Loading...

Tag: venture capital

Programma 101: un nuovo operatore di Venture Capital per le startup digitali italiane

Il Fondo Italiano di Investimento è una SGR nata da un progetto condiviso tra il Ministero dell’Economia e delle Finanze, ABI – Associazione Bancaria Italiana, Confindustria, Cassa Depositi e Presititi S.p.A., Intesa Sanpaolo, Unicredit e Banca Monte dei Paschi di Siena: lo scopo dei promotori è creare uno strumento per il sostegno finanziario a favore delle piccole e medie imprese italiane, sia in fase di startup che in fase di crescita.

E’ degli ultimi giorni la notizia di una nuova collaborazione tra il Fondo e il Gruppo Azimut, per il lancio del Programma 101: si tratta di un progetto che lancia nel panorama italiano un nuovo operatore del venture capital, specializzato in investimenti nel settore digitale.

Il team del Programma 101 sarà guidato da Andrea Di Camillo, co-fondatore di Banzai e Vitaminic, uno dei maggiori esperti italiani in materia di imprenditoria ed investimenti.

Un segnale importante viene anche dal coinvolgimento di un grande gruppo come Azimut: tra i valori di base della società, infatti, ci sono l’innovazione, la dinamicità, l’indipendenza. Il Gruppo Azimut ha già investito nel Programma 101 una cifra pari a 15 milioni di euro.

Lo scopo finale dei promotori dell’iniziativa, dichiarato nel Comunicato Stampa diffuso pochi giorni fa, è contribuire attivamente alla creazione di un ecosistema favorevole allo sviluppo delle startup innovative italiane.

Il Programma 101 parte con una dotazione iniziale di 35 milioni di euro, ma ha una dimensione-obiettivo di 50 milioni di euro, che verranno utilizzati per interventi in capitale di rischio compresi tra 500.000 e 1,5 milioni di euro.

La novità più interessante del Programma 101 è il ruolo fondamentale previsto per gli incubatori e acceleratori di impresa. I gestori stanno lavorando alla costruzione di una vera e propria rete di incubatori partecipanti al Programma (attualmente hanno aderito già 4 incubatori, tra cui H-Farm), che avranno un ruolo fondamentale di collegamento tra startup e investitori: saranno gli incubatori a scegliere le startup più promettenti tra quelle ospitate nei loro spazi, che saranno poi presentate al team del Programma 101.

Il Comitato d’investimento, composto dai gestori del Fondo ma anche da rappresentanti degli incubatori, sceglierà i progetti innovativi in cui investire il proprio capitale.

Come dichiarato dai promotori dell’iniziativa, il Programma 101 è solo il primo tassello di un progetto di investimento nelle startup dell’ecosistema italiano: sono attualmente in preparazione due programmi analoghi destinati rispettivamente a startup del settore biotech e del settore della meccatronica.

Napoli, 25/06/2013

IBM Global Entrepreuner Program: persone, prodotti e visibilità per le startup

IBM Global Entrepreuner Program è un’interessante iniziativa rivolta alle start up che vogliono utilizzare la tecnologia e l’innovazione per affrontare le sfide e costruire il cambiamento: per partecipare, bisogna essere un’azienda privata costituita da non più di cinque anni, ed avere in corso un progetto di sviluppo software di un prodotto o servizio.

I partecipanti al Global Entrepreuner Program di IBM usufruiranno di tutta una serie di risorse e di benefici: mentoring con grandi esperti del settore, possibilità di usufruire dei contatti del networking di IBM, supporto tecnico per lo sviluppo del prodotto, accesso gratuito ai software e al cloud IBM, possibilità di servirsi della visibilità e della comunicazione propri di un colosso mondiale dell’informatica.

Per accedere all’IBM Global Entrepreuner Program è necessario registrarsi al sito ed entrare a far parte dell’IBM Partner World: dal momento della registrazione, a ciascuna start up sarà assegnato un consulente di riferimento che fornirà il proprio supporto immediato in tutte le fasi ed aspetti del programma.

Far parte dell’IBM Partner World offre quindi una serie di benefici, ma tra i requisiti fondamentali c’è l’essere un’azienda in linea con quanto previsto dall’IBM Smarter Planet: si tratta di un’iniziativa di IBM basata sull’idea che la tecnologia e l’innovazione prodotte dalle aziende private debbano essere finalizzate a costruire un pianeta più intelligente. Secondo IBM, è necessario utilizzare la tecnologia e l’interconnessione per produrre l’intelligenza: questo consente di risolvere i problemi costruendo il cambiamento.

Una volta verificato di essere in possesso dei requisiti, la start up deve compilare il modulo per entrare nell’IBM Partner World: dopo la registrazione riceverà alcune e-mail, tra cui quella con le istruzioni per partecipare all’IBM Global Entrepreuner Program. La partecipazione all’iniziativa può avere una durata massima di tre anni, ed in ogni caso è subordinata al mantenimento dei requisiti di partecipazione da parte della start up.
Al termine del Global Entrepreuner Program l’azienda potrà comunque continuare a far parte dell’IBM Partner World continuando a beneficiare del supporto tecnico del proprio consulente dedicato, e potrà continuare ad utilizzare gratuitamente i software ed il cloud IBM.

Alle start up iscritte all’IBM Global Entrepreuner Program è infine offerta un’ulteriore ed interessante possibilità: compilando l’apposito modulo on line ed inviando il proprio pitch, parteciperanno alle selezioni per gli eventi IBM.
In particolare, è possibile accedere allo Smart Camp: si tratta di un esclusivo incontro con imprenditori, investitori, mentors, esperti di fama mondiale aperto esclusivamente alle migliori start up che partecipano al Global Entrepreuner Program. Il prossimo Smart Camp è previsto il 3 luglio 2013 presso IBM Client Center Milano: un’occasione unica per le start up che potranno incontrare grandi imprenditori, chiedere consigli ai migliori mentors e avere un accesso esclusivo ad investitori in seed e venture capital.

Per tutte le informazioni, è possibile contattare la responsabile del progetto Ornella Beggiato al seguente indirizzo: ornella_beggiato@it.ibm.com

Il sito internet dell’iniziativa è disponibile a questo link.

Napoli, 27 maggio 2013

Il progetto di Vertis: un nuovo incubatore e 60 milioni di euro per le start up

Il 17 e 18 maggio si è tenuto a Napoli il ConvegnoIl ruolo del Venture Capital nello sviluppo economico del Mezzogiorno” organizzato dalla società partenopea di Venture Capital Vertis SGR.
Dagli interventi dei relatori, tra cui il vice presidente di Confindustria Enzo Boccia, Rocco Corigliano della Fondazione Cariplo e il presidente del FEI (Fondo Europeo per gli Investimenti) Dario Scannapieco, emerge una grande attenzione per il mondo delle start up innovative e più in generale per le PMI, considerate fondamentali per dare all’Italia un ruolo importante nel sistema competitivo globale.
Secondo le personalità intervenute, infatti, è necessario rinnovare il più possibile il sistema strutturale del nostro Paese, grazie a misure di sostegno all’imprenditoria innovativa, tra cui la normativa relativa appunto al venture capital.
In particolare, la Fondazione Cariplo è una sostenitrice delle start up innovative, come dimostra l’investimento di oltre 250 milioni di euro effettuato nel settore: Cappellini spiega, infatti, che Cariplo ha “impiegato tutti i fondi disponibili per sostenere startup e centri di eccellenza. In giro per l’Italia ci sono molte realtà di questo tipo, ma pochissimi attori pronti a sostenere“.

In questo quadro si inserisce il nuovo progetto di Vertis SGR, annunciato proprio durante il Convegno del 17 e 18 maggio, che prevede la costruzione di un nuovo incubatore di start up innovative a Napoli e il lancio di un nuovo fondo di investimento.

Il nuovo incubatore di Napoli nasce dalla collaborazione tra:

  • Vertis, che si occuperà dello scouting di idee innovative e degli investimenti;
  • La scuola di management IPE, per la formazione degli startupper;
  • Il Denaro, che si occuperà della comunicazione.

Lo scopo, come dichiarato da Antonio Ricciardi, direttore scientifico dell’Ipe, è quello di “fare in modo di evitare che i nostri migliori innovatori siano costretti a emigrare, come purtroppo ancora oggi accade“.

Durante il Convegno del 17 e 18 maggio, inoltre, Amedeo Giurazza (numero uno di Vertis SGR) ha dichiarato l’intenzione di istituire un nuovo fondo di finanziamento per le start up: “pensiamo di approvarlo in consiglio di amministrazione nelle prossime settimane, anche prendendo spunto dalla definizione di start up innovativa introdotta dal Decreto Sviluppo di fine 2012, nel quale sono previsti anche incentivi fiscali per gli investitori in fondi di Venture Capital”.

Il nuovo fondo si chiamerà quasi sicuramente Vertis Venture 2 ed avrà una dotazione pari a 60 milioni di euro: il precedente, invece, ha effettuato investimenti per 40,5 milioni.
A differenza del primo fondo di Vertis, che era focalizzato su aziende del Mezzogiorno, il nuovo fondo potrà investire su tutto il territorio nazionale anche attraverso investimenti seed, quindi con importi più modesti, di un valore compreso tra i 50mila e i 300mila euro.

Fonte: Il Denaro

Napoli, 20/05/2013

Digital Magics: un POC di 3 milioni di euro per il progetto di quotazione in Borsa

Digital Magics, venture capitalist ed incubatore di startup digitali ad alto contenuto innovativo e tecnologico, presente, tra l’altro, a Fisciano (SA) con 56cube, ha chiuso il processo per il collocamento di un Prestito Obbligazionario Convertibile (POC) di 3 milioni di euro e annuncia il progetto di quotazione in Borsa.

Digital Magics è un Venture Capitalist e Incubator che opera in Italia dal 2008: ha all’attivo l’avvio di 30 startup (di cui 6 exit) e l’investimento di circa 10 milioni di euro tra risorse proprie e fondi da exit. All’interno del Digital Magics LAB lavorano attualmente 11 professionisti, che seguono a 360° le startup incubate nel loro percorso di sviluppo.

Nel dicembre 2012 Digital Magics ha avviato un progetto per la quotazione all’Alternative Investment Market (AIM), la piazza finanziaria che Borsa Italiana ha costituito per le Piccole e Medie Imprese Italiane.
Oggi, grazie all’emissione del POC, il progetto di quotazione di Digital Magics fa un passo avanti: si tratta del primo incubatore in Italia che lavora a un progetto di questo tipo, finalizzato al rafforzamento del posizionamento di Digital Magics sul mercato italiano dei Venture Incubator. Grazie alle nuove risorse a disposizione, Digital Magics potrà ampliare il proprio modello di business, incrementare i propri investimenti e dar vita a nuove startup innovative nel settore internet e digitale.

La cifra di 3 milioni di euro del POC è stata raggiunta grazie alla collaborazione di 70 investitori privati ed istituzionali, tra i quali figurano il Gruppo Intesa Sanpaolo (attraverso il Fondo Atlante Seed), Banca Sella e Tamburi Investimenti Partners: tutti gli investitori avranno la possibilità di esercitare la conversione in occasione della quotazione, ma soprattutto entrano di diritto a far parte dell’Angel Network di Digital Magics. In questo modo, collaboreranno alle attività di selezione, mentorship e co-investimento delle startup incubate di Digital Magics.
Grazie ai nuovi capitali e ai nuovi angels, Digital Magics si prepara a far nascere nuove startup tra gli oltre 500 pitch che riceve e visiona ogni anno: lo scopo, come dichiarato dal Fondatore e Presidente di Digital Magics Enrico Gasperini, è infatti quello di continuare a contribuire “alla nascita di molte nuove imprese nel settore internet e digital, che ha conosciuto negli ultimi anni una crescita senza precedenti e che in Italia crescerà a doppia cifra nei prossimi anni“.

Napoli, 14/05/2013

I consigli di Robert Siegel per un incontro di successo con gli investitori

Robert Siegel è General Partner di XSeed Capital, ed è una voce molto importante nell’approccio innovativo alla definizione delle strategie, dell’execution e del marketing per piccole e medie imprese in America. E’ anche docente presso la Stanford Graduate School of Business, e co-autore di svariati articoli pubblicati dalla California Management Review. Di recente ha pubblicato un post nel suo blog con alcuni interessanti consigli su come affrontare un incontro con potenziali investitori, anche senza servirsi di un pitch.

La prima questione da affrontare, infatti, è la seguente: è davvero indispensabile avere un pitch (con il supporto di diapositive, grafici e tabelle) per presentarsi ad un potenziale investitore? Secondo Siegel il pitch è un valido supporto, ma ciò non vuol dire che sia indispensabile. Ciò che conta davvero per raggiungere lo scopo è riuscire a comunicare in modo efficace gli elementi più importanti del proprio progetto.

Se uno startupper decide di presentarsi all’incontro con un VC senza utilizzare una presentazione con slides, deve comunque assicurarsi di riuscire a comunicare in maniera rapida ed efficace una serie di punti chiave:

  1. per prima cosa, è fondamentale spiegare in maniera dettagliata quale prodotto state costruendo;
  2. è necessario fornire esempi su chi sono i vostri clienti, quanti di loro potrebbero acquistare il vostro prodotto, perchè dovrebbero preferire la vostra soluzione (ne consegue l’importanza di spiegare quale problema specifico risolve il vostro prodotto)
  3. indicare chiaramente chi sono i vostri competitors e perchè il vostro prodotto risolve il problema meglio del loro prodotto;
  4. spiegare attentamente quanto è grande la vostra opportunità di business e quantificare i ricavi attesi in futuro (nello specifico, nei prossimi 3-5 anni);
  5. comunicare in che stato si trova attualmente il processo di produzione (prototipo, demo, alpha, beta, revenues, etc).

Anche senza l’ausilio delle slides, comunicare questi cinque punti deve richiedere dai 15 ai 30 minuti, comprensivi anche delle interruzioni per le domande dei potenziali investitori. A tal proposito, Siegel consiglia di costruire un vero e proprio backup degli incontri con i VC cui poter fare riferimento per prepararsi al meglio agli incontri futuri: le domande degli investitori, infatti, sono solitamente sempre le stesse.

Un altro consiglio è quello di tenere sempre ben presente il fatto che un VC incontra centinaia di startup ed ascolta altrettanti progetti: il vostro obiettivo è convincerli che vale la pena per loro separarsi dal proprio denaro e investirlo proprio su di voi.

In conclusione, secondo Siegel è possibile avere un incontro di successo con gli investitori anche senza l’ausilio di un pitch (per quanto egli lo ritenga uno strumento fondamentale): l’importante è riuscire a comunicare in maniera convincente i cinque punti di cui sopra.

Bisogna sempre ricordare, infine, che i VC apprezzano gli imprenditori consapevoli, sicuri di sè e riflessivi: attenzione quindi a non presentarsi con l’atteggiamento di chi “vuole fare due chiacchiere“, ma dimostratevi preparati per rispondere a tutte le loro domande.

L’articolo di Siegel è disponibile anche a questo link: http://venturebeat.com/2013/05/07/before-you-try-improvising-your-vc-pitch-read-this/

Napoli, 09/05/2013

 

 

 

Il CSI ospita lo Startup Revolutionary Road Tour: appuntamento il 20 maggio!

Il CSI – Centro Servizi Incubatore Napoli Est ospiterà il 20 maggio la tappa napoletana dello Startup Revolutionary Road Tour: l’incubatore del Comune di Napoli è teatro dell’iniziativa che offre un’imperdibile opportunità agli aspiranti startupper e ai talenti creativi ed innovativi partenopei (e campani in generale) per trasformare le proprie idee in progetti imprenditoriali concreti.

Lo Startup Revolutionary Road Tour è un’iniziativa promossa da Microsoft Italia, Fondazione Cariplo e Fondazione Filarete allo scopo di offrire ai giovani italiani una concreta opportunità di formazione tecnica e di business, con l’ambizioso obiettivo di supportare la strategia occupazionale del sistema Paese contribuendo alla riduzione del digital divide e alla creazione di nuovi posti di lavoro. I promotori hanno affidato a Barcamper, in collaborazione con l’Associazione TechGarage, le attività di scouting e di accelerazione.

Si tratta di un tour nazionale partito da Milano lo scorso marzo, che prevede 20 tappe in tutta Italia alla ricerca di idee innovative da trasformare in imprese ad alto impatto.

Per partecipare basta prenotare gratuitamente sul sito www.barcamper.it un appuntamento di venti minuti con il team di venture capital di dpixel: le migliori idee identificate con il Barcamper Tour parteciperanno a Settembre ai TechMeeting, due giorni full immersion cui seguiranno, per le idee selezionate, quattro TechWeek a Ottobre. Le TechWeek sono settimane di formazione e mentoring, durante le quali i team completeranno il business plan da presentare agli investitori professionali.

Ai dieci migliori team scelti tra i partecipanti alle TechWeek sarà offerta una grande opportunità: saranno presenti infatti al TechGarage, l’evento previsto per Novembre 2013 che da anni permette agli aspiranti startupper di incontrare i principali attori del venture capital. Durante il TechGarage è prevista, inoltre, l’assegnazione di grant da parte di AppCampus Nokia per i migliori progetti in ambito Mobile App.

La tappa partenopea dello Startup Revolutionary Road Tour è anche la prima visita a Napoli del Barcamper: per la prima volta gli aspiranti startupper campani avranno la possibilità di salire sul camper ospitato prima dal CSI – Centro Servizi Incubatore Napoli Est e poi dalla Facoltà di Ingegneria dell’Università degli Studi di Napoli.

La tappa di Napoli si concluderà il  21 maggio con un workshop presso il Dipartimento di Ingegneria elettrica e delle Tecnologie dell’Informazione – Università degli Studi di Napoli, Via Claudio, 21 – Napoli.

Scarica qui il programma completo (StartupRR_AgendaNapoli).

AFFRETTATI I POSTI SONO LIMITATI!

Napoli, 08 maggio 2013

Startup italiane a New York allo Spring Symposium 2013

Il 2 maggio si è tenuto a New York lo Spring Sympsium organizzato dall’Italian Business & Investment Initiative, iniziativa nata nel 2010 per presentare le idee innovative di business nate in Italia (ma dall’aspirazione globale) alla comunità statunitense di investitori, fondi e venture capitalist.

Grazie all’iniziativa di IB&II circa 100 tra i migliori investitori americani sono entrati in contatto con un’Italia grintosa ed imprenditoriale animata dalla voglia di conquistare il mercato high-tech negli USA: l’evento del 2 maggio, giunto alla sua seconda edizione, si è caratterizzato anche per la presenza delle migliori startup provenienti non soltanto dal nostro Paese, ma da tutto il Sud Europa. In questi ultimi due anni, infatti, l’ecosistema nato in Italia è stato caratterizzato da una crescita che ha coinvolto startup provenienti dalla Spagna e dalla Grecia, oltre che dall’Israele.

Tra i partner dell’iniziativa, Mind the Bridge da San Francisco, Intesa San Paolo con la sua Start Up Initiative, la società napoletana di venture capital Vertis, Italia Camp, i protagonisti milanesi del venture capital di Innogest.

Un segnale del crescente interesse degli investitori americani per le startup italiane era già stato dato a settembre 2012, con la nascita del primo fondo di venture capital made in USA dedicato al Sud Europa, “Mind the Seed“: l’obiettivo del fondo è quello di far incontrare l'”intelligence” tipica italiana con gli strumenti commerciali e finanziari americani.
Mentre a febbraio 2013 si è tenuto (ancora a New York) il primo summit annuale “Italy Meets the United States of America“, nato anch’esso grazie a IB&II: un incontro tra rappresentanti del governo, imprenditori, banche organizzato allo scopo di creare una piattaforma di collaborazione tra Italia e Stati Uniti. Anche in questo caso, lo scopo è quello di mostrare agli americani il lato innovativo ed imprenditoriale dell’Italia, presentandola come un’opportunità di investimento.

Grazie allo Spring Symposium e alle altre iniziative di IB&II sono già 60 le aziende italiane che fino ad oggi hanno avuto l’opportunità di volare oltreoceano: alcune hanno ottenuto finanziamenti, altre hanno anche aperto filiali commerciali negli USA.

Le startup presenti quest’anno allo Spring Symposium sono state:

Atooma, che consente di creare mini-app senza l’ausilio di competenze Code;
Bad Seed Entertainment, specializzata nello sviluppo di giochi e App per mobile;
Hyperfair, start-up che rivoluziona il modo di fare fiera grazie alle più recenti tecnologie web;
Italianbox, piattaforma web che offre prodotti made in Italy;
Map2App, piattaforma dedicata alla creazione di guide ed itinerari di viaggio per mobile;
Myze, app che consente agli utenti di ottenere sconti e offerte vantaggiose per i propri acquisti.

In conclusione, iniziative di questo tipo rappresentano un’ottima opportunità per le startup italiane di avere accesso al sistema di Venture Capital statunitense: l’immagine che ne risulta è infatti quella di un ecosistema italiano per startup giovane, in continua crescita, vitale e creativo.

Fonti:

Napoli, 07/05/2013

“Non costruiamo barche, costruiamo portaerei”: l’approccio di Rocket Internet alle startup

Dopo i consigli di Richard Branson su come convincere gli investitori a finanziare la propria startup, prendiamo spunto dall’intervista pubblicata ieri da VentureBeat per capire come lavorano a Rocket Internet, il Venture Builder on line con sede a Berlino fondato dai fratelli Samwer che lavora oggi in oltre 40 paesi del mondo.

Jon Soberg, partner di Blumberg Capital (società di Venture Capital specializzata in investimenti nel settore ITC e dei servizi) ha intervistato il co-fondatore di Rocket Internet Oliver Samwer in occasione di un incontro di due diligence tra i due.
Samwer racconta come è nata Rocket Internet partendo dagli anni Novanta, quando durante i suoi studi in America ha conosciuto la realtà startup della Silicon Valley: resta profondamente colpito di come le persone avessero tantissime idee imprenditoriali innovative, e intuisce la potenzialità del web come strumento di condivisione delle idee: “Internet sembrava un immenso parco giochi dove poter esprimere le proprie business ideas“.

Tornato in Germania, decide di fondare insieme ai fratelli la propria società, iniziando a concentrarsi prima di tutto sul proprio Paese e lavorando duramente giorno dopo giorno. L’espansione della società a livello globale è il risultato di un lavoro quotidiano, che Samwer definisce come quello di un “Gigante silenzioso“: oggi lavorano con 55 startup, attive in tutti i continenti e con 20.000 dipendenti nel mondo.

Il modello di Internet Rocket è spesso definito con la parola “clone“: il loro lavoro è infatti quello di prendere modelli di business che funzionano in determinate situazioni e riproporli su scala globale. Samwer spiega il successo del modello di Rocket Internet partendo da un concetto di base: non basta avere una buona idea innovativa per ottenere il successo imprenditoriale. Il lavoro di Rocket Internet è infatti incentrato sull’execution: l’esecuzione dell’idea innovativa è la chiave del successo, è il modo in cui essa viene messa in pratica che fa la differenza.

Da qui passa a spiegare un altro aspetto che caratterizza l’approccio dei fratelli Samwer alle startup in cui decidono di investire: c’è un forte coinvolgimento, con incontri settimanali e partecipazione attiva al lavoro dei team. Questo approccio partecipativo, assieme ad una grande attenzione ai dettagli e alla convinzione che la chiave di ogni buon progetto sia accrescere la conoscenza, fa di Rocket Internet uno dei migliori Venture Builder d’Europa. Samwer spiega infatti che nella propria concezione di business non ha senso che il Venture Capitalist assuma l’atteggiamento di “un uccello che osserva dall’alto“, occorre lavorare fianco a fianco con le startup per ottenere buoni risultati.

L’intervista prosegue con il tema dei dipendenti: Samwer spiega che per ottenere i migliori risultati il loro approccio è quello di dare immediatamente delle responsabilità a chi entra in azienda. E’ questo secondo la Rocket Internet il modo migliore per far crescere i giovani professionalmente.

In chiusura, Samwer accenna al nuovo fondo di 150 milioni di euro che la società ha messo a disposizione di nuovi progetti di business ad alto potenziale nel settore del web: l’obiettivo del Global Founders Capital è quello di espandere l’attività della Rocket Internet in nuovi campi, tra cui  Big Data, viaggi e mobile apps, sulla scia delle illimitate possibilità che internet offre allo sviluppo sconomico globale.

Per informazioni su Global Founders Capital: http://www.globalfounders.vc/#intro

Napoli, 26 Aprile 2013

Come convincere gli investitori a finanziare la tua startup? I consigli di Richard Branson

Uno dei momenti più importanti per la crescita di una startup innovativa è sicuramente l’incontro con gli investitori: diventa fondamentale cercare di capire cosa venture capitalist e business angels cercano in un’azienda e su quali aspetti basano le proprie scelte di investimento.
Prendendo spunto dal suo ultimo post nel blog della rivista Entrepreuner, vediamo quali sono i consigli di Richard Branson per convincere gli investitori a finanziare una startup del settore tech, cercando gli spunti di riflessione per le startup in cerca di finanziamenti.

Richard Branson è il fondatore del Gruppo Virgin e di aziende tra cui Virgin Atlantic, Virgin America, Virgin Mobile e Virgin Active. E’ anche l’autore del libro “Business Stripped Bare: Adventures of a Global Entrepreneur“, in cui racconta aneddoti ed esperienze della sua intensa vita da imprenditore con un’alta propensione al rischio.
Nel suo post spiega che negli ultimi anni il Gruppo Virgin, grazie al lavoro di due team di investimento con base a Londra e New York, ha investito in alcune startup del settore web basandosi su alcune caratteristiche che riassume in cinque punti: si tratta sostanzialmente di cinque domande, cui secondo Branson i founder di una startup in cerca di investitori devono essere in grado di rispondere “Sì!”. Per ogni aspetto individuato, Branson cita inoltre esempi di startup in cui il Gruppo Virgin ha investito negli ultimi anni.

1. La vostra azienda offre una soluzione semplice ed intelligente in grado di migliorare la vita dei clienti?

Secondo Branson, questa è la chiave per capire se un prodotto o servizio avrà potenzialmente dei clienti interessati ad acquistarlo. L’esempio che riporta è quello di Square, che ha risolto il problema dei pagamenti con carta di credito rendendoli possibili attraverso lo smartphone. L’azienda oggi dichiara di effettuare transazioni per 12 miliardi di dollari all’anno.
Vediamo che ancora una volta l’attenzione alle esigenze del cliente rappresenta il focus fondamentale per qualsiasi startup, proprio come nel Customer Development Model di Steve Blank di cui abbiamo parlato in un recente articolo del blog.

2. La tecnologia offerta dalla vostra azienda è “disruptive“?

Disruptivesignifica letteralmente “dirompente“. Con questo termine si identifica un’innovazione tecnologica in grado di surclassare la tecnologia presente sul mercato, e di creare un nuovo mercato e una nuova catena del valore. Un esempio storico e rivoluzionario di innovazione “disruptive” è l’invenzione dell’automobile.
Una startup che offre prodotto basato su una tecnologia “disruptive”, secondo Branson, ha la capacità di offrire una soluzione che faccia veramente la differenza nella vita quotidiana dei propri clienti, così che questi ultimi siano propensi ad acquistare il prodotto una seconda volta.
L’esempio citato è Hailo, la taxi app che consente ai passeggeri di trovare gratuitamente il taxi più vicino e allo stesso tempo offre un servizio ai tassisti, che trascorrono il 40% del loro tempo in strada a cercare clienti.

3. La vostra azienda è in grado di offrire ai clienti scelte più ampie e migliori possibilità di accesso?

Qui l’attenzione è incentrata sul concetto di accessibilità, anch’esso fondamentale quando si parla di startup e non solo: si tratta di un aspetto che a parere di Branson è importantissimo per tutte le aziende, in qualsiasi momento della propria vita imprenditoriale. La startup che porta ad esempio è Codecademy, che consente a chiunque abbia una connessione internet la possibilità di accedere gratuitamente alle competenze di programmazione di base servendosi di un’interfaccia semplice che ha sbaragliato i possibili concorrenti.

4. Il vostro prodotto/servizio incoraggia i clienti a condividere il proprio lavoro e le proprie esperienze?

A questo punto Branson introduce un altro argomento molto importante per la tecnologia e l’innovazione: la condivisione è un aspetto cruciale nel mondo delle tecnologie web e digitali. Ne è esempio lampante Pinterest, famosissima piattaforma di condivisione per le fotografie, che ha fatto della condivisione divertente la propria marcia in più.

5. La vostra azienda si prende cura delle persone e del pianeta, lavorando in maniera sostenibile?

Lo sviluppo sostenibile è un ulteriore punto cruciale per lo sviluppo economico globale ai giorni nostri. Nella visione del Gruppo Virgin, ogni azienda può fare la differenza: le imprese più giovani possono affrontare i problemi locali, le aziende in crescita possono affrontare i problemi nazionali, le grandi imprese possono affrontare problemi globali. Basti pensare a esempi come Twitter e Tumblr, che hanno aperto nuove frontiere per la comunicazione e la condivisione a livello globale.

Ricapitolando, anche nella visione del Gruppo Virgin ritroviamo concetti come l’attenzione al cliente, l’innovazione tecnologica, l’accessibilità, la condivisione e la sostenibilità: la conclusione di Branson è che le startup in grado di fornire prodotti e servizi con tali caratteristiche avranno più probabilità di costruire imprese di lunga durata e saranno influenti sui mercati in futuro.

La domanda che Branson pone ai lettori è: la vostra impresa è tra queste?

Napoli, 23 aprile 2013

The Lean Startup: l’approccio “snello” spiegato da Steve Blank

In un recente post pubblicato nel suo blog, Steve Blank introduce il suo articolo pubblicato nell’ultimo numero della Harward Business Review dedicato alla metodologia Lean per startup e a come l’applicazione di quest’ultima possa cambiare non soltanto l’andamento di un’impresa, ma addirittura possa avere ripercussioni positive sull’intero sistema imprenditoriale, fornendo una spinta importante per l’uscita dalla crisi economica mondiale.

Nella sua carriera di docente, imprenditore e founder di varie startup, Blank ha osservato quali fossero le cause di fallimento più frequenti per le startup e ha avuto l’intuizione di come queste in realtà non fossero quasi mai legate a caratteristiche del prodotto. Da qui, l’intuizione di analizzare meglio l’approccio “classico” di Product Development, per capire quali fossero i problemi. Tale approccio di avvio di un’impresa prevede un percorso “a cascata” che attraversa nell’ordine una serie di fasi: punto di partenza è la stesura del Business Plan, che viene proposto agli investitori. Segue l’organizzazione del team, il quale procede a sua volta alla creazione del prodotto, che viene poi immesso sul mercato. Blank osserva che in questo approccio deve esserci qualcosa che non funziona, visto che secondo le statistiche il 75% delle nuove imprese falliscono (Blank cita in proposito una ricerca condotta dalla Harvard Business School).

La sua conclusione è che il Business Plan non sia lo strumento più adatto ad un business in fase di avvio: secondo Blank, infatti, esso raramente sopravvive al primo contatto con i clienti. Il motivo è da ricercare prima di tutto nella pretesa di fare delle previsioni a lungo termine (il Business Plan prevede un piano quinquennale): il mercato oggi non consente più approcci del genere, è in continua evoluzione, e un piano del genere “è fantascienza”.
Altra learned lesson che Blank condivide con i lettori è che le startup non vanno considerate come versioni “in piccolo” delle grandi aziende: queste ultime devono concentrarsi per far funzionare il proprio modello di business già esistente, mentre una startup deve seguire un approccio differente, lavorare sull’iterazione e sul learning and discovery, migliorando di continuo il proprio prodotto sulla base dei feedback dei propri clienti.
Ragionando su queste intuizioni, Blank costruisce una definizione rivoluzionaria di startup che porterà al superamento del modello di Product Development, alla nascita del modello di Customer Development e in seguito alla definizione della metodologia Lean da parte di Eric Ries (imprenditore della Silicon Valley, studente di Blank e autore del manuale “The Lean Startup“): un’azienda in fase di startup è un organismo temporaneo, progettato per la ricerca di un modello di business ripetibile e scalabile.

A questo punto, Blank elenca i tre principi chiave di un approccio Lean adatto alle startup:

  1. Delineare le ipotesi. Piuttosto che impelagarsi in mesi di ricerca e progettazione per scrivere un intricato Business Plan pluriennale, i founder devono concentrarsi sul fatto che ciò che davvero conta è il primo giorno in cui testeranno la propria idea e le proprie ipotesi a riguardo: lo strumento più adatto è il Business Model Canvas, un diagramma che mostra come l’impresa crea valore per sè e per i propri clienti.
  2. Ascoltare i clienti. Secondo Blank le startup devono “uscire dal palazzo” e seguire il modello di Customer Development: esso consiste nell’incontrare i propri clienti e testare le proprie idee ed ipotesi. Con l’aiuto dei feedback ricevuti, i founder devono costruire in tempi brevi il “Minimum Viable Product“, la prima versione del prodotto, e immetterlo sul mercato per ricavare ulteriori feedback dai clienti. In questa fase, sono fondamentali la velocità e l’approccio “Agile“, che consentono di individuare eventuali modifiche da apportare (per le piccole modifiche si parla di iterazioni, per quelle più sostanziali di pivot).
  3. Sviluppo rapido e responsivo. Si identifica con il cosiddetto Sviluppo Agile, nato in origine nel settore dei software e applicato da Ries alle startup nel suo “The Lean Startup“. Lo sviluppo “Agile” lavora di pari passo con quello “Customer” garantendo un processo di sviluppo del prodotto iterativo ed incrementale che elimina gli sprechi di tempo e risorse tipici dei piani di produzione pluriennali. Si tratta in sostanza del processo che consente alla startup di creare il Minimum Viable Product con cui affacciarsi al mercato.

Attualmente, il metodo Lean di approccio alle startup si sta diffondendo sempre di più: Steve Blank spiega che attualmente sono più di 25 le Università che offrono corsi in materia, oltre ad alcuni corsi on-line. Sono sempre più numerose, inoltre, le organizzazioni e le iniziative dedicate, come Startup Weekend, che diffondono i principi della metodologia Lean in tutto il mondo.
Addirittura le grandi aziende stanno iniziando ad avvicinarsi a tale approccio, come Steve Blank racconta nel suo articolo, citando l’esempio della General Electric e della sua Divisione Energy Storage, che ha lanciato la sua ultima batteria applicando la metodologia Lean. Il direttore generale della Divisione, Prescott Logan, si è infatti impegnato a parlare con i propri clienti prima di lanciare la nuova batteria sul mercato, apportando modifiche ai piani sulla base dei feedback ricevuti e lanciando il nuovo prodotto sul mercato nel 2012 con un investimento di 100 milioni di dollari: il risultato è stato un enorme successo sul mercato, tanto che GE ha già una serie di ordini in arretrato che si sta affrettando a soddisfare.

Nel proprio articolo Blank afferma che la diffusione delle metodologie Lean consente di ridurre le probabilità di fallimento delle startup: ciò significa creare nuovi posti di lavoro che possano sostituire quelli eliminati dalle grandi aziende esistenti, dando nuova spinta all’economia globale e facendo un passo avanti verso l’uscita dalla crisi economica.
Per rafforzare la propria tesi, Blank parte dall’elencazione dei cinque fattori che limitano la crescita delle startup oltre al rischio di fallimento:

  1. Costi troppi elevati, sia per raggiungere i primi clienti che per risollevarsi in caso di difetti e problemi del prodotto.
  2. Cicli di sviluppo tecnologico troppo lunghi.
  3. Numero limitato di persone disposte ad assumersi il rischio di fondare una startup o di lavorare al suo interno.
  4. L’attuale struttura del settore del capitale di rischio, in cui poche imprese sono cosrette ad investire grosse somme di denaro in un portafogli di startup per avere la possibilità di ritorni significativi.
  5. La concentrazione delle competenze in materia di startup, problema molto diffuso soprattutto negli Stati Uniti (vedi Silicon Valley), ma presente in minor misura anche in Europa e nel resto del mondo.

Secondo Blank, l’approccio Lean è in grado di ridurre innazitutto primi due vincoli: le imprese che interagiscono con i propri clienti hanno a disposizione dei feedback per mettere sul mercato un prodotto più adatto ai loro bisogni, e i cicli di sviluppo fondati sull’iterazione e i pivot sono più rapidi ed economici rispetto a quelli basati sui sistemi tradizionali. Ne consegue la riduzione del rischio connesso alla creazione di nuove startup, quindi diminuisce anche la rilevanza del terzo vincolo.

Sono anche altre le tendenze attuali che aumentano la disponibilità ad investire nella creazione di nuove startup: prima di tutto la diffusione di software open source e servizi cloud, che non costringono più le aziende a dotarsi di stabilimenti propri per la produzione di prodotti hardware.
In secondo luogo, si assiste ad un’importante tendenza di decentramento riguardo al sistema di accesso ai finanziamenti: l’ecosistema attuale vede la nascita di business angel e venture capital ovunque, non occorre più stabilirsi nella Silicon Valley per ottenere un finanziamento per la propria startup.
Altro vantaggio rilevante per le nuove imprese è l’immediata disponibilità delle informazioni cui oggi si può avere accesso grazie a internet: non è più necessario organizzare incontri formali con gli investitori per poter parlare con loro.

La conclusione di Blank è che questo sia il momento più adatto a fondare una propria startup, e che la metodologia Lean sia quella migliore da applicare. Il suo post si conclude infatti con l’invito a leggere il suo articolo che sarà disponibile gratuitamente sul sito della Harvard Business Review per un mese: “Go read it … Then go to do it“.

Napoli, 19/04/2013

1 20 21 22 23