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Tag: marketing

Consigli per startup: la scelta dei co-founder per costruire un team vincente

Atish Davda (CEO di EquityZen) si occupa da diversi anni di startup e, in particolare, degli aspetti riguardanti la creazione di valore per tutti gli stakeholders di una nuova impresa: clienti, imprenditori, investitori. Di recente, il portale WeWork ha pubblicato un suo contributo incentrato al tema della creazione del miglior team per una startup di successo.

Il team dei founder di una startup è infatti un fattore chiave di successo, in quanto rappresenta la base di partenza per affrontare e risolvere tutti i piccoli e grandi intoppi che un nuovo progetto imprenditoriale si trova ad affrontare fin dall’inizio delle attività di business: nel suo post, Davda elenca alcuni dei punti fondamentali da tenere a mente quando si costituisce il team.

Prima di tutto, è fondamentale che una startup abbia un team costituito da più founder: secondo le statistiche, la maggior parte delle aziende di successo ha un team costituito da più talenti, in media 2,4. Ciò vuol dire che la ricerca di co-founder è un’attività fondamentale per costruire una startup.
Nelle fasi più difficili della vita aziendale, infatti, avere almeno un’altra persona su cui contare diventa indispensabile: lo sanno bene gli investitori, che preferiscono finanziare startup con un team di fondatori piuttosto che “solo founder”.

Una volta costituito il team, i founder devono avere ben chiaro che si tratta di una situazione simile a un matrimonio: creare e gestire una startup è un’attività che durerà nel tempo, per cui è importante scegliere co-founder che abbiano le stesse ispirazioni, aspettative, motivazioni e passione per il progetto. La scelta va quindi effettuata tenendo ben presente la condivisione e la compatibilità tra i componenti.

Dalla sua esperienza come founder, in particolare dalla ricerca dei co-founder per il progetto EquityZen, Davda ha ricavato una serie di aspetti a suo parere fondamentali, da tenere in attenta considerazione quando si cercano i componenti per il proprio team:

Determinazione: è probabilmente l’aspetto più importante per un co-founder, e secondo l’autore è uno dei maggiori segnali di intelligenza in una persona;

Commitment: bisogna capire se la persona sarà in grado di restare concentrata e mantenere gli impegni durante i periodi altalenanti che la startup dovrà affrontare;

Etica sul lavoro: strettamente legata all’aspetto precedente, indispensabile in una startup in cui bisogna essere pronti a lavorare anche di notte e nei weekend;

Umiltà: occorre scegliere compagni di viaggio in grado di rimboccarsi le maniche quando necessario;

Convinction: la scelta deve ricadere su individui che credono fermamente nella vision aziendale;

Fiducia: in un team di co-founder è fondamentale che le persone possano fidarsi l’una dell’altra;

Il “Salto di Fede”: la creazione di una startup richiede spesso il coraggio per affrontare quelli che Davda definisce veri e propri “Salti di Fede” e bisogna assicurarsi che i co-founder abbiano questo tipo di coraggio;

Affidabilità: bisogna scegliere un team composto da persone affidabili, di cui si possa essere certi che facciano ciò che hanno detto di fare;

Personal compatibility: i co-founder devono essere amici e condividere interessi anche al di fuori degli aspetti strettamente legati al business;

Rational compatibility: questo aspetto riguarda la compatibilità tra i componenti del team nel ragionare insieme per risolvere i problemi;

Technical compatibility: la compatibilità in questo senso riguarda gli aspetti tecnici, e la possibilità di delegare e scambiarsi le incombenze di lavoro;

Leadership;

Disponibilità all’apprendimento;

Principi: i co-founder devono agire nel rispetto delle regole e dei principi da un punto di vista legale, etico e morale;

Width & Depth Intelligence: i co-founder devono essere molto intelligenti, anche rispetto agli altri “candidati” presi in considerazione;

Audacia: si tratta di quella che Paul Graham definisce “cattiveria”, un aspetto che l’autore spiega con la capacità di “chiedere scusa ogni tanto, anziché chiedere permesso”;

Resolve: si tratta della capacità, di fronte a un errore, di rialzarsi e tornare a lavorare scrollandosi di dosso la frustazione per lo sbaglio compiuto;

Ispirazione;

Rispetto;

Network: bisogna fare attenzione a scegliere co-founder con reti di contatti professionali e personali compatibili;

Passione: non può essere trasmessa, né insegnata, ma è un aspetto innato e fondamentale per una startup;

Divertimento: lavorare con il proprio team deve essere piacevole e divertente per far funzionare una startup;

Invincibilità: con l’ultimo aspetto, Davda fornisce l’immagine di un team che si sente invincibile quando lavora in gruppo.

Per leggere l’articolo originale: https://www.wework.com/magazine/knowledge/can-build-incredible-founding-team/

Napoli, 23/12/2014

Consigli per startup: i 9 passi fondamentali per il successo di una nuova impresa

Laura Dornbush (AHA Strategic Partners), specializzata in Business and Personal Coaching, ha pubblicato attraverso LinkedIn un interessante contributo sul tema delle startup in cui elenca 9 passaggi critici da tenere in attenta considerazione per lanciare un’attività imprenditoriale di successo. Si tratta di un vero e proprio vademecum che i founder dovrebbero cercare di implementare passo dopo passo: vediamo più nel dettaglio i singoli step che lo compongono.

1) Smettere di mirare alla perfezione

La perfezione è soltanto un mito, non è la realtà: attendere che tutto sia perfetto serve solo a rallentare il momento della partenza. In più, bisogna sempre ricordare che “L’ottimo è nemico del bene“, vero più che mai anche quando si parla di startup e impresa.

2) Pianificare il successo

Per raggiungere il successo, in generale e a maggior ragione quando si tratta di startup, occorre prendersi tutto il tempo necessario per l’attività di pianificazione. i piani sono indispensabili per comprendere meglio il percorso da fare.
L’autrice cita in questo caso Benjamin Franklin: “Failing to plan is planning to fail“: quindi, non è possibile raggiungere la perfezione, ma è possibile e indispensabile costruire un piano solido per raggiungere il successo.

3) Fare le proprie ricerche

La ricerca è un aspetto imprescindibile per aspiranti imprenditori: amare ciò che si fa non basta, se non si conosce al meglio il settore, il mercato, tutto ciò che concerne il proprio business. La ricerca è un fattore chiave per capire se la strada che si sta scegliendo di percorrere con la propria startup è quella giusta.

Quindi, quando si sviluppa il business plan, è importante effettuare un’accurata attività di ricerca sul mercato di riferimento, sulla concorrenza, su prodotti e servizi complementari, etc. Infine, riguardo alla ricerca, non bisogna mai trascurare l’attività di documentazione dei risultati: si tratta infatti di dati e informazioni indispensabili sia per l’attuale pianificazione che per le future ricerche di cui la startup avrà bisogno nel corso degli anni.

4) Identificare i “core values”

Si tratta dei valori fondamentali della cultura aziendale, che rappresentano il cuore di qualsiasi attività e, in particolare, di una startup. Saranno indispensabili per affrontare eventuali crisi e periodi di stallo, per avvicinarsi ai clienti e costruire relazioni con loro, per scegliere le attività su cui concentrare il business.

In questo ambito Laura Dornbush consiglia ai founder di tenere sempre a mente che “si tratta di una maratona, non di uno sprint“: occorre lavorare in maniera continuativa per far sì che i clienti conoscano i valori dell’azienda e accrescano la loro fiducia, con la consapevolezza che i risultati arriveranno con il tempo.

5) Definire al meglio il target

La maggior parte delle startup sono convinte che il target di riferimento sia composto semplicemente da chi ha i soldi per comprare il loro prodotto/servizio: purtroppo, questo tipo di ragionamento porta a spendere male le risorse, attirando fasce errate di clientela e finendo per erodere i profitti.

L’autrice consiglia invece di prendere il tempo necessario per definire il target di mercato: partendo da aspetti demografici, occorre restringere sempre più il campo e identificare un target di clienti più possibile specifico. Si tratta infatti del modo migliore per assicurarsi di soddisfare al meglio i bisogni.

6) Trovare finanziamenti

Il sostegno finanziario, naturalmente, è indispensabile per una startup: spesso il rischio è quello di partire con una grande idea e un grande progetto, ma di arrivare a fine percorso senza i capitali necessari per il “salto” dalla fase di startup a quella di impresa consolidata.

Il primo passo che Laura Dornbush consiglia di fare è quello di impostare una rete di sostegno finanziario partendo da amici, famiglia, parenti e poi accedere alla banca. L’obiettivo deve essere quello di assicurarsi un flusso di cassa costante per svolgere le attività quotidiane, più un piccolo budget per eventuali spese impreviste.
Con il passare del tempo, la startup potrà poi avere accesso ad eventuali finanziamenti o prestiti.

7) Affidarsi all’outsourcing quando è possibile

Esternalizzare le attività è un passo indispensabile per assicurare il successo del business: una startup non può pensare di fare tutto da sola, anche perché alcune attività potrebbero togliere tempo prezioso per il core business.

Le aree che una startup dovrebbe esternalizzare sono, secondo l’autrice, soprattutto quelle relative agli aspetti contabili e amministrativi.

8) Assumere le persone migliori

La startup è fatta soprattutto delle persone che la compongono: ecco perché è importante assumere le persone migliori che ci si può permettere. Occorre quindi uscire, parlare con le persone, capire cosa sanno fare e come possono dare un contributo al progetto.

Inoltre, è importante guardare in maniera obiettiva le competenze dei componenti del team e assicurarsi di assumere persone che possono completarlo.

9) Creare una dashboard finanziaria

Molte aziende perdono soldi perché non hanno stabilito fin dall’inizio il proprio schema di riferimento per tenere sotto controllo gli aspetti finanziari del business: occorre invece creare la propria dashboard e aggiornarla in maniera precisa e puntuale nel tempo.

Secondo l’autrice, l’ideale sarebbe dedicare almeno 15 minuti all’aggiornamento settimanale della dashboard finanziaria della startup, per tenere sotto controllo gli aspetti fondamentali del business.

Per leggere il post originale: https://www.linkedin.com/pulse/9-critical-startup-steps-launch-your-dream-business-laura-dornbusch

Napoli, 22/12/2014

Startup e ricerche di mercato: i consigli per capire fin da subito se il business avrà successo sul mercato

Entrepreneur ha pubblicato pochi giorni fa un estratto modificato dal libro “Start Your Own Business” (Entrepreneur Media Inc.), su come affrontare i primi tre anni da imprenditore alla guida di una startup e, in particolare, sul tema dell’importanza della ricerca di mercato: quest’ultima è infatti indispensabile per ottenere informazioni utili in tre aree critiche da studiare prima di lanciare il businessIndustry informationConsumer close-upCompetition close-up.

Anche quando si ha una grande idea per un prodotto/servizio innovativo, occorre infatti fermarsi e cercare di determinare se davvero esiste un mercato per tale prodotto/servizio:è necessario, quindi, condurre una ricerca di mercato.
Spesso, purtroppo, i neo-imprenditori pensano di poter bypassare questo passaggio cruciale per il product development perché pensano che il loro prodotto/servizio sia perfetto così com’è, e non vogliono sentire pareri negativi dai potenziali clienti. Altre volte, invece, sono spaventati dai costi che la ricerca di mercato può comportare.

Questo approccio, però, è decisamente sbagliato e pericoloso per la startup: non fare la ricerca di mercato può equivalere ad una condanna a morte per l’azienda. La ricerca di mercato va invece considerata come un investimento per il futuro: fare le eventuali necessarie modifiche al prodotto/servizio fin da subito consente alla startup di risparmiare denaro nel lungo periodo.

Una ricerca di mercato è essenzialmente un modo per raccogliere informazioni da utilizzare per risolvere o evitare problemi di marketing: una buona ricerca di mercato, quindi, consente di avere a disposizione i dati necessari per sviluppare un piano di marketing adatto alle esigenze della startup.
Grazie alla ricerca di mercato, la startup può identificare i segmenti specifici del mercato che desidera raggiungere e creare un’identità di prodotto/servizio che la differenzi dai concorrenti. Inoltre, la ricerca di mercato può aiutare i founder a scegliere la migliore area geografica per il lancio del nuovo business.

Come accennato, una buona ricerca di mercato dovrebbe fornire informazioni su tre aree critiche:

1) Industry information

Si tratta di informazioni sui trend più recenti nel settore di riferimento: in quest’area, una ricerca di mercato ha lo scopo di confrontare le statistiche e i dati sulla crescita del settore; identificare quali aree sembrano essere in espansione e quali in declino; capire se ci sono nuove tipologie di clienti; verificare se ci sono sviluppi tecnologici che stanno interessando il settore e capire se è possibile utilizzarli a proprio vantaggio. L’aspetto più importante da tenere in considerazione è verificare l’esistenza di una fiorente industria nel settore: non bisogna mai rischiare di avviare una startup in un settore del mercato che è in declino.

2) Consumer close-up

Per quanto riguarda i clienti, la ricerca dovrebbe iniziare con un’accurata indagine di mercato, che sia in grado di offrire i dati necessari per fare delle previsioni di vendita ragionevoli. Per un’indagine di mercato di questo tipo, il primo passo è quello di determinare i limiti (o confini fisici) dell’area di mercato in cui il business esiste. A questo punto sarà possibile studiare le caratteristiche di spesa della popolazione afferente quell’area.
La ricerca di mercato per le informazioni sui clienti dovrà fornire dati utili a stimare il potere d’acquisto della popolazione (in base ad elementi quali il reddito pro-capite, il livello medio di reddito, il tasso di disoccupazione e altri fattori demografici) e l’attuale volume di vendita per quella specifica tipologia di prodotto/servizio.
Sarà quindi possibile, sulla base di tali informazioni, stimare in maniera ragionevole il volume di vendita che la startup può ottenere.

3) Competition close-up

Grazie ai dati ottenuti dalle due precedenti aree critiche, la startup può a questo punto proseguire la ricerca di mercato avendo a disposizione un quadro più chiaro della concorrenza: non bisogna mai sottovalutare il numero di concorrenti, né tantomeno dimenticare di tenere in considerazione sia la concorrenza attuale che eventuali potenziali futuri concorrenti.
In questa parte della ricerca occorre esaminare i concorrenti in scala locale e, se necessario, nazionale, studiando le loro strategie e attività. L’analisi deve fornire alla startup un quadro completo delle potenziali minacce, debolezze, punti di forza e di debolezza del nuovo business.
Inoltre, è fondamentale cercare di capire quali sono i trend del settore per identificare vantaggi ed opportunità del business, per capire se la startup potrà avere in futuro un percorso di successo.

Per leggere il post originale: http://www.entrepreneur.com/article/240164

Napoli, 18/12/2014

Consigli per startup – “Continuous Learning”: come costruire una cultura aziendale basata sull’apprendimento

Aaron Skonnard è il CEO di Pluralsight, startup che ha co-fondato nel 2004 e che è attualmente una delle più grandi biblioteche on-line al mondo di video tutorial: di recente, il portale Inc ha pubblicato un suo articolo sul tema della cultura aziendale e, in particolare, su come quest’ultima possa essere implementata all’interno di una startup in maniera tale da creare vantaggio competitivo per l’azienda.

Nello specifico, la cultura aziendale può rappresentare un grande fattore di vantaggio competitivo se è basata sull’apprendimento: la capacità di imparare più velocemente rispetto alla concorrenza può diventare addirittura, secondo il Dr. Arie de Geus (capo della pianificazione strategica per Royal Dutch/Shell Oil), “l’unico vantaggio competitivo sostenibile”.

Per imparare in fretta, secondo Skonnar, bisogna affidarsi al lean thinking e alla mentalità propria dell’approccio Lean Startup: proporre il proprio progetto all’esterno e per capire meglio le esigenze dei clienti e creare valore nella maniera più vicina possibile a questi ultimi.

La metodologia più utile a questo scopo è definita “continuous learning”, apprendimento continuo: deve essere alla base della cultura aziendale e deve permeare ogni aspetto del business.
Secondo Skonnar esistono cinque modi per incoraggiare una cultura aziendale basata sull’apprendimento:

1) Fare dell’apprendimento il nucleo centrale del DNA dell’azienda

I valori fondamentali della cultura aziendale sono lo specchio dei valori e delle caratteristiche delle persone che compongono l’organizzazione: ecco perché un buon modo per costruire una cultura aziendale fondata sull’apprendimento è assumere persone che siano appassionate e abbiano voglia di imparare.

2) Destinare un budget specifico all’apprendimento

Dare priorità all’apprendimento è il punto di partenza, ma il secondo passo fondamentale per costruire la cultura aziendale basata sull’apprendimento è definire il budget da destinare alla formazione specifica che consentirà al team e ai dipendenti di seguire l’approccio di continuous learning.

3) Fornire opportunità di apprendimento e formazione in-house

Non sempre è necessario l’investimento di risorse finanziarie per acquistare la formazione all’esterno: ci sono alcuni passaggi che l’azienda può implementare autonomamente e in maniera gratuita all’interno dell’organizzazione, per ispirare una cultura aziendale fondata sull’apprendimento.
Ad esempio, i job swaps rappresentano un’opportunità unica per aumentare le competenze e facilitare la comprensione e l’interscambio tra i soggetti coinvolti. Si tratta di “scambiare” per un periodo limitato di tempo le posizioni tra i dipendenti per provare a fare uno il lavoro dell’altro. Questa pratica è utile per tutti i soggetti coinvolti e consente di ottenere ottimi risultati in termini di apprendimento quando avviene tra due funzioni che lavorano a stretto contatto (ad esempio il team di vendita e quello di marketing), per comprendere meglio i processi e le responsabilità di ciascun ruolo e trovare una migliore modalità di collaborazione in futuro.

4) Dimostrare la propria passione per l’apprendimento

Il gruppo dirigente dovrebbe essere il primo a dare il buon esempio, riuscendo a partecipare in prima persona alle opportunità di apprendimento offerte dall’azienda inviando così un messaggio positivo sull’importanza del continuous learning e della crescita professionale.
I team leader e i dirigenti dovrebbero essere quindi i primi ad incarnare i valori di una cultura aziendale fondata sull’apprendimento.

5) Valorizzare gli insegnamenti appresi dal fallimento

Il fallimento è sicuramente una delle migliori fonti di apprendimento: per imparare, bisogna prima fallire. Per questo motivo, una cultura aziendale basata sull’apprendimento incoraggia la sperimentazione, il rapido recupero dopo un errore, la creatività e l’inventiva: tutto ciò avviene in base ad un approccio lean e agile, fondamentali per una startup che ha bisogno di testare i prototipi muovendosi rapidamente sul mercato.

Per leggere il post originale di Aaron Skonnard: http://www.inc.com/aaron-skonnard/the-most-important-culture-change-you-can-make.html

Napoli, 17/12/2014

DigitalOn: da Aviva e Polihub, un’opportunità dedicata a startup e idee innovative per professionisti, imprenditori e PMI

DigitalOn è un’iniziativa dedicata ai progetti innovativi in ambito digitale a supporto di professionisti, imprenditori e piccole-medie imprese promossa dal gruppo assicurativo Aviva e da Polihub, l’incubatore del Politecnico di Milano.

Si tratta di un contest aperto ai migliori progetti innovativi con focus sul miglioramento della produttività di professionisti, imprenditori e PMI, con particolare attenzione alla protezione delle attività e all’assicurazione del business.
I progetti devono necessariamente essere basati sull’utilizzo di tecnologie digitali, quali Web, Mobile, Social, Internet of Things, Big Data, Cloud, etc.

La partecipazione a DigitalOn è aperta a:

– persone fisiche con un’idea innovativa (che possono presentarsi singolarmente o in team);
sviluppatori già a lavoro su un prodotto/servizio (anche in fase di test);
startup avviate da non oltre 5 anni;
imprese già consolidate, ma con un progetto innovativo nelle aree di interesse del contest.

L’iscrizione va effettuata esclusivamente attraverso il modulo di partecipazione on-line disponibile al seguente link: http://www.polihub.it/aviva-le-idee-innovative-per-limpresa-di-domani
La deadline è fissata per domenica 11 gennaio 2015 e i documenti dovranno essere allegati sia in italiano che in inglese. Inoltre, ciascun partecipante può candidare fino a un massimo di due progetti.

Un apposito Comitato di Valutazione (composto da docenti del Politecnico di Milano ed esperti executive di Aviva) selezionerà i 10 progetti finalisti sulla base di criteri quali: qualità e competenze del team, innovatività del progetto, attinenza ai concetti di protezione e tutela, mercato e potenzialità di business, fattibilità tecnica, efficacia del pitch.

I 10 migliori progetti avranno accesso ai due eventi previsti per la fase finale:

26 gennaio 2015: giornata a porte chiuse dedicata agli incontri one-to-one dei finalisti con docenti universitari e manager di Aviva, per approfondire la conoscenza dei progetti e per supportare i team nello sviluppo delle idee;

4 febbraio 2015: conferenza aperta al pubblico con la presentazione dei pitch alla giuria.

I progetti vincitori avranno la possibilità di essere ospitati per 12 mesi all’interno di Polihub, usufruendo del programma di accelerazione Startup Program del MIP – Politecnico di Milano. Inoltre, riceveranno il supporto di Aviva riguardo al raggiungimento degli obiettivi di business e potranno essere aiutati nella realizzazione e commercializzazione dei progetti sul mercato italiano e, potenzialmente, estero. Sono previsti, inoltre, momenti di incontro con i principali Venture Capitalist nazionali e l’accesso al network e ai canali di comunicazione di Aviva e Polihub.

DigitalOn prevede inoltre l’assegnazione di tre premi speciali:

– un viaggio a Londra per due persone, per incontrare il team digital di Aviva e partecipare ad un Hackathon;
– uno stage di sei mesi presso Avanade con possibilità di assunzione per i partecipanti più giovani (con rimborso spese mensile di 800 euro più ticket);
– un premio per la sicurezza da DELL Software & Security, consistente in un anno solare di protezione completa per una rete da 25 a 50 postazioni.

Per maggiori informazioni è possibile consultare il Regolamento integrale di DigitalOn disponibile a questo link: http://www.polihub.it/wp-content/uploads/2014/11/regolamentoDigitalOn.pdf

Napoli, 17/12/2014

Customer e Brand Loyalty: un percorso rapido ed efficace in tre step per startup che vogliono costruire la fedeltà del cliente

Paige O’Neill è CMO (Chief Marketing Officer) per SDL ed ha venti anni di esperienza lavorativa in ruoli dirigenziali nel settore marketing. Di recente, ha pubblicato un interessante post su Lean Back, rubrica di The Economist Group, riguardo uno dei temi centrali per startup: la Brand (o Customer) Loyalty.

Il post della O’Neill si propone di definire un approccio in tre step per accelerare il processo di costruzione del brand commitment e della fedeltà di marca, partendo dai risultati di una ricerca di mercato particolarmente autorevoli effettuate sull’argomento a inizio 2014.
Tale ricerca analizza un panel di clienti globale, che rappresenta quattro generazioni in sei continenti, nove mercati e in cinque lingue: secondo i risultati, un brand oggi deve “corteggiare” i clienti per almeno due anni prima di avere un livello accettabile di brand loyalty.
Ma la curva della brand loyalty non si ferma ai primi due anni: il vero e proprio punto di svolta, che consente all’azienda di ottenere una considerevole crescita dei ricavi, è attualmente fissato dopo cinque anni dall’inizio degli investimenti sul cliente.

Si tratta obiettivamente di un periodo troppo lungo, che nessuna azienda e in particolare nessuna startup può permettersi di attendere: da qui, la necessità di fissare un programma per diminuire i tempi di costruzione della brand loyalty.
Il programma proposto da Paige O’Neill si articola in tre step:

1) Focalizzarsi sui customer mandates più importanti

Secondo la ricerca, esistono 55 fattori critici che dovrebbero guidare la strategia aziendale in termini di customer commitment. Tra questi fattori, esiste un sottogruppo di elementi che risultano essere di particolare rilevanza per il cliente: è proprio su questi che bisogna concentrare gli sforzi e le risorse aziendali. Le domande da porsi, secondo l’autrice del post, devono servire a capire se il marketing dell’azienda riesce a creare una relazione con il cliente che sia basata su un equo scambio di valore, se l’azienda è in linea con l’etica dei clienti, se ha una leadership sul mercato rispetto ai concorrenti e se tale leadership è percepita dai clienti. Si tratta, in ultima analisi, di assicurarsi che il brand sia in grado di soddisfare le esigenze emotive dei clienti: solo in questo caso è possibile costruire la brand loyalty su basi solide.

2) Soddisfare le esigenze funzionali al miglioramento della customer experience

Come specifica Paige O’Neill, la customer experience deve “incarnare la promessa del marchio”: deve essere rilevante, continua, coerente, significativa e reciprocamente gratificante.
Per ottenere una customer experience con queste caratteristiche, l’azienda deve sviluppare un’esperienza integrata multicanale: ciò implica che i dati dei clienti vengano utilizzati e gestiti dall’azienda in maniera tale da inviare dei messaggi pertinenti e affidabili.
Per questo step è necessario analizzare le preferenze dei clienti per ciascun canale di comunicazione e le eventuali variazioni geografiche di tali preferenze. La brand loyalty, infatti, può essere costruita efficacemente se le attività di marketing si concentrano sui canali più rilevanti per il pubblico chiave dell’azienda.

3) Perfezionare la customer journey eliminando i possibili attriti

La customer journey è il percorso decisionale ed operativo che il cliente attraversa nelle varie fasi che lo portano alla decisione di acquisto. E’ fondamentale, nella costruzione della brand loyalty, che l’esperienza multicanale offerta dall’azienda al cliente sia il più possibile variegata: ad esempio, la O’Neill consiglia di prevedere una varietà di canali (on-line e off-line) per dare al cliente la massima possibilità di scelta.
Inoltre, la direzione più efficace che la comunicazione del brand deve assumere nell’attuale contesto di mercato è quella di creare cosiddetti “content in context”, ossia facendo in modo che i contenuti e i clienti possano incontrarsi davvero.
I clienti devono avere la possibilità di costruire e ritagliare i propri percorsi personalizzati di acquisto: in questo modo è possibile costruire al meglio la brand loyalty, con un percorso breve ed efficace adatto alle esigenze di una startup.

Per leggere il post originale di Paige O’Neill: http://www.economistgroup.com/leanback/consumers/sdl-research-how-to-build-customer-loyalty/

Napoli, 16/12/2014

Consigli per startup e imprese: i 10 trend da tenere in considerazione per i business tecnologici e internet-based

L’Huffington Post ha pubblicato un interessante articolo che porta la firma di Kira Makagon, imprenditrice seriale di grande successo nel settore delle startup tecnologiche, focalizzato sul tema dei 10 trend più importanti per le startup tecnologiche e internet-based.

Secondo l’autrice del post, in questo momento storico si aprono una serie di opportunità potenzialmente infinite per le imprese tecnologiche, sia in termini di business che di investimenti e creazione di posti di lavoro. Ciò è molto importante non soltanto per le startup ma anche per le imprese già consolidate, che vedono nuove potenziali strade di crescita ed espansione.

L’articolo elenca quindi quelli che, secondo Kira Makagon, rappresentano i 10 trend fondamentali che startup e imprese tecnologiche dovrebbero tenere in considerazione nel prossimo futuro:

1) Internet Of Things: oggi Internet è un’infrastruttura tecnologica capace di essere connessa a qualsiasi oggetto, sia da fisso che da mobile. Ciò significa che risulta applicabile a prodotti, dispositivi ed oggetti di qualsiasi tipo, forma e dimensione (in particolare: elettrodomestici, automobili, edifici, wereable technology, ecc). Con il crescente sviluppo dell’Internet Of Things e l’aumento dei prodotti connessi ad internet, cresce di pari passo la domanda di software e altre tecnologie di supporto.

2) Security And Access Control: con lo sviluppo delle tecnologie internet-based sta aumentando la necessità di sicurezza e controllo degli accessi, sia a livello domestico che per uffici, aziende, veicoli. Questo trend va tenuto in attenta considerazione perchè rappresenta un’opportunità sia a livello di consumatori che in termini B2B.

3) Digital Payments: le tecnologie di pagamento digitale stanno crescendo in maniera esponenziale già da qualche anno. L’arrivo di Apple Pay ha infatti dato una spinta a quest’area di business, che continuerà a crescere in futuro. Molto importante a riguardo, secondo l’autrice del post, è non fermarsi al software per i pagamenti digitali, ma guardare con occhio attento anche gli aspetti legati all’hardware.

4) Offline/Online Integration: sono molti i casi di successo di startup che si adoperano per l’integrazione tra Offline e Online, come ad esempio Uber che è riuscita a collegare in maniera efficace il mondo digitale e fisico. Secondo Kira Makagon, a questo proposito è importante osservare il trend dal punto di vista B2B, che offre molte potenziali opportunità in un segmento che finora ha dato il meglio da un punto di vista consumer.

5) Increased Cloud-Based Products and Services: le soluzioni internet-based come l’e-mail e l’archiviazione dati non sono certo una novità per i consumatori e per le imprese. Tuttavia, il mercato sta entrando in una nuova era caratterizzata da soluzioni cloud-based, in cui sia la tecnologia che il numero di utenti crescono esponenzialmente assieme ad una nuova variegata gamma di opportunità di business, grazie a prodotti e soluzioni innovative e inaspettate.

6) Smart Wellness: le cosiddette “wereable technology”, le tecnologie indossabili, rappresentano solo un aspetto di questo importante trend che va sempre di più nella direzione di soluzioni internet-based per il personal fitness e il benessere. Gli smartphone possono infatti aiutare le persone a mangiare meglio, a monitorare il sonno, a fare la spesa alimentare in maniera più intelligente e salutare. Applicazioni di questo tipo rappresentano nuove opportunità per le startup tecnologiche da tenere sotto osservazione.

7) New Communications: internet permette una vasta gamma di nuove funzionalità di comunicazione, oggi infatti è possibile affiancare alla comunicazione testuale anche i video e la voce. Le comunicazioni, inoltre, dai dispositivi fissi si spostano sempre di più sul mobile aprendo una serie di nuove opportunità di business per startup e imprese in grado di creare innovazioni nell’ambito delle telecomunicazioni.

8) Smart Government: la tecnologia innovativa in ambito governativo e delle forze dell’ordine si sposta sempre più dal ristretto ambito dei siti web e della connettività mobile, aggiungendo nuove funzionalità e applicazioni internet-based che consentono di modificare l’utilizzo, ad esempio, dei veicoli o delle informazioni e dei dati.

9) Green Tech/Clean Tech/Cause Tech: negli ultimi anni la maggior parte delle idee di business e delle startup innovative si sono concentrate su applicazioni consumer inerenti il divertimento e l’intrattenimento, ma nel prossimo futuro cresceranno aziende emergenti che utilizzano la tecnologia per risolvere problemi inerenti le energie green o problemi a livello mondiale come lo spreco di cibo.

10) Education: oggi il mercato delle tecnologie legate al mondo dell’istruzione è in una fase di crescita e di evoluzione mai vista prima. Le startup impegnate nel migliorare le esperienze di apprendimento, rivolte sia agli studenti che ai docenti, sono in prima linea e gli investimenti in questo mercato cresceranno nei prossimi anni.

Per leggere il post originale: http://www.huffingtonpost.com/kira-makagon/10-important-trends-in-st_b_6216338.html

Napoli, 12/12/2014

Pubblicato il Bando Disegni +2: 5 milioni di euro a disposizione di micro e PMI con un disegno/modello da valorizzare

E’ stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale (n. 183 del 08/08/2014) il Bando Disegni +2, a cura del Ministero dello Sviluppo Economico e di Unioncamere: con una dotazione complessiva di 5 milioni di euro, prevede agevolazioni destinate a micro, piccole e medie imprese regolarmente iscritte al Registro delle Imprese e con sede legale e operativa in territorio italiano, per il supporto a progetti di valorizzazione di un disegno/modello, singolo o multiplo (per la definizione di disegno/modello si fa riferimento all’art. 31 del d.lgs. 10 febbraio 2005, n. 30 – Codice della Proprietà Industriale).

Le agevolazioni del Bando Disegni +2 saranno sotto forma di contributo in conto capitale, a copertura massima dell’80% delle spese ammissibili. La copertura sarà assicurata per spese finalizzate all’acquisto di servizi specialistici esterni per la produzione (fase 1) e commercializzazione (fase 2), correlati ad un progetto di valorizzazione di un disegno/modello registrato.

L’agevolazione può essere concessa sia per una sola delle due fasi che per entrambe, l’importo massimo concedibile è pari a 65.000 € per la fase di produzione e 15.000 € per quella di commercializzazione.

Le spese ammissibili per ciascuna delle due fasi sono le seguenti:

FASE 1 – Messa in produzione di nuovi prodotti correlati ad un disegno/modello registrato:

– ricerca sull’utilizzo dei nuovi materiali;
– realizzazione di prototipi e stampi;
– consulenza tecnica relativa alla catena produttiva;
– consulenza legale relativa alla catena produttiva;
– consulenza specializzata nell’approccio al mercato (strategia, marketing, vendita, comunicazione).

FASE 2Commercializzazione di un disegno/modello registrato:

– consulenza specializzata nella valutazione tecnico-economica del disegno/modello e per l’analisi di mercato, ai fini della cessione o della licenza del titolo di proprietà industriale;
– consulenza legale per la stesura di accordi di cessione della titolarità o della licenza del titolo di proprietà industriale;
– consulenza legale per la stesura di eventuali accordi di segretezza.

Sarà possibile presentare le domande di agevolazione a partire dal 6 novembre 2014, seguendo una procedura in due tempi:

1) Compilazione del form on-line per l’attribuzione del numero di protocollo da riportare nella successiva domanda,

2) Invio della domanda di agevolazione e della documentazione richiesta (elencata all’art. 9 del Bando) tramite PEC all’indirizzo disegnipiu2@legalmail.it entro 10 giorni dall’assegnazione del numero di protocollo.

L’istruttoria delle domande sarà effettuata entro 90 giorni dalla data di assegnazione del protocollo tramite procedura valutativa a sportello, secondo l’ordine cronologico di compilazione del form on-line e fino ad esaurimento delle risorse disponibili.

Per maggiori informazioni e per scaricare il Bando: http://www.disegnipiu2.it/P42A0C2S1/Bando-Imprese.htm

Napoli, 11/08/2014

Il Bullseye Framework: un processo in cinque fasi per aiutare le startup a generare Traction

Gabriel Weinberg e Justin Mares sono gli autori di un interessante manuale dedicato alle startup dal titolo “Traction – A Startup Guide to Getting Customers”: il testo è incentrato sulla presentazione del “Bullseye Framework”, un processo in cinque fasi che viene utilizzato dalle aziende di successo per generare traction, ed è quindi utile ai founders di startup che sono in cerca dei canali di marketing più utili a portare l’azienda verso la fase di crescita successiva.

Il tema della Traction è di rilevanza centrale per una startup, ma in molti casi viene trascurato dai founders: spesso, i team sono concentrati per mesi a lavorare sul prodotto, per poi iniziare a pensare alla Traction solo quando si trovano ad affrontare il lancio sul mercato. La Traction andrebbe invece curata in tutte le fasi di vita dell’azienda: dovrebbe essere uno sforzo continuo, focalizzato sulla ricerca dei migliori canali di acquisizione dei clienti.

Nella maggioranza dei casi, invece, le startup si approcciano alla questione in maniera casuale e non strutturata: il Bullseye Framework è utile in questo caso perché permette di seguire un processo sistematico di approccio al marketing e, in particolare, alla strategia di distribuzione.

In un articolo pubblicato sul suo blog, Gabriel Weinberg ha offerto una panoramica del Bullseye Framework e di come un approccio di questo tipo possa essere di aiuto ai founders di una startup per generare Traction. Le premesse su cui nasce il Bullseye Framework sono essenzialmente tre:

1) In ogni fase di crescita, esiste solitamente un unico canale di acquisizione clienti (traction vertical) sul quale si basa l’intera strategia della startup. Questa è una conseguenza del fatto che generare Traction è generalmente un “power law problem” (un problema basato sulla legge di potenza, ossia una relazione funzionale tra due quantità nella quale una quantità varia in maniera esponenziale al variare dell’altra).

2) Esistono circa venti differenti traction verticals che le startup possono adoperare nella propria strategia di crescita. E’ difficile prevedere quale di questi venti possibili canali di acquisizione clienti sia maggiormente adatto ad una certa startup: è però possibile (e consigliato dall’autore del post) fare delle ipotesi plausibili in merito, fermo restando le difficoltà ad individuare con certezza il canale giusto quando la startup inizia la fase di execution.

3) La maggior parte dei founders di startup ha maggiore familiarità e propensione ad utilizzare alcuni canali di acquisizione clienti, e scelgono questi ultimi in favore di altre traction verticals. Una delle conseguenze più evidenti di questa situazione è che la maggior parte delle startup si concentra su alcuni canali, lasciandone molti altri sottoutilizzati e trascurati.

Entrando nello specifico del Bullseye Framework, l’autore spiega innanzitutto che il processo si compone di cinque fasi e si basa sulla metafora del bersaglio (bullseye): il cerchio interno rappresenta le traction verticals più promettenti, diventando via via meno promettenti man mano che i cerchi si allontanano dal centro.

Entriamo adesso in una spiegazione più articolata delle cinque fasi:

FASE 1 – BRAINSTORMING

Si tratta di passare in rassegna ciascuno dei possibili canali di acquisizione clienti ed effettuare un brainstorming per capire come ogni canale si potrebbe utilizzare in maniera efficace nel momento storico specifico che la startup sta attraversando.

Questo primo step serve a contrastare i pregiudizi e costringe ad analizzare seriamente e meticolosamente ogni possibile traction vertical. Si tratta quindi di una fase che richiede tempi adeguati, ed è inoltre necessario possedere una certa conoscenza di ciascun canale per poter procedere ad una valutazione utile e coerente.
Una volta analizzati pro e contro di tutti i canali, si passa a mappare il mercato cercando di capire quali traction verticals utilizzano i concorrenti, in che modo e con quali risultati.
Infine, bisogna analizzare singolarmente i possibili percorsi ed eventuali test a basso costo che è possibile effettuare per ciascun canale di acquisizione.

La prima fase del Bullseye Framework è quella che richiede tempi più lunghi: secondo Weinberg può impegnare alcuni giorni o settimane.

FASE 2 – RANKING

Si costruisce il vero e proprio “bersaglio” suddividendo i canali di acquisizione clienti in tre colonne:

Colonna A (Inner Circle / Centro del bersaglio): quali traction verticals sembrano più promettenti in questo momento?

Colonna B (Promising / Cerchi intermedi): quali traction verticals potrebbero funzionare?

Colonna C (Long-shot / Cerchi esterni): quali traction verticals sembrano avere minori possibilità di successo al momento?

FASE 3 – PRIORITIZING

In questa fase si stabiliscono le priorità: si torna ad osservare le tre colonne e si ripensa criticamente alle scelte effettuate. Il risultato di questa fase deve essere uno schema in cui si posizionano le prime tre traction verticals nella colonna A, sei canali nella colonna B e il resto nella colonna C.

FASE 4 – TESTING

I tre canali di acquisizione clienti posizionati nella colonna A rappresentano il centro del bersaglio: occorre iniziare una serie di test su queste tre traction verticals, avendo cura che le prove avvengano in parallelo.

FASE 5 – FOCUSING

Se una delle tre traction verticals del centro del bersaglio inizia a dare segni di early traction, significa che la startup ha trovato il canale giusto (per il momento): a questo punto, il consiglio dell’autore è quello di raddoppiare gli sforzi e le risorse su questo canale, cercando di ottenere i migliori risultati possibili in termini di Traction.

Se, invece, nessuna delle tre traction verticals testate sembra funzionare, occorre tornare alla fase 1 e ricominciare il processo, facendo tesoro delle informazioni e dell’esperienza.

In ogni caso, a prescindere che la startup scelga di utilizzare o meno il Bullseye Framework, è fondamentale approcciarsi alla Traction scegliendo un processo strutturato.

 

Per leggere il post originale di Gabriel Weinberg: http://www.gabrielweinberg.com/blog/2013/01/the-bullseye-framework.html

Napoli, 08/08/2014

Startup FVG: l’iniziativa per startup e progetti innovativi di Confindustria Friuli Venezia Giulia è aperta fino al 30/09/2014

Resterà aperta fino al 30 settembre la call per partecipare alla prima edizione di Startup FVG, il progetto promosso dal Gruppo Giovani Imprenditori di Confindustria FVG finalizzato alla nascita e al sostegno di nuove iniziative imprenditoriali innovative nel territorio regionale del Friuli Venezia Giulia.

I destinatari di Startup FVG sono giovani di età compresa tra 18 e 40 anni che intendano avviare una nuova realtà imprenditoriale innovativa, o startup e giovani aziende (attive da non oltre 5 anni) con fatturato compreso tra 0 e 2 milioni di € e ad elevato potenziale di crescita.
Le imprese, già costituite o costituende, dovranno essere startup innovative ai sensi della Legge 221/2012, avere sede legale o operativa in Friuli Venezia Giulia o creare una partnership con un’azienda operativa nel territorio regionale.

Per presentare domanda a Startup FVG occorre scaricare il modulo disponibile in allegato al Regolamento dell’iniziativa, dal portale rintracciabile al seguente link: http://www.startupfvg.it/
Al modulo di domanda andranno allegati: Business Plan, Executive Summary (secondo il form scaricabile dal sito) e Video Pitch (durata massima 5 minuti).
La documentazione va inviata entro il 30 settembre 2014 all’indirizzo info@startupfvg.it

La Commissione di Valutazione sceglierà i migliori progetti sulla base dei seguenti criteri:

Originalità del prodotto/servizio e Proprietà intellettuale
– Prospettiva di crescita economica (BP e BM)
– Qualità e competenze del team imprenditoriale
– USP e scenario competitivo
– Valorizzazione e coinvolgimento del tessuto imprenditoriale del territorio

Entro il 30 ottobre 2014, sarà organizzato l’evento finale di premiazione durante il quale la Commissione proclamerà i tre vincitori, che avranno diritto ad un percorso di incubazione presso una delle strutture partner (Polo Tecnologico di Pordenone, Friuli Innovazione, AREA Science Park) per un montepremi del valore complessivo di 100.000 €.

Tra i servizi offerti alle tre startup vincitrici, il Regolamento specifica inoltre:

– incontri con aziende selezionate per l’avvio di eventuali partnership e investimenti;
– accesso a finanziamenti agevolati (banche) e accesso al mercato del capitale di rischio (angel, seed, venture capital);
– pacchetto di avvio in comunicazione e posizionamento web;
– assistenza e supporto per la registrazione del marchio e brevetto;
formazione e tutoraggio nei temi dell’imprenditorialità e del management;
sportello legale per assistenza e supporto giuridico specifico per startup.

Per maggiori informazioni, il Regolamento è disponibile qui: http://www.startupfvg.it/img/bando_startup_FVG.pdf

Napoli, 07/08/2014

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