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Startup Tips: come costruire una strategia di comunicazione in 7 passi

La comunicazione è fondamentale per una startup ed è per questo che il team deve lavorare a una strategia ben precisa per raccontare l’idea e il prodotto.

Una startup che cerca di sfondare sul mercato ha bisogno di una strategia di comunicazione ben precisa, che non può essere in nessun caso affidata all’improvvisazione: bisogna lavorare sodo e prepararsi adeguatamente, seguendo una serie di step ben precisi che aiutano i founder a creare una strategia comunicativa efficace in poche, semplici mosse.

1. Cosa fai?

Sembra una domanda banale, ma riuscire a definire in maniera efficace e concisa cosa fa la tua startup è un esercizio a dir poco complesso. La risposta a questa domanda è il punto di partenza per la tua strategia di comunicazione: assicurati di riuscire a rispondere al meglio.

2. Core Story

La Core Story rappresenta la storia principale della startup, un breve racconto che serva a spiegare cosa fa la tua startup, perchè esiste e quale ritieni essere il suo posto nel mondo. Spiega perchè i consumatori hanno bisogno di te, quale problema stai risolvendo e in che maniera la tua idea porterà innovazione nel settore di riferimento.

3. Gli obiettivi

Questa parte è quasi sempre quella maggiormente trascurata in una strategia di comunicazione: in realtà è un aspetto a dir poco fondamentale e va pensato con molta cura e attenzione. Cerca di rispondere alla domanda “Perchè?” per capire e identificare i tuoi obiettivi di business e quelli di comunicazione, ricordando sempre che i secondo devono essere al servizio dei primi. Ripeti questo passaggio ogni volta che i tuoi obiettivi cambiano.

4. Il target

Una volta identificati i tuoi obiettivi, la domanda successiva è: chi devo raggiungere e perchè? Se hai differenti segmenti di pubblico da raggiungere in base a obiettivi differenti, rifletti fino a raggiungere un’idea chiara del tipo di persona a cui vuoi arrivare con la tua comunicazione. Una volta identificato il target, prova a metterti nei suoi panni: come trascorrono la giornata queste persone? Quanto tempo libero hanno a disposizione? E’ più facile per loro leggere, guardare o ascoltare?
In questo modo, avrai un’idea ben chiara del tono, del mezzo e del linguaggio da utilizzare nella tua strategia di comunicazione.

5. I canali

Se hai identificato correttamente il tuo target di riferimento, il passo successivo non dovrebbe essere troppo complesso: quali canali di comunicazione sono più adatti al tuo pubblico di riferimento? Rispondi a questa domanda e decidi se investire su web, eventi, carta stampata, eccetera.

6. I contenuti

Ora puoi organizzare quello che sarà il fulcro della tua intera strategia di comunicazione: la produzione di contenuti. Basati sugli obiettivi, il target e i canali selezionati per capire quali saranno i pilastri della tua strategia, quindi lavora alla stesura di almeno 2-3 idee o articoli di contenuto per ciascuno di essi.

7. Execution

Arrivato a questo punto, hai tutti i pezzi del puzzle a disposizione: non ti resta che metterti a lavoro per costruire materialmente la strategia di comunicazione della tua startup. L’unica cosa di cui devi essere davvero certo, è di non aver salatato nessuno dei passi precedenti: soltanto in questo modo avrai davvero tutto ciò che ti serve!

Fonte: https://salon.thefamily.co/7-magic-steps-to-a-startup-communications-strategy-df49ead47b4f

public speaking

Public Speaking, 5 consigli per startupper e imprenditori

Parlare in pubblico è un’attività che spaventa la maggior parte delle persone: ecco i consigli per startupper e imprenditori che vogliono eccellere nel Public Speaking

Per la maggior parte delle persone, parlare in pubblico è qualcosa di spaventoso: cosa accadrebbe se mi blocco? E se poi nessuno applaude? E se mi fanno una domanda, ma non so cosa rispondere?
Domande come queste sono all’ordine del giorno per chiunque debba avere a che fare con il Public Speaking, compresi startupper e imprenditori che sono alle prese con le pitching session.

Con la giusta preparazione, parlare in pubblico diventa un’esperienza decisamente meno preoccupante e più stimolante: in fondo, soprattutto per un giovane aspirante imprenditore, avere la possibilità di presentare la propria idea o startup è una cosa molto emozionante.

Ecco perché oggi vi presentiamo 5 consigli utili per startupper e imprenditori alle prese con il Public Speaking.

1) Pratica, pratica e ancora pratica

I benefici che derivano dall’esercitarsi sono di due tipi: da una parte ti sentirai più a tuo agio con il materiale che presenterai in pubblico, dall’altro lato migliorerai effettivamente la tua presentazione.

La platea non ama star lì ad ascoltare qualcuno che per 20 minuti legge ad alta voce un pezzo di carta: meglio conosci il tuo discorso, più facilmente potrai occuparti di stabilire un contatto visivo con le persone in ascolto, di scherzare con loro ed essere interessante.

2) Conosci lo spazio a tua disposizione

Dai un’occhiata all’ambiente che ospiterà il tuo discorso pubblico: avrai a disposizione un microfono? Sarai in piedi sul palco? Quante persone ci saranno?
Essere già preparato su questi aspetti ti aiuterà a concentrarti esclusivamente su ciò che dirai.

3) Conosci il tuo pubblico

In qualsiasi modo avvenga la comunicazione, conoscere il pubblico di riferimento è fondamentale: il Public Speaking conferma questa regola e la rende ancora più cruciale, proprio perchè la tua platea sarà fisicamente presente di fronte a te.

Conoscere il tuo pubblico di riferimento ti permetterà di capire come entrare realmente in contatto con le persone e a calibrare meglio il tuo discorso: se devi parlare dell’importanza dei social network, ad esempio, un conto è farlo ad una platea di universitari e un altro è rivolgendosi a un gruppo di persone anziane.

4) Trova il giusto equilibrio

A seconda dell’occasione in cui ti trovi a parlare in pubblico, cerca di calibrare meglio possibile i contenuti del tuo discorso: valuta se è il caso di parlare di te e delle tue esperienze personali, o se è meglio concentrarsi sull’idea di impresa, o ancora sul business plan.

Cerca di sfruttare ogni volta che puoi l’opportunità di porti come un esperto del settore, per acquisire maggiore credibilità davanti alla platea in ascolto.
Sii gentile e disponibile a restare in sala per le domande a fine discorso.

5) Respira!

Sul serio… Non dimenticare di respirare e andrai alla grande!

FONTE: https://www.themuse.com/advice/5-public-speaking-tips-for-entrepreneurs

Startup Tips: l’allineamento e la condivisione, strategie di base per la misurazione del Marketing ROI

Una delle attività più complesse per una startup è quella di tenere traccia del percorso che conduce dagli sforzi di marketing alle vendite effettive: misurare il ROI del Marketing rappresenta spesso un problema di difficile soluzione, causato dalla quasi totale assenza di dati certi sulle conversioni.

Spesso, per provare a quantificare il ROI degli investimenti di marketing, il CMO si ritrova a potersi basare su “vanity metrics” e congetture, piuttosto che su numeri reali come accade, ad esempio, per le attività di vendita. Naturalmente questa situazione rappresenta una difficoltà, che si traduce nell’impossibilità di misurare l’efficacia della Marketing Strategy.

Ma come è possibile superare questo problema? La misurazione del ROI per gli investimenti in marketing è stata recentemente al centro di un interessante post pubblicato dal blog del Marketing Insider Group, ispirato da un’infografica prodotta da TechnologyAdvice.

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La chiave per risolvere la questione sta nella “lead reciprocity” tra marketing e vendite, ossia nello scambio aperto di informazioni sui lead tra le due funzioni aziendali all’interno della startup. Per realizzare la lead reciprocity occorre agire su due tipologie di allineamento: quello tecnologico e quello strategico.

ALLINEAMENTO TECNOLOGICO

L’integrazione tra marketing automation e piattaforme CRM consente sia al marketing che alle vendite di ottenere una visibilità end-to-end circa le informazioni disponibili sul lead. Dal marketing provengono i dati e le metriche su aspetti quali track leads, close rates e altri parametri di conversione, mentre il team di vendita è in grado di monitorare dove sono stati generati i lead, come si qualificano, ed altre informazioni inerenti le tempistiche.

La combinazione tra marketing automation e piattaforme CRM presenta molteplici vantaggi: consente di tenere traccia di come i lead si convertono in clienti, in modo tale da avere un quadro più completo e veritiero di quanto gli sforzi di marketing contribuiscano al totale delle vendite e dei ricavi dell’azienda.

ALLINEAMENTO STRATEGICO

L’allineamento strategico con le vendite può rappresentare la sfida più importante ed impegnativa per il marketing, ma è assolutamente indispensabile affiancarlo all’allineamento tecnologico. In sostanza, i team di marketing e vendite devono lavorare assieme per allinearsi su un progetto di lead generation standardizzato, mantenendo una comunicazione costantemente aperta.

In questo modo, i venditori possono aiutare i marketers informandoli costantemente sulle fonti che creano le migliori opportunità, e su come produrre dei contenuti che convertono. Questa tipologia di feedback aiuta il marketing a concentrare le proprie risorse sui canali più efficaci, portando in ultima analisi ad un aumento delle vendite e dei ricavi della startup.

L’allineamento strategico, inoltre, consente a marketing e vendite di lavorare e collaborare su obiettivi e responsabilità condivise, piuttosto che disperdere le risorse su obiettivi individuali e disallineati.

Secondo i dati forniti da SiriusDecisions, le aziende B2B che riescono ad allineare tecnologicamente e strategicamente marketing e vendite possono raggiungere una crescita dei ricavi pari al 24%, con aumento dei profitti fino al 27%.

COSA FARE DOPO L’ALLINEAMENTO MARKETING/VENDITE

Una volta che l’allineamento strategico e tecnologico è stato effettuato, esistono tre ulteriori passaggi aggiuntivi che la startup può mettere in pratica per migliorare ulteriormente l’allineamento tra marketing e vendite:

1) Costruire dei Modelli di Attribuzione

Un Modello di Attribuzione consente la misurazione dell’efficacia dei touchpoint nei quali il marketing contribuisce al processo che porta l’acquirente alla conversione finale. Questa tipologia di modello aiuta il marketing a giustificare il proprio budget e ad identificare le migliori opportunità di crescita per il futuro.

2) Migliorare la Lead Generation

L’analisi e lo scambio aperto dei dati relativi alle conversioni consente di far luce sull’efficacia delle tattiche e dei canali di marketing utilizzati. Creare un sistema di punteggi basato sulle informazioni di conversione consente al marketing di focalizzare gli sforzi per generare lead di qualità più elevata.

3) Misurare il ROI

Avere a disposizione dei numeri (traffico sul sito o leads mensili) consente di calcolare chiaramente il ROI di marketing, concentrandosi sulle metriche che legano direttamente gli investimenti di marketing al business value (ad esempio, il costo medio per lead, il valore medio per lead, il rapporto lead/cliente, etc).

Per ulteriori approfondimenti, il link di riferimento è: http://marketinginsidergroup.com/?p=9597

Napoli, 26/11/2015

Startup e Video Marketing: alcuni consigli utili e una serie di attività strategiche da implementare

Dianna Labrien è una formatrice esperta in applicazioni mobile, viral media trends, content strategies e product localization che attualmente collabora con diverse aziende in Francia. Di recente, il portale Tech.co ha pubblicato un suo articolo dedicato al Video Marketing e ai consigli più utili per imparare ad utilizzare al meglio le opportunità che esso offre alle startup.

Il 2015 è stato decisamente un anno d’oro per il Video Marketing e si prevede un ulteriore sviluppo per il 2016: per questo motivo, anche se non si dispone di grandi budget, delle migliori attrezzature o di un testimonial di successo, startup e PMI non dovrebbero lasciarsi sfuggire l’occasione di sfruttare le opportunità che questo tipo di strategia può offrire.

Cameraman at work

Vediamo quindi quali sono i tre consigli fondamentali per startup alle prese con il Video Marketing che Dianna Labrien elenca nel suo articolo:

1. Essere autentici

Uno degli errori più comuni commessi da startup e piccole aziende alle prese con il Video Marketing è quello di cercare di imitare gli spot televisivi dei grandi brand. La verità è che anche un video girato con un iPhone può portare ottimi risultati in termini di impatto e valore: a tal proposito, l’autrice cita Marcus Sheridan, secondo il quale “But in the world we live today, there is a place for amateur video of all levels”.

Un esempio lampante sono le YouTubers più popolari: raggiungono numeri elevatissimi di fan senza aver speso capitali per attrezzature professionali, registi, sceneggiatori: anzi, i loro video sono decisamente amatoriali, e proprio per questo risultano ancora più accattivanti.

Una startup dovrebbe adottare questo tipo di strategia: anziché cercare di produrre video professionali, concentrarsi sul mostrare “il lato umano” del proprio business. Per mostrare il proprio ufficio e il proprio prodotto “dietro le quinte” basta girare un breve video in grado di spiegare qualcosa di nuovo ai clienti, raccontando la propria storia e parlando dei propri valori aziendali.

2. Ottimizzazione per i motori di ricerca

Per far sì che gli sforzi di Video Marketing siano fruttuosi, naturalmente, i contenuti video devono raggiungere il target di riferimento della startup: ecco perché è necessario avere una buona strategia SEO per posizionare e promuovere i video.

Proprio come Google, anche YouTube ha dei “rancking factors”, degli indici utili per capire se la strategia di Video Marketing implementata sta ottenendo risultati: tra questi, Dianna Labrien ricorda quelli di Video Retention (% di persone che tendono a guardare il video), Commenti, Subscribes after whatching (la metrica più importante), Social Shares, Favorites e Pollice Su/Giù.

L’autrice elenca, inoltre, una serie di attività da implementare per ottenere la crescita degli indici indicati:

a) Caricare video di almeno 5 minuti: così come per i contenuti, la lunghezza del video è fondamentale per ottenere risultati migliori;

b) Aggiungere delle keywords al nome del file video: ciò aiuta ad identificare meglio il video nelle ricerche su YouTube;

c) Il titolo del video deve essere composto da almeno 5 parole: questa accortenza rende il titolo descrittivo (non dimenticare di includere nel video le keywords!);

d) Ottimizzare la descrizione: è questo il valore aggiunto più importante. Occorre assicurarsi che le keyword compaiano nelle prime 25 parole della descrizione, in generale è buona norma che la keyword fondamentale compaia almeno 3/4 volte su una descrizione composta da 250 parole circa. Per massimizzare l’ottimizzazione è inoltre utile inserire il link al proprio sito web nella descrizione, così come i link ai profili social della startup;

e) Non dimenticare i Tag, che rappresentano un’opportunità per classificare meglio le keywords ma anche e soprattutto aiutano a pubblicare il video nella lista dei “Related” quando si visualizzano altri video inerenti all’argomento.

Ancora, è importante promuovere il video su altri canali social e piattaforme pertinenti (il blog aziendale, altri blog, etc).

3. Utilizzo strategico di Facebook

Da quando Facebook ha implementato la propria piattaforma video, ha ottenuto una crescita costante che l’ha portato, nel 2014, a superare YouTube per numero di video caricati. La maggior parte dei brand ha smesso di postare i propri contenuti video su YouTube, preferendo la pubblicazione diretta sulle proprie pagine aziendali su Facebook.

Ecco perché imparare ad utilizzare Facebook a vantaggio della propria startup rappresenta una svolta fondamentale in termini di Video Marketing. Sempre più spesso, infatti, le grandi aziende optano per pubblicare brevi video, puntando sulla creatività, l’ironia e su un rapporto quotidiano con i propri clienti.

Il post originale è disponibile qui: http://tech.co/video-marketing-tips-startup-know-2015-11

Napoli, 11/11/2015

1440 Accelerator: 30K e 4 mesi negli USA per startup nell’editoria

1440 Accelerator è l’acceleratore di Ingram Content Group con sede a Nashville (Tennessee, USA) specializzato su startup con progetti innovativi in ambito editoriale. Il 1440, infatti, è l’anno in cui Gutenberg ha perfezionato la stampa a caratteri mobili, invenzione che ha cambiato per sempre il mondo: sulla scia di quest’innovazione epocale, 1440 Accelerator è alla ricerca di progetti disruptive per il settore editoriale da inserire nel suo programma 2016.

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La deadline per partecipare alle selezioni è fissata al 30 novembre 2015, per iscriversi è necessario compilare l’application al seguente link: https://www.f6s.com/1440accelerator2015

Tra tutte le application pervenute, 1440 Accelerator sceglierà le 10 startup più promettenti con progetti innovativi nel settore dell’editoria e in particolare nei seguenti ambiti:

innovazione per la creazione, distribuzione e consumo di contenuti per la stampa o per e-book,
supporto a editori o dettaglianti (librerie, biblioteche, educatori, etc),
piattaforme di creazione e distribuzione di contenuti,
servizi di demand generation,
strumenti per l’analisi dei dati (vendite, mercato, clienti).

Le startup selezionate per 1440 Accelerator avranno accesso ad un programma intensivo della durata di 14 settimane, che si svolgerà a Nashville a partire dal 31 gennaio al 6 maggio 2016.
Oltre al percorso di accelerazione, le startup potranno beneficiare dell’accesso agli spazi di lavoro e al network internazionale di partner di Ingram Content Group.

Infine, le startup di 1440 Accelerator hanno diritto ad un finanziamento da 30.000$ (a fronte del 10% di equity).

Per maggiori informazioni e dettagli: http://www.fourteenforty.co/#intro

Napoli, 09/11/2015

Consigli per startup e imprese – Digital Marketing e creazione di contenuti: uno strumento per aumentare le vendite

L’attività di Digital Marketing rappresenta uno degli strumenti più importanti ed efficaci di cui una startup (e, in generale, un’azienda) può avvalersi per raggiungere i propri obiettivi di business e, in particolare, di vendite. Nello specifico, un’attività coerente e costante di marketing digitale, basata sulla creazione di contenuti mirati su social media, può contribuire in larga misura al successo di una startup.

Il tema del Digital Marketing è affrontato in un interessante post di James Kelliher, CEO di Whiteoaks, pubblicato di recente nella sezione “Lead Generation” del Digital Marketing Magazine: come anticipato dal titolo, lo scopo del post di Kelliher è quello di dimostrare in che modo l’utilizzo corretto del Digital Content può cambiare le dinamiche del business aziendale.

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Prima di tutto, l’autore afferma che la maggior parte delle aziende che decidono di concentrarsi sulle politiche e le linee guida riguardo il coinvolgimento e la gestione della community devono prendere coscienza che una buona campagna di social media rappresenta lo strumento in grado di creare il massimo valore in termini di lead generation: per questo motivo, la campagna social deve essere l’obiettivo primario.

Il primo step da affrontare nella pianificazione ed implementazione di una campagna di Digital Marketing è quello di identificare i target e le priorità su cui concentrare la comunicazione: questo passaggio è oggi facilitato dagli strumenti offerti dai social media, che consentono di costruire un vero e proprio database delle persone cui rivolgersi.

Una volta identificate le persone cui rivolgersi, bisogna convincerle ad avvicinarsi alla nostra azienda fino a concludere la transazione con l’acquisto del nostro prodotto: è in questa fase che il Digital Content diventa di centrale importanza. Da questo momento in poi, il contenuto offerto rappresenta il veicolo che permette di raggiungere il potenziale cliente e, in prospettiva, di convincerlo a procedere all’acquisto.

Per questo motivo, occorre fare molta attenzione al mix di contenuti offerti: bisognerebbe pubblicare informazioni specifiche riguardanti l’azienda, e altri contenuti open-source su argomenti rilevanti del settore, costruiti in modo tale da comunicare un messaggio di innovazione e sviluppo nel settore.
I contenuti così creati vanno poi veicolati attraverso i social: in particolare, Kelliher sostiene che nelle comunicazioni b2b l’ideale è servirsi di Twitter e LinkedIn.

Un altro aspetto fondamentale da tenere in considerazione è che l’engagement è un processo “a doppio senso”: la comunicazione funziona se, oltre a diffondere messaggi e contenuti, l’azienda riesce ad incoraggiare le persone ad avviare un dialogo. Una volta che c’è l’engagement, è possibile raccogliere dati ed informazioni utili su utenti e potenziali clienti. Un suggerimento utile offerto dall’autore riguardo alla raccolta di dati e informazioni è quello di assicurarsi che i messaggi specifici cui avranno accesso gli utenti che si collegano al sito aziendale siano in parte aperti e in parte chiusi. I contenuti di alto valore dovrebbero infatti essere chiusi, e i visitatori del sito dovrebbero lasciare dati ed informazioni per accedere ad essi.

Ancora, l’engagement degli utenti può essere monitorato attraverso le attività sui social media: ad esempio, è possibile identificare un orizzonte temporale (1, 2 o 3 mesi) e capire se durante questo periodo di tempo gli utenti avranno delle interazioni social con i profili dell’azienda (un retweet, un like, una condivisione, un commento, etc). Tenere sotto controllo questa tipologia di attività rappresenta un modo per monitorare la qualità delle relazioni che si sono instaurate tra l’azienda e il cliente.
Inoltre, esaminare la tipologia di contenuto che cattura l’interesse è un’ulteriore opportunità per raccogliere informazioni e capire quale tipologia di prodotto il cliente potrebbe acquistare.

Office Desk with Tools and Notes About Digital Marketing

Il passo finale, naturalmente, è quello di trasformare l’engagement in vendite effettive: in questo, i canali di vendita tradizionali sono insostituibili (telefono, faccia a faccia, attraverso l’intermediazione di terzi).
Tuttavia, la quantità di dati ed informazioni raccolte attraverso una campagna di Digital Marketing coerente, continuativa e basata sui contenuti rappresenta un passo avanti quando ci si trova a dover concludere la vendita finale.

In conclusione, Kelliher pone l’attenzione su un aspetto caratterizzante di questa tipologia di approccio: visto da questa prospettiva, il marketing diventa un processo in cui il potenziale cliente non è più un semplice “bersaglio passivo”, ma assume un ruolo importante in cui si sente coinvolto fin dalle prime fasi di attività del business.

Il post originale è disponibile qui: http://digitalmarketingmagazine.co.uk/digital-marketing-lead-generation/effective-use-of-digital-content-will-change-the-dynamics-of-your-business

Napoli, 09/07/2015

Consigli per startup e imprese: umanizzare il brand grazie alla comunicazione social

Michelle Manafy è direttore di Digital Content Next, associazione di categoria che si occupa delle esigenze delle imprese in materia di digital media. Nel suo ultimo articolo pubblicato da INC., parla di come i social media rappresentino un aspetto fondamentale per i brand di startup e imprese.

In particolare, il suo articolo analizza un aspetto tanto importante quanto difficile da gestire: quando si tratta di social media, i brand devono essere “umanizzati”. Comportarsi “come dei robot” è infatti, secondo Michelle Manafy, l’errore più fatale che un’azienda possa commettere quando si affronta la comunicazione sui social media.

Nel suo articolo, l’autrice espone ai lettori tre strategie efficaci per aziende e startup alle prese con la comunicazione sui social: vediamo di quali strategie si tratta.

1) Le persone alimentano il business

Le persone che lavorano in un’azienda sono una grande forza per il brand: il primo suggerimento è quello di prendere in considerazione l’idea di mettere una foto che ritragga il team sulle home page degli account social. Guardare in faccia le persone che compongono un’azienda è importante per i clienti, che possono in questo modo avere uno strumento in più da cui capire la cultura che c’è dietro al brand.
Un’altra buona idea è quella di coinvolgere il personale e il team nella creazione di contenuti su Twitter: la conseguenza sarà quella di infondere alla presenza social del brand una vera e propria “forza umanizzante” che coinvolge in maniera efficace la community.

Social media communication concept

2) La conversazione è a due vie

Uno dei più grandi errori che un’azienda può fare quando si tratta di social media è quello di utilizzare i propri profili come un mezzo di comunicazione a senso unico. Il minimo che si possa fare, è utilizzare i social come un mezzo per rispondere a richieste e reclami dei clienti.
Anche in questo caso, bisogna ricordare sempre che lo scopo è quello di umanizzare il brand: per questo motivo, è importante parlare con i clienti affrontando problemi e richieste con grazia e gentilezza.

Oltre ad utilizzare i social media come canale per il servizio clienti, è possibile aumentare l’efficacia della comunicazione social del brand cercando di coinvolgere la clientela nella creazione di contenuti: un metodo molto utile e diffuso è, ad esempio, quello di incoraggiarli a postare fotografie tramite Twitter o Facebook, che ritraggano il cliente mentre utilizza il prodotto.
Da questo punto di vista, è importante dare sempre un riscontro o una risposta (ad esempio attraverso un retweet).

3) Le persone hanno la propria personalità

A questo punto, l’autrice si sofferma sul logo aziendale: questo è di solito la prima cosa che un cliente vede sulle pagine social dell’azienda. Ma questo logo ha personalità? La risposta può essere sì, ma secondo Michelle Manafy anche il logo migliore non può mai ricalcare e comunicare la pluralità di aspetti della personalità umana.
Ecco perchè bisogna affiancare al logo un linguaggio che riesca a comunicare delle emozioni, in particolare la gioia e l’umorismo: sono proprio queste ultime, infatti, le emozioni che riscuotono maggior successo sui social media.

Infine, l’autrice ricorda due aspetti da tenere sempre in mente quando si parla di comunicazione social del brand: la prima regola generale è quella di interagire utilizzando i nomi e parlando in prima persona, per trasmettere un maggior senso di umanità e genuinità.
La seconda, è quella di applicare i tre consigli strategici esposti anche alla creazione di contenuti.

Per leggere il post originale: http://www.inc.com/michelle-manafy/humanizing-your-brand-for-social-success-the-content-connection.html

Napoli, 30/06/2015

Consigli alle startup in tema di vendite: come aumentarle, come acquisire clienti, come presentarsi a un VC

Mark Suster è un imprenditore seriale di successo (Salesforce.com), angel investor, mentor per Techstars e attualmente impegnato nel Venture Capital come investment partner per Upfront Ventures. Il suo blog è fonte di preziosi consigli per startupper e aspiranti tali, e in particolare vediamo oggi il suo punto di vista sul tema delle vendite.

Le vendite sono decisamente linfa vitale per qualsiasi impresa, e in particolare gli imprenditori in fase di startup possono avere scarsa esperienza o inclinazione per questo argomento: inoltre, spiega Suster, le vendite rappresentano uno dei focus principali su cui si sofferma un investitore quando si avvicina ad una startup, per cui è fondamentale cercare di massimizzarle anche in fase di fund raising.

Secondo Mark Suster, per migliorare le vendite una startup deve tenere presenti tre aspetti di base:

1) Perché comprare un prodotto/servizio?
2) Perché comprare un prodotto/servizio proprio dalla mia azienda?
3) Perché comprare un prodotto/servizio proprio in questo momento?

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Il post di cui parliamo oggi si sofferma particolarmente sul primo aspetto, partendo da un punto fondamentale: quando si tratta di vendite, la cosa più importante è “qualify”, ossia essere preparati, qualificati, idonei.
Il motivo è molto semplice: coloro che si occupano delle vendite hanno un tempo limitato a propria disposizione, e non possono permettersi di sprecarlo con qualcuno che non acquisterà il loro prodotto/servizio nel breve termine.

La prima cosa da fare è chiedersi se la persona che si ha di fronte può essere un potenziale cliente, e quindi se ha un problema per cui il nostro prodotto/servizio possa rappresentare la soluzione. Ecco perché nella maggior parte dei casi, il successo nelle vendite nasce da una buona attività di inbound marketing: lo scopo è quello di attrarre potenziali clienti attraverso programmi di marketing basati sui contenuti offerti, attirando traffico sul proprio sito web.
In questo modo, infatti, sarà possibile quantificare il tempo che i visitatori trascorrono sul sito a leggere i contenuti, facendosi una prima ideaa del livello di interesse.

Quando si dispone già di un prodotto/servizio, sapere chi è il proprio “cliente tipico” aiuta molto, perché permette di arrivare direttamente ed in maniera rapida al proprio target di potenziali clienti: inoltre, è possibile stabilire una strategia con gli strumenti più adatti.
Un consiglio che l’autore offre a riguardo è quello di servirsi di appositi tools per costruire mailing list di potenziali clienti, cui indirizzare una campagna e-mail ad hoc.

Il più grande errore che startupper poco esperti fanno in tema di vendite è, secondo Suster, perdere tempo con chi si dimostra per nulla propenso all’acquisto, ma si comporta in maniera gentile, mostrandosi interessati a ciò che gli si sta dicendo. Purtroppo i founder di una startup hanno spesso paura di sentirsi dire semplicemente “no”, mentre a volte questa può essere la risposta più utile per le vendite. E’ molto meglio un no secco, infatti, piuttosto che restare in forse o non sapere.

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Un altro errore che spesso le startup commettono riguardo alle vendite è quello di non chiedere se l’acquirente ha un budget a disposizione per l’acquisto. Suster sostiene che ci sono due tipologie di persone che non hanno un budget prestabilito:

Coloro che sono effettivamente interessati all’acquisto, ma non hanno disponibilità economica per effettuarlo nel breve termine. In questo caso la persona viene lasciata cadere nel così detto “imbuto del marketing”: la persona viene considerata come potenziale cliente e rimane oggetto, in quanto tale, delle campagne di marketing dell’azienda. La startup deve, in questo caso, concentrarsi su coloro che potranno realmente effettuare l’acquisto in tempi brevi.

Tra coloro che non hanno un budget a disposizione vanno incluse anche le persone che non sono interessate all’acquisto, ma vogliono comunque relazionarsi con voi: queste persone rappresentano una perdita di tempo per la startup. A volte, alle persone piace sentirsi oggetto delle attenzioni che un’azienda alla ricerca di potenziali clienti può offrire: per questo motivo, mantengono comunque i contatti pur senza avere alcuna intenzione di acquistare il prodotto/servizio offerto. Queste persone, secondo Suster, vanno categoricamente evitate in quanto rappresentano una perdita di tempo e risorse che andrebbero impiegate su potenziali clienti che vorrebbero davvero effettuare un acquisto.

L’ultima parte si concentra invece sulla tematica delle vendite nel fund raising: secondo Suster, molto semplicemente, “Raising money is selling”.
Le vendite sono una metrica imprescindibile quando si effettua la raccolta di capitali, perché rappresentano tutto il potenziale di una startup. Se si dispone di un prodotto che rappresenta una valida soluzione ad un problema, se si hanno le competenze necessarie per produrlo, se esiste una base di potenziali clienti abbastanza ampia che vuole acquistarlo, vuol dire che la startup ha ottime possibilità di successo e che può meritare la fiducia dell’investitore.

Per leggere il post originale dal blog di Marc Suster: http://www.bothsidesofthetable.com/2015/03/10/sales-101-why-buy-anything/

Napoli, 24/04/2015

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