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Startup e Video Marketing: alcuni consigli utili e una serie di attività strategiche da implementare

Dianna Labrien è una formatrice esperta in applicazioni mobile, viral media trends, content strategies e product localization che attualmente collabora con diverse aziende in Francia. Di recente, il portale Tech.co ha pubblicato un suo articolo dedicato al Video Marketing e ai consigli più utili per imparare ad utilizzare al meglio le opportunità che esso offre alle startup.

Il 2015 è stato decisamente un anno d’oro per il Video Marketing e si prevede un ulteriore sviluppo per il 2016: per questo motivo, anche se non si dispone di grandi budget, delle migliori attrezzature o di un testimonial di successo, startup e PMI non dovrebbero lasciarsi sfuggire l’occasione di sfruttare le opportunità che questo tipo di strategia può offrire.

Cameraman at work

Vediamo quindi quali sono i tre consigli fondamentali per startup alle prese con il Video Marketing che Dianna Labrien elenca nel suo articolo:

1. Essere autentici

Uno degli errori più comuni commessi da startup e piccole aziende alle prese con il Video Marketing è quello di cercare di imitare gli spot televisivi dei grandi brand. La verità è che anche un video girato con un iPhone può portare ottimi risultati in termini di impatto e valore: a tal proposito, l’autrice cita Marcus Sheridan, secondo il quale “But in the world we live today, there is a place for amateur video of all levels”.

Un esempio lampante sono le YouTubers più popolari: raggiungono numeri elevatissimi di fan senza aver speso capitali per attrezzature professionali, registi, sceneggiatori: anzi, i loro video sono decisamente amatoriali, e proprio per questo risultano ancora più accattivanti.

Una startup dovrebbe adottare questo tipo di strategia: anziché cercare di produrre video professionali, concentrarsi sul mostrare “il lato umano” del proprio business. Per mostrare il proprio ufficio e il proprio prodotto “dietro le quinte” basta girare un breve video in grado di spiegare qualcosa di nuovo ai clienti, raccontando la propria storia e parlando dei propri valori aziendali.

2. Ottimizzazione per i motori di ricerca

Per far sì che gli sforzi di Video Marketing siano fruttuosi, naturalmente, i contenuti video devono raggiungere il target di riferimento della startup: ecco perché è necessario avere una buona strategia SEO per posizionare e promuovere i video.

Proprio come Google, anche YouTube ha dei “rancking factors”, degli indici utili per capire se la strategia di Video Marketing implementata sta ottenendo risultati: tra questi, Dianna Labrien ricorda quelli di Video Retention (% di persone che tendono a guardare il video), Commenti, Subscribes after whatching (la metrica più importante), Social Shares, Favorites e Pollice Su/Giù.

L’autrice elenca, inoltre, una serie di attività da implementare per ottenere la crescita degli indici indicati:

a) Caricare video di almeno 5 minuti: così come per i contenuti, la lunghezza del video è fondamentale per ottenere risultati migliori;

b) Aggiungere delle keywords al nome del file video: ciò aiuta ad identificare meglio il video nelle ricerche su YouTube;

c) Il titolo del video deve essere composto da almeno 5 parole: questa accortenza rende il titolo descrittivo (non dimenticare di includere nel video le keywords!);

d) Ottimizzare la descrizione: è questo il valore aggiunto più importante. Occorre assicurarsi che le keyword compaiano nelle prime 25 parole della descrizione, in generale è buona norma che la keyword fondamentale compaia almeno 3/4 volte su una descrizione composta da 250 parole circa. Per massimizzare l’ottimizzazione è inoltre utile inserire il link al proprio sito web nella descrizione, così come i link ai profili social della startup;

e) Non dimenticare i Tag, che rappresentano un’opportunità per classificare meglio le keywords ma anche e soprattutto aiutano a pubblicare il video nella lista dei “Related” quando si visualizzano altri video inerenti all’argomento.

Ancora, è importante promuovere il video su altri canali social e piattaforme pertinenti (il blog aziendale, altri blog, etc).

3. Utilizzo strategico di Facebook

Da quando Facebook ha implementato la propria piattaforma video, ha ottenuto una crescita costante che l’ha portato, nel 2014, a superare YouTube per numero di video caricati. La maggior parte dei brand ha smesso di postare i propri contenuti video su YouTube, preferendo la pubblicazione diretta sulle proprie pagine aziendali su Facebook.

Ecco perché imparare ad utilizzare Facebook a vantaggio della propria startup rappresenta una svolta fondamentale in termini di Video Marketing. Sempre più spesso, infatti, le grandi aziende optano per pubblicare brevi video, puntando sulla creatività, l’ironia e su un rapporto quotidiano con i propri clienti.

Il post originale è disponibile qui: http://tech.co/video-marketing-tips-startup-know-2015-11

Napoli, 11/11/2015

Business Stories: fino a 4.000€ in palio per il miglior video sull’imprenditorialità con il contest di Invitalia

Si è aperto alle 12:00 di ieri, 9 novembre 2015, il Video Contest “Business Stories” lanciato da Invitalia in occasione della partenza dei nuovi incentivi per giovani e donne “Nuove imprese a tasso zero” (qui, il nostro approfondimento sulle nuove agevolazioni).

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Il Video Contest “Business Stories” è aperto a giovani, donne, video maker, creativi, innovatori ed esperti digitali con la possibilità di partecipare sia singolarmente che in gruppo. Per partecipare occorre compilare il form di iscrizione (scaricabile qui), indicando il link per scaricare il video, ed inviarlo all’indirizzo videocontest@invitalia.it

Le iscrizioni a Business Stories resteranno aperte fino alle ore 12:00 del 9 dicembre 2015, mentre a partire dal 16 novembre 2015 i video dei partecipanti saranno caricati sul canale YouTube dedicato all’iniziativa.

I video partecipanti al contest dovranno avere una durata massima di 3 minuti ed essere incentrati sulle tematiche dell’imprenditorialità e del fare impresa, con le leve della creatività e dell’innovazione. Saranno ammesse tutte le tecniche audiovisive: cartoni animati, keep/stop motion, filmati amatoriali, video in alta risoluzione, etc.

I video di Business Stories saranno sottoposti prima di tutto alla votazione della community: fino al 9/12/2015 sarà possibile votare i video dal canale YouTube con un like al proprio video preferito. La votazione della community avrà un peso del 40% sulla graduatoria finale.

Alla votazione della community si affiancherà quella della Commissione (composta da due rappresentanti di Invitalia e da un esperto esterno), che potrà assegnare a ciascun video un punteggio sulla base dei seguenti criteri:

40 punti al video che avrà ottenuto il maggior numero di like su YouTube,
fino a 20 punti per l’originalità,
fino a 20 punti per la creatività,
fino a 20 punti per la coerenza con le finalità ed il tema del contest.

Al termine delle valutazioni, saranno assegnati i seguenti premi ai tre video vincitori:

Primo classificato: 4.000€
Secondo classificato: 2.000€
Terzo classificato: 1.000€

Per ulteriori informazioni e dettagli, è possibile scaricare il Regolamento completo dal sito web dedicato all’iniziativa: http://www.invitalia.it/site/new/home/video-contest.html

Napoli, 10/11/2015

Startup Tips – Qual è il fattore che distingue una startup di successo da una destinata al fallimento?

Bill Murphy Jr è executive editor per TheMid.com e founder di ProGhostwriters.com e di recente ha pubblicato un post sul portale Inc.com nel quale cerca di trovare la risposta ad una domanda molto interessante: qual è il motivo n°1 per cui alcune startup riescono ad avere successo (e tante altre falliscono)?

Nel suo articolo, quindi, Murphy si propone di mettere in evidenza il più grande ed importante fattore che divide le startup di successo da quelle che non riescono a sfondare sul mercato e lo fa partendo dall’intervento che Bill Gross (imprenditore seriale che ha ideato Idealab) ha tenuto durante una conferenza TED: nel corso del suo intervento, Gross ha analizzato 200 aziende per capire quale fosse il fattore più importante a determinarne il successo o il fallimento.

Gross ha incluso nel suo studio aziende di enorme successo planetario (come AirBnB e YouTube) e, per controbilanciare, aziende che non hanno realizzato fino in fondo le proprie aspettative ed ha analizzato i loro punti di forza in cinque aree: Idea, Team, Business Model, Funding, Timing.

La grande sorpresa nell’analisi dei risultati è stata che, fermo restando l’importanza di tutti e cinque i fattori, il fattore più importante (che rappresenta il 42% della differenza tra successo e fallimento) è stato quello relativo al tempo e alle tempistiche: il Timing.

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Riguardo al Timing, una startup dovrebbe porsi domande come quelle che lo stesso Grass si è posto:

– E’ troppo presto per lanciare l’idea e il mercato non è ancora pronto?
– E’ presto, ma ciò rappresenta un vantaggio ed un’opportunità per “educare” il mercato?
– E’ troppo tardi e ci sono già troppi concorrenti in attività?

A titolo di esempio, Gross ha citato AirBnb e Uber.

Prendiamo innanzitutto l’esperienza di AirBnb: il team aveva un’idea apparentemente folle che ben pochi investitori erano disposti a prendere in considerazione. Inoltre, il team aveva molte risorse e capacità, ma una scarsissima esperienza in tema di leadership. Tuttavia, il servizio è stato lanciato in periodo di recessione economica, quando la gente aveva bisogno di fare soldi extra, ed era pertanto propensa a considerare l’idea di affittare una stanza o un posto letto ad un estraneo.
Considerazioni simili possono essere fatte per Uber: il lancio del progetto è coinciso con un periodo di crisi economica, quando le persone erano propense a guidare la propria auto e portare in giro gli stranieri, guadagnando un po’ di soldi extra.

Le esperienze di AirBnb e Uber sono in netto contrasto con quello che è successo invece a Z.com, società di entertainment on-line cui Gross ha collaborato nel 1999: Z.com partiva con la strada spianata in termini di risorse finanziarie ed accesso ai capitali. Ma ciò non è bastato ad evitare il fallimento.
La causa del fallimento è stata che il lancio è avvenuto troppo presto: almeno cinque anni prima che il problema della visualizzazione dei video on-line fosse veramente risolto. Cosa che invece è accaduta qualche anno dopo con YouTube.

Il consiglio finale per chi vuole lanciare una startup, quindi, è di trovare una grande idea ed un grande team ma, cosa ancora più importante, capire se il mercato ed i consumatori sono davvero pronti ad accogliere il nuovo prodotto/servizio.

Per leggere il post originale: http://www.inc.com/bill-murphy-jr/here-s-the-no-1-biggest-reason-why-some-startups-succeed-and-most-others-fail.html

Napoli, 06/10/2015

Come gestire la customer influence: la strategia social basata sul “4 Gears Model” di Geoffry Moore

Con lo sviluppo e la diffusione globale delle tecnologie digitali, il ruolo ed il comportamento dei clienti è radicalmente cambiato: grazie ai social media, le persone hanno accesso ad un numero molto più elevato di informazioni e hanno la possibilità di mantenersi in contatto in maniera più semplice ed immediata con familiari e amici rispetto al passato. Il risultato di questo processo, di grande importanza per le imprese, è che siamo in un’epoca che è possibile definire “the golden age of customer influence”.

Ne deriva la necessità per imprese e startup di adattarsi al meglio a questa nuova realtà, cercando di rispettare e sfruttare il grande potere che oggi è nelle mani dei clienti: il problema è che troppo spesso le aziende cercano di adattarsi ad una situazione totalmente nuova con metodi tradizionali, basandosi sul percorso strategico di acquisizione/monetizzazione.

Una strategia del genere è troppo semplice per l’attuale situazione in cui si trova il mercato globale: la soluzione per ottenere una strategia efficace e sostenibile può essere quella di applicare il “4 Gears Model” teorizzato da Geoffry Moore (autore di alcuni importanti libri sul tema dello sviluppo tecnologico e delle strategie di mercato, tra cui “Crossing the Chasm”).

Il modello di Moore fornisce infatti un modello affidabile per adattare le strategie imprenditoriali all’attuale social marketplace, in cui l’obiettivo strategico fondamentale che l’azienda deve perseguire è quello di costruire e “far girare” contemporaneamente i quattro “ingranaggi” previsti dal modello.

Il punto di partenza sulla base del quale Moore ha costruito il suo modello è, infatti, l’ampia diffusione dei social: grazie a questi strumenti, i clienti possono condividere un’enorme quantità di contenuti sul web. La strategia social implementata dall’azienda deve essere in grado di adattarsi a tale circostanza, cercando di trarne vantaggio: ciò significa che l’azienda deve guidare un percorso di creazione e crescita di una base di clienti fidelizzati, con i quali costruire delle relazioni durature.

Per ottenere una strategia di questo tipo, che sia efficace e sostenibile, non basta più (come accennato) limitarsi al modello acquisizione/monetizzazione: occorre implementare un sistema di quattro “ingranaggi” interdipendenti sui quali lavorare.
I quattro “ingranaggi” cui Moore si riferisce sono:

1) Acquisition: è il meccanismo che consente all’azienda di attrarre e mantenere nuovi clienti. Si tratta della leva “di partenza”, il primo “ingranaggio” su cui implementare l’intera strategia social. Inoltre, l’Acquisition va di pari passo con il secondo ingranaggio previsto dal modello, l’Engagement.

2) Engagement: è il processo che, in prospettiva, costruisce e mantiene viva la fedeltà a lungo termine della clientela.

L’Engagement è il primo passo per costruire relazioni con i clienti acquisiti, e lo scopo è quello di instaurare rapporti basati sulla fedeltà al brand: è un processo che richiede tempo e attenzione basato sulla reciprocità della comunicazione tra i clienti e con i clienti, ma bisogna fare attenzione a configurarla in modo tale che i clienti non siano considerati semplicemente obiettivi per l’acquisizione di nuove entrate. L’Engagement è infatti un processo di comunicazione trasparente e autentico tra il brand e i clienti, basato sulla fiducia e sulla necessità di costruire un rapporto brand-cliente forte e duraturo.

Per capire lo stretto legame che intercorre tra le prime due leve (o ingranaggi) è importante osservare la differenza tra social network e community: entrambi sono utili per guidare l’interesse e accrescere la consapevolezza dei clienti, ma i social network (ad esempio Facebook, Twitter e LinkedIn) nascono sulla base di relazioni interpersonali pre-esistenti tra le persone, mentre le community (ad esempio YouTube, Instagram e Pinterest) si basano sugli interessi comuni tra i partecipanti.
Per questo motivo, i social network sono utili in fase di Acquisition perchè offrono una grande opportunità di visibilità per il marchio e per l’azienda, mentre le community sono indispensabili per l’Engagement, in quanto sono più focalizzate su interessi particolari e offrono contenuti più rilevanti per i clienti.

Una volta messi in moto i meccanismi dell’Acquisition e dell’Engagement, i clienti diventano dei veri e propri partner dell’azienda, impegnati nella crescita del brand: a questo punto è possibile per l’azienda passare agli “ingranaggi” successivi, creando clienti fidelizzati in grado di co-costruire il successo dell’azienda (Enlistment) e costruendo un meccanismo sostenibile per il successo economico del business (Monetization).

3) Enlistment: è un ambiente che consente ai clienti di partecipare al business in maniera innovativa, attraverso il quale l’azienda può acquisire nuovi clienti e generare idee per nuovi prodotti.
Si tratta di un processo che comporta il coinvolgimento dei clienti nel business, basato sulla collaborazione e l’apprendimento reciproco tra brand e clienti in modo tale da ottenere un valore altrettanto reciproco.
Gli strumenti più utili per mettere in funzione l’ingranaggio di Enlistment sono la co-creation e la gamification: la co-creation è un vero e proprio processo di “arruolamento” dei clienti che collaborano alla condivisione e creazione di contenuti. La gamification è un sistema che il brand può utilizzare per coinvolgere i clienti che non hanno alcun obbligo di collaborazione: si utilizza il gioco per incoraggiare comportamenti prevedibili e produttivi del cliente/giocatore. In questo modo, i clienti vengono coinvolti attraverso un meccanismo di crowdsourcing che può riguardare svariati aspetti, dal servizio clienti all’innovazione di prodotto: in cambio, i clienti/giocatori ottengono punti e altre tipologie di premi e vantaggi.

4) Monetization: è la leva che definisce e quantifica la performance aziendale, ed è assolutamente necessario che i primi tre ingranaggi siano messi in moto e funzionino a pieno regime per ottenere dei risultati a lungo termine in chiave “Monetization”.
L’arruolamento dei clienti social che hanno attraversato le prime tre fasi del modello consente all’azienda di creare user-generated-content, costruire una base di conoscenza condivisa, accrescere il passaparola: tutti questi aspetti sono indispensabili per il successo aziendale, ma è difficile quantificare il loro impatto sul ROI dell’azienda.
Per ottenere dei buoni risultati occorre riuscire ad integrare nella migliore maniera possibile la social strategy con i “monetizazion engines”, ad esempio l’e-commerce o i sistemi CRM, che consentono di convertire le vendite in ricavi.

La strategia social, per essere sostenibile, deve quindi prevedere il funzionamento di tutti e quattro gli “ingranaggi”. Questi ultimi, inoltre, devono muoversi in maniera interdipendente per poter garantire il successo dell’impresa a lungo termine. Una strategia basata sul 4 Gears Model implementata in maniera corretta consente ai clienti di partecipare attraverso i social, aiutando l’azienda nella creazione di contenuti attendibili, rimanendo fedeli più a lungo e consentendo di reclutare nuovi clienti.
Il risultato di una strategia social efficiente è l’aumento delle vendite, la crescita dei margini e un vantaggio competitivo forte e duraturo.

Fonti:

Per maggiori informazioni sul “4 Gears Model”:

Napoli, 28/04/2014