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Tag: interviste

The Startup Framework: sei passi per convalidare il prodotto senza investire capitale

Mitchell Harper è CEO di Capital H Labs, startup studio che si occupa di prodotti e strumenti utili alle nuove aziende nel loro percorso di crescita, ed è co-founder di Bigcommerce, startup fondata nel 2009 che conta oggi oltre 100.000 clienti e 500 dipendenti. Sul portale Medium ha recentemente pubblicato i suoi consigli per le startup, con particolare riferimento ad un framework in 6 fasi da utilizzare allo scopo di convalidare l’idea prima di iniziare ad investire denaro nel progetto.

Secondo Harper, sono essenzialmente due le attività da svolgere in una startup prima di lanciare il prodotto:

1) validare il bisogno del prodotto,
2) creare un prodotto che risponda al bisogno riscontrato.

La validazione del prodotto è essenziale per una startup: senza un’adeguata validazione del prodotto rispetto al mercato di riferimento, infatti, si rischia di ritrovarsi tra le mani un prodotto per il quale nessuno sarà disposto a pagare. Ciò significa bruciare un sacco di risorse in termini di tempo, lavoro e denaro, per non parlare degli strascichi che il team porta addosso dopo un fallimento.

Ecco perchè il team di Harper ha realizzato un vero e proprio framework, un canovaccio di attività da seguire ed implementare prima di investire anche un solo euro in una startup: vediamo quali sono le fasi che lo compongono.

FASE 1 – Identificare il problema, non la soluzione

Lo scopo è quello di riuscire a spiegare in maniera chiara ed articolata un problema che si verifica regolarmente per voi e/o per gli altri. Attenzione: in questa fase occorre concentrarsi esclusivamente sul problema, la soluzione sarà in un secondo momento.
Bisogna riuscire a descrivere il problema in una frase, più semplice possibile, ad esempio:

– Non è possibile continuare a mantenere un contatto con la clientela una volta che lasciano il ristorante;
– La progettazione grafica di qualità professionale per i social media è troppo difficile.

In conclusione, si avrà l’idea solo quando si sarà in grado di articolare il problema in una frase unica, semplice ed efficace.

FASE 2 – Determinare se si tratta o meno di un problema di primo livello

Identificare i problemi è piuttosto semplice, ce ne sono ovunque: ciò che davvero una startup deve riuscire a fare è identificare un problema “di primo livello”. Per problema di primo livello si intende che quello che si sta cercando di risolvere rappresenta uno dei tre problemi più importanti che i potenziali clienti stanno vivendo.

Prendiamo, ad esempio, il caso in cui il nostro cliente target sia il CEO di una piccola impresa. I primi cinque problemi del target di riferimento potrebbero essere i seguenti:

1. Generare più vendite
2. Far funzionare in maniera efficiente il marketing (assumere un responsabile marketing)
3. Esternalizzare (outsurcing) il payroll ed i benefit
4. Migliorare la product selection
5. Avviare una campagna social efficiente, investendo in Facebook Ads

Se la nostra startup sta cercando di lanciare sul mercato un social media tool, è evidente che il CEO di una piccola impresa non dovrebbe essere il suo target di riferimento: il problema dei social media, infatti, non è tra i primi tre della sua lista, bensì si trova al quinto posto. I CEO di una piccola impresa saranno, quindi, troppo impegnati a risolvere i primi tre problemi per interessarsi sufficientemente al prodotto della startup in questione.

Questo ragionamento è spesso difficile da accettare per i founder di una startup, che sono convinti di avere il miglior prodotto possibile da offrire: la verità è che bisogna identificare il proprio target in maniera più efficace, costruendo un vero e proprio profilo/base di chi è interessato ad acquistare il prodotto. Ad esempio, identificando le dimensioni dell’azienda, il ruolo, la localizzazione ed il settore di riferimento.

Una volta costruito il profilo-base del potenziale cliente target, è utile costruire una lista di almeno 20 persone che soddisfano i requisiti (ad esempio, basandosi sui profili LinkedIn). A questo punto, occorre inviare un messaggio ad ognuno dei nomi presenti nella lista per proporre una breve chiamata conoscitiva, allo scopo di effettuare una ricerca di mercato.

Quando si scrive il messaggio occorre tenere ben presenti alcuni brevi ed efficaci consigli offerti da Harper: essere brevi e andare dritti al punto, specificare il giorno e l’ora in cui si vuole effettuare la chiamata, costruire una lista di almeno 3 volte il numero di persone che si desidera effettivamente intervistare.

Una volta giunti a questo punto, si avrà a disposizione una lista di potenziali clienti che realmente vivono il problema identificato: si può dunque procedere con le interviste, che dovranno essere costruite in modo tale da convalidare alcuni elementi.

Al termine delle interviste dovranno essere ben chiari i seguenti punti:

1. Il modo in cui si sperimenta il problema
2. Quanto è effettivamente sentito il problema (è un problema di livello 1?)
3. Come cercano di risolvere il problema attualmente
4. Sarebbero disposti a pagare per una soluzione?

FASE 3 – Identificare correttamente le soluzioni attualmente esistenti

Tra le informazioni di cui si dispone dopo aver effettuato le interviste, ci sarà un’idea ben chiara del modo in cui attualmente è possibile risolvere il problema. Ad esempio, gli intervistati potrebbero nominare specifici prodotti o aziende a cui fanno riferimento. A tal proposito, l’autore mette in guardia da un possibile e diffuso errore in fase di intervista: non bisogna chiedere nello specifico “quale prodotto utilizza al momento per affrontare il problema?”, ma mantenersi su un generico “in che modo affronta il problema attualmente?”.

Solitamente, una startup cercherà di risolvere un problema che già altre aziende provano a risolvere: ciò può accadere in un mercato abbastanza grande, con un problema di livello 1 che almeno un concorrente attualmente risolve in maniera efficace (ciò può significare che esiste traction, che ha raccolto fondi, che è in attività da alcuni anni, che è in fase di crescita, etc).

Se non esiste nessuno che sta cercano di risolvere quello specifico problema, invece, bisogna fare attenzione: nella maggior parte dei casi significa che non esiste un mercato di riferimento, o che non è abbastanza grande da giustificare un investimento.

FASE 4 – Cercare i difetti delle soluzioni esistenti

Che ci siano o meno dei prodotti che attualmente risolvano in qualche modo il problema, lo step successivo consiste nel capire quali sono i difetti dell’attuale processo di soluzione del problema.

Se c’è già un prodotto concorrente, lo scopo deve essere quello di capire in che modo la nostra startup può riuscire ad offrire qualcosa di diverso e maggiormente efficace: non basta una semplice differenza, occorre che sia una differenza che rende la nostra soluzione migliore di quella dei concorrenti.

Se non c’è un prodotto concorrente vero e proprio, ma un processo composto da una serie di prodotti, servizi, modalità che gli intervistati utilizzano, è utile capire bene di cosa si tratta per capire quali siano i difetti di questo processo (tempi, complessità, costi, frustrazione).

Lo scopo finale della fase 4 è quello di riuscire ad articolare chiaramente in che modo la nostra soluzione è migliore rispetto agli attuali prodotti/processi utilizzati.

FASE 5 – Verificare se esiste un budget per la soluzione

Se esistono già dei prodotti concorrenti, è possibile osservare e studiare i loro dati in termini di traction: stanno crescendo rapidamente? Hanno un sufficiente volume di clienti? Hanno chiuso con successo operazioni di fund raising? Stanno assumendo personale?

Se ci sono dei segnali di crescita per i concorrenti, significa che questi ultimi hanno un buon prodotto, che sta generando entrate e per cui ci sono dei clienti disposti a pagare. Il che significa che qualcuno ha un budget assegnato per prodotti di questo tipo.

A questo punto può essere utile effettuare alcune interviste di follow-up (possono bastarne 10) per chiedere un parere sul prezzo che sarebbero disposti a pagare per una soluzione al problema che hanno dichiarato di vivere. Questa seconda tornata di chiamate potrebbe essere strutturata nel modo seguente:

ricapitolare il problema,
spiegare la nostra soluzione, focalizzandosi sul perché è migliore di quelle attuali,
chiedere quanto sarebbero orientativamente disposti a pagare per la nostra soluzione.

FASE 6 – Utilizzare le informazioni ottenute per stabilire una roadmap

Una volta identificato il problema, la soluzione, il potenziale mercato di riferimento, la concorrenza, il vantaggio competitivo e il prezzo è possibile prendere una decisione definitiva: avviare o meno una startup?

Se si decide di avviare una nuova impresa, è possibile compiere i successivi passi come la pianificazione del prodotto e la costruzione del MVP. Ma, nella definizione della sua roadmap con tutte le attività e gli obiettivi, la startup prenderà il via con il vantaggio essere riusciti a validare il prodotto senza aver investito capitale, grazie al framework proposto da Harper.

Per leggere il post originale: https://medium.com/swlh/the-startup-framework-to-validate-your-idea-before-you-spend-1-5c475a3bbd6f

Napoli, 09/10/2015

Startup Tips – Come ottenere l’attenzione della stampa per il tuo pitch

La scorsa settimana, in questo post del nostro blog, abbiamo affrontato il tema dei “Believers”: si tratta di coloro che credono nelle potenzialità di una nuova azienda e del suo prodotto, si raggruppano in sei “categorie” e la loro presenza è fondamentale per la crescita ed il successo di una startup.

Tra i Believers di una startup abbiamo elencato la stampa: oggi, attraverso un post firmato da Jerrid Grimm (co-founder di Pressboard) e pubblicato da Entrepreneur, scopriamo alcuni suggerimenti per portare una startup all’attenzione della stampa e per riuscire a trovare degli spazi dedicati al nuovo prodotto/servizio sui media.

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Secondo Grimm, infatti, dopo essersi concentrati sulle prime tre P nelle primissime fasi (prodotto, prezzo, placement) una startup deve iniziare ad occuparsi delle attività di promozione. Naturalmente, ottenere degli spazi sui media e sulla stampa è uno dei modi più efficaci per far parlare della startup e attrarre i primi, importantissimi clienti, indispensabili per convalidare il prodotto.

Molti founder di startup, in prima battuta, sono convinti che la copertura mediatica sia semplice da ottenere: basta mandare una semplice e-mail ad alcuni giornalisti di alto profilo per riuscire a farsi intervistare. Ma nella realtà le cose non sono così semplici. Prendendo spunto dalla propria esperienza di startupper, e dalle storie di altri founder, Grimm decide quindi assieme a Josh Catone (ex redattore di Mashable) di rivolgersi ad alcuni dei più importanti giornalisti, scrittori ed editori in campo tecnologico per chiedergli alcuni consigli utili su come rendere il pitch della propria startup interessante per la stampa.

La storia raccontata dal pitch deve essere interessante

Può sembrare ovvio, ma i giornalisti intervistati da Grimm e Catone dichiarano di ricevere centinaia di pitch ogni settimana, e solo l’1-2% di questi viene utilizzato per pubblicazioni e articoli. La domanda da porsi è: la tua storia è abbastanza unica da rientrare in questa piccola percentuale?

Per assicurarsi che la risposta sia sì, bisogna iniziare il pitch da ciò che rende la vostra startup (o il vostro prodotto) unica rispetto a tutte le altre.

Un altro test utile per capire se il pitch è davvero interessante per la stampa, è chiedersi se, mettendosi nei panni di un potenziale lettore o cliente, troveresti la storia abbastanza interessante da impiegare il tempo necessario a leggerla. Se si esita un po’, allora provare a rendere il pitch più interessante prima di inviarlo alla stampa è una buona idea.

La storia raccontata dal pitch deve sottolineare il ruolo delle persone, più che i numeri della startup

La prima cosa che un giornalista cerca in un pitch è l’aspetto umano: come dice Owen Thomas, redattore capo a ReadWhite, il pitch deve raccontare “una storia personale. Qualcosa di vero, che è realmente accaduto ad un essere umano”.

Le storie che riguardano persone sono decisamente più interessanti per la stampa, rispetto a numeri e dati. La narrazione di una storia personale sviluppa una relazione empatica ed emotiva con il giornalista e con i lettori.

Arrivare dritti al punto, e in fretta

Spesso l’oggetto della mail può essere l’unica cosa che un giornalista super impegnato riesce a vedere: quando si invia un pitch, quindi, è importante prestare attenzione a ciò che si scrive nel campo dedicato all’oggetto.
Riassumere l’intero pitch in poche parole è tutt’altro che semplice, ma è necessario imparare a farlo: se ci vogliono più di due frasi per arrivare al punto, il lettore avrà già perso interesse.

Rispondere rapidamente

Attenzione ad essere rapidi e disponibili nelle risposte: se si invia un pitch ad un giornalista, e si riceve da quest’ultimo una risposta per ulteriori dettagli, occorre essere rapidi e precisi. Il follow-up è fondamentale in un mondo come quello delle startup, in cui le notizie diventano rapidamente stantie.

Poiché è altamente improbabile che un giornalista riesca a scrivere un articolo basandosi esclusivamente sulla mail e il comunicato stampa inviatogli, occorre che la startup abbia una persona pronta a rispondere in maniera tempestiva ed esaustiva alle eventuali richieste di maggiori dettagli ed informazioni.

Ricordarsi che anche i giornalisti sono persone!

Molti dei giornalisti intervistati da Grimm e Catone sottolinea come il tempo e l’attenzione impiegati a costruire un rapporto con i giornalisti sia fondamentale per aumentare la possibilità di veder pubblicata la propria storia.

Inoltre, i founder di una startup devono sempre ricordare di personalizzare il pitch a seconda del destinatario: è importante conoscere il giornalista, il suo lavoro, le sue opinioni e la testata di riferimento, evitando messaggi e commenti superficiali che possono indispettire chi li riceve.

Per leggere il post originale: http://www.entrepreneur.com/article/249478

Napoli, 01/09/2015

La tua idea di startup avrà successo? Ecco 4 domande per scoprirlo prima possibile

Grace NG, co-founder di QuickMVP, ha firmato un recente, interessante articolo per startupper alle prese con le prime fasi di sviluppo dell’idea: si tratta di un post dedicato a 4 Early Indicators che possono aiutare i fondatori di una startup a capire in tempi piuttosto precoci se la business idea a cui stanno lavorando potrà avere successo.

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In sostanza, l’autrice sostiene che è possibile analizzare le potenzialità di un’idea innovativa di impresa rispondendo ad alcune domande:

1) Quanto è grande il problema?
2) Quanti consumatori sarebbero disposti a pagare per la tua soluzione?
3) A quanto ammonta il costo di acquisizione di ciascun cliente?
4) Quanto è grande il mercato? Quanto è accessibile?

Il primo punto su cui focalizzare la propria attenzione è capire se si sta risolvendo un problema reale e per chi. Se i founder hanno già un’idea su chi potrebbero essere i potenziali clienti della startup, ottenuta da interazioni precedenti, bisogna adoperarsi per intervistarli.
Parlare con i potenziali clienti (di persona o al telefono) e porgli poche e semplici domande consente di capire meglio come è possibile venire incontro alle loro esigenza. Per condurre delle interviste efficaci è importante la pratica, e bisogna tener presente che interpretare dati di tipo qualitativo può essere molto soggettivo. Una soluzione utile a tal proposito è quello di impostare le interviste con risposte a punteggio, in maniera tale da riuscire a quantificare i risultati e prendere più velocemente delle decisioni sulla base dei punteggi ottenuti.

Se non si è sicuri di chi siano i potenziali clienti, o se il team ha alcune idee da testare rapidamente, è utile invece iniziare con una landing page. Sarà possibile intervistare le persone dopo che si saranno iscritte. Da questo punto di vista è utile inserire un “price point” nella landing page e usufruire di Google Adwords, per assicurarsi di guidare alla pagina visitatori mirati, che siano quindi parte del nostro target di riferimento. Lo scopo finale di quest’attività è quello di ottenre un tasso di conversione compreso tra il 10 e il 15%, per capire come procedere nello sviluppo dell’idea. Un ulteriore suggerimento utile è quello di testare diverse fasce di prezzo, per identificare il valore di un consumatore ancor prima di procedere alla creazione del business.

Una volta superato il secondo step, sapremo se le persone sono disposte a pagare per il nostro prodotto. A questo punto occorre passare al terzo punto: calcolare il costo di acquisizione di ciascun cliente. Per questo calcolo è utile utilizzare gli annunci a pagamento: la formula di calcolo del costo di acquisizione è infatti “Totale speso per gli annunci / n° di conversioni sulla landing page“.
Un business sostenibile è quello in cui il costo di acquisizione di un cliente è significativamente inferiore a quello che i clienti pagano per acquistare il prodotto/servizio.

Infine, bisogna calcolare le dimensioni del mercato. Questo è un punto da non sottovalutare, visto che molte startup falliscono proprio perchè non riescono ad acquisire un numero di clienti rilevante.
Per farsi una prima idea della dimensione del mercato, i founder possono guardare i volumi di ricerca di keywords rilevanti su Google. L’ideale sarebbe riuscire a trovare “keywords uncompetitive” (non concorrenziali) con elevato volume di ricerca, in modo da poter raggiungere un grande mercato a costi poco elevati. Se le parole chiave sono popolari, ma “competitive”, significa che la startup si sta affacciando ad un mercato saturo e sarà difficile trovare il proprio spazio.

Per leggere il post originale: http://www.inc.com/grace-ng/4-early-indicators-your-startup-idea-can-succeed.html

Napoli, 22/07/2015

Consigli alle startup: come implementare un’efficace strategia di PR fin dalle prime fasi di attività

Shana Starr è Managing Partner presso la LFPR, società di comunicazione globale che si occupa di consulenza in materia di public relations nel settore sanitario, tecnologico e finanziario. Di recente, Entrepreneur ha pubblicato un suo articolo dedicato al tema delle public relations per le startup, nel quale l’autrice offre alcuni consigli ai founder per gestire al meglio questa delicata attività del business.

Le public relations sono infatti un’attività centrale per qualsiasi azienda, ma diventano a maggior ragione di fondamentale importanza in una startup che, all’inizio del suo percorso, deve impegnarsi a fondo per far conoscere il brand, ottenere l’attenzione dei media e guadagnare punti in termini di riconoscibilità e diffusione.

Esistono però delle strategie utili che una startup può adoperare nelle public relations, che Shana Starr elenca nel modo seguente:

1) Be Ready (State pronti)

Il primo passo è essere pronti: se il prodotto non è ancora nella sua versione migliore, non sarà possibile ricevere buone recensioni e difficilmente la stampa parlerà bene di voi. Non c’è niente di peggio, secondo l’autrice, che una cattiva pubblicità da parte dei media: occorre quindi assicurarsi di essere davvero pronti prima di implementare una strategia di public relations.

2) Stabilite la vostra identità

Prima di dire al mondo chi sei, occorre assicurarsi di saper rispondere a questa domanda. Per stabilire l’identità della propria startup, occorre porsi alcune domande: Quali sono i vostri valori? In cosa consiste esattamente la vostra cultura aziendale? Cosa vi differenzia dai concorrenti? State facendo qualcosa che nessun altro ancora fa? Cosa vi rende unici?
Le risposte a queste domande forniscono la precisa identità di una startup: se non siete sicuri delle risposte, è possibile chiedere agli altri come vi vedono. Anzi, può essere molto utile porre queste domande a più persone e prendere nota delle risposte. Se ci sono troppe risposte diverse, vuol dire che la startup ha qualche problema: bisogna risolvere il problema di identità prima di passare allo step successivo, ossia prima di poter raccontare la vostra storia.

3) Condividete la vostra storia

Imparare a comunicare al meglio la storia della propria startup è parte integrante dell’attività di public relations. Dopo aver stabilito la propria identità, è necessario iniziare a lavorare sulla storia, sul racconto della propria startup. Avere una storia da condividere consente alla startup di distinguersi agli occhi dei media, di potenziali investitori e del target di riferimento: diventa quindi fondamentale raccontare chi siete e come avete iniziato.
Lo storytelling consente non soltanto di arrivare più facilmente ai potenziali clienti, ma renderà molto più difficile che le persone si dimentichino di voi.
La storia della startup andrà diffusa sui social, nelle newsletter, durante le interviste, in tutte le opportunità che i founder avranno di parlare in pubblico.

4) Assicuratevi di che il CEO abbia visibilità

Il CEO o il founder di una startup è il portavoce dell’azienda, e svolge pertanto un ruolo fondamentale nel plasmare l’immagine della società, del brand, della cultura. Per questo motivo, lui (o lei) devono essere accessibili, visibili al pubblico: ciò si traduce in una presenza attiva sui social, un rapporto positivo con i media e la capacità di condividere al meglio la storia della startup. La visibilità del CEO consente di accrescere la credibilità e la leadership nel settore, e aiuta anche in termini di networking, rendendo più facile avvicinare le persone giuste per espandere il business.

5) Non sottovalutate l’importanza dei social media

Posizionare il brand in modo che sia al di sopra dei concorrenti è un lavoro impegnativo, lungo e che comprende molte attività differenti. Tra queste, non bisogna mai sottovalutare l’importanza di una strategia social, per rappresentare al meglio il brand, la cultura e i valori della vostra startup.
Secondo Shana Starr la strategia social è fondamentale fin dalle primissime fasi di attività dell’azienda: implementarla in fase early stage significa costruire la propria identità e credibilità nel settore di riferimento, avere la possibilità di raccontare la propria storia e identificare il CEO come opinion leader.
Bisogna quindi dedicare il tempo necessario ai social, impegnarsi direttamente nelle relazioni con fans e followers, rispondere alle domande, condividere informazioni e coinvolgere la community nelle conversazioni.

6) Assumete qualcuno se avete bisogno di aiuto

Nelle fasi iniziali di startup può essere difficile attuare delle forti strategie di public relations: il consiglio dell’autrice è quello di assumere, se necessario, un professionista del settore. La persona scelta per ricoprire il ruolo deve essere entusiasta del progetto, del prodotto o servizio offerto, della vision aziendale: in questo modo, sarà in grado di comunicare in maniera davvero efficace la startup all’esterno. Un professionista del settore PR, quindi, sarà in grado di mettere in atto in maniera ottimale tutti gli step elencati, assicurando una strategia di PR che sia veramente utile alla startup.

Per leggere il post originale di Shana Starr: http://www.entrepreneur.com/article/235339

Napoli, 24/07/2014

Go Global Now! – Tre startup del CSI – Incubatore Napoli Est selezionate per Startup EXPO @ Naples

Si sta svolgendo in questi giorni a Napoli l’evento internazionale dedicato all’ecosistema startup “Go Global Now!”: dopo i primi due giorni (10 e 11 maggio) dedicati al MtB BootCamp, le giornate di oggi e domani vedranno il susseguirsi di sessioni dedicate a importanti temi ed iniziative legati al panorama dell’imprenditoria innovativa (qui, il nostro post dedicato alle iniziative in programma).

La mattinata di oggi è stata dedicata a Entrepreneurship 360°, un momento di incontro e diffusione delle Best Practices nell’ecosistema startup a livello globale, cui hanno partecipato con un intervento sul tema dell’innovazione e dei modelli di sviluppo innovativi anche il sindaco di Napoli Luigi De Magistris e l’assessore al Lavoro e alle Attività Produttive del Comune di Napoli Enrico Panini.

Anche le startup del CSI – Centro Servizi Incubatore Napoli Est partecipano all’evento: in particolare, sono tre i progetti selezionati per la sessione dedicata a Startup EXPO @ Naples.
Artrooms, Nettronix (Sleeping Volcano Entertainment) e Pushapp (con Appetitoo) sono infatti state selezionate tra le venti startup campane che già da questa mattina hanno la possibilità di esporre il proprio rollup nell’area dedicata al networking.

Inoltre, domani pomeriggio i team selezionati per Startup EXPO @ Naples realizzeranno delle video interviste e presenteranno il proprio pitch ai mentor di Mind The Bridge, ricevendo importanti feedback per il miglioramento del business model.

goglobalnow

Napoli, 12/05/2014