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Tag: business model

Processi di innovazione e metodologia Lean: analogie e differenze tra startup e impresa dal blog di Steve Blank

Henry Chesbrough è noto come il padre della Open Innovation, autore dell’omonimo libro e di altri testi come Open Business e Open Services Innovation. Chesbrough è direttore del Garwood Center for Corporate Innovation dell’Università di Berkeley, dove insegna Corporate Innovation assieme a Steve Blank.

E’ proprio il blog di Steve Blank ad ospitare un interessante contributo di Chesbrough, che offre una serie di spunti di riflessione al lettore partendo da alcuni concetti di base del pensiero di Blank sulle differenze tra startup e impresa e su come l’innovazione sia un processo diverso, a seconda che nasca in un startup o in un’impresa già avviata.

Il punto di partenza delle riflessioni di Chesbrough è proprio la definizione di startup data da Steve Blank: una startup è un’organizzazione temporanea in cerca di un modello di business scalabile e ripetibile. Un’impresa, al contrario, è un’organizzazione permanente, progettata per eseguire un modello di business scalabile e ripetibile. In queste definizioni, secondo Chesbrough, c’è un’intuizione molto importante che riguarda in particolare le imprese già esistenti, che decidono di innovare il proprio modello di business: i processi aziendali già ottimizzati ed in esecuzione interferiscono con i processi di ricerca necessari all’innovazione e alla scoperta di nuovi modelli di business.

Questo aspetto ha grosse implicazioni sulla decisione di intraprendere o meno un percorso di innovazione all’interno di un’impresa già esistente: il contesto dell’innovazione nel business model per un’impresa già esistente è totalmente diverso dal contesto dell’innovazione per una startup.
Le aziende già avviate possono comunque contare su un punto di forza importante quando decidono di innovare: hanno accesso a risorse e capacità che le startup non hanno a disposizione, in termini di cash flow, di brand, di rapporti con i fornitori, di distribuzione, ecc. La cattiva notizia, però, è che tutte queste attività sono regolate su misura per il modello di business esistente, e non aiutano nella ricerca di un modello di business nuovo: ecco che dei punti di forza dell’azienda si trasformano in un ostacolo ai processi innovativi, diminuendo la propensione al rischio.

Ma le differenze tra l’innovazione per una startup e quella per un’azienda già esistente, secondo Chesbrough, non finiscono qui: quando un’impresa avviata cerca di innovare trovando un nuovo modello di business ripetibile e scalabile deve condurre una lotta su due fronti. Una startup deve lavorare duro per ore ed ore, facendo molti pivot, per trovare il product-market fit e convalidare il MVP e, infine articolare tutto ciò in un business model ripetibile e scalabile. Un’azienda avviata che decide di innovare, oltre a fare tutto questo, deve tenersi pronta ad affrontare e sostenere i conflitti che il processo di ricerca ed innovazione potrà causare all’interno dell’organizzazione (richiesta di permessi e autorizzazioni, assegnazione di risorse, gestione della bassa propensione al rischio, ecc).

Quindi, un’azienda avviata che decide di innovare il proprio business model deve lavorare sia sul mercato esterno (come una startup) sia su eventuali conflitti interni: per fare un esempio, Chesbrough ricorre al caso Xerox.

Xerox ha lanciato nel 1989 il fondo XTV (Xerox Technology Ventures), che nel giro di sette anni è cresciuto dai 30 milioni di dollari iniziali ai 200 milioni di dollari e ha lanciato aziende di successo come Documentum e Document Sciences ottenendo ottimi rientri di capitale. Nonostante il successo ottenuto sul mercato, nel 1996 Xerox ha deciso di chiudere il fondo XTV: il successo ottenuto dalle aziende lanciate grazie al fondo infatti, aveva portato forti insoddisfazioni all’interno della Xerox.

Chesbrough sostiene che l’esempio Xerox serve a comprendere un altro punto fondamentale riguardo al processo di innovazione in un’impresa già avviata: c’è sempre bisogno di avere il supporto interno per innovare, e in alcuni casi per ottenere e mantenere tale supporto è possibile servirsi di un pivot.
Ad esempio, per affrontare la “guerra su due fronti”, i manager che si occupano del processo di innovazione possono decidere inizialmente di fare un pivot concentrandosi esclusivamente su nuovi clienti, e lasciano la clientela già consolidata al reparto vendite già esistente.

Le conclusioni cui giunge l’analisi di Chesbrough suggeriscono a quest’ultimo l’importanza di progettare e preparare l’organizzazione interna dell’azienda in modo tale da essere in grado di offrire e mantenere il supporto interno per le iniziative di innovazione che l’impresa deciderà di mettere in atto nel corso del tempo. In caso contrario, l’innovazione rischia di diventare davvero difficile da portare avanti, soprattutto una volta svanito l’entusiasmo iniziale.
Inoltre, un’azienda che non riesce a dotarsi di una struttura flessibile e adatta a sostenere i cambiamenti e le innovazioni rischia di andare incontro a grosse difficoltà.

Tutto ciò, secondo Chesbrough, porta ad un’ulteriore modifica ad uno dei concetti base della metodologia Lean Startup: Get Upstairs in the Building. Significa che è fondamentale per avviare processi di innovazione dotare l’impresa di una forte struttura di sostegno interno, per poter poi tentare la scalata al successo sul mercato esterno. Per avere una struttura interna di questo tipo, occorre che chi prende le decisioni abbia una buona propensione al rischio, occorre avere un’organizzazione dei processi aziendali tale da mettere al riparo le attività in esecuzione già esistenti quando ci si adopera per processi di ricerca e innovazione: quindi, occorre “salire al piano superiore dell’edificio”, per poter riuscire costruire questa struttura interna di sostegno.

Per leggere il post originale dal blog di Steve Blank: http://steveblank.com/2014/03/26/why-internal-ventures-are-different-from-external-startups/

Napoli, 08/04/2014

40 grant di impresa, 4 acceleratori, un programma di 4 mesi: l’edizione 2014 di WCAP

Il 27 marzo è stata aperta la Call for Ideas per Working Capital 2014, il programma di accelerazione per startup innovative erogato dal network di acceleratori di Telecom Italia con sede a Milano, Bologna, Roma e Catania: WCAP offre alle startup selezionate 40 grant d’impresa del valore di 25.000 euro ciascuno, assieme ad un programma della durata di 4 mesi che si svolgerà tra luglio e novembre 2014.

Possono presentare la propria application persone fisiche, team di startupper e società già costituite (da meno di 24 mesi), nazionali ed internazionali, in cui almeno uno dei componenti del team abbia compiuto il 18° anno di età: per partecipare, occorre registrarsi alla piattaforma dedicata (http://www.workingcapital.telecomitalia.it/repository/login/) e caricare il proprio progetto entro la deadline fissata per il 9 maggio 2014. (N.B.: scadenza prorogata al 26/05/2014).

In fase di selezione, i progetti candidati all’edizione 2014 di Working Capital saranno valutati sulla base dei seguenti criteri di valutazione:

– Idea disruptive: innovatività dell’idea o dell’approccio
– Team con competenze eterogenee e complementari
– Roadmap di sviluppo ben definita
– Business Model sostenibile
– Potenziali sinergie con le Business Unit di Telecom Italia
– Grado di completezza e chiarezza delle info ricevute

Una volta effettuata la registrazione, sarà possibile accedere all’area riservata ed alla sezione “Carica la tua idea”: dopo aver inserito le informazioni nell’apposito modulo, i candidati dovranno caricare i documenti richiesti (pitch del progetto, curriculum vitae del proponente, demo/business plan).

Le 40 startup selezionate per il programma di accelerazione WCAP 2014 avranno accesso agli spazi dell’Acceleratore Working Capital (ricordiamo che le sedi sono Milano, Bologna, Roma e Catania) per un periodo di 4 mesi durante il quale potranno beneficiare di un percorso di mentorship e di una serie di incontri di formazione funzionali allo sviluppo del progetto. I team avranno inoltre diritto a partecipare alle iniziative di networking organizzate durante il percorso.

Inoltre, ciascuna delle 40 startup avrà diritto ad un grant di impresa consistente in un contributo economico di 25.000 euro che sarà corrisposto in tre tranche: la prima, di 10.000 euro, all’atto di sottoscrizione del Contratto, la seconda (pari a 5.000 euro) e la terza tranche (pari a 10.000 euro) saranno corrisposte condizionatamente e successivamente all’accettazione da parte di Telecom Italia delle attività svolte dalla startup, a chiusura del programma di accelerazione e a chiusura del contratto.

Per maggiori informazioni sul contratto, della durata di un anno, è possibile consultare il regolamento della competition al seguente link: http://www.workingcapital.telecomitalia.it/2014/docs/Regolamento_Programma_Wcap_2014_IT.pdf

Per tutte le altre informazioni su WCAP, sugli acceleratori del network e sui mentor: http://www.workingcapital.telecomitalia.it/

Napoli, 01/04/2014

La nuova call di LUISS EnLabs per startup ICT con un’idea disruptive

LUISS EnLabs, l’acceleratore di startup con sede a Roma Termini, apre la nuova call for ideas per il programma di accelerazione della durata di cinque mesi che avrà inizio a giugno 2014: il percorso è aperto a idee disruptive “in grado cambiare il mondo”.

Durante i cinque mesi del percorso di accelerazione, le startup insediate a LUISS EnLabs saranno affiancate da un network di esperti e consulenti e seguiranno un approccio XPM (Agile): a ciascuna startup saranno assegnati due consulenti/mentor, che sosterranno il team cercando di diagnosticare precocemente qualsiasi problema ed ostacolo tipico di un progetto imprenditoriale nella sua fase di avvio.

Le startup selezionate per il percorso di LUISS EnLabs riceveranno un investimento pari a 30K di liquidità, inoltre avranno la possibilità di trascorrere alcune settimane in uno degli acceleratori del network internazionale di partner di LUISS EnLabs: in questo modo, i team avranno la possibilità di confrontarsi con persone, realtà ed approcci differenti accrescendo il valore formativo della loro esperienza.

Inoltre, il programma di accelerazione per startup di LUISS EnLabs prevede un ricco calendario di eventi formativi, in particolare seminari, tenuti da esperti internazionali in particolare sui temi del project management.
Tra gli eventi del programma di accelerazione, è particolarmente importante l’occasione offerta dall’Investor Day: si tratta dell’evento conclusivo dell’intero percorso, in cui ciascuna startup avrà a disposizione 7 minuti per presentare il proprio pitch seguiti da 15 minuti di Q&A di fronte ad una platea costituita da venture capitalist, business angels, grandi aziende, esperti di startup, media e giornalisti.

E’ possibile inviare la propria candidatura entro la deadline fissata per il 15 maggio 2014: LUISS EnLabs è alla ricerca di startup del settore ICT in possesso di un’idea disruptive, con un team fortemente motivato e un prodotto (anche in versione alfa o beta) in grado di stupire gli organizzatori.

Per partecipare, occorre inviare una mail all’indirizzo applications@luissenlabs.com contentente il nome della startup nell’oggetto. La mail dovrà contenere il link ad un video pitch della durata massima di 7 minuti e un executive summary (in formato PDF, di massimo due pagine).

Il video e l’executive summary dovranno contenere innanzitutto una breve descrizione del prodotto e dell’idea (Qual è il problema che la tua startup risolve? Come fa a risolverlo? Perché il vostro prodotto è unico?), inoltre dovrà spiegare il mercato potenziale, il modello di business, i concorrenti e il team.

Per maggiori informazioni, qui le FAQ dal sito ufficiale di LUISS EnLabs: http://www.luissenlabs.com/program/application/application-faq.html

Napoli, 25/03/2014

L’accordo tra Università di Salerno e 56CUBE per il supporto alle startup

Il mondo universitario e l’ecosistema startup campano uniti per il sostegno di studenti e neo-imprenditori grazie al nuovo accordo firmato dal DISTRA-MIT (Dipartimento di Studi e Ricerche Aziendali – Management & Information Technology) dell’Università di Salerno e 56CUBE, il Venture Incubator salernitano lanciato dall’incubatore certificato Digital Magics.

L’accordo si propone di sostenere la ricerca tecnologica, promuovere l’imprenditoria giovanile e sostenere le startup digitali attraverso un programma di Business Management Advisory basato sulla continua cooperazione tra gli attori coinvolti e un fitto scambio di consulenze e competenze all’interno del network di docenti e studenti dell’Università di Salerno e manager e neoimprenditori di 56CUBE.

Il programma di Business Management Advisory si struttura su tre capisaldi:

LABORATORIO: consiste in momenti di contaminazione creativa e didattica con gli universitari, i talenti e i founders di 56CUBE su temi di business modelling, economia e mercato dei nuovi progetti di impresa, dinamiche progettuali e realizzazione di un business model.

SUPPORTO: le startup innovative incubate da 56CUBE potranno servirsi del supporto del DISTRA-MIT per servizi di business management, finalizzati all’accelerazione del processo di crescita delle nuove imprese. I servizi di supporto saranno erogati da docenti dell’Università di Salerno esperti in economia aziendale e digitale.

MENTORSHIP: il DISTRA-MIT garantirà ai progetti presentati da 56CUBE un’attività di valutazione ed analisi dei business model, inoltre il Dipartimento si affiancherà il Venture Incubator nell’attività di mentoring per la strutturazione dei business plan nell’arco del processo di trasformazione dell’idea in una vera impresa.

Qui, il comunicato stampa pubblicato da Digital Magics: http://digitalmagics.com/wp-content/uploads/Comunicato-56CUBE-e-Universit%C3%A0-di-Salerno.pdf

Per ulteriori informazioni:

Prof. Roberto Parente – Professore Ordinario DISTRA–MIT
Mail: rparente@unisa.it
Tel: 089 963123

56CUBE – Ufficio Stampa – Giorgio Bocchieri

Mail: giorgio.bocchieri@digitalmagics.com
Tel. 02 52505202
Mob. 334 6853078

Napoli, 24/03/2014

Cresce l’ecosistema campano dell’innovazione: nasce a Caserta “012 Factory”, centro di contaminazione per startup

E’ appena nata in Campania una nuova realtà dedicata all’imprenditoria innovativa: si tratta di 012 Factory, centro di contaminazione per startup, talenti e idee creative di impresa che offre un percorso formativo gratuito sui temi dell’imprenditoria innovativa: 012 Academy.

Il centro 012 Factory si trova a Caserta ed sarà inaugurato ufficialmente oggi, 27 febbraio, con un evento che si terrà a Villa Vitrone (Via Fulvio Renella, 89 – Caserta) a partire dalle 17:30.
Nel frattempo, sono già aperte le iscrizioni per il programma formativo 012 Academy 2014: è possibile inviare la propria candidatura on-line entro il 31 marzo 2014 compilando il form di iscrizione disponibile al link http://www.012factory.com/academy.php .

Tra tutte le candidature saranno selezionate le migliori 30 che potranno accedere gratuitamente al percorso di formazione semestrale (che si terrà tra maggio e novembre 2014): il focus è su progetti innovativi e ad alto potenziale di crescita, e la partecipazione è aperta a talenti creativi, studenti, aspiranti imprenditori già in possesso di un’idea imprenditoriale o semplicemente con molta voglia di mettersi alla prova. E’ prevista inoltre un’attività di team building ad aprile 2014, prima dell’inizio dell’Academy.

Il percorso 012 Academy si struttura in 12 moduli dedicati ad altrettanti temi fondamentali per startup e imprese: Analisi dei Bisogni, Competitor e Best Practices, Analisi di Mercato, Processi di Produzione, Piano Commerciale e Pricing, Comunicazione, Risorse Umane, Aspetti Legali e Societari, Proprietà Intellettuale, Business Model, Finance e Piano Economico, Pitch Development.

Al termine del percorso formativo, la migliore idea di impresa riceverà un premio consistente in un Seed Funding di 20.000 euro e potrà accedere all’Incubatore di 012 Factory per un percorso della durata di altri 6 mesi.

Per maggiori informazioni: http://www.012factory.com/

Napoli, 27/02/2014

Aperte le candidature per TechHub: formazione e contributi per progetti imprenditoriali basati su tecnologia e innovazione

E’ stato pubblicato l’Avviso Pubblico con cui si aprono le selezioni per il Progetto TechHub: come spiegato in questo post del nostro blog (in occasione della presentazione del Progetto tenutasi lo scorso gennaio), si tratta di un’iniziativa riservata alle nuove imprese e agli aspiranti imprenditori con idee innovative e a forte contenuto tecnologico nata dalla collaborazione tra Camera di Commercio di Napoli, Università degli Studi di Napoli Federico II e Banco di Napoli.

La partecipazione a TechHub è aperta ad aspiranti imprenditori e a imprese già costituite da non oltre 48 mesi. Per le imprese già costituite sono previsti una serie di requisiti (elencati all’art. 3 dell’Avviso Pubblico), tra cui ricordiamo l’obbligo di avere sede operativa nella provincia di Napoli (o l’impegno a trasferire la propria sede in provincia di Napoli entro 30 giorni dall’eventuale comunicazione di ammissione ai benefici).

Il programma di TechHub prevede la selezione dei migliori progetti (da un minimo da 15 a un massimo di 30) che potranno partecipare alla prima fase consistente in un Programma Formativo della durata di 10 giornate formative dedicate ad argomenti fondamentali per le nuove imprese, tra cui aspetti relativi alla Costituzione e Amministrazione, Gestione delle Risorse Umane, Business Modelling (l’elenco completo è riportato all’art. 5.1 dell’Avviso Pubblico).

Il Percorso Formativo sarà erogato da specialisti del Banco di Napoli (per i temi riguardanti il Venture Capital e lo Start Up aziendale) e da esperti selezionati tra professionisti del settore e docenti della Federico II.

Al termine delle 10 giornate formative, i beneficiari che avranno partecipato almeno all’80% delle ore di formazione accederanno ad un ulteriore Percorso di Approfondimento, composto da 5 giornate formative dedicate a tematiche più strettamente connesse agli aspetti finanziari, gestionali e di fund raising. Durante il Percorso di Approfondimento i team svilupperanno il proprio Business Plan che presenteranno all’evento finale di TechHub: l’Arena con gli investitori.

Durante l’Arena, una Giuria di esperti in materia di investimento nel capitale di rischio e di trasferimento tecnologico selezionerà i sette migliori progetti che accederanno ai premi finali.
I premi consistono nella concessione di un contributo a fondo perduto della CCIAA di Napoli per il finanziamento e l’implementazione dell’idea progettuale: i primi due classificati beneficeranno di un contributo pari a 50.000 euro, mentre agli altri sarà riconosciuto un contributo di 30.000 euro per ciascun progetto.

Per partecipare a TechHub, la domanda di partecipazione dovrà pervenire alla Camera di Commercio di Napoli entro le ore 12:00 del 27 marzo 2014: la domanda potrà essere compilata e stampata registrandosi alla piattaforma dedicata a TechHub (qui, il link di riferimento), per poi essere consegnata alla CCIAA di Napoli secondo le modalità indicate all’art. 7 dell’Avviso Pubblico.

Per ulteriori dettagli ed informazioni, l’Avviso Pubblico per l’accesso a TechHub è disponibile a questo link: http://www.na.camcom.it/wps/wcm/connect/9e94f800430ca514a666f71d1e4fabb1/Avviso+con+allegati.pdf?MOD=AJPERES

Napoli, 25/02/2014

Consigli alle startup – Smart scaling: qual è il momento giusto per un pivot?

Il “pivot” rappresenta una decisione aziendale di effettuare un cambio di direzione, una modifica nella sua attività principale o nel suo modello di business per ottimizzare le proprie possibilità di successo e di crescita: si tratta di un concetto centrale nel modello Lean Startup elaborato da Eric Reis, del quale hanno discusso anche altri esperti di startup tra cui Steve Blank (qui, il più recente dei nostri post sull’argomento).

Qualche tempo fa, su VentureBeat.com, è stato pubblicato un post scritto in collaborazione con gli esperti di TriNet (società californiana leader nella consulenza aziendale) che spiega come capire qual è il momento giusto per un pivot, e come fare a non prendere troppo di sorpresa i propri utenti/clienti. Secondo gli autori del post, il pivot è necessario nelle seguenti situazioni:

1) Le persone non vogliono il vostro prodotto. E’ possibile che ciò accada sia ad un business maturo, sia in fase midstage che a un piccolo business agli inizi. In alcuni casi, infatti, un’azienda arriva a detenere una certa nicchia di mercato, con alcuni clienti che capiscono e apprezzano il core business. Ma per crescere davvero, e svilupparsi ad un livello successivo, occorre assicurarsi che il vostro prodotto/servizio abbia la possibilità di diventare popolare, su un mercato più ampio. Ciò può essere difficile, soprattutto per aziende del settore Saas (software-as-a-service).

Quando ci si rende conto che il prodotto non è appetibile per un’ampia fascia di potenziali clienti, diventa necessario riflettere su cosa realmente fa l’azienda e su perchè il prodotto/servizio che offre è importante per la gente, su quale problema risolve: potrebbe essere il caso di adoperarsi per un pivot, concentrando il proprio business sui prodotti/servizi che possono essere maggiormente appetibili sul mercato.

2) Il team è scoraggiato. Se i dipendenti attraversano una fase in cui sono scoraggiati e poco coinvolti con gli obiettivi dell’azienda, è probabile che anche i clienti smetteranno di seguire il business. Questo è, probabilmente, uno dei motivi principali del successo globale delle startup: attraggono attenzione ed interesse perchè sono piene di energia, motivate e impegnate nell’innovazione.
Se il team perde interesse e non crea nulla di innovativo, è probabile che anche i clienti perdano interesse per il prodotto/servizio che offrite e che si spostino verso marchi concorrenti.

Esistono degli indicatori-chiave per questa situazione: il tasso di abbandono dei dipendenti aumenta e i fornitori dimostrano meno interesse a lavorare con voi. Inoltre, quante più persone lasciano l’azienda, tante più persone che restano si demotivano, e di conseguenza lasceranno. Ecco che si innesca un vero e proprio circolo vizioso, che porta l’azienda in una situazione di crisi. La soluzione a questo tipo di problema è anche questa volta un pivot: occorre offrire al team la possibilità di lavorare ad un progetto innovativo, lasciare spazio alla creatività dei dipendenti e lavorare tutti insieme in vista di un’idea per costruire il futuro dell’azienda.

3) C’è un concorrente che non è possibile battere. Nel post su VentureBeat, gli autori si servono a questo punto dell’esempio di Instagram: i founders avevano iniziato con un social network location-based chiamato Burbn, che in fase early stage iniziava a crescere. Tuttavia, in quel periodo, c’era un grosso concorrente sul mercato: Foursquare. Ben presto i founders di Burbn si resero conto che, per avere successo, avrebbero dovuto fare qualcosa per differenziarsi dal concorrente: il loro pivot è stato l’inserimento delle fotografie e dei filtri, grazie al quale è stato possibile ritagliarsi un mercato completamente differente che li ha portati ad una delle acquisizioni di più alto profilo degli ultimi anni.

Una volta esaminate le situazioni nelle quali è consigliabile effettuare un pivot, il post prosegue con una serie di consigli su come affrontare questo delicato momento della vita di un’azienda senza rischiare di perdere tutto ciò che si era già acquisito. Si tratta di consigli fondamentali per qualsiasi azienda, ma particolarmente utili per una startup: occorre fare molta attenzione, perché le persone (che siano clienti, fornitori o clienti) sono sempre particolarmente restie di fronte ai cambiamenti. Vediamo quali sono i tre consigli pratici per un pivot di successo:

1) Mantenere il focus sulla user experience. Che si tratti di un’azienda consolidata o di una startup agli inizi, spesso la tendenza è quella di concentrarsi esclusivamente sui prodotti/servizi offerti. In realtà, è fondamentale sforzarsi di tenere in considerazione i pareri dei clienti: cosa pensano del prodotto? Di cosa hanno bisogno? Cosa si aspettano? Acquistano il vostro prodotto con una certa regolarità? E’ fondamentale porsi queste domande, e l’unico modo per avere delle risposte è parlare ai clienti per ottenere i loro feedback.

2) Mettere in pratica un progetto collaborativo. Occorre coinvolgere il team, i colleghi e i dipendenti nel pivot: tutti devono sentirsi coinvolti e devono poter collaborare al cambiamento del modello di business. Un suggerimento è quello di creare gruppi di lavoro dedicati al pivot all’interno dell’azienda. Inoltre è fondamentale capire chi sono le persone maggiormente scontente e demotivate e chi, invece, è più incline e propenso al cambiamento e all’innovazione: entrambi vanno attivamente coinvolti. Fondamentale, infine, dare a tutti i componenti dell’azienda la possibilità di fornire i propri feedback, creando dei canali riservati ad hoc.

3) Trovare un altro “big problem” da risolvere. La principale critica che viene mossa oggi alle startup è che molte aziende lavorano per risolvere problemi di scarsa rilevanza. Se le persone credono che il problema risolto dal prodotto/servizio offerto dall’azienda sia poco importante, è il momento di un pivot. Diventa quindi indispensabile trovare un problema interessante, un gap da colmare, che sia utile ai clienti nella vita di tutti i giorni. Quando si trova il problema da risolvere, occorre tenerlo presente come un faro verso il quale dirigere il pivot e l’intera mission aziendale: la chiave per trovare un problema di questo tipo è quella di affidarsi alla creatività e all’innovazione.

Per leggere il post originale: http://venturebeat.com/2013/09/19/smart-scaling-3-signs-you-need-to-pivot-and-how-to-pull-it-off-2/

Napoli, 24/02/2014

Un’opportunità per progetti innovativi nel settore Vending dal contest “Intel Intelligent Vending Competition”

Intel Intelligent Vending Competition è un contest organizzato da Intel Corporation collegato all’evento internazionale Venditalia 2014, la fiera internazionale dedicata agli attori del settore Vending (vendita attraverso distributori automatici) che si terrà a Milano dal 7 al 10 maggio 2014.

Il Contest è dedicato a talenti creativi che abbiano un progetto innovativo nel settore Vending. In particolare, la Giuria si baserà sui seguenti criteri di valutazione:

1. Eccellenza nella vending user experience, inclusa l’interfaccia della macchina (grafica, touch screen, integrazione con i social media, ecc.);
2. Integrazione tra le funzioni del vending system management con la piattaforma (connettività, product e price management, ecc.);
3. Business Model innovativi nel settore Vending (programmi fedeltà, sconti, voucher/coupons, etc.);
4. Integrazione di metodi di pagamento/transazione innovativi alle piattaforme vending (sistemi di pagamento mobile-based, vouchering, ecc.).

La partecipazione a Intel Intelligent Vending Competition è aperta a talenti internazionali che abbiano compiuto il 18° anno di età, le candidature dovranno pervenire entro il 1° marzo 2014 attraverso il modulo on-line disponibile al seguente link: https://www.inteleventzone.co.uk/iva-2014/

Entro il 14 marzo 2014 la giuria selezionerà il miglior progetto: il team proponente potrà partecipare in maniera gratuita all’evento Venditalia 2014, con la possibilità di presentare il proprio progetto attraverso lo stand Intel all’interno della manifestazione. Si tratta di un’occasione di grande visibilità, infatti la scorsa edizione di Venditalia ha registrato circa 20.000 visitatori da oltre 90 paesi in tutto il mondo.

Napoli, 20/02/2014

Continuous Customer Discovery, MVP e complessità: i consigli alle startup dal blog di Steve Blank

L’ultimo post del blog di Steve Blank è dedicato al tema della Continuous Customer Discovery: il contatto continuo con i clienti è fondamentale per una startup, e consente al team di diventare più “smart” anche dei potenziali investitori.

Per spiegare l’importanza della Continuous Customer Discovery Blank si serve dell’esempio di Ashwin, un suo ex-studente, che qualche tempo fa cercava di mettere a segno un seed round piuttosto ingente per finanziare il suo progetto di startup, Ceres Imaging. Il progetto prevedeva la costruzione di droni (Unmanned Aerial Vehicles) dotati di una speciale fotocamera (Hyper-spectral Camera), da far volare sui campi coltivati per raccogliere immagini delle coltivazioni. Partendo dalle immagini catturate dai droni, e grazie a dei particolari algoritmi sviluppati ad hoc, Ashwin e il suo team avrebbero potuto raccogliere dati e informazioni utili sulle piante: gli agricoltori avrebbero potuto sapere in tempi rapidi se le piante erano in buono stato di salute, se c’erano insetti, se c’era abbastanza fertilizzante e se avevano bisogno d’acqua.

Quando Ashwin cercava finanziamenti seed per costruire i droni, Blank gli aveva fatto notare che il loro minimum viable product in realtà non erano i droni, bensì i dati fruibili per gli agricoltori. Il suggerimento di Blank era quindi quello di convalidare il minimum viable product in un modo più semplice ed economico, affittando un elicottero o un aereo per sorvolare i campi. Una volta in possesso delle immagini, Ashwin e il suo team avrebbero potuto estrarre manualmente i dati e vedere se i contadini erano disposti a pagare per ottenerli. In questo modo, i capitali che Ashwin aveva bisogno di reperire attraverso un seed round sarebbero stati molto meno ingenti, e anche i tempi per effettuare il test erano drasticamente ridotti.

Qualche tempo dopo, Blank ha incontrato nuovamente Ashwin per scoprire a che punto era il progetto e quale fosse attualmente il minimum viable product: con grande sorpresa di Blank, la situazione era totalmente cambiata.

I founders di Ceres Imaging, parlando con i potenziali clienti (gli agricoltori) della loro idea dei droni, avevano scoperto che esistono i cosiddetti “Crop Dusters“: si tratta di veicoli aerei utilizzati in agricoltura per spruzzare pesticidi sulle coltivazioni. Negli USA sono circa 1.400 le aziende agricole che utilizzano i Crop Dusters, con circa 2.800 aerei in 44 stati.

Parlando con i potenziali clienti, Ashwin e gli altri founders di Ceres Imaging avevano ottenuto un’informazione preziosa: non era affatto necessario costruire dei droni per convalidare il minimum viable product, bastava semplicemente montare le Hyper-spectral Camera su questi veicoli già in possesso dei coltivatori. Quello che sembrava essere un grosso sforzo in termini di tempo, risorse e capitali si era immediatamente trasformato in un piccolo costo variabile e, allo stesso tempo, ben 1.400 aziende erano diventati potenziali clienti di Ceres Imaging.

Il minimum viable product era diventato un sistema di imaging montato sui Crop Dusters, per ottenere dati e informazioni utili ai coltivatori. La value proposition di Ceres Imaging non era l’aereo, nè tantomeno la macchina fotografica, bensì gli algoritmi specializzati nel monitoraggio dei livelli di acqua e fertilizzanti: un’idea brillante per una startup.

L’esperienza di Ashwin e del team di Ceres Imaging dimostra ancora una volta quanto sia importante “uscire dall’edificio” e andare a parlare con i potenziali clienti: secondo Blank, la continuous customer discovery deve entrare a far parte del DNA dell’azienda.

Inoltre, Blank sottolinea l’importanza per una startup di scegliere bene il minimum viable product: il giusto MVP consente infatti alla startup di eliminare le complessità dal business model e facilitare la fase di test.
La scelta deve essere effettuata focalizzandosi su ciò che fornisce valore immediato agli earlyvangelists, i primi potenziali partner e clienti della startup.

Ultimo consiglio di Blank: le complessità e il valore aggiunto vanno presi in considerazione soltanto in seguito, quando il minimum viable product è convalidato.

Per leggere il post originale dal blog di Steve Blank: http://steveblank.com/2014/02/19/how-to-be-smarter-than-your-investors-continuous-customer-discovery/

Napoli, 20/02/2014

Startup, Pivot e approccio Lean: nuovi spunti dal blog di Steve Blank

L’ultimo post pubblicato da Steve Blank sul suo blog offre l’opportunità di precisare alcuni aspetti importanti di un concetto-chiave dell’Approccio Lean Startup: il Pivot.
Lo spunto per questa riflessione nasce da un’analisi pubblicata a fine 2013 da Cowboy Ventures, noto fondo di Venture Capital specializzato in investimenti seed per startup digitali innovative con sede a Palo Alto.

La ricerca in questione si basa sull’analisi delle startup tecnologiche statunitensi degli ultimi dieci anni che hanno raggiunto un valore di 1 miliardo di dollari: si tratta di un gruppo di 39 aziende che compongono il cosiddetto “Unicorn Club” e del quale fanno parte business di successo planetario come Facebook e LinkedIn.

L’articolo pubblicato da Cowboy Ventures riassume i 10 principali insegnamenti che è possibile ricavare dalle storie dello Unicorn Club e, con grande sorpresa di Blank, uno di questi insegnamenti è che il 90% delle aziende in questione continua a lavorare sulla versione originale del prodotto: la conclusione cui giunge Cowboy Ventures è quindi che il Pivot non è poi così necessario ed utile per una startup di successo.

In realtà, Blank spiega come gli autori siano giunti a questa conclusione erronea semplicemente per aver frainteso il significato del concetto di Pivot: il Pivot rimane una intuizione fondamentale dell’Approccio Lean, che parte dal presupposto che all’inizio della vita di una startup tutto ciò che il team ha in mano è una serie di ipotesi non testate. Pertanto, è necessario “uscire dall’edificio” e testare il più rapidamente possibile tutte le ipotesi: è probabile che una o più di queste ipotesi si rivelerà errata.

Nel momento in cui si capisce che una delle ipotesi del Business Model è errata, anzichè scivolare nella crisi è opportuno provare a cambiare quell’ipotesi: è proprio questa la funzione del Pivot, che può essere effettuato in una qualsiasi delle nove aree del Business Model Canvas.

L’errore di base degli autori dell’analisi di Cowboy Ventures, secondo Blank, è proprio nel non aver compreso appieno la definizione di Pivot, confondendola con il semplice cambiamento di Prodotto.
Il Pivot, in una startup, può essere un cambiamento effettuato a livello di segmento di clientela, il canale, modello di pricing, le risorse, le attività, i costi, i partner, l’acquisizione di nuovi clienti: in qualsiasi area di Business.

Quindi, osservando le 39 aziende dello Unicorn Club, è facile capire alla luce della completa definizione di Pivot che la maggior parte di queste aziende l’ha messo in pratica: Blank ricorda, a titolo di esempio, ancora Facebook e Linkedin che hanno cambiato il segmento di clientela cui erano originariamente rivolti, Meraki che ha imperniato nuovi modelli di business e segmenti di clientela e Yelp, che ha cambiato il prodotto.

La conclusione finale di Blank è quindi che guardare il Pivot come un semplice cambiamento sul prodotto originario è troppo riduttivo per una startup: sarebbe come portare con sè un coltello per affrontare uno scontro a fuoco.

Per leggere il post originario di Steve Blank: http://steveblank.com/2014/01/14/whats-a-pivot/

Napoli, 14/01/2013

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