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Il Blog del CSI

Approfondimento: Incentivi fiscali per investimenti in startup

Negli ultimi mesi ha rivestito grossa importanza nel quadro di produzione normativa italiano il tema del sostegno alla crescita delle piccole e medie imprese, soprattutto quelle in fase di start up.
In particolare, il tema delle incentivazioni fiscali all’investimento in capitale di rischio in PMI, si inserisce il DM del 21 dicembre 2012, pubblicato in Gazzetta Ufficiale lo scorso 28 febbraio, attraverso il quale il Ministero dell’Economia e delle Finanze ha definito le regole per l’attuazione dell’art. 31 del DL 98/2011 sugli “Interventi per favorire l’afflusso di capitale di rischio verso le nuove imprese“.
Gli incentivi consistono nella detassazione dei proventi derivanti da investimenti in capitale di rischio in PMI attraverso i Fondi per il Venture Capital (FVC), allo scopo di incentivare tale tipologia di investimenti sul territorio italiano per contribuire alla crescita e allo sviluppo del tessuto imprenditoriale nazionale: i proventi dei Fondi, oltre a non essere soggetti a tassazione, non concorrono a formare il reddito imponibile.
Bisogna però analizzare la normativa per identificare la tipologia di imprese nel cui capitale di rischio devono essere indirizzati gli investimenti e le caratteristiche e requisiti dei Fondi di Venture Capital ammessi a beneficiare delle agevolazioni previste.

Dalla lettura dell’art. 31 del DL 98/2011 si ricava che, per beneficiare degli sgravi, bisogna che l’investimento sia effettuato in capitale di rischio di piccole e medie imprese non quotate in Borsa che si trovino nelle fasi iniziali della propria vita imprenditoriale: devono essere imprese esistenti da non più di 3 anni.
Le imprese in questione devono inoltre avere almeno una sede operativa sul territorio italiano, essere soggette a IRES o imposta equivalente e avere un fatturato non superiore ai 50 milioni di euro.
Inoltre, la legge prevede che le quote dell’impresa, al momento dell’investimento da parte del Fondo, siano detenute per una percentuale pari ad almeno il 51% da persone fisiche: la precisazione sembra lasciare aperta la possibilità che, in seguito, il Fondo possa acquisire la maggioranza delle quote dell’impresa. Da sottolineare che la normativa prevista dal Decreto lascia al Fondo il compito di verificare l’esistenza di tale soglia minima prima di procedere all’investimento.

Il Decreto del Ministero pubblicato lo scorso febbraio definisce i FVC come organismi di investimento collettivo del risparmio, e stabilisce le condizioni che il Fondo deve rispettare per avere accesso al regime di incentivazione. Innanzitutto, almeno il 75% del totale degli attivi deve essere investito nel capitale di rischio di piccole e medie imprese (secondo l’accezione comunitaria) che presentino i requisiti sopraindicati, in secondo luogo gli investimenti nelle singole società dovranno essere inferiori a 2,5 milioni di euro. Per tali investimenti si stabilisce una durata non superiore i 12 mesi, ma sono possibili investimenti di portata finanziaria maggiore qualora sia previsto un arco temporale più lungo. Da notare, infine, che tra i soggetti che possono entrare a far parte dei Fondi di Venture Capital sono annoverati solo i cosiddetti “investitori professionali” (come definiti dalla direttiva 2004/39/CE), o comunque coloro che garantiscano investimenti per un importo non inferiore ai 100.000 euro.

Resta da vedere come questa disciplina andrà ad integrarsi con le previsioni di legge previste per le start up innovative contenute nel Decreto Sviluppo bis (per cui non è ancora stata emanata la legge d’attuazione): l’art. 29 del Decreto, convertito dalla legge 221/2012, è infatti dedicato agli “Incentivi all’investimento in start up innovative” e prevede delle agevolazioni fiscali per il triennio 2013-2015.
Ricordiamo che tale disposizione prevede una detrazione Irpef pari al 19% sulle somme investite in start up innovative. L’importo massimo detraibile è di 500.000 euro per ciascun periodo d’imposta e l’investimento deve essere mantenuto per almeno due anni.
In caso di investimento da parte di una società, inoltre, il 20% della somma investita non concorre alla formazione del reddito di impresa, anche qui a fronte di investimenti della durata di almeno due anni per un importo investito massimo pari a 1,8 milioni di euro.
Sono previste inoltre percentuali più elevate per investimenti effettuati in start up a vocazione sociale e per quelle operanti nel settore energetico: in questo caso, la detrazione per le persone fisiche passa dal 19% al 25%, e la deduzione per le società dal 20% al 27%.
Al legislatore, quindi, è affidato il compito di integrare le disposizioni per completare il quadro normativo in materia di start up.

Napoli, 09/04/2013

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