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Tag: effetti

Social media, brand, influencer e metriche: alcuni consigli per startup e imprese alle prese con le campagne di marketing

Il marketing delle startup e delle nuove imprese si basa in larga parte su campagne social: a differenza di quanto accadeva in passato, quando le campagne di marketing erano incentrate su media “tradizionali” come la stampa, la TV, la radio, i volantini, i manifesti e i cartelloni pubblicitari, le campagne di social media marketing danno la possibilità alle aziende di misurare i risultati ottenuti, a patto di saper utilizzare correttamente i dati e le metriche.

Sull’argomento delle metriche per la misurazione dei risultati di una campagna di social media marketing, Danny Brown (autore di interessanti testi tra cui “Influence Marketing: How to Create, Manage and Measure Brand Influencers in Social Media Marketing” e “The Parables of Business“) ha pubblicato di recente un interessante post sul suo blog dal titolo “Six Easy Metrics to Measure an Influence Marketing Campaign”.

I social media hanno cambiato totalmente le attività di misurazione degli effetti di una campagna di marketing: hanno reso infatti possibile ottenere campagne estremamente mirate, e le piattaforme consentono di misurare i contenuti e le connessioni garantendo un elevato ROI. Per questi motivi, afferma Brown, i social media sono diventati uno strumento imprescindibile per qualsiasi imprenditore “smart”.

I due parametri fondamentali che Brown utilizza per misurare l’influenza di una campagna di marketing sono: Brand Metric e Influence Metric. Per ciascun parametro occorre misurare e analizzare elementi differenti.

BRAND METRIC

Innanzitutto occorre misurare la metrica “Investment”, ossia il costo pre-campagna per la ricerca degli influencer da raggiungere. Il primo passaggio fondamentale è quello di identificazione di Micro e Macro Influencer, poi bisogna stabilire quanto costa portare a compimento l’intera campagna e utilizzare tali valori come un vero e proprio “barometro” per capire il ritorno (in termini finanziari e di consapevolezza del brand) che la campagna ha ottenuto.

La seconda metrica è quella definita dall’autore come “Resources”, che si differenzia dalla precedente perchè non è finalizzata su aspetti essenzialmente monetari bensì sui costi in termini di lavoro e formazione (quanti dipendenti sono necessari e per quante ore, quanto tempo occorre per raggiungere ed informare ciascun influencer riguardo al brand, al prodotto e alla mission aziendale).

Terza e ultima metrica da considerare per la Brand Metric è il costo definito da Brown “Product”: per una campagna di brand marketing efficace, occorre infatti offrire al pubblico e agli influencer la possibilità di testare il prodotto. L’azienda deve quindi predisporre dei campioni gratuiti di prodotto, o delle demo (in caso di software). L’azienda deve quindi tenere in considerazione i costi di questi prodotti “di prova”, compresi eventuali costi sostenuti per inviare i campioni agli influencer.

INFLUENCER METRIC

Anche in questo caso, possiamo suddividere la metrica in tre aree chiave: la prima di queste è definita dall’autore “Ratio”, e riguarda la misurazione delle reazioni degli influencer alla campagna in termini qualitativi. Porre l’accento sull’aspetto qualitativo è fondamentale per ottenere informazioni utili all’azienda, soprattutto quando la community di riferimento è molto numerosa e si rischia di disperdere i risultati in un database tanto ampio quanto sterile.

Un altro aspetto da tenere in considerazione è quello chiamato da Brown “Sentiment”, che riguarda la percezione della campagna da parte del pubblico. Le metriche relative alla percezione consentono all’azienda di capire come il target percepisce il messaggio della campagna, il prodotto, il brand nel suo complesso. Inoltre, può essere di grande aiuto per identificare quali parti del messaggio modificare e a quali target rivolgersi in futuro.

Infine, Brown analizza la metrica “Effect”: ciò che definisce il barometro più prezioso per indicare se la campagna ha funzionato o meno, rappresentato dagli effetti che il messaggio ha comportato negli influencer.
Per misurare gli effetti è possibile lavorare innanzitutto in termini di consapevolezza del brand: tra gli aspetti da monitorare, ritroviamo il traffico generato dalla pagina web, quante volte il marchio o il prodotto è stato menzionato, quanti nuovi fan o seguaci la nostra pagina ha raggiunto sui social network, quanti nuovi iscritti alla newsletter o al blog.

L’articolo di Brown si conclude con alcune linee guida su come utilizzare le metriche una volta raccolti i dati: le informazioni ottenute vanno infatti analizzate e monitorate per essere davvero utili al business. Secondo l’autore, a questo punto tutto dipende dagli aspetti che interessano all’azienda.

E’ possibile che l’azienda sia maggiormente interessata alla consapevolezza del brand: in tal caso investirà maggiormente nelle piattaforme da cui è stato ottenuto il maggior ritorno, e nel frattempo si impegnerà a capire quali sono le nuove piattaforme in cui è possibile investire in futuro.

Ancora, è possibile che l’azienda sia interessata soprattutto ad incrementare le vendite: in tal caso i dati risultanti dalla campagna di social marketing saranno utilizzati per la costituzione di partnership strategiche sulla base degli interessi, delle esigenze e delle connessioni degli influencer.

In ogni caso, il consiglio è quello di determinare accuratamente l’obiettivo finale per tracciare un percorso che identifichi le tappe e le relative metriche da utilizzare, in modo tale da ottenere i migliori risultati da ciascuna campagna di social media marketing.

Per leggere il post originale: http://dannybrown.me/2014/06/03/six-easy-metrics-to-measure-an-influence-marketing-campaign/

Napoli, 16/07/2014

Fallimento e insolvenza delle imprese UE: la Raccomandazione della Commissione Europea per gli Stati Membri

Quando si parla di startup e PMI, il tema del fallimento dell’impresa e dell’insolvenza è di centrale interesse: può capitare spesso che una nuova impresa, a maggior ragione innovativa, si assuma dei forti rischi quando lancia il proprio prodotto e/o servizio sul mercato.

Sui temi in questione è intervenuta di recente la Commissione Europea, con la Raccomandazione del 12/03/2014 “su un nuovo approccio al fallimento delle imprese e all’insolvenza”: il documento nasce con due obiettivi.
Il primo è garantire alle imprese sane in difficoltà finanziaria la possibilità di accedere ad un quadro nazionale in materia di insolvenza che possa permettere una rapida e precoce ristrutturazione; il secondo è dare agli imprenditori onesti che falliscono una seconda opportunità.

La Commissione Europea motiva la scelta di prevedere una specifica Raccomandazione in materia di insolvenza e fallimento per dare una certa omogeneità al quadro normativo esistente: le norme nazionali all’interno dell’Unione sono infatti piuttosto differenti, sia in termini di procedure, sia relativamente alle fasi della vita dell’impresa in cui le procedure possono essere applicate.

Secondo la Commissione, tali disparità nei quadri normativi nazionali comportano costi aggiuntivi ed incertezza nella valutazione dei rischi quando di tratta di offrire una seconda opportunità agli imprenditori, soprattutto se tale opportunità può essere offerta da uno Stato membro diverso da quello in cui il fallimento ha avuto luogo. Inoltre, la disomogeneità delle normative causa una frammentazione nel quadro delle condizioni di accesso al credito e comporta difficoltà alle imprese che vogliano adottare dei piani di ristrutturazione. Infine, le differenze tra i quadri normativi nazionali spesso scoraggia le imprese che vogliano stabilirsi in altri Stati membri.

Creare un approccio condiviso a livello comunitario sui temi del fallimento e dell’insolvenza aiuterebbe a risolvere queste problematiche, e avrebbe effetti positivi sul sistema economico anche in termini di mantenimento dei posti di lavoro. In particolare, la Commissione Europea sottolinea come un quadro normativo condiviso possa portare grossi vantaggi alle piccole e medie imprese, che spesso non dispongono di risorse ingenti da impegnare nella ristrutturazione.

La Raccomandazione adottata dalla Commissione Europea prevede quindi, come accennato, un duplice obiettivo (“incoraggiare gli Stati membri a istituire un quadro giuridico che consenta la ristrutturazione efficace delle imprese sane in difficoltà finanziaria” e “dare una seconda opportunità agli imprenditori onesti”).

Con il raggiungimento di tale duplice obiettivo, la Commissione Europea conta di ridurre alcuni degli ostacoli al buon funzionamento del mercato interno e, in particolare:

a) diminuire i costi della valutazione dei rischi connessi agli investimenti in un altro Stato membro;
b) aumentare i tassi di recupero del credito;
c) eliminare le difficoltà di ristrutturazione dei gruppi transfrontalieri di imprese.

La Raccomandazione si suddivide in quattro parti. In particolare, sono la terza e la quarta parte quelle maggiormente interessanti per startup e imprese: la III parte è dedicata al “Quadro di ristrutturazione preventiva” e la IV parte è dedicata alla “Seconda opportunità agli imprenditori”.

Riguardo al “Quadro di ristrutturazione preventiva”, i punti fondamentali sui quali si concentra la Raccomandazione sono i seguenti:

1) Disponibilità di un quadro di ristrutturazione preventiva cui l’impresa possa accedere per evitare l’insolvenza. Tale quadro dovrebbe prevedere una procedura di ristrutturazione in fase precoce, dovrebbe consentire all’imprenditore di mantenere il controllo della gestione corrente e di chiedere una sospensione temporanea delle azioni esecutive individuali, dovrebbe essere vincolante per tutti i creditori. Inoltre, i nuovi finanziamenti necessari per attuare il piano di ristrutturazione non dovrebbero essere dichiarati nulli o essere annullabili. Infine, la procedura di ristrutturazione dovrebbe essere breve, poco costosa e flessibile in modo tale da limitare al massimo i casi in cui sia necessario il ricorso al giudice.

2) Agevolare i negoziati sui piani di ristrutturazione, attraverso la possibilità di nominare un mediatore e/o un supervisore per gestire al meglio le attività previste dal piano di ristrutturazione. L’agevolazione del piano di ristrutturazione dovrebbe passare anche attraverso la sospensione delle azioni esecutive individuali e della procedura di insolvenza, nel caso in sui potrebbero ostacolare l’adozione del piano di ristrutturazione. La Commissione Europea, su questo punto, specifica che tale sospensione andrebbe revocata qualora non necessaria a facilitare l’adozione del piano.

3) Piano di ristrutturazione: contenuti, adozione, omologazione, diritti dei creditori ed effetti del piano. La Raccomandazione sottolinea l’importanza di stabilire procedure e disposizioni chiare all’interno degli Stati membri per permettere un’adozione precoce e semplice del Piano di ristrutturazione.
Riguardo ai contenuti, è importante ad esempio identificare in maniera chiara e completa i creditori. L’adozione del piano dovrebbe essere il più efficace possibile, specificando le varie classi di creditori dell’impresa. L’omologazione del piano da parte del giudice dovrebbe inoltre garantire che il piano sia vincolante. I creditori hanno il diritto di essere informati dell’adozione e dei contenuti del piano di ristrutturazione.

Riguardo, invece, alla “Seconda opportunità agli imprenditori”, la Raccomandazione dedica spazio ai così detti “Termini di riabilitazione”, partendo dal presupposto che sarebbe opportuno limitare più possibile gli effetti negativi del fallimento sull’imprenditore. Ad esempio, quest’ultimo dovrebbe essere ammesso al beneficio della liberazione integrale dai debiti del fallimento dopo massimo tre anni dalla domanda di apertura della procedura di fallimento o, in caso di piano di ammortamento, dalla data di attuazione di tale piano.
Naturalmente tale procedura di liberazione integrale dai debiti non è applicabile in tutti i casi: si escludono infatti gli imprenditori che hanno agito in modo disonesto o in mala fede e quelli che non aderiscono al piano di ammortamento.

La Commissione Europea invita gli Stati membri dell’Unione ad attuare i principi contenuti nella Raccomandazione del 12/03/2014 “su un nuovo approccio al fallimento delle imprese e all’insolvenza” entro 12 mesi dalla pubblicazione del documento.

Per leggere la Raccomandazione della Commissione Europea: http://ec.europa.eu/justice/civil/files/c_2014_1500_it.pdf

Napoli, 15/07/2014