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Consigli per startup: i 9 passi fondamentali per il successo di una nuova impresa

Laura Dornbush (AHA Strategic Partners), specializzata in Business and Personal Coaching, ha pubblicato attraverso LinkedIn un interessante contributo sul tema delle startup in cui elenca 9 passaggi critici da tenere in attenta considerazione per lanciare un’attività imprenditoriale di successo. Si tratta di un vero e proprio vademecum che i founder dovrebbero cercare di implementare passo dopo passo: vediamo più nel dettaglio i singoli step che lo compongono.

1) Smettere di mirare alla perfezione

La perfezione è soltanto un mito, non è la realtà: attendere che tutto sia perfetto serve solo a rallentare il momento della partenza. In più, bisogna sempre ricordare che “L’ottimo è nemico del bene“, vero più che mai anche quando si parla di startup e impresa.

2) Pianificare il successo

Per raggiungere il successo, in generale e a maggior ragione quando si tratta di startup, occorre prendersi tutto il tempo necessario per l’attività di pianificazione. i piani sono indispensabili per comprendere meglio il percorso da fare.
L’autrice cita in questo caso Benjamin Franklin: “Failing to plan is planning to fail“: quindi, non è possibile raggiungere la perfezione, ma è possibile e indispensabile costruire un piano solido per raggiungere il successo.

3) Fare le proprie ricerche

La ricerca è un aspetto imprescindibile per aspiranti imprenditori: amare ciò che si fa non basta, se non si conosce al meglio il settore, il mercato, tutto ciò che concerne il proprio business. La ricerca è un fattore chiave per capire se la strada che si sta scegliendo di percorrere con la propria startup è quella giusta.

Quindi, quando si sviluppa il business plan, è importante effettuare un’accurata attività di ricerca sul mercato di riferimento, sulla concorrenza, su prodotti e servizi complementari, etc. Infine, riguardo alla ricerca, non bisogna mai trascurare l’attività di documentazione dei risultati: si tratta infatti di dati e informazioni indispensabili sia per l’attuale pianificazione che per le future ricerche di cui la startup avrà bisogno nel corso degli anni.

4) Identificare i “core values”

Si tratta dei valori fondamentali della cultura aziendale, che rappresentano il cuore di qualsiasi attività e, in particolare, di una startup. Saranno indispensabili per affrontare eventuali crisi e periodi di stallo, per avvicinarsi ai clienti e costruire relazioni con loro, per scegliere le attività su cui concentrare il business.

In questo ambito Laura Dornbush consiglia ai founder di tenere sempre a mente che “si tratta di una maratona, non di uno sprint“: occorre lavorare in maniera continuativa per far sì che i clienti conoscano i valori dell’azienda e accrescano la loro fiducia, con la consapevolezza che i risultati arriveranno con il tempo.

5) Definire al meglio il target

La maggior parte delle startup sono convinte che il target di riferimento sia composto semplicemente da chi ha i soldi per comprare il loro prodotto/servizio: purtroppo, questo tipo di ragionamento porta a spendere male le risorse, attirando fasce errate di clientela e finendo per erodere i profitti.

L’autrice consiglia invece di prendere il tempo necessario per definire il target di mercato: partendo da aspetti demografici, occorre restringere sempre più il campo e identificare un target di clienti più possibile specifico. Si tratta infatti del modo migliore per assicurarsi di soddisfare al meglio i bisogni.

6) Trovare finanziamenti

Il sostegno finanziario, naturalmente, è indispensabile per una startup: spesso il rischio è quello di partire con una grande idea e un grande progetto, ma di arrivare a fine percorso senza i capitali necessari per il “salto” dalla fase di startup a quella di impresa consolidata.

Il primo passo che Laura Dornbush consiglia di fare è quello di impostare una rete di sostegno finanziario partendo da amici, famiglia, parenti e poi accedere alla banca. L’obiettivo deve essere quello di assicurarsi un flusso di cassa costante per svolgere le attività quotidiane, più un piccolo budget per eventuali spese impreviste.
Con il passare del tempo, la startup potrà poi avere accesso ad eventuali finanziamenti o prestiti.

7) Affidarsi all’outsourcing quando è possibile

Esternalizzare le attività è un passo indispensabile per assicurare il successo del business: una startup non può pensare di fare tutto da sola, anche perché alcune attività potrebbero togliere tempo prezioso per il core business.

Le aree che una startup dovrebbe esternalizzare sono, secondo l’autrice, soprattutto quelle relative agli aspetti contabili e amministrativi.

8) Assumere le persone migliori

La startup è fatta soprattutto delle persone che la compongono: ecco perché è importante assumere le persone migliori che ci si può permettere. Occorre quindi uscire, parlare con le persone, capire cosa sanno fare e come possono dare un contributo al progetto.

Inoltre, è importante guardare in maniera obiettiva le competenze dei componenti del team e assicurarsi di assumere persone che possono completarlo.

9) Creare una dashboard finanziaria

Molte aziende perdono soldi perché non hanno stabilito fin dall’inizio il proprio schema di riferimento per tenere sotto controllo gli aspetti finanziari del business: occorre invece creare la propria dashboard e aggiornarla in maniera precisa e puntuale nel tempo.

Secondo l’autrice, l’ideale sarebbe dedicare almeno 15 minuti all’aggiornamento settimanale della dashboard finanziaria della startup, per tenere sotto controllo gli aspetti fondamentali del business.

Per leggere il post originale: https://www.linkedin.com/pulse/9-critical-startup-steps-launch-your-dream-business-laura-dornbusch

Napoli, 22/12/2014

Consigli per startup e imprese: adottare un approccio basato sulla trasparenza per ottenere i migliori risultati dal team

Avishai Abrahami è co-founder e CEO di Wix, piattaforma per il web development basata sul cloud che consente ai suoi utenti di realizzare siti web e mobile. Fondata nel 2006, la società ha raccolto un round di finanziamento da 10 milioni di dollari nell’aprile del 2010 e ha la sua sede principale a Tel Aviv, con uffici anche a San Francisco e New York.

Di recente, Entrepreneur ha pubblicato un post di Abrahami incentrato sul concetto della trasparenza, e di come un approccio basato su quest’ultima sia di fondamentale importanza per una startup in fase di crescita: in particolare, secondo l’autore la trasparenza è imprescindibile per i meeting aziendali che una startup dovrebbe organizzare regolarmente per il proprio team, garantendo che gli incontri si svolgano in un ambiente informale e rilassato.

Nella sua esperienza alla Wix, Abrahami ha sempre garantito lo svolgimento di meeting informali tra i componenti del team basati su un clima di onestà e trasparenza: le informazioni sullo stato di avanzamento di qualsiasi campagna di marketing, o dei processi di sviluppo dei prodotti, erano regolarmente messi a disposizione di tutti i membri del team della startup; allo stesso modo, il concetto di trasparenza è espresso anche dall’arredamento degli uffici, dove le pareti sono di vetro.

Abrahami afferma di essere convinto che la trasparenza sia stata il fulcro del successo della sua startup, in quanto ha consentito di ottenere:

1) UNITA’

Quando le startup si trovano in fase di crescita, inevitabilmente si trovano ad affrontare la sfida di dover trasmettere la passione per la mission aziendale a coloro che non facevano parte del team fondatore. La chiave per assicurarsi l’impegno di tutto il team, compresi i nuovi arrivati, secondo l’autore è assicurarsi di dar voce a tutti i componenti della squadra, a prescindere da quando sono arrivati.

In questa situazione la trasparenza gioca un ruolo fondamentale: mantenere informati i dipendenti su tutte le questioni inerenti l’azienda ripaga sempre, perché qualsiasi membro del team potrebbe avere un parere o un’idea che rappresentano un punto di svolta. Anche a livello organizzativo, secondo Abrahami, può essere utile eliminare livelli e divisioni che potrebbero ostacolare il senso di unità all’interno della startup.

Il ruolo dei leader della startup, infine, deve essere quello di mantenere il coinvolgimento del team al completo, dimostrando sempre che ogni membro della squadra è importante e apprezzato: in questo modo sarà più facile per il team far crescere la voglia e l’impegno di lavorare in maniera compatta per raggiungere gli obiettivi dell’azienda.

2) CREATIVITA’

Fin dal primo giorno, spiega l’autore, Wix ha istituito un sistema automatizzato di comunicazione aziendale che informa tutti i membri del team sugli aggiornamenti riguardanti la startup, in tema di prodotti, campagne e vendite. All’interno della sede di Wix sono stati montati degli schermi giganti che mostrano i progetti in corso.

Disporre di un efficiente sistema di comunicazione interna per il personale è fondamentale non solo per una grande azienda, ma anche per una startup, in quanto consente di massimizzare il valore dell’asset più importante: il capitale umano.

Nell’esperienza di Abrahami, è capitato che ottime idee per gli aggiornamenti delle funzionalità provenissero da membri del team addetti al marketing, o che campagne pubblicitarie di successo nascessero da idee stravaganti da alcuni sviluppatori. Non basta, quindi, riuscire ad assumere brillanti talenti nel team della propria startup: bisogna anche massimizzare questi talenti, offrendo loro la possibilità di accesso a tutte le informazioni. E tale possibilità di accesso è ottenibile solo garantendo la trasparenza all’interno del team.

3) RESPONSABILITA’

Quando un’azienda non offre possibilità di accesso alle informazioni, inevitabilmente incorrono in problemi relativi alla responsabilità e si ritrovano in situazioni nelle quali alcuni “puntano il dito” nei confronti di uno o più membri del team. Ad esempio, una decisione relativa ad un’attività specifica potrebbe aiutare lo sviluppo di un certo progetto e, contemporaneamente, danneggiarne un altro. O ancora, i singoli gruppi di lavoro potrebbero lavorare senza conoscere tutte le informazioni utili, perchè solo i dirigenti hanno a disposizione il quadro completo.

In una situazione del genere, chi dirige l’azienda si ritrova a dover incastrare i vari pezzi come se si trattasse di un puzzle e, oltretutto, è l’unico ad avere a disposizione tutte le informazioni per poterlo fare. Il risultato è un team che lavora senza piena consapevolezza e che si ritroverà spesso e volentieri a dire “Come potevo saperlo?”.

Offrire ai dipendenti la responsabilità, derivante dalla trasparenza sulle informazioni, è invece un segnale di stima, rispetto e fiducia: tutti sapranno di essere apprezzati, e saranno invogliati a dimostrare che è stata una buona scelta quella di riporre in loro la fiducia.

Infine, l’autore mette in luce un altro aspetto: lo sforzo di nascondere le informazioni al team, oltre che controproducente, è anche faticoso. La trasparenza, al contrario, è semplice ed efficace, ripaga sempre in termini di coinvolgimento del team e incoraggia il contributo personale che, a sua volta, aumenta la qualità del processo decisionale.

L’articolo originale di Avishai Abrahami è disponibile qui: http://www.entrepreneur.com/article/235873

Napoli, 01/08/2014

Consigli alle startup: come implementare un’efficace strategia di PR fin dalle prime fasi di attività

Shana Starr è Managing Partner presso la LFPR, società di comunicazione globale che si occupa di consulenza in materia di public relations nel settore sanitario, tecnologico e finanziario. Di recente, Entrepreneur ha pubblicato un suo articolo dedicato al tema delle public relations per le startup, nel quale l’autrice offre alcuni consigli ai founder per gestire al meglio questa delicata attività del business.

Le public relations sono infatti un’attività centrale per qualsiasi azienda, ma diventano a maggior ragione di fondamentale importanza in una startup che, all’inizio del suo percorso, deve impegnarsi a fondo per far conoscere il brand, ottenere l’attenzione dei media e guadagnare punti in termini di riconoscibilità e diffusione.

Esistono però delle strategie utili che una startup può adoperare nelle public relations, che Shana Starr elenca nel modo seguente:

1) Be Ready (State pronti)

Il primo passo è essere pronti: se il prodotto non è ancora nella sua versione migliore, non sarà possibile ricevere buone recensioni e difficilmente la stampa parlerà bene di voi. Non c’è niente di peggio, secondo l’autrice, che una cattiva pubblicità da parte dei media: occorre quindi assicurarsi di essere davvero pronti prima di implementare una strategia di public relations.

2) Stabilite la vostra identità

Prima di dire al mondo chi sei, occorre assicurarsi di saper rispondere a questa domanda. Per stabilire l’identità della propria startup, occorre porsi alcune domande: Quali sono i vostri valori? In cosa consiste esattamente la vostra cultura aziendale? Cosa vi differenzia dai concorrenti? State facendo qualcosa che nessun altro ancora fa? Cosa vi rende unici?
Le risposte a queste domande forniscono la precisa identità di una startup: se non siete sicuri delle risposte, è possibile chiedere agli altri come vi vedono. Anzi, può essere molto utile porre queste domande a più persone e prendere nota delle risposte. Se ci sono troppe risposte diverse, vuol dire che la startup ha qualche problema: bisogna risolvere il problema di identità prima di passare allo step successivo, ossia prima di poter raccontare la vostra storia.

3) Condividete la vostra storia

Imparare a comunicare al meglio la storia della propria startup è parte integrante dell’attività di public relations. Dopo aver stabilito la propria identità, è necessario iniziare a lavorare sulla storia, sul racconto della propria startup. Avere una storia da condividere consente alla startup di distinguersi agli occhi dei media, di potenziali investitori e del target di riferimento: diventa quindi fondamentale raccontare chi siete e come avete iniziato.
Lo storytelling consente non soltanto di arrivare più facilmente ai potenziali clienti, ma renderà molto più difficile che le persone si dimentichino di voi.
La storia della startup andrà diffusa sui social, nelle newsletter, durante le interviste, in tutte le opportunità che i founder avranno di parlare in pubblico.

4) Assicuratevi di che il CEO abbia visibilità

Il CEO o il founder di una startup è il portavoce dell’azienda, e svolge pertanto un ruolo fondamentale nel plasmare l’immagine della società, del brand, della cultura. Per questo motivo, lui (o lei) devono essere accessibili, visibili al pubblico: ciò si traduce in una presenza attiva sui social, un rapporto positivo con i media e la capacità di condividere al meglio la storia della startup. La visibilità del CEO consente di accrescere la credibilità e la leadership nel settore, e aiuta anche in termini di networking, rendendo più facile avvicinare le persone giuste per espandere il business.

5) Non sottovalutate l’importanza dei social media

Posizionare il brand in modo che sia al di sopra dei concorrenti è un lavoro impegnativo, lungo e che comprende molte attività differenti. Tra queste, non bisogna mai sottovalutare l’importanza di una strategia social, per rappresentare al meglio il brand, la cultura e i valori della vostra startup.
Secondo Shana Starr la strategia social è fondamentale fin dalle primissime fasi di attività dell’azienda: implementarla in fase early stage significa costruire la propria identità e credibilità nel settore di riferimento, avere la possibilità di raccontare la propria storia e identificare il CEO come opinion leader.
Bisogna quindi dedicare il tempo necessario ai social, impegnarsi direttamente nelle relazioni con fans e followers, rispondere alle domande, condividere informazioni e coinvolgere la community nelle conversazioni.

6) Assumete qualcuno se avete bisogno di aiuto

Nelle fasi iniziali di startup può essere difficile attuare delle forti strategie di public relations: il consiglio dell’autrice è quello di assumere, se necessario, un professionista del settore. La persona scelta per ricoprire il ruolo deve essere entusiasta del progetto, del prodotto o servizio offerto, della vision aziendale: in questo modo, sarà in grado di comunicare in maniera davvero efficace la startup all’esterno. Un professionista del settore PR, quindi, sarà in grado di mettere in atto in maniera ottimale tutti gli step elencati, assicurando una strategia di PR che sia veramente utile alla startup.

Per leggere il post originale di Shana Starr: http://www.entrepreneur.com/article/235339

Napoli, 24/07/2014

Ricerche di mercato e potenziali clienti: quali sono gli errori più frequenti dei founder prima di lanciare il prodotto di una startup?

Eli Portnoy è stato CEO e co-founder di startup come ThinkNear e ha esperienze lavorative in aziende di successo come Amazon. Di recente ha pubblicato un interessante post su Forbes, dedicato ai più frequenti e costosi errori che molti startuppers fanno all’inizio della propria attività imprenditoriale: lo spunto per l’articolo nasce da un suo incontro con il founder di una startup, finanziata da un VC, che si dichiarava profondamente sorpreso per il fatto che il suo prodotto non sembrava essere in sintonia con le esigenze del mercato.

Nonostante avesse, in precedenza, parlato a lungo con molti potenziali clienti, che avevano espresso pareri positivi sul prodotto della sua startup, una volta sul mercato le vendite faticavano a decollare: purtroppo, afferma Portnoy, questa situazione è piuttosto comune tra le startup. I founder, rinfrancati dalle reazioni positive dei potenziali clienti, si sentono sicuri di avere un prodotto di valore, ma si scontrano con una realtà differente una volta sul mercato.

Secondo l’autore, come spesso accade in molti altri ambiti, lavorare sodo non basta se non si lavora anche in maniera intelligente: parlare con molti potenziali clienti può essere uno spreco di tempo e di risorse se non si pongono le domande giuste. Ci sono infatti alcuni problemi “tipici” quando una startup affronta le ricerche di mercato:

1) Leading Questions

Si tratta di domande che potremmo definire “allusive”, nel senso che la maggior parte dei founders di una startup sono talmente convinti che le loro idee siano entusiasmanti da incappare nell’errore di non chiedere ai potenziali clienti se l’idea è buona o meno, bensì fanno domande che sono utili soltanto a convalidare le loro convinzioni. A volte si pongono domande troppo generiche, senza approfondire ulteriormente la questione, con il risultato che il potenziale cliente risponde semplicemente con un “sì” che può indurre il founder a credere che la persona intervistata vorrà acquistare il suo prodotto.

2) Dirty Lab

Quando gli scienziati conducono degli esperimenti in laboratorio, non tengono conto di alcune variabili. Spesso, gli imprenditori si comportano in maniera simile, conducendo le ricerche di mercato in modo tale da non rappresentare effettivamente la realtà, ma eliminando alcune variabili.
Ad esempio, si può evitare di menzionare fattori come il prezzo o l’impiego di tempo, che rappresentano invece delle variabili fondamentali nella decisione di acquisto di un potenziale cliente. In assenza di considerazioni su questo tipo di variabili, è facile per il cliente affermare che acquisterebbe il prodotto: bisogna quindi fare attenzione alle variabili da inserire nelle domande della ricerca di mercato.

3) Agreement Bias

Un terzo aspetto fondamentale che l’autore mette in evidenza è il fatto che, spesso, le persone si preoccupano di comportarsi in modo tale da rendersi gradevoli agli occhi degli altri. A volte è più facile dare una risposta positiva, che faccia piacere all’interlocutore.
Ecco perché bisogna considerare, quando si fa una ricerca di mercato, che spesso un potenziale cliente indeciso preferisce dire di essere interessato ad un prodotto piuttosto che deludere un founder, entusiasta della propria startup.

In conclusione, Portnoy offre alcuni spunti su come ottenere un buon feedback dai potenziali clienti intervistati prima del lancio. Il consiglio è quello di simulare una vera e propria vendita, andare sul mercato e cercare di vendere il proprio prodotto. Non interpellare i potenziali acquirenti chiedendo un feedback, ma semplicemente presentargli il prodotto.
Se sono entusiasti, chiederanno di iscriversi alla landing page per acquistare il prodotto quando sarà sul mercato. E nulla, afferma l’autore, dice che esiste un mercato per un prodotto più della conferma che c’è qualcuno pronto ad acquistarlo.

Per leggere il post originale, il link di riferimento è: http://www.forbes.com/sites/eliportnoy/2014/07/21/costly-mistakes-almost-every-entrepreneur-make/

Napoli, 21/07/2014

Consigli per startup: i sette passi da seguire per costruire una community fin dalla fase early stage

Costruire una community forte rappresenta un aspetto di fondamentale importanza per una startup, tanto che le figure di community builder, manager e architect sono ormai sempre più facili da incontrare nel team di una startup già nella fase early stage. I founder si stanno rendendo conto sempre di più che, prima della crescita e del social media marketing, ciò che davvero serve ad una startup sono le persone: in particolare, persone che abbiano a cuore la mission aziendale, che credano nel team e nel prodotto fin dagli inizi di una startup.

Il tema dell’importanza centrale di una community di riferimento per una startup è stato recentemente affrontato da David Spinks, co-founder della startup Feast, in un articolo pubblicato da Nibletz.com: a suo parere, la costruzione della community rappresenta per la startup una parte fondamentale del core business.

Spinks presenta due famosi esempi di startup che hanno iniziato con una piccola community per poi crescere sul mercato internazionale: Instagram, che all’inizio invitava gli influencer ad utilizzare il proprio prodotto, e Facebook, nato come social network destinato agli universitari che ha potuto poi allargare il numero di utenti dopo aver rafforzato la community di riferimento di partenza.

In ogni caso, la forza e il potere della community non si limita ai soli prodotti “social”: qualsiasi tipologia di startup può trarre benefici dall’impegno a costruire una community di early adopters, che potrà crescere e trasformarsi in un ampio gruppo di consumatori.

Per aiutare le startup ad orientarsi nella fase di costruzione della community, l’autore del post elenca sette passi fondamentali. Vediamo quali sono:

1) Costruire la community intorno alla mission

Bisogna impostare la creazione della community facendo leva sulla mission aziendale, sul problema che la startup cerca di risolvere: non si deve cadere nell’errore di costruire la community intorno al marchio o al prodotto. In una startup early stage, infatti, è altamente probabile che il prodotto cambierà più volte: ciò che resta fermo è il problema da risolvere e, di conseguenza, la mission.

2) Iniziare con una persona alla volta

Spesso le startup hanno fretta di crescere: ma anche quelle che oggi sono grandi aziende con miliardi di dollari di fatturato hanno iniziato con una persona che ha deciso di sostenere una società nuova di zecca, che aveva tutto da dimostrare e la passione per un problema da risolvere.

L’aspetto positivo è che non c’è neanche bisogno di avere già un prodotto da pubblicizzare: basta avere una mission ben chiara per iniziare a costruire la community. Può anche essere più semplice incontrare, una alla volta, le persone che hanno interesse a risolvere il problema al centro della tua mission e cercare di imparare il più possibile da ognuna di esse. Il passo successivo è quello di collegare le singole persone che incontri, per avere una community.

3) Fare in modo da far sentire speciali i membri della community

Probabilmente si sentono già speciali, se il founder della startup ha impiegato del tempo per incontrarli e parlare con loro. Occorre continuare su questa strada, facendo sentire ogni membro della community speciale e privilegiato per essere parte del network. Un consiglio utile è quello di mantenere la community esclusiva, con accesso su inviti, per mantenere alto il senso di appartenenza ad una community “diversa dalle altre”.

4) Costruire la community per i suoi membri, non per te

Spesso le startup fanno l’errore di impostare la community chiedendo ai suoi membri di aiutarli con tweets e feedback: secondo l’autore questa impostazione è sbagliata, perché ci si dimentica che le persone stanno già investendo per noi qualcosa di molto prezioso, cioè il proprio tempo.

Dal momento che la community è costituita da persone con le quali abbiamo parlato, che conosciamo, dovremmo sapere quali sono le loro esigenze e i loro problemi. Per questo, la startup dovrebbe lavorare per risolvere tali problemi, facendo tesoro del tempo e dell’energia che la community apporta al team.

5) Creare una piattaforma adatta alla conversazione

Un gruppo di persone può considerarsi una vera e propria community soltanto se i suoi membri stanno costruendo delle relazioni tra loro. E le relazioni si costruiscono attraverso la conversazione.

Per cui, è indispensabile offrire ai membri di una community la possibilità di interagire: il consiglio di Spinks è quello di utilizzare, all’inizio, dei gruppi ad hoc su Facebook. Questo perché la piattaforma è già un luogo di incontro familiare per i membri della nuova community che si sta creando.
Inoltre, è possibile organizzare degli eventi per facilitare l’incontro tra i componenti della community.

6) Assicurarsi che ognuno si senta ascoltato

E’ molto importante che i membri di una community sappiano che c’è qualcuno in ascolto: bisogna rispondere sempre ad ogni messaggio e ad ogni commento, e se un altro membro della community risponde in maniera appropriata occorre far capire che si è d’accordo con “like”. Inoltre, bisogna sempre incoraggiare i membri della community a rispondere ai post e commentare.

In una nuova community all’inizio ci saranno quelli che Spinks definisce “silenzi imbarazzanti”: è un aspetto inevitabile, ma bisogna continuare ad impegnarsi e a mantenere un atteggiamento positivo. Una volta che i meccanismi inizieranno ad ingranare, i benefici di una community ripagheranno tutti gli sforzi.

7) Crescere in maniera costante

Una volta che la community inizia a girare, è importante continuare a farla crescere tenendo continuamente alta l’energia. Bisogna continuare a portare persone all’interno della community, a poco a poco ma costantemente.
Seguendo questi consigli, con il tempo la startup avrà a disposizione una community forte e numerosa che sarà un’ottima base per la vita dell’azienda e del prodotto.

Il post originale è disponibile qui: http://nibletz.com/2014/07/02/how-to-build-a-strong-community-for-your-startup/

Napoli, 11/07/2014

European Lady Pitch Night 2014: le migliori startup europee al femminile si sfidano per partecipare al The Summit Dublin

Mancano ancora pochi giorni alla chiusura delle iscrizioni per partecipare a European Lady Pitch Night 2014, la competition organizzata da Girls in Tech Paris dedicata a startup innovative nel settore tecnologico fondate da donne.

European Lady Pitch Night 2014 è l’evento che si terrà il 23 settembre 2014 a Parigi (presso la sede di Simplon.co) che offre alle startup partecipanti la possibilità di presentare il proprio progetto ad un pubblico internazionale di esperti, imprenditori e potenziali investitori.

Inoltre, la Competition mette in palio per la startup vincitrice un pacchetto ALPHA per partecipare al The Summit Dublin 2014, evento internazionale che si terrà in Irlanda dal 4 al 6 novembre 2014. Il pacchetto ALPHA comprende uno stand nella expo hall del Summit con 3 biglietti di ingresso.
Sono previsti infine altri due premi, per la seconda e terza startup classificate, consistenti in due biglietti di ingresso ciascuno per The Summit Dublin.

Per partecipare a European Lady Pitch Night 2014, bisogna essere in possesso dei seguenti requisiti:

– essere una startup operante nel settore tecnologico,
– avere sede in Europa,
avere almeno una donna tra i fondatori,
– essere operativa da un minimo di 6 e da un massimo di 36 mesi.

Per partecipare a European Lady Pitch Night 2014 occorre compilare, entro il 15 luglio 2014, il form on-line di iscrizione disponibile al seguente link: https://docs.google.com/spreadsheet/viewform?usp=drive_web&formkey=dFoxTGM3NlVXVUhIZ09JZXl1NVp1U0E6MA#gid=0

Per maggiori informazioni: http://www.girlsintech.it/european-lady-pitch-night-2014/

Per conoscere meglio Girls in Tech Italyhttp://www.girlsintech.it/

Napoli, 10/07/2014

Il test di prodotto: come ottenere i feedback più utili per una startup fin dalla fase di prototipazione?

Trovare la strada migliore per raggiungere il successo con la propria startup non è sicuramente prevedibile, ma ci sono alcune attività che i founder dovrebbero mettere in pratica per contribuire ad aumentare le possibilità di crescita della propria azienda, anziché quelle di incorrere in un fallimento. Tra queste, una delle principali attività utili alle startup è quella dei test di prodotto.

Recentemente su Entrepreneur è stato pubblicato un contributo di JD Albert (Director of Engineering presso Bresslergroup, società di Philadelphia specializzata in innovazione e accelerazione di imprese) dedicata proprio al tema dei test di prodotto, e a quanto una buona strategia informale basata sul testing possa essere utile per risparmiare tempo e denaro rispetto a ricerche che possono costare anche decine di migliaia di dollari.

Una ricerca informale basata sul testing può infatti essere effettuata prima di una ricerca formale, in quanto risulta essere meno impegnativa e più snella. Albert offre quindi alcuni consigli e spunti interessanti per le startup alle prese con i test di prodotto:

1. Il prototipo deve essere pronto prima possibile.

Aspettare fino ad avere un prototipo di prodotto perfetto da testare è un errore piuttosto comune per le startup, dettato probabilmente dal timore di essere giudicati: in realtà, bisogna fare un vero e proprio “scatto” mentale e capire che testare un prototipo prima possibile consente di risparmiarsi parecchie critiche in seguito, quando tra l’altro sarà molto più costoso apportare delle modifiche.

La cosa migliore da fare è mettere il prototipo tra le mani delle persone, osservare le reazioni ed imparare dai feedback dei clienti, che spesso possono fornire informazioni inaspettate e a maggior ragione utili.

2. Iniziare con un network di contatti già esistenti.

I primi tester per il prodotto di una startup vanno reclutati tra le persone più vicine e facilmente raggiungibili: amici, parenti, contatti on-line. In quest’ottica, i social media rappresentano una grande opportunità per entrare in contatto e ottenere la collaborazione di un gruppo di potenziali clienti fin dalla fase early stage (ad esempio, i social media consentono piuttosto facilmente di effettuare un primo test su un campione di 100 persone).

Anche le piattaforme on-line come Kickstarter e Indiegogo possono rappresentare uno strumento utilissimo per testare un prototipo di prodotto e trovare supporto per il proprio progetto.
Queste piattaforme mettono la startup in comunicazione con un vasto pubblico di early adopter che non vedono l’ora di poter dare il proprio feedback.
L’autore cita a tale proposito il libro di Hardi Maybaum “The Art of Product Design: Changing How Things Get Made”, secondo cui l’idea di open engineering è la strada migliore per abbattere le barriere ed entrare in contatto con la community on-line, avvicinandosi alle conoscenze e agli strumenti più utili per accelerare il processo di product design.

3. Utilizza la critica costruttiva come nutrimento per il processo di sviluppo.

Le iniziali reazioni negativa dei consumatori aiutano molto a plasmare il prodotto. Per ottenere le critiche più preziose per una startup, occorre predisporre la fase di test in modo tale che le persone abbiano la possibilità di scegliere tra differenti opzioni (stili, colori, caratteristiche…).
Inoltre, i founder dovrebbero mantenere un atteggiamento aperto nei confronti dei feedback, per riuscire ad ottenere il meglio dalla fase di testing. Assumere una mentalità chiusa in questa fase trasforma il test di prodotto in una totale perdita di tempo.

Bisogna sempre tenere ben presente il principio di base: qualsiasi modifica e aggiustamento scoperta in fase di test consente di correre ai ripari in fretta e a costi contenuti. Effettuare le modifiche e gli aggiustamenti su un prodotto finale già lanciato sul mercato comporta invece dei costi elevati.

4. Destinare un budget specifico al test di prodotto.

Anche se testare un prototipo in maniera informale è sicuramente meno costoso di una ricerca di mercato formale, bisogna comunque considerare che si tratta di un’attività che comporta dei costi. Il consiglio dell’autore è quello di non sottovalutare mai i costi della fase di testing: si tratta di costi di gestione a livello logistico, costi di raccolta dati, costi per lavorare con i clienti.
Si tratta di attività costose in termini di tempo e di denaro, e di attività piuttosto difficili da non prendere mai sottogamba: per questo è opportuno che la startup metta a disposizione un budget adeguato.

5. Prepararsi in tempo utile.

Se gli utenti di riferimento sono parte di una nicchia di mercato molto specifica, è buona regola iniziare a stabilire i collegamenti con i tester prima possibile. Costruire un network utile richiede infatti parecchio tempo, soprattutto per un prodotto innovativo in cui la rete va costruita da zero.
Inoltre, è consigliabile approcciarsi i propri tester in maniera metodica, non affidandosi alla casualità: questo significa porre a tutti le stesse domande, in modo da avere dei dati e dei risultati davvero utili da analizzare.

In conclusione, Albert ricorda ai propri lettori il principio di base secondo il quale non sarà mai facile modificare un prodotto che è già sul mercato. La fase di test non solo aiuta ad evitare piccoli e grandi intoppi, ma approfondisce la connessione tra una potenziale grande idea e i futuri clienti che un giorno investiranno in essa.

Per leggere il post originale: http://www.entrepreneur.com/article/235201

Napoli, 10/07/2014

Consigli alle startup: un imprenditore impara tanto dai successi quanto dai fallimenti

Con migliaia di startup in tutto il mondo a lavorare a nuovi prodotti, non c’è da meravigliarsi se il 75% delle nuove aziende fallisce. In realtà il fallimento delle startup ha anche un suo lato positivo, in quanto aiuta l’ecosistema globale: startupper e imprenditori possono infatti imparare tanto dai successi, quanto dai fallimenti. La cattiva gestione, il marketing inefficace e i problemi del team sono soltanto alcuni dei tanti possibili motivi per cui una startup fallisce.

E’ possibile che si sia fondata una startup con gli amici di sempre, che però non hanno competenze complementari, oppure che si sia fondata una nuova impresa con persone aventi competenze totalmente complementari tra loro, ma che non sono in grado di comunicare efficacemente all’interno del team“: questa è una delle possibili cause di fallimento di una startup, raccontata da Cassandra Phillips, founder di Failcon, dove gli startupper che hanno affrontato il fallimento condividono ciò che hanno imparato con altri founder.

In un recente articolo pubblicato su Entrepreneuer, il giornalista ed esperto di Digital Media John Boitnott raccoglie le storie di 4 startup che sembravano essere sulla strada del successo, ma non sono mai riuscite a decollare e alla fine sono incappate nel fallimento: vediamo cosa può imparare uno startupper da ciascuna di esse.

1) Gowalla

Milioni di persone hanno apprezzato questo social network location-based nato nel 2007 e fallito cinque anni dopo. I problemi hanno bloccato la crescita di Gowalla prima che riuscisse a raggiungere le masse: l’ingresso sul mercato di Foursquare ha infatto rubato la scena a Gowalla.

Il problema principale di Gowalla era il check-in troppo difficile da usare: Gowalla si stava imponendo come mobile web app prima che la tecnologia degli smartphone fosse abbastanza diffusa tra il grande pubblico, per cui l’entusiasmo degli utenti si è spento ben presto lasciando Gowalla nel dimenticatoio.

Nonostante un round di finanziamento da 8,3 milioni di dollari in fase di startup, Gowalla è stata acquisita da Facebook per 3 milioni di dollari: anche un’acquisizione può essere un fallimento.

Il consiglio che è possibile trarre dalla storia di Gowalla è quello di non competere mai con un gigante. Mettersi contro Facebook significa affrontare una strada in salita.
Inoltre, bisogna assicurarsi che la tecnologia sia diffusa abbastanza da consentire agli utenti di utilizzare il tuo prodotto. L’autore del post si chiede cosa sarebbe successo a Gowalla se fosse entrata sul mercato più tardi, quando la app mobile hanno guadagnato parecchio in termini di traction grazie alla maggior diffusione degli smartphone e all’avanzamento della tecnologia.

2) Pay By Touch

Nonostante un lungo elenco di investitori, questa startup che sfruttava le impronte digitali per i pagamenti mobile non ha mai raggiunto il successo. A causa di accuse di frode ed altri problemi legali, il founder ha dovuto dichiarare bancarotta a fine 2007. Nonostante avesse raccolto milioni di dollari in equity, il founder aveva troppe spese e troppi problemi anche per pagare i suoi dipendenti. Un motivo potrebbe essere che le persone erano troppo abituate ad usare le carte di credito e di debito per affidarsi ad una nuova tecnologia di questo tipo.

Secondo Boitnott, il problema di Pay By Touch sta nell’aver proposto una soluzione innovativa ad un problema inesistente: si tratta di uno dei problemi più comuni con cui va a scontrarsi una startup. A volte i founder credono che la loro idea, il prodotto, la tecnologia sia così “cool” e all’avanguardia che la gente deciderà di usarla: in realtà, perché un nuovo prodotto venga effettivamente utilizzato, occorre creare qualcosa di cui le persone non possano fare a meno. Oltre la metà dei fallimenti di una startup, secondo l’autore, sono imputabili a questa causa.

3) RealNames Corporation

Fondata nel 1997, consente agli utenti di Microsoft Internet Explorer di utilizzare un sistema di denominazione basato su parole chiave per registrare domini direttamente dalla address bar del browser Microsoft Internet Explorer. Tutto ciò senza dover appartenere a domini di primo livello, come “.com” e “.net”.

L’azienda ha raccolto oltre 130 milioni di dollari di finanziamenti, ma ha chiuso i battenti nel 2002 a seguito della decisione di Microsoft che ha reindirizzato le oltre 1 miliardo di pagine per trimestre di RealNames direttamente sul motore di ricerca MSN.

Il problema che ha portato al fallimento di RealNames è stata quindi la totale dipendenza della propria sopravvivenza dalle decisioni di un colosso del settore come Microsoft. Non bisogna mai far dipendere la propria società da qualcun altro.

4) Pets.com

Si trattava di una famosa aziendache vendeva on-line prodotti per la cura degli animali, in attività dal 1998 al 2000. L’azienda aveva effettuato investimenti milionari in campagne di marketing, tra cui un annuncio durante il Super Bowl. I founder erano convinti di poter raggiungere il successo grazie ad una nicchia di mercato.
Ma il grosso problema era il costo delle spedizioni, che erano troppo elevati, soprattutto per i prodotti di fascia di prezzo più elevata. Le vendite di Pets.com diventarono presto troppo complicate.

Il consiglio da imparare da questo fallimento secondo l’autore è che occorre essere sempre brutalmente onesti sui progressi della propria startup: molto spesso, infatti, i founder hanno paura di chiedere aiuto, o lo fanno troppo tardi. Le cose, invece, sarebbero molto più facili se si riuscisse ad essere più onesti fin da subito con se stessi e con il proprio team.

L’articolo originale è disponibile a questo link: http://www.entrepreneur.com/article/235028

 

Se sei un aspirante startupper, con un’idea imprenditoriale innovativa e con la voglia di iniziare la tua avventura nel mondo delle startup, puoi ricevere altri consigli e suggerimenti utili lunedì 14 luglio 2014: il CSI – Centro Servizi Incubatore Napoli Est ospita infatti l’evento gratuito dedicato allo storytelling e al networking per startup e imprese Tip & Tricks for startupper!

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Napoli, 07/07/2014

Le strategie utili per startup in fase di crescita: Sumo Logic, una storia di successo dalla Silicon Valley

Sumo Logic è una società di data analytics che ha avuto una crescita tanto rapida quanto esponenziale: cresce anno dopo anno del 500% e si è assicurata un investimento da 30 milioni di dollari dal VC Sequoia Capital nel maggio 2014.

Peter Cohan ha intervistato per Inc.com Vance Loiselle, CEO della startup, cercando di capire quali sono i punti-chiave della strategia di Sumo Logic che hanno permesso all’azienda di crescere e avere un successo così grande in così poco tempo. Secondo Vance Loiselle, sono essenzialmente quattro le strategie utili per una “company’s massive growth”:

1) Assumere grandi talenti

Si parla spesso dell’importanza di assumere nel team di una startup i migliori talenti in circolazione: la scelta di Sumo Logic si concentra in particolare sui migliori ingegneri e addetti alle vendite.

Per assicurarsi di assumere un grande talento occorre stabilire dei requisiti con degli standard elevati: nel caso di Sumo Logic, gli ingegneri devono provenire dai più importanti corsi universitari del Paese (ad es. Stanford e Columbia) oppure da grandi aziende (Sumo Logic ha sede in Silicon Valley ed è riuscita ad assumere personale di Google o Facebook).
Per riuscire a convincere chi lavora in grandi aziende a lasciare il proprio posto per collaborare con una startup, secondo Loiselle, bisogna far leva sul fatto che presso la startup avrebbero la possibilità di fare davvero la differenze, in una società ad alto potenziale di crescita.

Per gli addetti alle vendite, invece, il discorso è differente: i venditori devono essere altamente competitivi e migliorare sempre di più i propri risultati, incrementandoli volta per volta del 100 o anche del 150%. Loiselle li definisce veri e propri atleti, con ottime referenze e in grado di approcciarsi creativamente ai problemi che gli vengono sottoposti durante il colloquio.

2) Mantenere il focus

Una startup, soprattutto nelle sue primissime fasi di vita, deve affrontare un problema di liquidità limitata ma ha dalla sua parte quello che nell’articolo viene visto come un enorme vantaggio: l’ambizione. Ecco perchè il consiglio è quello di concentrare più possibile il focus, indirizzando la liquidità disponibile per soddisfare le ambizioni.

Sumo Logic, ad esempio, concentra il proprio focus sui due aspetti che ritiene più importanti per i clienti: mantenere in funzione i siti e assicurare la protezione dei dati. Il team sa che sono questi i due aspetti su cui focalizzarsi, e in questo modo è più facile concentrarsi su una strategia efficace e dare indicazioni precise agli addetti alle vendite.

3) Investire sulla cultura aziendale

Quando una società, dopo la fase di startup, inizia a scalare c’è il rischio che perda la cultura che l’ha aiutata a raggiungere il successo. Man mano che il team si espande, i nuovi arrivati non sono immersi nella cultura aziendale e il founder dovrebbe investire il proprio tempo per comunicare la cultura della startup a tutti i nuovi assunti membri del team.

Nell’esperienza di Sumo Logic, ad esempio, il team è cresciuto da 20, a 40 e infine a 70 membri: la stratificazione dell’organizzazione aziendale mette però a rischio la diffusione della cultura ai vari livelli. Per ovviare a questo problema, alla Sumo Logic organizzano appositi eventi formativi fuori sede, fissano regolari riunioni e celebrano i risultati positivi almeno ogni due settimane.

4) Costruire processi formali

Quando l’azienda cresce, è assolutamente necessario migliorare la struttura e i processi. Occorre impegnarsi per aggiungere elementi che accrescano entrambi gli aspetti, come ad esempio assumendo degli esperti in alcuni ruoli-chiave (risorse umane, marketing, finanza, vendite). In alcuni casi però, fa notare Loiselle, attendere prima di assumere queste figure professionali può aiutare la startup a risparmiare in termini di capitali: in questo caso è consigliabile servirsi di servizi e sistemi in outsourcing (ad esempio per le paghe o per le previsioni di vendita), permettendo così di continuare a concentrarsi su altri aspetti strategici maggiormente rilevanti in fase iniziale.

Il post originale è disponibile qui: http://www.inc.com/peter-cohan/4-steps-that-pave-the-way-to-massive-growth.html

Napoli, 02/07/2014

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