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Categoria: News

Opportunità di finanziamento per le imprese campane: il Fondo Jeremie

Jeremie è l’acronimo che sta ad indicare il fondo Joint Europe Resources for Micro to Medium Enterprises, nato su iniziativa della Commissione Europea e sviluppato in collaborazione con il Fondo Europeo per gli Investimenti per facilitare l’accesso al credito delle Piccole e Medie Europee nelle aree di riferimento. E’ importante specificare subito che il Fondo non viene erogato direttamente alle imprese, ma passa attraverso una serie di partner identificati tra gli intrmediari finanziari delle varie aree cui il fondo è destinato.
Si tratta di uno strumento di finanziamento esistente già da alcuni anni, che in Campania ha messo a disposizione negli ultimi due anni circa 18 milioni di euro e per il quale è stata aperta una nuova Manifestazione di Interesse dal 5 al 30 aprile 2013 destinata agli intermediari finanziari che da qui al 2015 vogliano diventare partner di Jeremie Campania. L’Europa prevede quindi di destinare nuove risorse al fondo, per cui è interessane capirne i meccanismi di funzionamento e le modalità di accesso.

Prima di tutto è possibile individuare una caratteristica imprescindibile per le imprese che intendono beneficiare del Fondo Jeremie: la scelta di effettuare nuovi investimenti che promuovano l’innovazione e lo sviluppo del tessuto economico di riferimento. Si tratta quindi di imprese che potremmo definire virtuose, nel senso che operano nel rispetto di criteri di sostenibilità economica e ambientale.
Tale aspetto è ancora più evidente per il Fondo Jeremie Campania, come deducibile dal fatto che nella Manifestazione di Interesse cui si è fatto cenno i settori prioritari di intervento previsti sono ICT, artigianato, attività culturali, servizi per il benessere e la cura della persona.

Gli obiettivi del Fondo dichiarati a livello comunitario specificano che esso è destinato sia alla creazione di nuove imprese che all’espansione di imprese già esistenti, e che gli investimenti possono avere le seguenti finalità:

  • modernizzare e diversificare le attività, sviluppare nuovi prodotti, assicurare e ampliare l’accesso al mercato;
  • finanziare la ricerca e lo sviluppo orientati al trasferimento di tecnologie, innovazione e imprenditorialità;
  • perseguire la modernizzazione tecnologica delle strutture produttive per poter raggiungere gli obiettivi delle economie a bassa emissione di anidride carbonica;
  • creazione e salvaguardia di posti di lavoro sostenibili.

Il Fondo Jeremie Campania è destinato in particolare a micro, piccole e medie imprese con sede legale e/o unità produttiva nel territorio regionale (requisito fondamentale che dovrà essere mantenuto per tutta la durata del finanziamento), anche in forma cooperativa e in consorzi, operanti nell’indstria, nell’artigianato, nel commercio, nel turismo e nei servizi con particolare riferimento ai seguenti settori:

  • tecnologie informatiche;
  • automotive;
  • biotecnologie;
  • aerospaziale;
  • agro-alimentare;
  • risparmio energetico ed energie rinnovabili.

In Campania, i partner dell’iniziativa sono Banca del Mezzogiorno – Mediocredito Centrale e Banca Unicredit. Il meccanismo di finanziamento è un mutuo per cifre da 10.000 a 1.500.000 € per ciascuna impresa, della durata massima di 8 anni (elevabili a 10), di cui una quota del 45% a tasso zero, e il restante 55% a tasso variabile.
Riguardo alle attività finanziabili, tra esse rientrano costi e immobilizzazioni materiali e immateriali, incremento del capitale circolante per sviluppo dell’attività e fabbisogni di gestione e spese relative al puro capitale circolante, che siano finalizzate allo stabilimento, al rafforzamento, all’espansione, ad attività di business nuova o esistente delle PMI del territorio.
Le domande devono essere presentate presso le Sedi Unicredit (l’elenco è disponibile qui), fino ad esaurimento fondi, e dovranno essere corredate di una serie di documenti tra cui un Business Plan che descriva il piano progettuale dell’impresa.

Per maggiori informazioni:

Napoli, 18/04/2013

Al World Wide Rome, “Open Science: Io sono la mente”. Il mondo della ricerca ricorda Rita Levi Montalcini

Lunedi 22 aprile, in occasione dell’anniversario della nascita di Rita Levi Montalcini, tutta la rete celebra la memoria del Premio Nobel per la medicina che ha avuto un ruolo chiave per i progressi nelle neuroscienze grazie alla scoperta del fattore di crescita delle cellule nervose (NGF) e ha fatto dell’Open Science il suo approccio. La Montalcini ha sempre lavorato partendo dal presupposto che la scienza debba essere aperta, pubblica e collettiva, anticipando il processo che il web sta perseguendo oggi: il mondo della ricerca, infatti, sta cambiando grazie alla condivisione dei risultati, che accelera il raggiungimento dei progressi.

Così come accaduto nel 2010, quando in occasione del 101mo compleanno della scienziata il web si è riunito per festeggiarla e dare spazio a centinaia di ricercatori e ricercatrici di tutto il mondo, anche quest’anno la rete ha organizzato una lunga maratona “a rete unificata” per la giornata del 22 aprile, che si terrà a Roma nella cornice del Tempio di Adriano.
Fu proprio nel 2012 che Rita Levi Montalcini, nell’intervista rilasciata a Riccardo Luna per Wired, pronunciò la frase che dà il nome all’evento di quest’anno: “Il corpo faccia quello che vuole. Io non sono il corpo, io sono la mente“.

L’evento è organizzato da World Wide Rome in collaborazione con il Brain Forum, curato da Riccardo Luna e Viviana Kasam e promosso da Asset-Camera, Azienda Speciale della Camera di Commercio di Roma e Tecnopolo. Lo scopo è quello di promuovere la cultura dell’innovazione attraverso la rete e celebrare l’Open Science. Vi parteciperanno numerosi protagonisti del mondo scientifico internazionale, primo fra tutti il Premio Nobel per la Chimica Aaron Ciechanover e il vincitore del Premio Lasker 2010 Napoleone Ferrara.

Tra i relatori, anche Marco Meola, ideatore e founder di Rehub, uno dei progetti in fase di startup attualmente presenti al CSI – Incubatore Napoli Est.
Laureato in Architettura all’Università degli Studi di Napoli “Federico II” e Dottore di ricerca in Storia dell’Architettura e della Città, ha conseguito un Master in Progettazione e Pianificazione sostenibile delle aree portuali e si è sempre distinto per la spinta innovativa del proprio lavoro. Da sempre interessato ai processi creativi e di trasmissione del sapere, appassionato di saggi di divulgazione scientifica, Marco Meola è attualmente impegnato insieme al suo team nella realizzazione del nuovo progetto imprenditoriale Rehub: si tratta di una community destinata a ricercatori accademici, centri di ricerca pubblici, privati e aziendali, ai dottori di ricerca e ai dottorandi. La mission di Rehub è quella di offrire ai protagonisti della ricerca gli strumenti più adatti per comunicare le proprie ricerche autonomamente e aumentare la propria visibilità.
Lo scopo è quello di favorire la scienza aperta, sulla scia del processo di trasformazione che il mondo della ricerca scientifica, ed in particolare della produzione e comunicazione di quest’ultima, sta attraversando oggi: grazie al web, sono nati concetti come Open Science, Citizen Science e Open Access e Rehub si propone come un aggregatore di servizi destinati alla community dei ricercatori, che saranno accompagnati in tutte le fasi di lavoro, dalla creazione di nuove ricerche alla dissemination delle stesse.
La creazione di una community è inoltre il mezzo che Rehub offre allo scopo di incentivare la collaborative innovation, favorendo l’incontro interdisciplinare tra discipline schientifiche e umanistiche e offrendo terreno fertile per raggingere l’obiettivo finale della Smart Serendipity.

L’evento “Open Science – Io sono la mente” è previsto per lunedi 22 aprile 2013, dalle 10 alle 19. E’ possibile registrarsi qui.
L’evento verrà trasmesso in rete dalle maggiori piattaforme, e sarà possibile lasciare la propria testimonianza in video e via tweet sotto l’hashtag #GrazieRita.

Smart City: l’innovazione al servizio del cittadino

Il trend delle Smart Cities sta vivendo un momento d’oro in Europa e in Italia, tanto da essere considerato uno dei passi più importanti da compiere per uscire dalla crisi economica mondiale degli ultimi anni.
Basti pensare ai risultati della ricerca pubblicata nel 2012 da European House-Ambrosetti per conto di ABB sul tema “Smart Cities in Italia: un’opportunità nello spirito del Rinascimento per una nuova qualità della vita“: secondo il documento, l’Italia per diventare un Paese “più smart” dovrebbe investire 3 punti di PIL da qui fino al 2030, ma ciò significherebbe ottenere un risultato in termini di crescita del PIL pari ad 8/10 punti all’anno, senza contare i miglioramenti in termini di immagine e competitività internazionale e quelli relativi ad aspetti interni quali la vivibilità, l’innovazione, la coesione sociale, la creatività.
Cerchiamo innanzitutto di capire quali sono i progetti, gli strumenti e le idee che rendono di una città “Smart”, ossia intelligente: una Smart City si preoccupa di migliorare la qualità della vita all’interno degli spazi urbani, conciliando il più possibile le esigenze di cittadini, imprese ed istituzioni facendo ampio ricorso all’ICT in vari ambiti (su tutti la comunicazione, la mobilità, l’ambiente e l’efficienza energetica).

Ai giorni nostri, il buon funzionamento e la competitività di una città non dipendono più esclusivamente dalla dotazione di “capitale fisico” di cui essa dispone: alle tradizionali intrastrutture materiali, infatti, il concetto di Smart City affianca prima di tutto le moderne infrastrutture digitali, che si sostanziano negli strumenti forniti dall’applicazione dell’ICT e quindi nelle infrastrutture di comunicazione digitali.
La tecnologia rappresenta infatti il fil rouge che sottende tutte le politiche di una Smart City: si spiega così il grande interesse delle istituzioni comunitarie e nazionali che finanziano bandi e progetti in grado di aumentare il livello “Smart” delle nostre città.
Tra questi, ad esempio, il Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca ha previsto per il 2012 il BandoSmart Cities e Communities” che ha messo a disposizione fondi per 665 milioni di euro nella sua versione nazionale, e un ulteriore tranche di 200 milioni di euro per il Bando destinato alle Regioni dell’Obiettivo Convergenza. Inoltre, è degli ultimi giorni la notizia di un accordo tra il Miur e l’Anci (Associazione Nazionale Comuni Italiani) per l’affidamento a quest’ultima del servizioAnalisi di strumenti e azioni a sostegno dello sviluppo di Smart Cities e Communities“, per monitorare i risultati dei programmi di finanziamento già avviati e predisporre il piano degli interventi futuri.

Sarebbe riduttivo, però, dire che basti applicare le tecnologie digitali per diventare una Smart City: il passaggio decisivo sta nell’elemento del capitale umano e sociale, che assume un ruolo di grande rilievo nella trasformazione delle nostre città in Smart Cities.
Il risultato degli investimenti in queste tre tipologie di capitale, assieme alla gestione intelligente e lungimirante di una Pubblica Amministrazione che agisca secondo criteri di rispetto delle risorse naturali e che favorisca la partecipazione dei cittadini, è uno sviluppo economico sostenibile affiancato da un miglioramento della qualità della vita.

Cerchiamo di schematizzare l’analisi delle caratteristiche di una Smart City analizzandole da alcuni punti di vista specifici:

  • Infrastrutture: nel concetto di Smart City le infrastrutture materiali e digitali sono intese come servizi offerti a cittadini e imprese, gestite con largo uso dell’ICT e mediante la “messa in rete” delle risorse disponibili al fine di migliorare l’efficienza economica e politica per obiettivi di sviluppo sociale, culturale e urbano. In questo ambito assumono grande rilevanza le politiche sulla mobilità, che nelle Smart Cities si basano sull’ampio ricorso alle aree pedonali, sull’utilizzo di un sistema di trasporto pubblico innovativo e la promozione di mezzi di trasporto ecologici ed alternativi.
  • Sistema economico: nelle Smart Cities ritroviamo ancora il ruolo centrale dell’ICT, fulcro di una pianificazione territoriale finalizzata alla creazione di un sistema competitivo e attrattivo per le nuove imprese. Da notare che in Italia ciò significa auspicare una pianificazione economica intelligente a tutti i livelli, una città può diventare Smart se la Regione cui appartiene si adopera sulle stesse linee guida.
  • Ambiente sociale: l’innovazione nelle Smart Cities va interpretata alla luce del ruolo primario del capitale sociale e umano, esse infatti si innovano grazie all’apprendimento e all’adattamento derivanti dalla pianificazione urbanistica e territoriale improntata su un concetto altamente partecipativo di democrazia, che incoraggia l’intervento attivo dei cittadini facendo ampio ricorso a strumenti come le consultazioni on-line.
  • Ambiente e Cultura: il concetto di Sostenibilità è fondamentale nella Smart City. Per far fronte alla scarsità di risorse, in un’epoca in cui lo sviluppo è sempre più collegato alla disponibilità di risorse turistiche e naturali, lo “sfruttamento” di queste ultime è all’insegna del rispetto, della sicurezza e della rinnovabilità. Ciò riguarda in egual misura sia il patrimonio naturale, che quello culturale materiale e intangibile. Da ciò, le politiche di una Smart City prevedono il ricorso alle moderne tecnologie digitali e un intelligente utilizzo del web, ad esempio attraverso portali on line di offerta, mappature e percorsi tematici digitali, virtualizzazione del patrimonio che viene restituito alla comunità sottoforma di “bene comune”: in quest’ottica, si aprono orizzonti di sviluppo per startup innovative che riescano a fornire prodotti utilizzabili in tal senso.

Oltre ai finanziamenti a livello istituzionale, il mondo delle Smart Cities è oggi protagonista del concorso indetto da Telecom Italia in collaborazione con Domus “Digital Ideas for Expo City 2015“, riservato al mondo della progettazione e del design che voglia mettere in gioco le proprie idee innovative basate sull’utilizzo delle tecnologie digitali.
Le idee dovranno essere applicabili agli spazi urbani e domestici allo scopo di migliorare l’efficienza e la sostenibilità della vita nelle città, rendendole più “Smart”.
I progetti candidati dovranno prevedere l’utilizzo di almeno una componente tecnologica di Telecom Italia, da scegliere tra le soluzioni di Cloud Computing della Nuvola Italiana (insieme delle risorse informatiche rese disponibili attraverso la Rete di connettività a banda larga) e la NFC – Near Field Communication (tecnologia in radiofrequenza a corto raggio per lo scambio di informazioni tra dispositivi posti in prossimità).
Oltre all’area di riferimento “Smart City“, le proposte progettuali potranno far capo anche ad altre due aree: Mobile Application e Digital Home & Office + Smart School.
I tre migliori progetti, selezionati da una giuria di architetti ed esperti di tecnologie della comunicazione, avranno la possibilità di essere sviluppati nell’ambito della Digital Smart City di Expo Milano 2015, il progetto che la città di Milano ha ideato allo scopo di diventare un modello di riferimento per le future Smart Cities in Italia e nel mondo.
Le candidature resteranno aperte fino al 30 agosto 2013 e devono essere presentate attraverso il link dedicato nel sito www.domusweb.it.

Fonti:

Napoli, 16/04/2013

 

 

 

Il viaggio di Steve Blank in Cina: nuove frontiere dell’innovazione

Nei giorni scorsi Steve Blank ha pubblicato sul suo blog una serie di articoli che raccontano il suo recente viaggio in Cina per la promozione del suo ultimo libro “Startup Owners Manual“: un report in cui analizza la situazione passata e presente del Paese, il percorso verso l’innovazione e i possibili futuri sviluppi.

Nel 1949 nasce la Repubblica Popolare Cinese: da quel momento si assiste alla nazionalizzazione e cetralizzazione dell’intera economia del Paese, con la totale scomparsa del settore privato.
Oggi, l’economia cinese è un sistema sempre più fondato sullo sviluppo tecnologico innovativo che ha favorito la nascita di un ecosistema imprenditoriale avanzato, con grandi opportunità per startup e un moderno sistema di Venture Capital e Business Angel.
La domanda cui Blank cerca di rispondere nel suo primo post è come tutto ciò sia accaduto: egli ritiene che il percorso sia iniziato in maniera simile a quella vissuta dagli USA durante la Guerra Fredda, con un massiccio investimento in ricerca scientifica e tecnologica finalizzato alla modernizzazione dell’apparato militare nazionale. Tali investimenti hanno favorito lo sviluppo di nuove tecnologie ingegneristiche, digitali e di comunicazione, e hanno prodotto come “effetto collaterale” la nascita di un sistema caratterizzato da nuove startup e da una moderna mentalità imrenditoriale.
Infatti, a partire dal 1982 il Governo Cinese ha investito in una serie di interventi concentrati sui seguenti aspetti:

  • Ricerca di base
  • R&S nel settore high tech
  • Innovazione tecnologica e comunicazione
  • Infrastrutture di ricerca
  • Sviluppo delle risorse umane nei settori della scienza e della tecnologia.

Il più importante tra i programmi governativi di pianificazione centralizzata del governo cinese è senza dubbio il “Torch Program“, definito da Steve Blank come “la luce che può illuminare il mondo“. Il Programma si organizza in quattro ambiti di intervento che analizziamo più nel dettaglio:

  • INNOVATION CLUSTERS: la Cina è oggi, insieme a Israele e Singapore, il paese che meglio di tutti ha applicato il criterio di creazione di poli industriali allo scopo di garantire vantaggio competitivo alle imprese tecnologiche in esso ospitate. Tra questi, l’esempio più importante è a Pechino, dove Zhongguancun si afferma ogni giorno di più come la Silicon Valley cinese.
  • TECHNOLOGY BUSINESS INCUBATOR (TBI): secondo i dati, nel 2011 la Cina conta ben 1034 TBI che ospitano al loro interno oltre 60.000 startup. Di questi, circa il 20% sono a gestione privata. Da rilevare due aspetti fondamentali: la massiccia presenza di scienziati e ingegneri rientrati in Cina dopo esperienze formative all’estero e l’aumento costante delle strutture a gestione privata.
  • SEED FUNDING: il programma di finanziamento per startup più importante in Cina è l’Innofund, molto simile ai programmi di finanziamento statunitensi per lo sviluppo di startup innovative nel settore tecnologico. Dalla sua istituzione, l’Innofund ha ricevuto più di 35.000 candidature, finanziato circa 9.000 progetti e stanziato fondi per circa un milione di dollari: ciò nonostante, presenta l’inconveniente di una procedura di accesso lenta, macchinosa, ancora troppo legata al parere vincolante del governo sui progetti finanziabili.
  • VENTURE FUND GUIDING: istituito nel 2007, rappresenta il primo tentativo del governo cinese di introdurre VC privati nel sistema di finanziamento delle startup del Paese.

In conclusione del suo secondo post, Steve Blank afferma che la grande rilevanza del Torch Program sta anche e soprattutto nel fatto di aver introdotto nell’ecosistema imprenditoriale cinese concetti culturali tipici del mondo delle startup, come quelli di iterazione, pivot, learning & discovery.

Il terzo post è dedicato all’ascesa del Venture Capital in Cina e a come questo processo abbia favorito la crescita dell’ecosistema imprenditoriale del Paese. I primi investimenti in startup, come abbiamo visto, venivano da programmi statali e hanno favorito la nascita di spin-off e spin-out da parte di scienziati e ingegneri provenienti dal mondo dell’Università e della ricerca. Con il Torch Program è iniziata una seconda ondata di investimenti in VC con protagoniste le Banche. A metà degli anni ’90 le Banche e il governo cinese non erano più in grado di ricoprire l’intero fabbisogno di capitale di rischio delle startup del Paese: è così che sono entrati in gioco alcuni VC stranieri, concludendo il percorso di evoluzione del sistema di Venture Capital cinese da un’economia chiusa e centralizzata verso un sistema aperto e affacciato all’espansione globale, che rappresenta quello che Stebe Blank definisce il più grande sistema di Venture Capital al mondo dopo quello degli USA.

Tuttavia, negli ultimi due post sull’argomento, Blank racconta come nel suo viaggio abbia visto un forte divario tra le aree più moderne della Cina, come il già citato polo di Zhongguancun a Pechino, e le aree periferiche rurali dei villaggi.
La Cina si caratterizza infatti per una serie di contraddizioni e paradossi, provenienti dai retaggi di un sistema centralizzato che ancora oggi prevede il Great Firewall, che chiude le frontiere alla diffusione delle notizie dall’esterno oscurando i siti più diffusi e popolari nel resto del mondo, tra cui Facebook, Twitter e Youtube.
A ciò si aggiunge un sistema che, anzichè basarsi sull’innovazione, adotta un modello di sviluppo di nuove startup che si sostanzia nella clonazione di prodotti (soprattutto software) che funzionano all’estero, importandoli, adattandoli e fornendone una versione esclusivamente diretta al mercato interno cinese. Tutto ciò può accadere in virtù del fatto che il mercato cinese è sconfinato, dal punto di vista del numero di utenti e anche per il grado di diffusione e penetrazione delle tecnologie mobile nel Paese.
Altro grande paradosso, la cultura imprenditoriale che ancora oggi rifugge il rischio e ha paura del fallimento, ma allo stesso tempo investe per costruire Innovation Clusters, Parchi Scientifici e Tecnologici e Incubatori di impresa.
Si aggiunge infine la contraddizione tra la tendenza delle famiglie a fare grossi sacrifici per permettere ai propri figli di studiare all’estero (molto spesso proprio in Silicon Valley), salvo inculcargli, al ritorno in patria, l’idea di dover preferire la stabilità del posto fisso, preferibilmente in ambito statale.

Nonostante tutte queste stridenti contraddizioni, però, Steve Blank si dice convinto che la Cina sia una realtà moderna e sorprendente, che attualmente si trova sulla strada per costruire un grande e moderno ecosistema imprenditoriale basato sulla tecnologia e l’innovazione: il suo percorso è iniziato, veloce e inarrestabile, e non si può tornare indietro.

Napoli, 15/04/2013

Creative Clusters Green Technology: la Regione Campania punta sull’energia green

Campania Innovazione, l’Agenzia Regionale per la Promozione della RIcerca e dell’Innovazione ha lanciato la call for ideas “Creative Cluster Green Technology” allo scopo di raccogliere i migliori progetti nel settore dell’energia green per supportarle nel percorso di costituzione di startup.
L’avviso è finalizzato allo scopo di migliorare lo sviluppo economico regionale attraverso il sostegno all’imprenditoria innovativa nel settore delle energie, in particolare quelle provenienti da fonti rinnovabili. Ciò allo scopo di realizzare il programma di sviluppo firmato nell’agosto 2012 dal MIUR e dalla Regione Campania, che prevede per il settore “Risparmio Energetico” la creazione di un Distretto ad Alta Tecnologia denominato Smart Power System, all’interno del quale si andrà a creare un ecosistema per imprese innovative del settore energie green.
La call for ideas “Creative Cluster Green Technology” si pone quindi l’obiettivo di stimolare e sostenere la nuova imprenditorialità nel campo dell’efficienza energetica e delle fonti di energia rinnovabili, selezionando progetti ad alto livello di creatività nei seguenti settori:

  • Aria e Ambiente
  • Smart Grid
  • Efficienza Energetica
  • Eolico
  • Biofuel
  • Energia Solare
  • Energy Storage
  • Materiali
  • Trasporti
  • Acqua
  • Altre Fonti rinnovabili

Il bando si rivolge sia a persone fisiche che a startup innovative con sede operative sul territorio della Regione Campania. Non sono previsti limiti di età per i partecipanti.

Il percorso inizia con una fase iniziale di Scouting e Valutazione, al termine della quale verranno individuate le 12 proposte migliori tra tutte le domande pervenute entro il 14 giugno 2013, sulla base delle decisioni di una Commissione di Valutazione che sarà composta da esperti in creazione di impresa, tecnologie per l’energia e innovazione. La selezione sarà effettuata tenendo conto di criteri quali la chiarezza della proposta, la significatività dell’impatto tecnologico, il grado di innovatività dell’idea, la fattibilità tecnica e l’appeal di mercato.

La seconda fase è quella di Tutoraggio e Accelerazione, che una avrà durata di 6 mesi, durante la quale i partecipanti potranno usufruire dei servizi offerti dal Polo Tecnologico di Campania Innovazione S.p.A. per la nascita e lo sviluppo delle nuove startup.

Le domande di partecipazione e la documentazione richiesta dovranno essere prima di tutto compilate on line e dovranno poi essere inviati in formato cartaceo a Campania Innovazione S.p.A. – Via Coroglio, 57 -80124 – Napoli.

Il bando è scaricabile all’indirizzo: http://www.campaniainhub.it/servizi/creative-factory/progetti/creative-clusters-green-technology/allegati/avviso-green-technology

Per compilare la domanda di partecipazione on line:

http://www.agenziacampaniainnovazione.it/

http://www.campaniainhub.it/

Napoli, 15 aprile 2013

Italia al 50° posto nella classifica del “Global Information Technology Report”

Il World Economic Forum ha presentato ieri a Ginevra il “Global Information Technology Report – Growth and Jobs in a Hyperconnected World” per il 2013, il documento che analizza l’impatto e l’influenza dell’ICT sullo sviluppo dell’economia e del mercato del lavoro nel mondo.
Il Report prende in considerazione 144 Paesi in tutto il mondo, analizzandoli sulla base di 54 parametri (tra cui la penetrazione di Internet, la diffusione degli smartphone e la disponibilità di capitali in denaro) e si propone come lo strumento più affidabile per l’analisi del fenomeno in questione.

Le conclusioni del Report confermano ancora una volta il ruolo preponderante che l’economia digitale e l’innovazione tecnologica assumono oggi nello sviluppo globale. Il documento evidenzia che, soltanto negli ultimi due anni, lo sviluppo dell’economia digitale nel mondo ha portato ad una crescita in termini di PIL mondiale di 193 milioni di dollari, con la creazione di 6 milioni di nuovi posti di lavoro: secondo i dati, un aumento pari al 10% dell’indice calcolato dal Global Information Technology Report è in grado di portare ad una crescita del PIL pari allo 0,75% e ad una diminuzione dell’indice di disoccupazione dell’1,02%.

La raccomandazione che ne deriva è ancora una volta quella di aumentare gli investimenti nel settore, impegnandosi su più fronti: aumentare la diffusione delle nuove tecnologie, migliorare le condizioni delle imprese, assicurarsi che gli investimenti nel settore digitale e nelle comunicazioni siano il più possibile coerenti e coordinati ma, al contempo, indipendenti dalle strutture governative.

Riguardo alla classifica, l’ultima pubblicazione vede il predominio dei paesi scandinavi, con la Finlandia al primo posto e la Svezia al terzo, mentre il secondo posto è occupato da Singapore. Nella top ten, ritroviamo gli Stati Uniti al nono posto e Taiwan al decimo, mentre le posizioni intermedie sono occupate tutte da paesi europei (nell’ordine: Paesi Bassi, Norvegia, Svizzera, UK, Danimarca).
Ciò nonostante, anche il report del World Economic Forum, come già accaduto qualche settimana fa con l’Innovation Union Scoreboard della Commissione Europea, evidenzia per i Paesi Europei uno sviluppo dell’economia digitale a due velocità, con un forte gap tra economie del nord ed economie del sud: per trovare il Portogallo e la Spagna, ad esempio, bisogna scorrere l’elenco verso il basso fino ad arrivare rispettivamente al 33° e 38° posto.

Ancora più giù ritroviamo l’Italia che, purtroppo, si classifica soltanto al 50° posto, con un indice di 4,18. Ciò mette in evidenza un preoccupante stato di arretratezza nella capacità di sfruttare le grandi potenzialità delle ICT: ciò dimostra che gli sforzi degli ultimi mesi, come l’Agenda Digitale o il Decreto Startup, non sono ancora abbastanza per far decollare lo sviluppo digitale del nostro paese.

Per visualizzare il Report completo: http://www3.weforum.org/docs/WEF_GITR_Report_2013.pdf

Napoli, 12 aprile 2013

Differenza tra Big Companies e Startup: il pensiero di Steve Blank

Steve Blank è ad oggi uno dei massimi esperti al mondo in materia di startup: da sempre impegnato nella creazione di nuove imprese, approda nella Silicon Valley nel 1978. Docente universitario, co-autore insieme a bob Dorf del libro The Startup Owner’s Manual, ma soprattutto imprenditore seriale che vuole mettere a disposizione degli aspiranti imprenditori le esperienze e le consapevolezze di una vita nel mondo delle startup.
In questo articolo, analizziamo il pensiero di Blank sulle differenze nell’approccio all’innovazione tra startup e grandi aziende affermate, prendendo spunto dall’intervista pubblicata sul blog di Ron Ashkenas della Harvard Business Review lo scorso febbraio.

Il punto di partenza è la lista delle 50 aziende più innovative al mondo del 2013 pubblicata da Fast Company, nella quale salta subito all’occhio come la grande maggioranza delle posizioni sia ricoperta da grandi nomi dell’innovazione (tra cui Google, Apple e Microsoft) e piccole aziende in fase di startup, mentre sono quasi assenti le grandi aziende già affermate.
Secondo Blank la motivazione della scarsità di investimenti in innovazione da parte delle grandi aziende e, al contrario, la grossa spinta in tal senso delle startup è da ricercarsi in tre ragioni:

– Le aziende affermate hanno la tendenza a perseguire il business model esistente, per assicurarsi che funzioni bene e continui a soddisfare i clienti. Il fulcro dell’attività di una startup, al contrario, è proprio quello di ricercare un business model praticabile che riesca a bilianciare le esigenze della clientela con un’offerta che possa portare un vantaggio competitivo all’azienda. L’innovazione è, secondo Blank, la ricerca che la startup effettua per trasformare la propria idea in un prodotto che il cliente voglia acquistare.

– Tale processo di ricerca della startup è quindi finalizzato ad un business model sostenibile. Ciò significa che la startup non può semplicemente seguire un business plan predefinito, ma deve bilanciare continuamente la necessità di programmare e preordinare la propria attività con una sperimentazione continua di nuovi prodotti, metodi e strategie, per trovare la formula che soddisfi al meglio i propri clienti. Naturalmente si tratta di un processo rischioso, che le grandi aziende già affermate non sempre hanno interesse ad intraprendere, pur avendo sicuramente più risorse per affrontare il rischio di fallimento rispetto alle startup. Secondo Blank la soluzione sarebbe quella in cui le grandi imprese investano in un portafoglio variegato di startup, per garantire l’innovazione e allo stesso tempo ridurre il rischio dei propri investimenti.

– L’ultimo aspetto che Blank mette in risalto riguarda le persone coinvolte nel processo di innovazione: i migliori innovatori sono quelli che non hanno paura del fallimento, che sono disposti ad affrontare i rischi, ma spesso sono anche quelli più ribelli ed insofferenti all’autorità. Questi aspetti rendono gli innovatori difficili da gestire per le grandi aziende, che preferiscono in molti casi affidare le proprie attività a manager meno propensi al rischio e all’innovazione, che svolgono il proprio compito mantenendosi su risultati standard, ma sicuramente più facili da gestire.

In conclusione, secondo Blank la fase di avvio di una startup richiede sicuramente un approccio molto differente da quello tipico di gestione di un’azienda già affermata, e chiunque si affacci al mondo dell’imprenditoria deve tenere in considerazione tali differenze.

Per saperne di più su Steve Blank: http://steveblank.com/

Napoli, 11/04/2013

Bloom: Startup e investitori internazionali a Milano con U-start

Bloom è l’evento internazionale dedicato al mondo delle start up e dell’investimento che si terrà a Milano dall’11 al 13 maggio 2013. Si tratta di una conferenza di tre giorni, durante i quali si incontreranno imprenditori e investitori italiani, europei, brasiliani, russi e sudafricani appartenenti al network U-start, il portale di matching tra imprenditori innovativi e investitori professionali che rappresenta un punto di incontro anche con il mondo dell’università e della ricerca.

La tre giorni si apre sabato 11 maggio con la Startup Factor, durante la quale le 20 start up italiane selezionate attraverso il portale u-start presenteranno il proprio progetto ad una giuria di professionisti ed esperti italiani ed internazionali del settore, i quali decreteranno le 10 migliori idee imprenditoriali che parteciperanno all’Italian Seed Arena che si terrà il 13 maggio.

La giornata di domenica 12 maggio sarà dedicata al Value Day, dedicato a seminari, networking, incontri con imprenditori ed investitori di successo. In questa giornata, sono previste inoltre due iniziative dedicate alle 20 startup partecipanti a Bloom: il primo gruppo consistente nelle 10 startup selezionate il giorno precedente potrà girare un video pitch, che sarà presentato alla giuria il giorno successivo per l’Italian Seed Arena, mentre alle 10 startup non selezionate viene offerta un’importante opportunità di confronto con uno degli investitori presenti all’evento, per ottenere consigli e feedback da cui ripartire alla ricerca di investimenti e finanziamenti per la propria idea. Nel pomeriggio sarà dato spazio alle startup internazionali presenti all’evento, con networking e incontri dedicati.
Spazio anche al divertimento, con il Bloom Party organizzato in serata per tutti i partecipanti.

Il 13 maggio sarà il giorno conclusivo, con una conferenza aperta al pubblico organizzata in tre momenti:
Italian Seed Arena, dove le 10 migliori startup italiane saranno valutate dalla giuria internazionale attraverso il video pitch e la soluzione di una task assegnata, che permetterà la valutazione delle abilità di analisi e problem solving dei team. Premio per la migliore startup, una giornata al fianco di un importante investitore del network U-start e una campagna media sui canali RCS.
International Seed Stage, con la presentazione delle migliori startup internazionali provenienti dal network, scelte tra Russia, Brasile e Sudamerica.
International Growth Stage, il momento dell’evento in cui scendono in campo gli incubatori del network: si assisterà alla presentazione delle migliori startup europee, russe, brasiliane e sudamericane scelte proprio dagli incubatori.

Per partecipare all’evento, le startup dovranno registrarsi al portale U-start e presentare la propria candidatura entro il 22 aprile 2013.

Per ulteriori informazioni sul portale: https://www.u-start.biz
Per tutte le informazioni sull’evento: https://u-start.biz/bloom/

Napoli, 10/04/2013

Approfondimento: Incentivi fiscali per investimenti in startup

Negli ultimi mesi ha rivestito grossa importanza nel quadro di produzione normativa italiano il tema del sostegno alla crescita delle piccole e medie imprese, soprattutto quelle in fase di start up.
In particolare, il tema delle incentivazioni fiscali all’investimento in capitale di rischio in PMI, si inserisce il DM del 21 dicembre 2012, pubblicato in Gazzetta Ufficiale lo scorso 28 febbraio, attraverso il quale il Ministero dell’Economia e delle Finanze ha definito le regole per l’attuazione dell’art. 31 del DL 98/2011 sugli “Interventi per favorire l’afflusso di capitale di rischio verso le nuove imprese“.
Gli incentivi consistono nella detassazione dei proventi derivanti da investimenti in capitale di rischio in PMI attraverso i Fondi per il Venture Capital (FVC), allo scopo di incentivare tale tipologia di investimenti sul territorio italiano per contribuire alla crescita e allo sviluppo del tessuto imprenditoriale nazionale: i proventi dei Fondi, oltre a non essere soggetti a tassazione, non concorrono a formare il reddito imponibile.
Bisogna però analizzare la normativa per identificare la tipologia di imprese nel cui capitale di rischio devono essere indirizzati gli investimenti e le caratteristiche e requisiti dei Fondi di Venture Capital ammessi a beneficiare delle agevolazioni previste.

Dalla lettura dell’art. 31 del DL 98/2011 si ricava che, per beneficiare degli sgravi, bisogna che l’investimento sia effettuato in capitale di rischio di piccole e medie imprese non quotate in Borsa che si trovino nelle fasi iniziali della propria vita imprenditoriale: devono essere imprese esistenti da non più di 3 anni.
Le imprese in questione devono inoltre avere almeno una sede operativa sul territorio italiano, essere soggette a IRES o imposta equivalente e avere un fatturato non superiore ai 50 milioni di euro.
Inoltre, la legge prevede che le quote dell’impresa, al momento dell’investimento da parte del Fondo, siano detenute per una percentuale pari ad almeno il 51% da persone fisiche: la precisazione sembra lasciare aperta la possibilità che, in seguito, il Fondo possa acquisire la maggioranza delle quote dell’impresa. Da sottolineare che la normativa prevista dal Decreto lascia al Fondo il compito di verificare l’esistenza di tale soglia minima prima di procedere all’investimento.

Il Decreto del Ministero pubblicato lo scorso febbraio definisce i FVC come organismi di investimento collettivo del risparmio, e stabilisce le condizioni che il Fondo deve rispettare per avere accesso al regime di incentivazione. Innanzitutto, almeno il 75% del totale degli attivi deve essere investito nel capitale di rischio di piccole e medie imprese (secondo l’accezione comunitaria) che presentino i requisiti sopraindicati, in secondo luogo gli investimenti nelle singole società dovranno essere inferiori a 2,5 milioni di euro. Per tali investimenti si stabilisce una durata non superiore i 12 mesi, ma sono possibili investimenti di portata finanziaria maggiore qualora sia previsto un arco temporale più lungo. Da notare, infine, che tra i soggetti che possono entrare a far parte dei Fondi di Venture Capital sono annoverati solo i cosiddetti “investitori professionali” (come definiti dalla direttiva 2004/39/CE), o comunque coloro che garantiscano investimenti per un importo non inferiore ai 100.000 euro.

Resta da vedere come questa disciplina andrà ad integrarsi con le previsioni di legge previste per le start up innovative contenute nel Decreto Sviluppo bis (per cui non è ancora stata emanata la legge d’attuazione): l’art. 29 del Decreto, convertito dalla legge 221/2012, è infatti dedicato agli “Incentivi all’investimento in start up innovative” e prevede delle agevolazioni fiscali per il triennio 2013-2015.
Ricordiamo che tale disposizione prevede una detrazione Irpef pari al 19% sulle somme investite in start up innovative. L’importo massimo detraibile è di 500.000 euro per ciascun periodo d’imposta e l’investimento deve essere mantenuto per almeno due anni.
In caso di investimento da parte di una società, inoltre, il 20% della somma investita non concorre alla formazione del reddito di impresa, anche qui a fronte di investimenti della durata di almeno due anni per un importo investito massimo pari a 1,8 milioni di euro.
Sono previste inoltre percentuali più elevate per investimenti effettuati in start up a vocazione sociale e per quelle operanti nel settore energetico: in questo caso, la detrazione per le persone fisiche passa dal 19% al 25%, e la deduzione per le società dal 20% al 27%.
Al legislatore, quindi, è affidato il compito di integrare le disposizioni per completare il quadro normativo in materia di start up.

Napoli, 09/04/2013

Un montepremi del valore di 800.000 euro per il Premio Gaetano Marzotto 2013

Il 4 aprile 2013 è la data di apertura del bando per la partecipazione all’edizione 2013 del Premio Gaetano Marzotto, promosso ed ideato dall’Associazione Progetto Marzotto per creare in Italia una piattaforma dell’innovazione che intersechi capacità imprenditoriale e benessere sociale: lo scopo è quello si sostenere lo sviluppo di nuove idee imprenditoriali che rispondano al duplice criterio di sostenibilità economico-finanziaria e generazione di benefici sul territorio nazionale con un montepremi complessivo del valore di 800.000 euro, suddiviso tra contributi in denaro, percorsi di affiancamento ed incubazione erogati da partner tra cui spiccano tra gli altri Unicredit, Seedlab, H-Farm, Fondazione Filarete, Luiss Enlabs e The Hub.

Il montepremi è ripartito tra:

  • Premio Impresa del Futuro: è destinato al miglior progetto imprenditoriale con capacità di generare significative ricadute positive negli ambiti sociali territoriali, culturali o ambientali. Gli ambiti di riferimento preferibili, rigorosamente Made in Italy, sono: moda e tessile, agroalimentare, turismo, farmaceutico, meccanica, casa, arredamento e ambiente. Il premio si compone di un contributo in denaro per la somma di 250.000 euro e un percorso di affiancamento della Fondazione CUOA, tra le più grandi business school del nord-est italiano. Lo scorso anno il Premio Impresa del Futuro è stato assegnato a Solwa srl, che ha presentato il proprio Modulo per la depurazione e potabilizzazione dell’acqua dichiarato dalle Nazioni Unite “Innovazione per lo sviluppo dell’Umanità”.
  • Premio per una nuova impresa sociale e culturale:è riservato alla migliore idea imprenditoriale capace di generare ricadute positive significative in campo sociale e culturale. I settori di intervento preferibili sono: servizi culturali, servizi alla persona, servizi sociali, servizi all’ambiente, terzo settore. Anche in questo caso il vincitore beneficerà di un percorso di affiancamento della Fondazione CUOA e di una somma di denaro pari a 100.000 euro. Il vincitore dell’edizione 2012 è stato Brain Control, un sistema basato sulla tecnologia BCI (Brain-Computer Interface) che classifica i segnali provenienti dai sensori per encefalogramma, consentendo a pazienti completamente o parzialmente paralizzati di controllare le tecnologie assistive mediante il pensiero. Il progetto ha ottenuto numerosi riconoscimenti a livello nazionale ed internazionale.
  • Premio dall’idea all’impresa: è un premio del valore complessivo di 300.000 euro che non viene erogato tramite contributo in denaro, bensì sottoforma di un periodo di incubazione all’interno di 9 tra le migliori strutture del settore: Boox, Fondazione FIlarete, H-Farm, I3P,Enlabs, M31, Seedlab, The Hub, Vega. E’ riservato a giovani di età inferiore a 35 anni (o team composti in maggioranza da giovani). Al termine dell’edizione precedente, ad esempio, Seedlab ha ospitato MRS, Start Up salentina che opera in ambito cleantech, mentre H-Farm si è occupata di Happy Gift, una “community del regalo” in chiave social attualmente on line.
  • Premio Speciale Unicredit – Talento delle idee: è destinato ad almeno una Start Up per ciascuna delle tre categorie precedentemente descritte. Il premio, di un valore complessivo pari a 150.000 euro, si compone di:
  1. assegnazione di un tutor scelto tra professionisti, consulenti, imprenditori, partner di UniCredit sull’innovazione per confronti periodici con le startup su aspetti strategici e di crescita
  2. partecipazione alla Startup Academy focalizzata su tematiche rilevanti per le startup e realizzata con il contributo di partner del network internazionale di UniCredit
  3. programma di mentorship da parte del team di UniCredit/Talento delle Idee
  4. assegnazione di un Relationship Manager di UniCredit per seguire le esigenze bancarie delle startup
  5. organizzazione di incontri one-to-one con possibili investitori e clienti Corporate di UniCredit per partnership commerciali, industriali, tecnologiche.

Le candidature sono aperte dal 04/04/2013 al 30/06/2013, entro il 31 luglio le Giurie sceglieranno i progetti per ciascuna delle categorie. Gli esiti delle selezioni verranno comunicati entro il 5 agosto, ed entro il primo settembre dovrà essere consegnata l’eventuale documentazione aggiuntiva richiesta. Il 12/09/2013 è il termine entro il quale dovrà essere effettuato il colloquio con la giuria, mentre la premiazione è prevista per il mese di novembre 2013.

La partecipazione è aperta a persone fisiche, team, imprese start up, imprese già esistenti, cooperative e associazioni che abbiano sede legale e base di sviluppo in Italia, e i cui progetti abbiano ricaduta economica ed impatto positivo principalmente sul territorio italiano. Esclusivamente per la sezione “Premio dall’Idea all’Impresa” è fissato il limite di età a giovani entro i 35 anni.
I progetti dovranno essere inviati tramite il sito internet della competizione, nella sezione “Partecipa“.

Napoli, 08 aprile 2013

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