o di creare centinaia di pagine SEO-friendly: da questo punto di vista, call center e team di vendita diventano uno strumento di growth hacking perchè finalizzate all’acquisizione di potenziali clienti.

Un altro importante strumento a disposizione delle start up è il Content marketing: con questa tecnica si sceglie un detertecnica molto utile alle esigenze di una start up che deve costruire il proprio bacino di clienti ed utenti. Per attuarla, bisogna sfruttare i post sul blog, le infografiche e i video virali per aumentare la notorietà del brand e il traffico del proprio sito. In questo modo, si cerca di trasformare i visitatori in utenti.

Anche l’E-Mail marketing è particolarmente utile in fase di start up: l’obiettivo di crescita infatti non sempre è quello di aumentare il bacino di clienti/utenti, ma può essere anche quello di coinvolgerli o incoraggiarli a spendere di più. In questi casi, l’e-mail marketing è uno strumento molto utile e significativo, essendo poco costoso e altamente personalizzabile, con un grande potenziale in termini di ROI.

Anche le tecniche SEO per startup sono diverse da quelle delle aziende già avviate: le start up hanno infatti la necessità di costruire un’infrastruttura scalabile che sia applicabile a decine di migliaia o milioni di pagine, mentre la maggior parte della teoria SEO di cui si parla sul web e nei libri è focalizzata sulla graduatoria di sole 5-10 parole chiave. Ne consegue che il SEO deve essere adattato alle esigenze di una start up per poter essere utilizzato in maniera proficua: è importante valutare accuratamente l’indicizzazione del proprio sito, focalizzarsi sulle parole chiave più adatte al proprio settore, lavorare su un numero elevato di backlink per accrescere le visite al sito e scegliere i contenuti in maniera tale da incuriosire i visitatori al punto tale da iscriversi alla landing page (fonte: pmiservizi.it).

Un ultimo accenno va fatto sugli A/B Test e l’analisi multivariata: pur non trattandosi di un metodo di acquisizione vero e proprio, non vi è dubbio che l’analisi dei dati sensibili e i test A/B aiutano una growth hacking a migliorare l’acquisizione e le conversioni visitatore/utente. La tecnica consiste nel presentare due versioni (A e B) della pagina o del prodotto o, nel caso dell’analisi multivariata, diverse combinazioni da valutare: ciò consente di ottenere una serie di feedback dai potenziali clienti, utilissimi alla start up per lavorare ad eventuali modifiche da apportare al prodotto (fonte: aboutuser.com).

Napoli, 06/05/2013

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