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Tag: identità

Consigli alle startup: come implementare un’efficace strategia di PR fin dalle prime fasi di attività

Shana Starr è Managing Partner presso la LFPR, società di comunicazione globale che si occupa di consulenza in materia di public relations nel settore sanitario, tecnologico e finanziario. Di recente, Entrepreneur ha pubblicato un suo articolo dedicato al tema delle public relations per le startup, nel quale l’autrice offre alcuni consigli ai founder per gestire al meglio questa delicata attività del business.

Le public relations sono infatti un’attività centrale per qualsiasi azienda, ma diventano a maggior ragione di fondamentale importanza in una startup che, all’inizio del suo percorso, deve impegnarsi a fondo per far conoscere il brand, ottenere l’attenzione dei media e guadagnare punti in termini di riconoscibilità e diffusione.

Esistono però delle strategie utili che una startup può adoperare nelle public relations, che Shana Starr elenca nel modo seguente:

1) Be Ready (State pronti)

Il primo passo è essere pronti: se il prodotto non è ancora nella sua versione migliore, non sarà possibile ricevere buone recensioni e difficilmente la stampa parlerà bene di voi. Non c’è niente di peggio, secondo l’autrice, che una cattiva pubblicità da parte dei media: occorre quindi assicurarsi di essere davvero pronti prima di implementare una strategia di public relations.

2) Stabilite la vostra identità

Prima di dire al mondo chi sei, occorre assicurarsi di saper rispondere a questa domanda. Per stabilire l’identità della propria startup, occorre porsi alcune domande: Quali sono i vostri valori? In cosa consiste esattamente la vostra cultura aziendale? Cosa vi differenzia dai concorrenti? State facendo qualcosa che nessun altro ancora fa? Cosa vi rende unici?
Le risposte a queste domande forniscono la precisa identità di una startup: se non siete sicuri delle risposte, è possibile chiedere agli altri come vi vedono. Anzi, può essere molto utile porre queste domande a più persone e prendere nota delle risposte. Se ci sono troppe risposte diverse, vuol dire che la startup ha qualche problema: bisogna risolvere il problema di identità prima di passare allo step successivo, ossia prima di poter raccontare la vostra storia.

3) Condividete la vostra storia

Imparare a comunicare al meglio la storia della propria startup è parte integrante dell’attività di public relations. Dopo aver stabilito la propria identità, è necessario iniziare a lavorare sulla storia, sul racconto della propria startup. Avere una storia da condividere consente alla startup di distinguersi agli occhi dei media, di potenziali investitori e del target di riferimento: diventa quindi fondamentale raccontare chi siete e come avete iniziato.
Lo storytelling consente non soltanto di arrivare più facilmente ai potenziali clienti, ma renderà molto più difficile che le persone si dimentichino di voi.
La storia della startup andrà diffusa sui social, nelle newsletter, durante le interviste, in tutte le opportunità che i founder avranno di parlare in pubblico.

4) Assicuratevi di che il CEO abbia visibilità

Il CEO o il founder di una startup è il portavoce dell’azienda, e svolge pertanto un ruolo fondamentale nel plasmare l’immagine della società, del brand, della cultura. Per questo motivo, lui (o lei) devono essere accessibili, visibili al pubblico: ciò si traduce in una presenza attiva sui social, un rapporto positivo con i media e la capacità di condividere al meglio la storia della startup. La visibilità del CEO consente di accrescere la credibilità e la leadership nel settore, e aiuta anche in termini di networking, rendendo più facile avvicinare le persone giuste per espandere il business.

5) Non sottovalutate l’importanza dei social media

Posizionare il brand in modo che sia al di sopra dei concorrenti è un lavoro impegnativo, lungo e che comprende molte attività differenti. Tra queste, non bisogna mai sottovalutare l’importanza di una strategia social, per rappresentare al meglio il brand, la cultura e i valori della vostra startup.
Secondo Shana Starr la strategia social è fondamentale fin dalle primissime fasi di attività dell’azienda: implementarla in fase early stage significa costruire la propria identità e credibilità nel settore di riferimento, avere la possibilità di raccontare la propria storia e identificare il CEO come opinion leader.
Bisogna quindi dedicare il tempo necessario ai social, impegnarsi direttamente nelle relazioni con fans e followers, rispondere alle domande, condividere informazioni e coinvolgere la community nelle conversazioni.

6) Assumete qualcuno se avete bisogno di aiuto

Nelle fasi iniziali di startup può essere difficile attuare delle forti strategie di public relations: il consiglio dell’autrice è quello di assumere, se necessario, un professionista del settore. La persona scelta per ricoprire il ruolo deve essere entusiasta del progetto, del prodotto o servizio offerto, della vision aziendale: in questo modo, sarà in grado di comunicare in maniera davvero efficace la startup all’esterno. Un professionista del settore PR, quindi, sarà in grado di mettere in atto in maniera ottimale tutti gli step elencati, assicurando una strategia di PR che sia veramente utile alla startup.

Per leggere il post originale di Shana Starr: http://www.entrepreneur.com/article/235339

Napoli, 24/07/2014

Il branding e la relazione con il cliente: i consigli a startup e imprese per ottenere dei “Die-Hard Followers”

Luke Summerfield è responsabile dell’Inbound Marketing a Savvy Panda, agenzia specializzata in consulenza aziendale che lavora ogni giorno per costruire casi di successo di imprese non profit, e-commerce e tecnologiche.
Un suo interessante post, pubblicato qualche giorno fa da Entrepreneur, è dedicato al tema del Branding e a come sia possibile costruire un marchio che riesca ad attrarre i cosiddetti “Die-Hard Followers”, ossia delle community di seguaci “irriducibili” che diffondono la cultura del marchio.

Nel suo post, Luke Summerfield cerca proprio di spiegare come è possibile per un brand strategist costruire una community in cui siano presenti e numerosi i Die-Hard Followers: punto di partenza dell’autore è spiegare esattamente cosa si intende con la parola “Branding”.

Il Branding è il processo attraverso il quale si formano ricordi, emozioni e una vera e propria relazione tra il marchio e il cervello del consumatore. Obiettivo di una strategia dedicata al brand è quello di costruire tale relazione in modo tale che il legame sia talmente forte da far assumere al consumatore l’identità del marchio come se fosse la sua. Il brand deve diventare lo strumento del quale il cliente si serve per aiutare se stesso a definirsi come individuo.

Un esempio di grande successo nel branding è Harley Davidson: sono stati capaci di costruire una relazione così forte con i clienti che molti di loro si fanno chiamare “Harley Rider”, si vestono con abbigliamento e accessori del marchio e sono addirittura disposti a tatuarlo in maniera permanente sulla pelle.

Creare relazioni di questo tipo non è assolutamente semplice ed è un processo che richiede molto tempo: tuttavia, Summerfield suggerisce alcune strategie utili per iniziare a sviluppare con i propri clienti delle relazioni tali da trasformare questi ultimi in veri e propri sostenitori del brand.

1) “Brandizzare” i propri clienti: una delle azioni più potenti per creare un brand “potente” è partire da tutti i dipendenti e i clienti, promuovendo il proprio marchio come un simbolo di appartenenza ad una “tribù” molto esclusiva. In questo processo è fondamentale creare nel cliente la sensazione di essere coinvolti in qualcosa di grande, di importante che li rende migliori per il solo fatto di farvi parte.

Savvy Panda, ad esempio, invia ad ogni nuovo cliente un dono di benvenuto con adesivi, gadget, e un panda di peluche.

2) Praticare atti casuali di gentilezza: si tratta di impostare dei veri e propri programmi di “random acts of kindness”, offrendo ai clienti qualcosa di inaspettato: si tratta di un modo per scatenare una profonda emozione nel cliente. Ad esempio, è possibile individuare i clienti più attivi ed inviare loro un omaggio, specificando che lo ricevono proprio perchè sono tra i clienti migliori dell’azienda.

Un’altra possibilità è quella di individuare gli influencers nella community dei clieni e offrirgli la possibilità di visitare l’azienda per conoscere chi c’è dietro il brand.

3) Andare oltre il digitale: è facile mantenere la comunicazione con i clienti attraverso mezzi esclusivamente digitali, come le e-mail o i canali social. TUttavia, le comunicazioni digitali non sono in grado di attivare la produzione di ossitocina, una componente chiave nel processo di brand building. L’ossitocina è una sostanza chimica che il cervello umano rilascia soltanto quando interagiamo personalmente con gli altri, ed è alla base della creazione di emozioni e ricordi.

Ecco perché diventa fondamentale fare uno sforzo supplementare (in termini di costi e di tempo) per comunicare con i clienti anche attraverso canali telefonici o di persona.

4) Personalizzare: come ha detto Dale Canergie, “Il suono più dolce in qualsiasi lingua è il proprio nome”. Utilizzare il nome del cliente all’interno delle comunicazioni rende il messaggio molto più potente: occorre tenerne conto, ad esempio nella gestione della customer service e nei messaggi inviati alla clientela attraverso il web.

Oltre al nome, è fondamentale cercare di conoscere gli interessi e gli hobby del cliente per provare a personalizzare sempre di più i messaggi: può sembrare una procedura difficilmente scalabile, ma in realtà la raccolta dati oggi è molto più semplice di quanto di pensi.

In conclusione, il branding è sicuramente un’attività impegnativa e onerosa, di lungo termine, che richiede un’accurata pianificazione ed una fiducia incrollabile nel proprio marchio: ma i benefici per l’azienda che riesce ad ottenere dei Die-Hard Followers altamente fidelizzati al brand sono alti, ed è per questo motivo che i Die-Hard Followers sono l’obiettivo cui ogni marketer aspira.

Per leggere il post originale di Luke Summerfield: http://www.entrepreneur.com/article/232805

Napoli, 07/04/2014