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Tag: leve

Value Creation e Value Capture: come cambia il Business Model di una startup con la diffusione dell’Internet of Things?

In un interessante post pubblicato dal Network Blog della Harvard Business Review, Gordon Hui (leader della Business Design & Strategy per la società di consulenza americana SmartDesign) ha approfondito un tema interessante per startup e imprese innovative: le implicazioni sul Business Model causate della crescente diffusione dell’Internet of Things.

Le implicazioni e le nuove opportunità offerte dall’IoT e dalle soluzioni cloud-based ad esso correlate sono infatti di rilevanza fondamentale per le nuove imprese, in particolare in tema di value creation (creazione del valore) e value capture (monetizzazione del valore): è risaputo, infatti, che la creazione di valore rappresenta il cuore di qualsiasi Business Model, in quanto coinvolge tutte le attività fondamentali di un’azienda ed è la motivazione alla base delle decisioni di acquisto del cliente.

Nelle aziende tradizionali, creare valore significava individuare le esigenze durature del cliente e produrre sulla base di queste delle soluzioni di prodotto altamente progettate e, nella maggior parte dei casi, standardizzate.
Le aziende moderne, invece, devono fare i conti con l’innovazione continua ed incrementale e con le sue conseguenze: cambiano infatti gli aspetti relativi alla concorrenza (che cambia e cresce in maniera più rapida rispetto al passato) e si accorcia la vita dei prodotti, che diventano più rapidamente obsoleti.

In un mondo connesso e internet-based, i prodotti non sono più fatti per durare nel tempo: grazie agli aggiornamenti on-line, è possibile inviare al cliente con regolarità nuovi aggiornamenti e nuove funzioni/caratteristiche, è possibile rispondere al comportamento dei clienti in tempo reale grazie alla tracciabilità dei prodotti e, soprattutto, i prodotti possono essere connessi tra loro portando a nuove analisi previsionali più efficienti, ad un’ottimizzazione dei prodotti più efficace, a nuove user experience personalizzate.

Albert Shun, Partner Direct di UX Design per Microsoft, osserva: “I business model riguardano la creazione di esperienze di valore. E con l’Internet of Things, si può davvero capire come un cliente vive un’esperienza, che sia entrare in un negozio, acquistare un prodotto o usarlo, e infine capire cos’altro è possibile fare con quel prodotto/servizio. E’ possibile rinnovare l’esperienza, dargli nuova vita”.

Così come per la creazione di valore, il cloud impone un nuovo modo di approcciarsi anche alla monetizzazione del valore per il cliente.
Nella maggior parte delle aziende tradizionali, la monetizzazione del valore richiedeva semplicemente di fissare il prezzo giusto per ottenere il massimo dei profitti dalla vendita di un determinato prodotto. I margini vengono massimizzati in base alle principali leve dell’azienda, che stabiliscono il controllo su alcuni punti chiave della catena del valore (costi delle materie prime, brevetti, brand).

Vediamo quindi, in maniera schematica, come cambia la concezione del Business Model nelle attività di value creation e value capture con l’avvento dell’Internet of Things:

VALUE CREATION

Bisogni del cliente: nelle aziende tradizionali, si risolvono i problemi del cliente in maniera reattiva. Con l’IoT le esigenze e i bisogni vengono rilevati in tempo reale o ancora in fase emergente, con un approccio predittivo.

Offerta: per le aziende tradizionali, l’offerta consiste in un prodotto che viene immesso sul mercato e resta uguale finché il tempo lo renderà obsoleto e sarà necessario costruire un nuovo prodotto. L’avvento dell’Internet of Things permette di aggiornare continuamente il prodotto e di creare delle sinergie di valore attraverso la connessione ad altri prodotti.

Ruolo dei dati: nelle aziende tradizionali i dati venivano raccolti ed utilizzati per i futuri prodotti, mentre oggi le informazioni provengono da più fonti e convergono creando esperienze utili per aggiornare i prodotti attualmente sul mercato o aggiungere ad essi funzionalità e servizi.

VALUE CAPTURE

Path of Profit: nelle aziende tradizionali, il profitto cambia quando si vende sul mercato un nuovo prodotto o servizio. Gli aggiornamenti possibili grazie all’IoT offrono la possibilità di generare profitto attraverso entrate ricorrenti, che non dipendono necessariamente da nuove vendite.

Punti di Controllo: nelle aziende tradizionali è possibile controllare vari punti/livelli della catena del valore, mentre grazie all’Internet of Things si creano prodotti personalizzati e basati sul contesto (effetti del network sui prodotti).

Sviluppo delle Competenze: le aziende tradizionali utilizzano come leva per il profitto le core competences, le risorse e i processi già esistenti. Grazie all’avvento dell’IoT è possibile capire quali sono eventuali partner presenti nell’ecosistema di riferimento per aumentare i profitti dell’azienda.

In conclusione, con l’avvento dell’Internet of Things si ribalta la visione tradizionale delle aziende product-based: mentre per queste ultime le fonti di reddito possibili sono incentrate sulle vendite di nuovi prodotti, l’attuale situazione permette di aumentare le fonti di reddito, allargandole ad eventuali aggiornamenti, up-dates e personalizzazioni.

Il Business Model deve tenere in considerazione questa situazione, mettendo al centro ciò che consente di generare ricavi correnti: in caso contrario, come afferma Renee DiResta (O’Reilly AlphaTech Ventures), la startup baserebbe il proprio sviluppo sulla speranza che i clienti sviluppino una tale fedeltà al brand da acquistare anche un secondo prodotto presso l’azienda.

Altro aspetto fondamentale di cui tener conto nel Business Model è quello delle opportunità di partnership offerte dallo sviluppo dell’IoT: oggi, come afferma Zach Supalla (CEO della piattaforma open source Spark), non è più possibile pensare ad un’azienda “solitaria”, che agisce in un mercato “vuoto”. Una startup deve pensare non soltanto a come monetizzerà i propri profitti, ma anche a come il prodotto permetterà ad altri di generare e monetizzare valore.

Infine, l’autore evidenzia come la scelta tra una delle strategie competitive “tradizionali” identificate da Michael Porter (differenziazione, leadership di costo, focus) non sia più un approccio adatto alle startup e alle imprese che si muovono in settori in cui si fa strada l’Internet of Things: oggi, le tre strategie non si escludono automaticamente l’una con l’altra, ma possono essere utilizzate in maniera congiunta, rafforzandosi reciprocamente e migliorando i risultati in termini di value creation e value capture.

Per saperne di più, il post originale di Gordon Hui è disponibile al seguente link: http://blogs.hbr.org/2014/07/how-the-internet-of-things-changes-business-models/

Napoli, 05/08/2014

Come gestire la customer influence: la strategia social basata sul “4 Gears Model” di Geoffry Moore

Con lo sviluppo e la diffusione globale delle tecnologie digitali, il ruolo ed il comportamento dei clienti è radicalmente cambiato: grazie ai social media, le persone hanno accesso ad un numero molto più elevato di informazioni e hanno la possibilità di mantenersi in contatto in maniera più semplice ed immediata con familiari e amici rispetto al passato. Il risultato di questo processo, di grande importanza per le imprese, è che siamo in un’epoca che è possibile definire “the golden age of customer influence”.

Ne deriva la necessità per imprese e startup di adattarsi al meglio a questa nuova realtà, cercando di rispettare e sfruttare il grande potere che oggi è nelle mani dei clienti: il problema è che troppo spesso le aziende cercano di adattarsi ad una situazione totalmente nuova con metodi tradizionali, basandosi sul percorso strategico di acquisizione/monetizzazione.

Una strategia del genere è troppo semplice per l’attuale situazione in cui si trova il mercato globale: la soluzione per ottenere una strategia efficace e sostenibile può essere quella di applicare il “4 Gears Model” teorizzato da Geoffry Moore (autore di alcuni importanti libri sul tema dello sviluppo tecnologico e delle strategie di mercato, tra cui “Crossing the Chasm”).

Il modello di Moore fornisce infatti un modello affidabile per adattare le strategie imprenditoriali all’attuale social marketplace, in cui l’obiettivo strategico fondamentale che l’azienda deve perseguire è quello di costruire e “far girare” contemporaneamente i quattro “ingranaggi” previsti dal modello.

Il punto di partenza sulla base del quale Moore ha costruito il suo modello è, infatti, l’ampia diffusione dei social: grazie a questi strumenti, i clienti possono condividere un’enorme quantità di contenuti sul web. La strategia social implementata dall’azienda deve essere in grado di adattarsi a tale circostanza, cercando di trarne vantaggio: ciò significa che l’azienda deve guidare un percorso di creazione e crescita di una base di clienti fidelizzati, con i quali costruire delle relazioni durature.

Per ottenere una strategia di questo tipo, che sia efficace e sostenibile, non basta più (come accennato) limitarsi al modello acquisizione/monetizzazione: occorre implementare un sistema di quattro “ingranaggi” interdipendenti sui quali lavorare.
I quattro “ingranaggi” cui Moore si riferisce sono:

1) Acquisition: è il meccanismo che consente all’azienda di attrarre e mantenere nuovi clienti. Si tratta della leva “di partenza”, il primo “ingranaggio” su cui implementare l’intera strategia social. Inoltre, l’Acquisition va di pari passo con il secondo ingranaggio previsto dal modello, l’Engagement.

2) Engagement: è il processo che, in prospettiva, costruisce e mantiene viva la fedeltà a lungo termine della clientela.

L’Engagement è il primo passo per costruire relazioni con i clienti acquisiti, e lo scopo è quello di instaurare rapporti basati sulla fedeltà al brand: è un processo che richiede tempo e attenzione basato sulla reciprocità della comunicazione tra i clienti e con i clienti, ma bisogna fare attenzione a configurarla in modo tale che i clienti non siano considerati semplicemente obiettivi per l’acquisizione di nuove entrate. L’Engagement è infatti un processo di comunicazione trasparente e autentico tra il brand e i clienti, basato sulla fiducia e sulla necessità di costruire un rapporto brand-cliente forte e duraturo.

Per capire lo stretto legame che intercorre tra le prime due leve (o ingranaggi) è importante osservare la differenza tra social network e community: entrambi sono utili per guidare l’interesse e accrescere la consapevolezza dei clienti, ma i social network (ad esempio Facebook, Twitter e LinkedIn) nascono sulla base di relazioni interpersonali pre-esistenti tra le persone, mentre le community (ad esempio YouTube, Instagram e Pinterest) si basano sugli interessi comuni tra i partecipanti.
Per questo motivo, i social network sono utili in fase di Acquisition perchè offrono una grande opportunità di visibilità per il marchio e per l’azienda, mentre le community sono indispensabili per l’Engagement, in quanto sono più focalizzate su interessi particolari e offrono contenuti più rilevanti per i clienti.

Una volta messi in moto i meccanismi dell’Acquisition e dell’Engagement, i clienti diventano dei veri e propri partner dell’azienda, impegnati nella crescita del brand: a questo punto è possibile per l’azienda passare agli “ingranaggi” successivi, creando clienti fidelizzati in grado di co-costruire il successo dell’azienda (Enlistment) e costruendo un meccanismo sostenibile per il successo economico del business (Monetization).

3) Enlistment: è un ambiente che consente ai clienti di partecipare al business in maniera innovativa, attraverso il quale l’azienda può acquisire nuovi clienti e generare idee per nuovi prodotti.
Si tratta di un processo che comporta il coinvolgimento dei clienti nel business, basato sulla collaborazione e l’apprendimento reciproco tra brand e clienti in modo tale da ottenere un valore altrettanto reciproco.
Gli strumenti più utili per mettere in funzione l’ingranaggio di Enlistment sono la co-creation e la gamification: la co-creation è un vero e proprio processo di “arruolamento” dei clienti che collaborano alla condivisione e creazione di contenuti. La gamification è un sistema che il brand può utilizzare per coinvolgere i clienti che non hanno alcun obbligo di collaborazione: si utilizza il gioco per incoraggiare comportamenti prevedibili e produttivi del cliente/giocatore. In questo modo, i clienti vengono coinvolti attraverso un meccanismo di crowdsourcing che può riguardare svariati aspetti, dal servizio clienti all’innovazione di prodotto: in cambio, i clienti/giocatori ottengono punti e altre tipologie di premi e vantaggi.

4) Monetization: è la leva che definisce e quantifica la performance aziendale, ed è assolutamente necessario che i primi tre ingranaggi siano messi in moto e funzionino a pieno regime per ottenere dei risultati a lungo termine in chiave “Monetization”.
L’arruolamento dei clienti social che hanno attraversato le prime tre fasi del modello consente all’azienda di creare user-generated-content, costruire una base di conoscenza condivisa, accrescere il passaparola: tutti questi aspetti sono indispensabili per il successo aziendale, ma è difficile quantificare il loro impatto sul ROI dell’azienda.
Per ottenere dei buoni risultati occorre riuscire ad integrare nella migliore maniera possibile la social strategy con i “monetizazion engines”, ad esempio l’e-commerce o i sistemi CRM, che consentono di convertire le vendite in ricavi.

La strategia social, per essere sostenibile, deve quindi prevedere il funzionamento di tutti e quattro gli “ingranaggi”. Questi ultimi, inoltre, devono muoversi in maniera interdipendente per poter garantire il successo dell’impresa a lungo termine. Una strategia basata sul 4 Gears Model implementata in maniera corretta consente ai clienti di partecipare attraverso i social, aiutando l’azienda nella creazione di contenuti attendibili, rimanendo fedeli più a lungo e consentendo di reclutare nuovi clienti.
Il risultato di una strategia social efficiente è l’aumento delle vendite, la crescita dei margini e un vantaggio competitivo forte e duraturo.

Fonti:

Per maggiori informazioni sul “4 Gears Model”:

Napoli, 28/04/2014