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Marketing Automation Day: appuntamento il 9 maggio al CSI – Incubatore Napoli Est

Marketing Automation Day: appuntamento il 9 maggio 2019 al CSI – Incubatore Napoli Est con il workshop gratuito – DA NON PERDERE!

Il CSI – Incubatore Napoli Est si prepara ad ospitare la Marketing Automation Academy per un workshop gratuito aperto al pubblico con focus sul tema “Come costruire una strategia di Marketing Automation”.

L’appuntamento con il Marketing Automation Day è fissato per giovedì 9 maggio 2019, dalle 9:00 alle 17:30, presso gli spazi del CSI siti in Via Bernardino Martirano n. 17 a Napoli, nel quartiere di San Giovanni a Teduccio.

Il workshop, dal taglio molto pratico, è aperto a startup, titolari d’azienda, manager e addetti ai lavori interessati a comprendere e implementare la Marketing Automation in azienda: sicuramente uno dei temi più complessi e articolati del panorama digitale, questo sistema permette di monitorare il comportamento on-line dei visitatori del tuo sito web o e-commerce e raccogliere dati su cui strutturare un percorso personalizzato per ciascuno di essi in maniera automatica.

Il Marketing Automation Day del CSI è gratuito e aperto al pubblico, ma i posti sono limitati: pertanto, la registrazione è obbligatoria e può essere effettuata on-line in pochi click compilando il form disponibile a questo link.

Data la strutturazione di taglio essenzialmente pratico del workshop, si consiglia ai partecipanti di portare con sè il proprio PC.

Di seguito, il programma dettagliato dell’iniziativa:

PROGRAMMA – MARTKETING AUTOMATION DAY

ORE 9:00 – Registrazione dei partecipanti prenotati

ORE 9:15 – Inizio dei lavori

INTRODUZIONE A CURA DI PAOLO CONFORTINI:

Cosa è la Marketing Automation,
Cosa NON è la Marketing Automation,
Che obiettivi si pone la Marketing Automation

TIMING BELT METHOD – di Paolo Confortini

STRATEGIA A CURA DI GIULIA BOSI:

Gli obiettivi del progetto,
Interpretare gli obiettivi del progetto,
Sales Funnel e diagramma di innesco

ORE 13:30 – Break
ORE 14:30 – Ripresa dei lavori

CONTENUTI PER MARKETING AUTOMATION – di Giulia Bosi

Blog,
Lead Nurturing,
Landing Page,
Monitorare risultati

SOFTWARE – di Paolo Confortini

Monitoraggio degli utenti (Digital Body Language),
Importanza del Customer Relationship Management,
Segmentazione del Database (Lead Tagging e Lead Scoring),
Automazione (Evento, Condizioni, Azioni)

ORE 17:00 – Fine dei lavori

Per non perderti il Marketing Automation Day, compila subito il form di registrazione on-line: CLICCA QUI!

Costruire il miglior MVP per una startup: alcuni consigli utili per i founder

Rahul Varshneya è co-founder di Arkenea LLC, una società di consulenza specializzata in aziende che si occupano di prodotti ed app mobile: di recente, il portale Entrepreneur ha pubblicato un suo articolo dedicato ad una tematica di importanza molto rilevante per le startup. L’articolo di Varshneya è infatti dedicato alle caratteristiche fondamentali di un perfetto MVP, che spesso rappresentano delle vere e proprie sfumature, a volte molto sottili, che il team di una startup deve imparare a riconoscere.

MVP

Un MVP rappresenta il prodotto con il maggiori tasso di ritorno degli investimenti rispetto al rischio. Esso può assumere differenti livelli di complessità e avere una quantità più o meno numerosa delle caratteristiche finali previste per il prodotto: si può avere un MVP tale da poter avere il prodotto finale nel giro di poche settimane, così come si può avere un MVP consistente in una semplice landing page.

Non esiste un MVP predefinito che vada bene per qualsiasi startup: dipende da una serie di fattori, tra cui il settore di riferimento, il problema che ci si propone di risolvere, la concorrenza già esistente e potenziale. Ma è possibile, secondo l’autore, identificare alcuni concetti di base sul MVP per selezionarne le caratteristiche fondamentali.

1) Distinguere tra “must have” e “nice to have”

La regola di base per le fasi iniziali di sviluppo di qualsiasi prodotto è capire il “core value” che si sta offrendo. Essere in grado di separare le caratteristiche “must have” da quegli orpelli che Varshneya definisce “campanelli e fischietti” aiuterà la startup ad arrivare sul mercato e convalidare le ipotesi con un investimento decisamente più basso.

La prima versione di un prodotto dovrebbe concentrarsi esclusivamente sul core value, ma ciò non significa che non debba essere sviluppata in modo accurato: anche se un’app deve possedere soltanto un paio di features, queste devono essere progettate e sviluppate nel migliore dei modi possibili.

La maggior parte dei founder crede che un MVP sia un prodotto incompleto, mentre è essenziale che le caratteristiche (seppur limitate) che si offrono al cliente siano sviluppate al meglio e nell’ottica di facilitare e rendere piacevole la customer experience.

In breve, un MVP non è una landing page, non è un mock-up, non è un prototipo: un MVP è un prodotto vero e proprio.

2) Indirizzare il MVP ad un solo segmento di mercato

Un MVP deve essere progettato in maniera tale da contenere le caratteristiche e funzionalità che servono al nostro cliente target. Naturalmente, il prodotto finale può essere adatto a differenti segmenti di mercato, ma per il lancio di un MVP è molto più prudente concentrarsi su un segmento di mercato unico, specifico, ben delineato.

Quando si sviluppa un MVP occorre impegnarsi nella creazione di un prodotto economicamente sostenibile, in grado di risolvere il problema degli early adopters: il passo successivo alla costruzione del MVP è infatti l’identificazione e il raggiungimento degli early adopters della startup, in modo tale da poter iniziare a raccogliere i feedback.

Spesso raggiungere gli early adopters è un compito impegnativo per una startup, ma concentrarsi su uno specifico segmento di clientela è un buon modo per iniziare. Inoltre, risolvere il problema specifico dei primi clienti è il modo migliore per cercare il product/market fit: i passi successivi sono quelli di scale-up e commercializzazione.

3) Riconoscere la differenza tra un mercato servito e uno non sfruttato

Non sempre è possibile lanciare un prodotto su un mercato nuovo e non sfruttato: il vostro prodotto può essere semplicemente migliore di quelli già esistenti. Ma se esiste già della concorrenza, è necessario riuscire a costruire una soluzione migliore di quelle che sono sul mercato.

In uno scenario del genere, quindi, un MVP potrebbe essere concepito come “meno” di un prodotto concorrente già sul mercato: ma è un errore concentrarsi sul “meno”. Il MVP di una startup non deve avere meno caratteristiche e funzioni, deve piuttosto concentrarsi sulla customer experience offerta al cliente e sulle caratteristiche “must have” del prodotto.

Naturalmente il MVP di un mercato concorrenziale è differente da quello di un mercato nuovo e non sfruttato: occorre quindi raccogliere più informazioni possibili sul mercato di riferimento, sui concorrenti, sulla clientela e sui suoi bisogni.

Proprio su questo punto, Varshneya conclude il suo articolo con un consiglio agli startupper: non esistono caratteristiche “preconfezionate” adatte a qualsiasi MVP. Bisogna sempre agire con giudizio, basando le proprie scelte sulle informazioni raccolte riguardo lo scenario esistente.

Per leggere il post originale: http://www.entrepreneur.com/article/247685

Napoli, 04/11/2015

La tua idea di startup avrà successo? Ecco 4 domande per scoprirlo prima possibile

Grace NG, co-founder di QuickMVP, ha firmato un recente, interessante articolo per startupper alle prese con le prime fasi di sviluppo dell’idea: si tratta di un post dedicato a 4 Early Indicators che possono aiutare i fondatori di una startup a capire in tempi piuttosto precoci se la business idea a cui stanno lavorando potrà avere successo.

ideas

In sostanza, l’autrice sostiene che è possibile analizzare le potenzialità di un’idea innovativa di impresa rispondendo ad alcune domande:

1) Quanto è grande il problema?
2) Quanti consumatori sarebbero disposti a pagare per la tua soluzione?
3) A quanto ammonta il costo di acquisizione di ciascun cliente?
4) Quanto è grande il mercato? Quanto è accessibile?

Il primo punto su cui focalizzare la propria attenzione è capire se si sta risolvendo un problema reale e per chi. Se i founder hanno già un’idea su chi potrebbero essere i potenziali clienti della startup, ottenuta da interazioni precedenti, bisogna adoperarsi per intervistarli.
Parlare con i potenziali clienti (di persona o al telefono) e porgli poche e semplici domande consente di capire meglio come è possibile venire incontro alle loro esigenza. Per condurre delle interviste efficaci è importante la pratica, e bisogna tener presente che interpretare dati di tipo qualitativo può essere molto soggettivo. Una soluzione utile a tal proposito è quello di impostare le interviste con risposte a punteggio, in maniera tale da riuscire a quantificare i risultati e prendere più velocemente delle decisioni sulla base dei punteggi ottenuti.

Se non si è sicuri di chi siano i potenziali clienti, o se il team ha alcune idee da testare rapidamente, è utile invece iniziare con una landing page. Sarà possibile intervistare le persone dopo che si saranno iscritte. Da questo punto di vista è utile inserire un “price point” nella landing page e usufruire di Google Adwords, per assicurarsi di guidare alla pagina visitatori mirati, che siano quindi parte del nostro target di riferimento. Lo scopo finale di quest’attività è quello di ottenre un tasso di conversione compreso tra il 10 e il 15%, per capire come procedere nello sviluppo dell’idea. Un ulteriore suggerimento utile è quello di testare diverse fasce di prezzo, per identificare il valore di un consumatore ancor prima di procedere alla creazione del business.

Una volta superato il secondo step, sapremo se le persone sono disposte a pagare per il nostro prodotto. A questo punto occorre passare al terzo punto: calcolare il costo di acquisizione di ciascun cliente. Per questo calcolo è utile utilizzare gli annunci a pagamento: la formula di calcolo del costo di acquisizione è infatti “Totale speso per gli annunci / n° di conversioni sulla landing page“.
Un business sostenibile è quello in cui il costo di acquisizione di un cliente è significativamente inferiore a quello che i clienti pagano per acquistare il prodotto/servizio.

Infine, bisogna calcolare le dimensioni del mercato. Questo è un punto da non sottovalutare, visto che molte startup falliscono proprio perchè non riescono ad acquisire un numero di clienti rilevante.
Per farsi una prima idea della dimensione del mercato, i founder possono guardare i volumi di ricerca di keywords rilevanti su Google. L’ideale sarebbe riuscire a trovare “keywords uncompetitive” (non concorrenziali) con elevato volume di ricerca, in modo da poter raggiungere un grande mercato a costi poco elevati. Se le parole chiave sono popolari, ma “competitive”, significa che la startup si sta affacciando ad un mercato saturo e sarà difficile trovare il proprio spazio.

Per leggere il post originale: http://www.inc.com/grace-ng/4-early-indicators-your-startup-idea-can-succeed.html

Napoli, 22/07/2015

Ricerche di mercato e potenziali clienti: quali sono gli errori più frequenti dei founder prima di lanciare il prodotto di una startup?

Eli Portnoy è stato CEO e co-founder di startup come ThinkNear e ha esperienze lavorative in aziende di successo come Amazon. Di recente ha pubblicato un interessante post su Forbes, dedicato ai più frequenti e costosi errori che molti startuppers fanno all’inizio della propria attività imprenditoriale: lo spunto per l’articolo nasce da un suo incontro con il founder di una startup, finanziata da un VC, che si dichiarava profondamente sorpreso per il fatto che il suo prodotto non sembrava essere in sintonia con le esigenze del mercato.

Nonostante avesse, in precedenza, parlato a lungo con molti potenziali clienti, che avevano espresso pareri positivi sul prodotto della sua startup, una volta sul mercato le vendite faticavano a decollare: purtroppo, afferma Portnoy, questa situazione è piuttosto comune tra le startup. I founder, rinfrancati dalle reazioni positive dei potenziali clienti, si sentono sicuri di avere un prodotto di valore, ma si scontrano con una realtà differente una volta sul mercato.

Secondo l’autore, come spesso accade in molti altri ambiti, lavorare sodo non basta se non si lavora anche in maniera intelligente: parlare con molti potenziali clienti può essere uno spreco di tempo e di risorse se non si pongono le domande giuste. Ci sono infatti alcuni problemi “tipici” quando una startup affronta le ricerche di mercato:

1) Leading Questions

Si tratta di domande che potremmo definire “allusive”, nel senso che la maggior parte dei founders di una startup sono talmente convinti che le loro idee siano entusiasmanti da incappare nell’errore di non chiedere ai potenziali clienti se l’idea è buona o meno, bensì fanno domande che sono utili soltanto a convalidare le loro convinzioni. A volte si pongono domande troppo generiche, senza approfondire ulteriormente la questione, con il risultato che il potenziale cliente risponde semplicemente con un “sì” che può indurre il founder a credere che la persona intervistata vorrà acquistare il suo prodotto.

2) Dirty Lab

Quando gli scienziati conducono degli esperimenti in laboratorio, non tengono conto di alcune variabili. Spesso, gli imprenditori si comportano in maniera simile, conducendo le ricerche di mercato in modo tale da non rappresentare effettivamente la realtà, ma eliminando alcune variabili.
Ad esempio, si può evitare di menzionare fattori come il prezzo o l’impiego di tempo, che rappresentano invece delle variabili fondamentali nella decisione di acquisto di un potenziale cliente. In assenza di considerazioni su questo tipo di variabili, è facile per il cliente affermare che acquisterebbe il prodotto: bisogna quindi fare attenzione alle variabili da inserire nelle domande della ricerca di mercato.

3) Agreement Bias

Un terzo aspetto fondamentale che l’autore mette in evidenza è il fatto che, spesso, le persone si preoccupano di comportarsi in modo tale da rendersi gradevoli agli occhi degli altri. A volte è più facile dare una risposta positiva, che faccia piacere all’interlocutore.
Ecco perché bisogna considerare, quando si fa una ricerca di mercato, che spesso un potenziale cliente indeciso preferisce dire di essere interessato ad un prodotto piuttosto che deludere un founder, entusiasta della propria startup.

In conclusione, Portnoy offre alcuni spunti su come ottenere un buon feedback dai potenziali clienti intervistati prima del lancio. Il consiglio è quello di simulare una vera e propria vendita, andare sul mercato e cercare di vendere il proprio prodotto. Non interpellare i potenziali acquirenti chiedendo un feedback, ma semplicemente presentargli il prodotto.
Se sono entusiasti, chiederanno di iscriversi alla landing page per acquistare il prodotto quando sarà sul mercato. E nulla, afferma l’autore, dice che esiste un mercato per un prodotto più della conferma che c’è qualcuno pronto ad acquistarlo.

Per leggere il post originale, il link di riferimento è: http://www.forbes.com/sites/eliportnoy/2014/07/21/costly-mistakes-almost-every-entrepreneur-make/

Napoli, 21/07/2014

Consigli alle startup: come lanciare un nuovo prodotto

Il post di oggi è l’adattamento di un interessante articolo pubblicato su Smashing Magazine da Nathan Barry, founder di ConvertKit, un’applicazione per il marketing via e-mail ed autore di libri come “The App Design Handbook” e “Designing Web Applications”.

L’argomento trattato è il lancio di un nuovo prodotto, un momento fondamentale per le startup che spesso può essere scoraggiante e difficile da affrontare e, soprattutto, che se gestito male può portare al fallimento del progetto: il post di Barry è una vera e propria guida pratica sull’argomento, con consigli dettagliati e precisi, adattabili a tutti i tipi di prodotto, che vengono dalla sua esperienza personale.

1) Si parte da zero

Naturalmente, la prima cosa di cui avete bisogno è un prodotto da lanciare, o per meglio dire un’idea del prodotto che lancerete sul mercato. Il punto di partenza di Barry è che le strategie di marketing devono partire quando il prodotto è ancora in fase di sviluppo, o addirittura prima: iniziare la commercializzazione quando il prodotto è ormai pronto è quasi sempre una pessima idea.

Il consiglio di Barry è definire un prodotto, con un nome anche provvisorio, per poter individuare da subito il target di riferimento e mettere su un piano di marketing.

Il secondo passo di questa prima fase è definire le proprie competenze e comunicarle chiaramente ai potenziali clienti: lo strumento più adatto secondo Barry è un blog.

Terzo passo fondamentale: fare un inventario, che raccolga gli strumenti ma soprattutto le persone su cui si può contare e a cui è possibile comunicare l’idea di prodotto a cui stiamo lavorando. Barry elenca a riguardo i lettori del blog, i followers e contatti sui social network, le community di cui facciamo parte.

2) Iniziare ad insegnare

Nel suo articolo, Barry racconta la storia del suo amico Chris: costui aveva le sue stesse competenze come web designer, ma a differenza di Barry decide a un certo punto di scrivere un blog in cui metteva a disposizione le proprie competenze con lezioni on line e tutorial sull’argomento.
Quando Chris decide di lanciare un progetto su Kickstarter, offre in cambio delle donazioni l’accesso gratuito a una serie di tutorial sul programma che stava ridisegnando. Il suo obiettivo era raccogliere 3.500 dollari: alla chiusura del progetto, ne aveva raccolti quasi 90.000!

Barry spiega questo risultato nel modo seguente: il successo di Chris non era dipeso certamente dalle sue competenze, che erano le stesse a disposizione di Barry, ma dal fatto che tutte le persone che avevano beneficiato degli insegnamenti di Chris erano ansiosi di ripagarlo, e l’avevano dimostrato alla prima occasione.

L’insegnamento delle proprie competenze è secondo Barry il modo migliore per convincere la gente a prestare attenzione a te e al tuo prodotto, senza spendere soldi in pubblicità. Diffondendo le informazioni utili, si attirano i potenziali clienti, li si convince a fidarsi di te e, quando arriva il momento di chiedere loro un acquisto, per queste persone sarai diventato un consulente di fiducia, non una società tra le tante che vende qualcosa su Internet.

3) Annuncia il tuo prodotto

La terza fase da seguire per il lancio del prodotto parte dalla creazione di una landing page: bisogna adoperarsi in tal senso quando il prodotto è ancora in fase di sviluppo, basta avere un nome e un’idea.

L’elemento più importante da inserire nella landing page è, secondo Barry, il form per inserire il proprio indirizzo e-mail nella newsletter: è questo l’unico modo per essere certi di poter restare in contatto con i potenziali clienti.

Una volta che la landing page è on line, bisogna iniziare a condividerla e promuoverla: si passa al punto n. 4.

4) I post sul blog

Il modo migliore di diffondere la landing page è, secondo Barry, scrivere dei post a contenuto didattico ed informativo cercando di inserire sempre un riferimento al prodotto che si sta per lanciare. L’unica regola da ricordare è che quei post hanno sempre e comunque lo scopo di insegnare, non quello di vendere il prodotto.
Alla fine di ogni post bisogna sempre inserire il form per iscriversi alla newsletter, in modo tale da ampliare il bacino dei potenziali clienti.

Barry sostiene che il numero perfetto per incuriosire il lettore e spingerlo a lasciare il proprio indirizzo e-mail è di tre post: se ce ne vogliono di più probabilmente i post non sono abbastanza ricchi di contenuto.

5) Stay in touch

Bisogna restare in costante contatto con gli iscritti alla mailing list: se li si trascura, è probabile che si dimenticheranno del prodotto.
Barry raccomanda di fare molta attenzione a questo aspetto, definendo la sua mailing list (che conta oltre 7.000 contatti) il suo bene più prezioso.

6) La sequenza di lancio

Ciò che è stato detto finora è precedente al momento del lancio: Barry passa a questo punto a spiegare cosa fare nel momento in cui si è pronti a mettere il prodotto sul mercato.

Bisogna seguire una sequenza ben precisa: comunicare agli iscritti della mailing list tutti i dettagli del lancio, facendo in modo che siano tutti a conoscenza del momento in cui il prodotto sarà in vendita.
Barry spiega che è molto importante che i potenziali acquirenti siano ben informati, per evitare che siano impreparati al momento dell’effettivo acquisto (potrebbero rimandarlo, o addirittura rinunciarvi).

Riguardo ai contenuti delle ultime mail, Barry sostiene l’importanza di comunicare con i potenziali clienti con un tono amichevole, come se stessimo dando un consiglio ad un amico.

7) Il giorno del lancio

Ultimo consiglio di Barry: inviare una mail per comunicare che il prodotto è sul mercato ed è finalmente possibile acquistarlo. Basta un messaggio semplice e diretto, per arrivare allo scopo finale: far visitare agli iscritti la sales page del sito.

Infine, Barry consiglia di prendersi un po’ di tempo per contattare tutti coloro che hanno reso possibile il lancio del prodotto e ringraziarli dell’aiuto.

E adesso che il prodotto è sul mercato? Ecco l’ultimo consiglio di Barry: “Then, take a break from the computer. You’ll need it.”

Napoli, 04 luglio 2013