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Tag: prototipo

Innovazione di prodotto/servizio e “live prototyping”: consigli utili a startup e imprese per proteggere il brand negli esperimenti di mercato

David Aycan, dopo aver co-fondato e gestito due startup di successo, è attualmente Design Director a IDEO, dove collabora con startup e grandi aziende per le attività di progettazione di nuove offerte e business model.
Paolo Lorenzoni lavora al Product Development di Food Genius, azienda che fornisce big data all’industria alimentare ed esperto nella guida di team multidisciplinari per nuove iniziative e progetti nei settori food, tecnologie e retail.

Insieme hanno pubblicato di recente un contributo per il Blog Network di Harvard Business Review, dedicato al tema “Prototype Your Product, Protect Your Brand”: lo spunto nasce dalla crescente diffusione, tra startup e imprese già consolidate, delle attività di “live prototyping”.
Si tratta di lanciare sul mercato reale prodotti non finiti per testarli in reali situazioni di contatto con i clienti, per evitare di investire ingenti risorse su idee di prodotto sbagliate, o comunque che non incontreranno il favore del mercato. Un concetto molto diffuso nel mondo delle startup, assimilabile al MVP di Steve Blank e della metodologia Lean Startup.

La domanda che si pongono Aycan e Lorenzoni è se un’attività del genere possa avere ripercussioni negative: sull’immagine dell’azienda, sul brand, o in termini di “svelamento” delle strategie alla concorrenza. Si tratta, secondo gli autori, di dubbi sicuramente leciti, ma allo stesso tempo assicurano gli imprenditori e aspiranti tali della possibilità di gestire la live prototyping e gli esperimenti di mercato in modo tale da non mettere a rischio i rapporti con i clienti.

Quando si decide di mettere in pratica un esperimento di mercato che coinvolga i clienti per valutare il prototipo di un nuovo prodotto, è importante valutare una serie di aspetti. Nel loro post, Aycan e Lorenzoni elencano i seguenti:

Valutare la Brand History: l’azienda ha già fatto esperimenti di mercato in passato? Come hanno reagito i clienti? I vostri clienti più affezionati hanno apprezzato la vostra inventiva? Bisogna sempre domandarsi se è il caso o meno di innovare il prodotto: un marchio “storico” come Levi’s, ad esempio, ha dei clienti strettamente legati al “classico” e potrebbero non apprezzare eventuali modifiche.

Valutare i Benchmarks competitivi: bisogna fissare il livello minimo di qualità del prodotto (floor). La domanda da porsi è: la qualità rappresenta un aspetto essenziale e imprescindibile oppure no? Tale valutazione è strettamente connessa al settore di attività: ad esempio, un’azienda automobilistica non può mantenere standard qualitativi bassi.

Valutare i concorrenti: Aycan e Lorenzoni mettono in evidenza un punto fondamentale a riguardo. Guardare esclusivamente i concorrenti diretti potrebbe essere fuorviante, bisogna osservare i settori simili e i prodotti sostitutivi: se si lavora in un settore strettamente regolamentato, ad esempio, occorre guardare anche al settore sanitario o della finanza, dove la prototipazione deve seguire normative ben precise.

“Prototype prototyping”: più semplicemente, gli autori si riferiscono alla possibilità di parlare ai clienti della prototipazione prima di lanciare un prototipo. Anzichè limitarsi a lanciare il prototipo sul mercato, si può chiedere ai clienti di immaginare come reagirebbero di fronte a tali prototipi senza sapere che non si tratta di prodotti finiti. Può essere utile domandare se sarebbero entusiasti di provare cose nuove, ed identificare un gruppo di clienti cui sottoporre il test di prodotto per valutare eventuali modifiche e miglioramenti.

Una volta comprese quali siano le aspettative iniziali del cliente, è possibile passare alla pianificazione dell’esperimento: naturalmente, il modo più efficace per ridurre il rischio è quello di investire soltanto quando si sarà raggiunto un livello di qualità sufficientemente alto. Ma anche in questo caso, è fondamentale investire risorse in ciò che va incontro alle necessità ed aspettative del cliente, per assicurarsi di migliorare il livello di qualità mantenendosi in linea con le richieste e i bisogni della clientela.

Un altro approccio utile per ridurre il rischio è quello di contenere l’esperimento ad alcuni momenti specifici della customer experience: è utile concentrarsi inizialmente solo sugli aspetti che mettono in risalto i rischi aziendali più elevati, riducendo il tempo di interazione dei clienti con il prototipo. Ad esempio, per testare il nuovo packaging non è necessario sottoporre il prodotto al cliente: basta mostrargli la nuova confezione esterna senza offrire la possibilità dell’intera esperienza di acquisto e consumo del prodotto.

Un’ulteriore strategia utile per contenere il rischio dell’esperimento è quella di calibrare l’esposizione del prototipo, sperimentandolo con una piccola fetta di potenziali clienti. In questo modo, è possibile osare un po’ di più nelle proposte innovative, senza rischiare nei confronti dell’intero bacino di clienti e misurando l’impatto del cambiamento su un gruppo limitato.

Infine, se nonostante questi accorgimenti l’esperimento di lancio di un prototipo dovesse incontrare ancora difficoltà, Aycan e Lorenzoni suggeriscono una strategia basata sulla trasparenza: si tratta di far sapere ai clienti coinvolti nel test che stanno sperimentando un prototipo non ancora lanciato sul mercato. Per farlo, è opportuno creare un sub-brand con lo scopo di introdurre nuovi prodotti, idee e prototipi ancora incompiuti per testarli.
Si tratta dell’approccio utilizzato da Google con Google Labs, il sub-brand che il colosso americano dedica alla creazione di nuovi prodotti rivoluzionari tra cui i Google Glass.

In quest’ultimo caso è utile offrire al cliente la possibilità di tornare al prodotto/servizio originale in caso di problemi con il prototipo: in questo modo è possibile ottenere dai clienti informazioni e feedback utili per i miglioramenti da apportare al prototipo.

In ogni caso, concludono Aycan e Lorenzoni, anche se le attività di “live prototyping” sembrano difficili da implementare sono sicuramente meno rischiose rispetto a lanciare un prodotto o un servizio difettoso: soprattutto in un mercato come quello attuale, che si muove veloce e in cui tutte le aziende cercano di innovare più rapidamente possibile per non ritrovarsi con un business obsoleto.

Il post originale è disponibile al seguente link: http://blogs.hbr.org/2014/04/prototype-your-product-protect-your-brand/

Napoli, 16/04/2014

Space App Camp 2014: una nuova competiton per talenti creativi nello sviluppo di applicazioni innovative

Il progetto europeo S2G2M2 (Sustainable Services for GMES and GNSS in Mobile and Mobility) nasce allo scopo di sostenere i fornitori di servizi mobile innovativi che sfruttano i dati ricavati dai sistemi europei di navigazione satellitare (Galileo ed EGNOS) e dal programma europeo di osservazione della Terra Copernicus.

Nell’ambito del progetto S2G2M2 nasce l’iniziativa Space App Camp 2014dedicata a sviluppatori di applicazioni innovative per smartphone che vogliono intraprendere una sfida tra creativi per la realizzazione di prototipi basati sull’utilizzo dei dati satellitari di osservazione della Terra.

La competition europea Space App Camp 2014 è aperta a startup, PMI, persone fisiche, studenti, laureati e ricercatori con esperienza nel campo dello sviluppo di applicazioni: le proposte progettuali dovranno essere orientate alla creazione di prototipi che potranno integrare dati provenienti dal sistema satellitare EGNOS, dal sistema Galileo e dal programma di osservazione terrestre europeo Copernicus.

Space App Camp 2014 è alla ricerca di progetti riguardanti alcuni settori specifici: i dati satellitari dovranno essere utilizzati per sviluppare applicazioni riguardanti agricoltura, emergenza e gestione dei soccorsi, protezione ambientale, ambiente e trasporti marittimi, stile di vita.

Per iscriversi alle selezioni bisogna compilare l’apposito form di iscrizione disponibile al seguente link http://www.app-camp.eu/pages/registration.php entro il 3 marzo 2014: tra i progetti che risponderanno alla call, saranno selezionati i migliori 20 che trascorreranno una settimana in Olanda, presso la sede dell’ESTEC a Noordwijk (dal 4 al 12 maggio 2014).

L’ESTEC è il centro europeo dedicato alla ricerca e alla tecnologia nello Spazio e rappresenta uno dei centri più importanti dell’ESA (European Space Agency): il centro rappresenta un vero e proprio “incubatore” in cui si concentrano gli sforzi e le risorse comunitarie dedicate alla ricerca scientifica e tecnologica in ambito spaziale.

Per partecipare alla competition europea Space App Camp 2014, inoltre, i creativi dovranno organizzarsi in team (di due o quattro componenti): per chi non abbia già una propria squadra, è disponibile un’apposita “team matching platform” sdove incontrare altri talenti disponibili a mettersi in gioco. La piattaforma è disponibile a questo link: http://www.linkedin.com/groups/Space-App-Camp-7428341

Come accennato, i proponenti dei 20 progetti selezionati per Space App Camp trascorreranno una settimana presso la sede dell’ESTEC di Noordwijk: tutte le spese, comprese di viaggio e accomodation, saranno a carico degli organizzatori della competition.

La settimana di Space App Camp sarà dedicata al networking, allo sviluppo dei prototipi e a momenti formativi e di coaching. Al termine della settimana i team presenteranno il proprio progetto alla giuria composta da esperti dell’ESA e della Commissione Europea, che sceglieranno il vincitore.

Per maggiori informazioni:

Napoli, 10/02/2014

Due contest per lo sviluppo di app: in palio dall’UE un montepremi di 400.000 euro per startup e innovatori

Doppia opportunità per startup, singoli individui, piccole e grandi imprese che operano nel settore web e in particolare nello sviluppo di app: Campus Party e FI-WARE Open Innovation Lab lanciano infatti due contest per premiare le migliori idee e progetti di app nei settori “Smart Cities Apps” e “Smart Business Industry Apps”.

Per entrambe le categorie, le iscrizioni chiudono il 20 dicembre 2013: ciascun partecipante può presentare una sola idea in una delle due categorie.
In palio c’è un montepremi totale di 400.000 euro, suddivisi in 200.000 euro per ciascuna categoria e in singoli premi che saranno assegnati in due momenti differenti: i contest si suddividono infatti in due fasi.

Vediamo per prima cosa quali devono essere le caratteristiche dei progetti partecipanti:

Per la categoria “Smart Cities”, gli organizzatori del contest sono alla ricerca di applicazioni che possano rappresentare un passo in avanti nel cammino verso una gestione più efficiente dei servizi per le città o che riescano a dar vita a servizi innovativi da offrire ai cittadini. Tra i possibili ambiti delle app in concorso, abbiamo:

– Migliorare la gestione del traffico utilizzando FI-WARE,
– Migliorare la gestione dei servizi attraverso il ricorso alle tecnologie digitali per ridurre i costi e aumentare la qualità,
– Fornire un servizio innovativo che risolva un bisogno dei cittadini,
– Offrire un servizio che migliori un qualsiasi ambito della vita della città e dei suoi abitanti: il luogo in cui vivere, studiare, lavorare, divertirsi, ecc.

Per la categoria “Smart Business Industry Apps”, invece, le apps in concorso dovranno essere finalizzate alla gestione smart delle imprese, in particolare le PMI, in modo tale da consentire attività di business più efficienti e offerta di servizi innovativi ai clienti. Le applicazioni potranno riguardare, ad esempio:

Automatizzazione e/o miglioramento dei processi della catena di approvvigionamento e/o produzione,
– Aiutare le PMI a migliorare i propri servizi e ad attrarre un numero maggiore di clienti,
– Fornire servizi innovativi alle PMI che possono riguardare sia la gestione interna del business che l’offerta di servizi ai clienti.

Come accennato in apertura, i Contest si svolgeranno in due fasi: la prima fase è quella delle candidature. Le idee potranno essere inviate on line entro il 20/12/2013 cliccando sul bottone “Accept the challenge” dei seguenti link:

Smart Cities: http://www.campus-labs.com/webapp/reto/ver/FIWARe800k?lang=en

Smart Business Industry: http://www.campus-labs.com/webapp/reto/ver/FIWARE800k?lang=en

Entro il 30 dicembre saranno comunicati per ciascuna categoria i 20 progetti migliori: questi saranno premiati con 2.800 euro ciascuno e con l’opportunità di partecipare al Campus Party 2014 che si terrà dal 27 gennaio al 2 febbraio 2014 a San Paolo (Brasile).

A questo punto si apre la seconda fase del contest: da questo momento in poi, sarà fondamentale che i progetti siano realizzati utilizzando la tecnologia FI-WARE e in particolare il cloud (per tutte le informazioni, qui il link di riferimento). I partecipanti ammessi alla seconda fase dovranno costituire un team, e almeno due membri di ciascun team dovranno partecipare al Campus Party di San Paolo dove dovranno presentare il prototipo del proprio progetto. Durante il Campus, i team potranno beneficiare del supporto e della consulenza degli esperti del team tecnico di FI-WARE: successivamente, avranno 3 giorni di tempo per lavorare al miglioramento dei progetti. Infine, il 1° febbraio ci sarà la presentazione di tutti i progetti alla giuria, che potrà assegnare i premi ai vincitori.

I premi in palio per ciascuna categoria sono 5: 75.000 euro al primo classificato, 40.000 al secondo e 20.000 al terzo. Inoltre, due premi speciali da 5.000 euro ciascuno allo sviluppatore più giovane e all’app più innovativa.

Per il Regolamento della Competition:

Smart Cities: http://www.campus-labs.com/generic/images/retos/FIWARECHALLENGES_smart_cities_bases.pdf

Smart Business Industry: http://www.campus-labs.com/generic/images/retos/FIWARECHALLENGES_smart_bussines_bases.pdf

 

N.B. Campus Party e FI-WARE sono due progetti in collaborazione con l’Unione Europea destinati al sostegno e alla crescita dell’utilizzo delle tecnologie, in particolare internet-based, per l’innovazione e la costruzione di un ecosistema sostenibile dell’innovazione in Europa.

Napoli, 02/12/2013

Da TechCrunch: i fabbisogni e le fonti di finanziamento migliori per una startup hardware

Un recente post firmato da Cyril Ebersweiler (founder dell’acceleratore di startup hardware HAXLR8R e partner di SOSVentures) e Benjamin Joffe (esperto di ecosistemi startup, angel investor e advisor di HAXLR8R) esamina il fabbisogno in termini finanziari di una startup hardware nelle sue 5 fasi di sviluppo, specificando la fonte di finanziamento più adatta in ciascun momento:

1. Concept
Obiettivo di questa fase è quello di convalidare il problema, ossia di esplorare attentamente la fattibilità dell’idea e le caratteristiche della domanda di mercato. Una startup hardware, in questa prima fase, deve applicare la metodologia “Lean Startup” adoperandosi con interviste e sondaggi ai potenziali clienti: è questo infatti l’unico modo per capire se il problema che il prodotto vuole risolvere è effettivamente percepito come tale dalle persone, e quindi per capire se c’è domanda di mercato e quali/quanti possono essere i potenziali clienti.
Nella fase “Concept” il fabbisogno di capitale di una startup è praticamente vicino allo zero, quindi non è necessario rivolgersi a fonti di finanziamento esterne. E’ quasi impossibile, quindi, che una startup nella sua prima fase di vita ottenga l’attenzione di un Venture Capitalist.

2. MFP – Minimum Functional Prototype
Nella seconda fase tutti gli sforzi di una startup hardware sono rivolti allo scopo di ottenere un dispositivo che funzioni. In questa fase c’è ancora poca attenzione al design e ad argomenti come l’ergonomia, ma si cerca soltanto di capire se il prodotto può essere in grado di risolvere il problema.
In questo momento la startup ha delle esigenze di finanziamento minime, che spesso dovranno essere coperte dai founders di tasca propria.
La fase del MFP può essere per alcune startup il momento per iniziare a guardare a qualche forma di finanziamento: gli autori però consigliano di evitare di richiedere finanziamenti all’esterno, perchè si corre il rischio che le persone possano guardare al prototipo come ad un prodotto finito.

3. CFP – Complete Functional Prototype
E’ la fase in cui l’obiettivo della startup hardware è quello di ottenere un prototipo il più vicino possibile a quello che sarà il prodotto finale: in questo momento bisogna iniziare a far attenzione al design, all’estetica e all’ergonomia per rassicurare le persone sulle capacità dell’azienda di tener testa ad una produzione di massa.
Il CFP spedito ai potenziali clienti deve essere il più possibile perfetto: in caso contrario, chi lo riceve sarà propenso a chiedersi “Se non sono in grado di fare un prodotto perfetto, come potranno farne migliaia da mettere sul mercato?”.
Le esigenze di finanziamento di questa terza fase sono ancora limitate, e la maggior parte del capitale dovrà essere investito per la ricerca e il miglioramento del prodotto. Le fonti di finanziamento più adatte alla fase 3 sono amici e parenti, angels, acceleratori, sovvenzioni e campagne di crowdfunding.

Proprio riguardo al crowdfunding, gli autori mettono in guardia i lettori su un aspetto particolarmente significativo: prima di rivolgersi a questa forma di finanziamento, una startup hardware deve essere sicura di aver concluso la fase di progettazione e, quindi, essere pronta per la produzione.

4. DFM – Design For Manufacture
La fase DFM è quella che gli autori definiscono “Ready to roll”: è il passaggio chiave per diventare dei veri imprenditori del settore hardware. Anche se spesso questo è il momento più difficile, perchè spesso un prodotto hardware non “sopravvive” al primo contatto con il cliente.
Le startup hardware che attraversano la fase 4 hanno esigenze di finanziamento solitamente inferiori ai $ 50k: il dato si basa sull’osservazione delle 30 startup di HAXLR8R, e le spese riguardano aspetti come la stampa 3D, la progettazione, le certificazioni, le spese legali e la produzione.
Questo è, secondo gli autori, il momento migliore per utilizzare il crowdfunding: il prodotto è praticamente pronto, e il team conosce costi di produzione e margini di guadagno.

5. FFR – First Factory Run
In questa fase la startup hardware inizia la produzione del prodotto: il prototipo DFM diventa una serie di prodotti identici. Le esigenze di finanziamento in questa fase sono variabili, in ogni caso è necessario che la startup riesca a coprire le spese per pagare i macchinari, le attrezzature e la prima produzione. In questo momento i finanziamenti possono venire dal crowdfunding, da un business angel, da un acceleratore o un fondo di venture capital.
Il crowdfunding può essere ancora una volta una buona soluzione perchè consente di vendere il prodotto direttamente ai finanziatori.
Inoltre, nella fase 5 c’è ancora la possibilità di far affidamento sui pre-ordini degli appassionati del settore: in alcuni casi, addirittura, è possibile che la startup venda l’intero primo lotto di produzione esclusivamente attraverso i pre-ordini.

6. Retail
L’obiettivo di una startup hardware arrivata a quest’ultima fase è uno solo: scalare! Si tratta di una fase che spesso arriva molto lontano nel tempo per le startup hardware. Ma è anche la fase in cui è più probabile ottenere l’attenzione degli investitori: su questo punto, gli autori del post tengono a sottolineare che i VC stanno ancora imparando a conoscere il settore hardware e pertanto sono molto prudenti quando si tratta di scegliere se investire. Per aumentare il loro interesse verso la propria startup, bisogna quindi poter dimostrare di avere una domanda di mercato piuttosto ampia su cui contare.

Per leggere il post originale, il link di riferimento su TechCrunch è
http://techcrunch.com/2013/11/28/financing-lean-hardware/?utm_source=twitterfeed&utm_medium=twitter&utm_campaign=Feed%3A+Techcrunch+%28TechCrunch%29&utm_content=crowdfunding&utm_term=crowdfunding

Napoli, 29/11/2013

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