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Italia Startup Visa: nuovi talenti e capitali in Italia. La Conferenza Stampa di presentazione a Roma il 24 giugno

Martedì 24 giugno 2014 (ore 15:00) presso la sede di LUISS EnLabs a Roma sarà presentato il portale dedicato al programma Italia Startup Visa, a cura del Ministero dello Sviluppo Economico e del Ministero degli Affari Esteri per facilitare l’avvio di startup nel nostro Paese da parte di aspiranti imprenditori provenienti da Paesi extra-UE.

Come è possibile leggere nelle Linee Guida “Italia Startup Visa – La politica del Governo Italiano per attrarre imprenditori innovativi stranieri” (elaborate a cura dei Ministeri dello Sviluppo Economico, degli Affari Esteri, dell’Interno, del Lavoro e delle Politiche Giovanili), si tratta di una procedura speciale riservata a cittadini extra-UE per ottenere attraverso una procedura snella un visto di lavoro autonomo startup della durata di un anno.

Italia Startup Visa nasce come strumento per attrarre capitali e talenti imprenditoriali innovativi dall’estero, e si basa su una serie di meccanismi burocratici particolarmente semplici e veloci grazie ai quali un aspirante imprenditore straniero in possesso di una certa quantità di capitale da destinare all’avvio del proprio progetto di impresa (minimo 50.000 euro) può iniziare la propria startup in territorio italiano.

Con un iter legislativo iniziato nell’ottobre 2012, grazie all’introduzione delle startup innovative e degli incubatori certificati attraverso il Decreto Crescita Bis (DL 179/2012), l’ecosistema startup italiano aggiunge con Italia Startup Visa un’altra tappa al suo percorso, che va ad affiancarsi al Regolamento CONSOB sull’Equity Crowdfunding e al Piano Destinazione Italia.

Napoli, 18/06/2014

Lo stato attuale del Crowdfunding in Italia: il report 2013 di ICN

Si è tenuto lo scorso 19 ottobre a Roma Crowdfuture, l’evento italiano dedicato al mondo del crowdfunding e del finanziamento collettivo delle idee innovative: giunto alla sua seconda edizione, Crowdfuture si è concentrato sull’analisi della situazione attuale del fenomeno con uno sguardo ai futuri temi e trend del mercato.

Nel corso di Crowdfuture è stata presentata la Mappa Italiana del Crowdfunding, un’analisi dettagliata delle piattaforme italiane aggiornata con i dati di ottobre 2013 a cura di Daniela Castrataro, presidente dell’Italian Crowdfunding Network, e Ivana Pais, dell’Università Cattolica di Milano.

Attualmente, il panorama italiano del crowdfunding conta ben 42 piattaforme, di cui 27 attive e 15 in fase di lancio.
Dal report si desume che sono quattro le tipologie di piattaforme on line maggiormente presenti in Italia: reward-based (basato su un sistema di ricompense in cambio dei contributi); donation based (in cui non esiste ricompensa a fronte delle donazioni); equity based (in cui il finanziatore, a fronte del proprio contributo, ricevono una quota del capitale societario) e lending based (che consiste in uno scambio di microprestiti tra privati).

Le autrici della Mappa fanno però notare che, a differenza di altre parti del mondo, in Italia è presente una maggiore complessità di modelli per quanto riguarda le piattaforme di crowdfunding: molti sono gli esempi di piattaforme “ibride”, che sono difficili da “inquadrare” nelle categorie standard.

Concentrandosi sulle piattaforme attive, il Report conferma ancora una volta che il modello prevalente in Italia resta il reward based, cui appartiene oltre la metà delle piattaforme attuali: subito dopo si posiziona il donation based, che copre oltre il 30% del totale.

Riguardo invece all’equity based, che rappresenta la modalità maggiormente interessante per le startup, bisogna guardare all’immediato futuro: le piattaforme in fase di lancio che, anche sulla spinta del Regolamento CONSOB pubblicato lo scorso luglio, si affideranno a tale modalità di crowdfunding sono infatti 9 (di cui una avrà un modello ibrido reward/equity) e andranno a costituire il 22% delle piattaforme italiane di crowdfunding.
Da questo punto di vista, gioca sicuramente un ruolo fondamentale la presenza di una disciplina giuridica del fenomeno che ha reso il nostro Paese il primo al mondo a dotarsi di una normativa specifica in materia: circostanza che crea all’Italia un importante vantaggio competitivo, anche e soprattutto riguardo alla possibilità di formare professionalità con competenze specifiche sull’argomento. Riguardo a quest’ultimo aspetto, anche il CSI – Centro Servizi Incubatore Napoli Est ha recentemente offerto il proprio contributo ad approfondire la conoscenza del fenomeno dell’Equity Crowdfunding, con un workshop sull’argomento tenuto da Alberto Giusti.

Riguardo all’entità di capitali raccolti, il fenomeno del crowdfunding in Italia non registra sicuramente un vero e proprio boom, ma è sicuramente in crescita: sono stati raccolti dalle nostre piattaforme 23 milioni di euro, di cui 11 soltanto nell’ultimo anno.

Storicamente, la prima piattaforma italiana di crowdfunding è Produzioni Dal Basso, nata nel 2005: da allora, i numeri sono cresciuti fino ad arrivare al boom del 2013 con 24 nuove piattaforme.
Da un punto di vista della distribuzione geografica, invece, il Nord Italia continua ad ospitare la maggioranza delle piattaforme anche se, rispetto alla Mappa Italiana del Crowdfunding presentata nel 2012, si segnala la nascita di tre piattaforme nel Sud Italia.

Tra le piattaforme di Crowdfunding particolarmente attive al Sud, ricordiamo la partenopea DeRev: tra i progetti presentati durante la prima edizione di VulcanicaMente, DeRev nasce nel novembre 2012 grazie al suo founder Roberto Esposito, autore insieme a Claudio Calveri del report “Crowdfunding World 2013”, una fotografia sullo stato attuale del fenomeno a livello globale con un focus particolare sull’Italia. Il documento è scaricabile in maniera gratuita da questo link.

Tra le altre novità interessanti contenute nella Mappa Italiana del Crowdfunding, ricordiamo infine l’apertura al mercato europeo ed extraeuropeo (anche se la maggior parte delle piattaforme si rivolge esclusivamente al mercato italiano, infatti, sono attualmente 4 le piattaforme che si rivolgono al mercato europeo e 2 quelle che si muovono sul mercato extraeuropeo): un ulteriore aspetto che conferma la crescita di questo fenomeno non solo a livello globale, ma anche nel nostro Paese.

Fonte: ICN – Italian Crowdfunding Network, Analisi delle Piattaforme Italiane di Crowdfunding (di Daniela Castrataro e Ivana Pais).

Napoli, 31/10/2013

Equity CrowdFunding: Italia e U.S.A. a confronto

Il mercato del CrowdFunding si conferma in netta espansione a livello globale: dopo l’Italia, primo Paese al mondo a dotarsi di una disciplina specifica in materia con l’apposito Regolamento della CONSOB, tra pochi giorni anche negli U.S.A. sarà possibile effettuare raccolta di capitali grazie a campagne on line di equity crowdfunding.

E’ stata infatti abrogata una norma di circa 80 anni fa che vietava alle imprese private di utilizzare la pubblicità per sollecitare gli investitori ad acquistare quote e diritti di proprietà delle società: dal prossimo 23 settembre entrerà in vigore nell’ordinamento legislativo americano la normativa in materia di equity crowdfunding prevista dal Jobs Act del 2012.

In precedenza, il Crowdfunding negli U.S.A. era riservato a realtà no profit, come dimostrano esempi celebri quali Kickstarter, che ha contribuito a lanci nel settore delle produzioni cinematografiche, musicali e documentaristiche. Con la nuova normativa, invece, saranno anche le startup in cerca di finanziatori a poter beneficiare degli strumenti del Crowdfunding.

Tra gli strumenti più recenti nati negli Stati Uniti ritroviamo la piattaforma JumpStartFund: si tratta di un vero e proprio laboratorio on-line che unisce crowdsourcing e crowdfunding: le idee e i prototipi saranno sviluppati attraverso una collaborazione open dai partecipanti alla community, che riceveranno in cambio quote di partecipazione nelle startup innovative che sviluppano il progetto.

In questo modo, i founders di JumpStartFund propongono la loro soluzione a un problema che si riscontra spesso nelle startup, e che spesso le porta al fallimento: la mancanza di esperienza e skills nei componenti del team (qui, il pensiero sull’argomento di Dirk Ahlborn, co-founder di JumpStartFund).

Ma il mercato del Crowdfunding è in netta crescita anche in Italia: grazie alle nuove norme contenute nel Regolamento CONSOB, sarà possibile la nascita di piattaforme on line di equity crowdfunding che dovranno iscriversi nell’apposito registro CONSOB, oppure di piattaforme gestite da banche e società di investimento: si tratta sicuramente di un settore che sta attraversando un’importante evoluzione, che aprirà nuovi scenari ed opportunità per le startup.

Già dallo scorso anno, si è evidenziato infatti un dato di rilievo: secondo una ricerca ICN, le piattaforme di Crowdfunding in Italia sono passate dalle 16 rilevate nel 2012 alle attuali 39.
Ed è previsto un aumento, proprio in virtù della nuova regolamentazione CONSOB che offre un quadro di riferimento meglio delineato e maggiori garanzie anche e soprattutto per gli investitori non professionali.

Non stupisce, quindi, il recente interesse che l’argomento sta suscitando nel nostro Paese: proprio pochi giorni fa, il CSI – Incubatore Napoli Est ha ospitato un Open Workshop sull’argomento a cura di Alberto Giusti.

L’evento rientra nelle attività di animazione e sensibilizzazione sul tema dell’imprenditoria giovanile organizzate dall’Incubatore: tra queste, ricordiamo le opportunità offerte dalla seconda edizione di VulcanicaMente: dal talento all’impresa.

Grazie a VulcanicaMente, i talenti creativi ed innovativi campani possono provare a mettere in gioco le proprie idee e trasformare i propri progetti in una vera startup: tutte le informazioni sono nella sezione Eventi & Iniziative del sito www.incubatorenapoliest.it!

Per partecipare alle selezioni, basta prenotarsi per il TechDay che si terrà il 24 e 25 settembre: compila subito il form di iscrizione disponibile qui!

Altri link utili:

Napoli, 18/09/2013

“Finanziare il tuo progetto con il crowdfunding”: open workshop il 11/09 al CSI – Incubatore Napoli Est

Mercoledì 11 settembre 2013 il CSI – Incubatore Napoli Est ospiterà il workshop “Finanziare il tuo progetto con il crowdfunding”: si tratta di un tema molto interessante, considerando la crescita esponenziale del fenomeno a livello globale (nel 2012 il crowdfunding ha raccolto quasi 3 milioni di dollari) e l’interesse a livello nazionale.

Il nostro Paese, infatti, è il primo al mondo ad aver regolamentato il mercato del crowdfunding: in questo senso, l’Italia ha costruito la possibilità di un vantaggio competitivo importante per tutti coloro che acquisiranno competenze e servizi in questo settore.

Il workshop prevede una sessione mattutina aperta a tutti i startupper, imprenditori, responsabili strategie, amministratori delegati, direttori generali, vice president marketing, marketing manager, direttori marketing, sales manager, vice president sales, direttori vendite.

In particolare, il workshop si focalizzerà sugli aspetti più strettamente pratici riguarderanno l’analisi delle fasi che compongono un progetto di crowdfunding e la struttura di un piano di marketing.

Il workshop è a cura di Alberto Giusti: Managerial engineering, business angel, internet expert, start-up founder (qui il link al suo profilo LinkedIn).

Per partecipare al workshop è necessario registrarsi online compilando il form di iscrizione accessibile da qui, dove troverai anche il programma completo. La partecipazione è gratuita, ma i posti sono limitati.

Inoltre, il CSI, con l’iniziativa VulcanicaMente dal talento all’impresa ti offre un percorso gratuito di assistenza per lo sviluppo della tua idea, con accesso ai ns. spazi, ai workshop riservati e alle sessioni di mentorship, per candidarti qui tutte le info.

Napoli, 31/07/2013

Emanato il Regolamento CONSOB sull’Equity Crowdfunding per startup innovative

Il 12 luglio 2013 la CONSOB ha pubblicato il Regolamento n. 18592, dedicato alla disciplina della “Raccolta di capitali di rischio da parte di imprese start-up innovative tramite portali on-line”: si tratta quindi del fenomeno dell’Equity Crowdfunding, e il neo-adottato Regolamento fa dell’Italia il primo paese a dotarsi di una disciplina specifica in materia.

La nascita del Regolamento CONSOB sull’Equity Crowdfunding è stata caratterizzata quindi dall’assenza di normative di riferimento, aspetto che giustifica l’adozione di un approccio molto “open”, con ampia partecipazione degli stakeholders attraverso indagini e consultazioni on line che hanno preceduto la stesura definitiva del documento (qui, il più recente dei post sull’argomento dal nostro blog).

Al momento è possibile effettuare la raccolta di capitali on line solo per capitali di rischio e non di debito: tale previsione è un limite, ma allo stesso tempo un elemento di forte innovatività è riscontrabile nella possibilità di partecipare ad investimenti anche in S.r.l., a differenza di quanto finora previsto nel Codice Civile, andando così ad equiparare di fatto le azioni e le quote di partecipazione in questa forma societaria.

Un’altra limitazione sembra derivare dal fatto che la raccolta di capitali on line è attualmente riservata alle sole startup innovative: da notare però che gli ultimi sviluppi normativi (nello specifico, il Decreto Lavoro, di cui abbiamo parlato in questo post) hanno introdotto requisiti più ampi per lo status di startup innovativa, allargando il bacino di potenziali investimenti. Inoltre, durante la presentazione del Regolamento dello scorso venerdì gli addetti ai lavori hanno dichiarato che è già stata presentata la proposta di estendere l’applicabilità del Regolamento sul crowdfunding a tutte le piccole e medie imprese italiane.

Anche la presenza obbligatoria di investitori professionali, che nella bozza era apparsa fortemente limitante, è stata ridimensionata: la soglia minima del 5% di quote sottoscritte da un investitore professionale è ancora prevista, ma non è più una precondizione bensì un perfezionamento dell’offerta. In sostanza, qualsiasi startup innovativa può presentare la propria offerta, pur non avendo inizialmente un investitore professionale alle spalle, mentre per l’effettiva conclusione della raccolta è necessario che almeno il 5% dell’offerta sia coperta da investitori professionali.

Sempre in tema di investitori professionali, si segnala che il Regolamento annovera tra questi ultimi anche gli incubatori certificati di impresa: un aspetto particolarmente interessante, che permette a chi segue le startup fin dalla loro nascita di investire anche finanziariamente sul loro sviluppo.

Dal punto di vista delle novità, il Regolamento sull’Equity Crowdfunding prevede l’istituzione di un apposito Registro per i gestori di portali on line, con la definizione dei relativi requisiti di onorabilità e professionalità, delle regole di condotta e delle eventuali sanzioni previste per chi infrange le regole.

In particolare, i gestori dovranno rispettare una serie di obblighi riguardo la trasparenza e le informative agli investitori: questo aspetto deriva da quella che è la finalità più sentita dal legislatore, che è quella di ridurre al minimo il rischio dell’investitore, soprattutto perchè gli strumenti finanziari che quest’ultimo acquista sono sempre ad alto rischio a causa della natura stessa delle startup innovative. E’ infatti previsto a riguardo un apposito questionario on line, che l’investitore deve compilare al momento della sottoscrizione dell’offerta, per dimostrare di aver compreso la rischiosità dell’investimento che si accinge ad effettuare.

Sempre nell’ottica di mitigare il più possibile il rischio degli investitori, il nuovo Regolamento introduce il diritto di revoca: l’investitore può recedere la propria offerta entro 7 giorni senza dare alcun tipo di motivazione, inoltre è possibile esercitare il diritto di revoca anche dopo i 7 giorni, in caso di “change of control” (cambio di compagine societaria rispetto al controllo della società).

Riguardo alla tutela dell’investitore e all’obbligo di trasparenza, è prevista una procedura semplificata per rendere più agevole l’obbligo del gestore di trasmettere gli ordini alle banche e alle imprese di investimento che operano nei confronti degli investitori (nel rispetto della MIFID, la disciplina europea per la tutela dell’investitore e la tasparenza tramite informative al cliente).

Sono però previste delle soglie minime per gli investimenti, al di sotto delle quali i gestori di portali non sono obbligati a sottostare agli obblighi della MIFID:
– ordini di persone fisiche inferiori a 500 euro per singolo investimento e inferiori a 1.000 euro annui;
– ordini di persone giuridiche inferiori a 5.000 euro per singolo investimento e inferiori a 10.000 euro annui.

L’adozione del Regolamento CONSOB ha trovato buoni riscontri da parte di esperti e addetti ai lavori, che vedono nel documento un primo passo fondamentale per lo sviluppo di un ecosistema italiano per le startup innovative e, soprattutto, per avvicinare un maggior numero di investitori al settore: trovate qui il post su CheFuturo! di Gianluca Dettori di dpixel e qui l’articolo dedicato all’argomento da Wired.

Inoltre, qui è possibile scaricare una scheda sintetica del Regolamento, che è invece disponibile in versione integrale a questo link.

Napoli, 15/07/2013

Una speranza sempre più concreta, l’Italia terra di startup

Il fenomeno delle startup in Italia sembra assumere dimensioni sempre maggiori e contorni sempre meglio definiti: in 6 mesi dall’emanazione del Decreto Sviluppo Bis, che ha formalizzato per la prima volta la definizione ed i requisiti della startup innovativa, sono oltre 800 le imprese iscritte nell’apposita Sezione Speciale del Registro delle Imprese.

Insomma, sembra proprio che l’Italia sia un Paese di aspiranti imprenditori: è quanto risulta dalla Ricerca commissionata da Italia Startup ad Human Highway, uno studio sulla propensione all’imprenditorialità degli italiani che dimostra come l’idea di fondare una startup non è più soltanto un sogno, ma un’opportunità sempre più concreta.

La Ricerca di Human Highway per Startup Italia (che potrete trovare qui) si pone l’obiettivo di stimare il numero di potenziali imprenditori in Italia, restringendo sempre di più il campo ai potenziali “veri” imprenditori passando attraverso una serie di domande che rappresentano altrettanti check point.

La domanda iniziale, per scremare i soggetti potenzialmente interessati ad investire del capitale in un’idea imprenditoriale, riguarda la destinazione di utilizzo di una fortuna inattesa: agli intervistati viene chiesto in che modo spenderebbero un’improvvisa eredità di 200.000 euro. Da questa domanda, il dato relativo al potenziale di imprenditoria si ottiene sommando due risposte:
– Il 16,5% (pari a circa 4,7M di persone) dichiara che li userebbe in un proprio progetto imprenditoriale;
– Il 2,3% (pari a circa 0,6M di persone) li investirebbe nell’impresa di amici/conoscenti.

Il primo check point è nella domanda successiva, che riguarda il Committment dell’aspirante imprenditore: sono da considerarsi “veri” aspiranti imprenditori soltanto coloro che userebbero almeno la metà della cifra in questione (in questo caso almeno 100.000 euro) per finanziare il proprio progetto di business.
Introducendo il Committment, il numero di potenziali imprenditori italiani inizia a diminuire: da 5,3 milioni di individui, passiamo infatti a 3,5 milioni di aspiranti imprenditori, che corrispondono al 12,2%.

Con il secondo check point si valuta la Maturità dell’idea, ossia lo stato di sviluppo del progetto: si ha solo un’idea vaga, è appena abbozzata, o siamo di fronte ad un progetto preciso e dettagliato? O addirittura è un progetto già partito?
Eliminando coloro che hanno soltanto un’idea vaga del proprio business, il numero di potenziali imprenditori in Italia diminuisce e arriva a 380.000 persone, corrispondenti all’1,3%.

Il terzo e ultimo check point riguarda la presentazione dell’idea: vengono considerati potenziali imprenditori soltanto coloro che sono in grado di offrire una descrizione sintetica della propria business idea.
Con quest’ultimo passaggio, il numero scende a 300.000 aspiranti imprenditori in Italia, circa l’1,1% della popolazione.

Agli aspiranti imprenditori è stato poi chiesto quali sono i motivi per i quali non mettono in pratica la propria business idea: i tre motivi principali sono risultati la mancanza di capitali (78,9%), non aver trovato le persone giuste (20,6%), paura che l’attuale momento storico sia troppo rischioso (11,1%). Da notare che agli intervistati è stata data la possibilità di indicare fino a due risposte.

Se ne deduce la necessità di venire incontro a coloro che lamentano la scarsa disponibilità di capitali di rischio: proprio da Italia Startup, e nello specifico dalle parole di Federico Barilli (segretario generale dell’associazione) a Il Sole 24 Ore, vengono tre suggerimenti fondamentali per le autorità nazionali che si occupano di legiferare in materia di startup ed incentivi.

  1. Approvare quanto prima il Regolamento per lo sgravio fiscale di chi investe in imprese innovative (a riguardo ricordiamo questo post nel nostro blog);
  2. Approvare, con alcune revisioni, il Regolamento CONSOB sul crowdfunding (qui il più recente dei nostri approfondimenti in materia di Crowdfunding);
  3. Mettere a punto un provvedimento riguardante il cosiddetto “Fondo dei fondi“: si tratta di uno strumento già diffuso e collaudato in altri Paesi, ancora non previsto dal nostro Ordinamento, che consiste in un fondo di garanzia pubblico a parziale copertura dei rischi per chi investe in startup.

Come sempre, l’auspicio è che i meccanismi già messi in moto in Italia in direzione di un ecosistema per le startup possano procedere il più velocemente possibile.

Napoli, 27/06/2013

Il Crowdfunding: evoluzioni e prospettive per il 2013

Recentemente la società di ricerca e consulenza Massolution ha pubblicato il Crowdfunding Industry Report 2013, che analizza lo sviluppo e le tendenze che il fenomeno del Crowdfunding ha attraversato negli ultimi anni, stimandone le probabili evoluzioni per l’immediato futuro.

Secondo il Report, il 2013 si delinea come l’anno del boom del crowdfunding: esso rappresenta infatti un’alternativa concreta e scalabile al tradizionale sistema dei finanziamenti pubblici e privati.
Ciò è vero, secondo quanto si legge in un recente articolo pubblicato da Il Sole 24 Ore, soprattutto per le startup innovative italiane, che non riscontrano risposte adeguate alle proprie esigenze nel sistema bancario e sono in attesa del Regolamento CONSOB sulla normativa relativa alle piattaforme per l’equity.

La crescita esponenziale del Crowdfunding a livello globale è chiaramente riscontrabile nei dati del 2013CF Industry Report: il numero di piattaforme online esistenti nel 2012 è cresciuto del 60% negli ultimi 5 anni, raggiungendo il numero di 452 piattaforme attive nel mondo.
Allo stesso modo, sono cresciuti i capitali raccolti attraverso tali piattaforme: nel 2011 la cifra globale è stata di 1,5 miliardi di dollari e nel 2012 si è arrivati a 2,8 miliardi. Massolution stima che il 2013 potrebbe vedere un raddoppio dei capitali raccolti grazie al Crowdfunding, ipotizzando una cifra pari a 6 miliardi di dollari.

Altro esempio lampante dell’importanza crescente del Crowdfunding nel mondo viene dai numeri raggiunti da Kickstarter, storica piattaforma online, nell’anno 2012: sono state coinvolte oltre 2 milioni di persone, che hanno dato il proprio contributo economico alle campagne di raccolta fondi, raccogliendo in totale 500 milioni di dollari e finanziando 40.000 progetti.

Secondo Massolution, l’espansione globale del Crowdfunding, insieme alla tendenza ormai stabile al finanziamento non solo di progetti di modesta rilevanza ed aziende di piccole dimensioni, deve essere una spinta per i Governi a tener conto di tali aspetti nella stesura dei programmi di sviluppo economico e nell’implementazione delle relative politiche.

Sull’argomento si sta muovendo attualmente la Commissione Europea, attraverso la Direzione generale per l’impresa e l’industria: è in fase di messa a punto una proposta di legge per la regolamentazione del Crowdfunding nell’area UE.
In Italia, come accennato, si è in attesa del Regolamento definitivo della CONSOB e, intanto, nascono movimenti ed associazioni nel settore, come ad esempio Italian Crowdfunding Network, associazione nata allo scopo di “consentire un corretto sviluppo del Crowdfunding in Italia” che tra l’altro collabora allo sviluppo della regolamentazione e legislazione nazionale in materia.

Il Report di Massolution evidenzia un altro aspetto importante: si riscontra una tendenza sempre maggiore delle grandi compagnie a servirsi del Crowdfunding come mezzo per diversificare il proprio portafoglio, soprattutto dal punto di vista di nuovi fornitori in materia di Ricerca&Sviluppo: un esempio in tal senso viene da Google, che ha recentemente scelto di investire ben 125 milioni di dollari nella piattaforma di Crowdfunding Lending Club. Come riporta Il Sole 24 Ore, i vertici di Google sono infatti convinti che “grazie alle decisioni prese da una moltitudine di persone la tecnologia dia la possibilità di sostenere startup innovative di successo“.

L’auspicio per gli startupper italiani è che anche nel nostro Paese ci si impegni quanto prima a muoversi in questa direzione.

Fonte: Il Sole 24 Ore

Napoli 20 giugno 2013

I requisiti per gli Incubatori Certificati di Start up innovative

Il Decreto Sviluppo bis (D. L. 179/2012, convertito in legge 221/2012) ha introdotto, per la prima volta in Italia, il concetto di incubatore certificato di start-up innovative, delegando ad apposita disciplina attuativa la regolamentazione nel dettaglio. Tale regolamentazione è, quindi, stata emanata con Decreto Ministeriale (Ministero Sviluppo Economico) del 21/02/2013, pubblicato in Gazzetta Ufficiale 18/04/2013 n. 91, dove sono riportati i criteri e le scale di punteggi per gli incubatori certificati di start up innovative.

Nello specifico, il DL 179/2012 (convertito con legge n. 221/2012) elenca i requisiti necessari ad ottenere lo status di incubatore certificato di start-up innovative a seguito dell’iscrizione alla Sezione Speciale del Registro delle Imprese. Infatti, è proprio grazie all’iscrizione alla CCIAA che si ottiene lo status di incubatore certificato, cui conseguono una serie di agevolazioni:

–     esenzione dal pagamento dell’imposta di bollo e del diritto camerale per i primi 4 anni dall’iscrizione;

–     possibilità di remunerazione del personale con strumenti finanziari ovvero con ogni altro diritto o incentivo che preveda l’attribuzione di strumenti finanziari o diritti similari (si ricorda che il reddito da lavoro derivante dall’assegnazione di tali strumenti non concorre alla formazione del redito imponibile);

–     semplificazioni nella normativa prevista per il Credito d’Imposta, che viene concesso in via prioritaria rispetto alle altre imprese per il personale altamente qualificato assunto a tempo indeterminato, anche attraverso contratti di apprendistato;

–     accesso facilitato e gratuito al Fondo Centrale di Garanzia per le piccole e medie imprese;

–     una start-up innovativa può annoverare tra le spese di Ricerca e Sviluppo quelle relative ai servizi di incubazione forniti da un incubatore certificato;

–     la bozza di Regolamento sul crowdfunding della CONSOB prevede che una quota pari ad almeno il 5% degli strumenti finanziari offerti da un portale on-line di crowdfunding debba essere “sottoscritta da investitori professionali ovvero fondazioni bancarie, società finanziarie per l’innovazione e lo sviluppo di cui all’art. 2 della legge 5 ottobre 1991 n. 317, incubatori di start-up innovative“.

Nel dettaglio, per accedere alla Sezione Speciale del Registro delle Imprese è richiesta innanzitutto la costituzione dell’incubatore in forma di società di capitali (anche in forma cooperativa), residente in Italia, con oggetto sociale inerente all’erogazione di “servizi per sostenere la nascita e lo sviluppo di start-up innovative”. Inoltre, l’incubatore deve essere in possesso dei seguenti requisiti:

a)    disporre di strutture, anche immobiliari, adeguate ad accogliere start-up innovative, quali spazi riservati per poter installare attrezzature di prova, test, verifica o ricerca;

b)    disporre di attrezzature adeguate all’attività delle start-up innovative, quali sistemi di accesso alla rete internet, sale riunioni, macchinari per test, prove o prototipi;

c)    essere amministrato o diretto da persone di riconosciuta competenza in materia di impresa e innovazione e avere a disposizione una struttura tecnica e di consulenza manageriale permanente;

d)    avere regolari rapporti di collaborazione con università, centri di ricerca, istituzioni pubbliche e partner finanziari che svolgono attività e progetti collegati a start-up innovative;

e)    avere un’adeguata e comprovata esperienza nell’attività di sostegno a start-up innovative.

I primi due requisiti sono quindi di natura strutturale, mentre quelli previsti alle lettere c) ed e) si focalizzano sulle competenze dei gestori. Con il requisito di cui alla lettera d), inoltre, si chiede la dimostrazione di un network di contatti con gli stakeholders, quale condizione fondamentale per la costruzione di un ecosistema adatto alla nascita e alla crescita delle start up innovative.

Il suddetto Decreto Ministeriale ha poi specificato, in materia di requisiti, che un incubatore certificato di start up innovative può offrire servizi a sostegno delle start up “anche in modo non esclusivo“. Lo stesso Decreto approfondisce, inoltre, il requisito dell’esperienza di chi gestisce l’incubatore specificando che essa va identificata “nei soci, negli amministratori della società e nelle unità di lavoro, collaboratori o professionisti che operano con continuità, equivalenti a tempo pieno (FTE)” in attività “dedicate in modo specifico al supporto e alla consulenza alle start-up innovative“.

Inoltre, in apposite tabelle allegate al Decreto Ministeriale, sono specificati i requisiti e i corrispondenti punteggi minimi che l’incubatore deve dimostrare per potersi iscrivere nella sezione speciale della CCIAA e acquisire lo status di “incubatore certificato”. Nello specifico:

–     La tabella A contiene i requisiti elencati alle lettere a, b, c, d, del comma 5 dell’art. 25 (DL 179/2012). In relazione a tali requisiti, il punteggio minimo richiesto è di 30 punti.

–     La tabella B si riferisce agli indicatori del requisito di cui alla lettera e) del comma 5 dell’art. 25 (DL 179/2012). In relazione a tali requisiti, il punteggio minimo richiesto è di 40 punti.

Da una lettura delle tabelle, appare molto importante per il legislatore il peso di requisiti di natura strutturale: agli incubatori vengono, infatti, attribuiti ben 10 punti ogni 400 metri quadrati di superficie destinati alle start up innovative. Inoltre, sono premiati gli incubatori che mettono a disposizione delle imprese incubate reti internet a banda larga e spazi adeguati alle sperimentazioni.

Infine, è da notare la particolare attenzione riservata al numero di posti di lavoro creati dalle start-up innovative, ospitate nell’incubatore, e al valore complessivo della produzione di queste ultime, che vengono valutati nella loro evoluzione temporale: nella tabella B, infatti, sono previsti due indici di variazione percentuale di tali grandezze rispetto all’anno precedente.

Il DM 21/02/2013 del MISE prosegue all’art. 3 con la disciplina relativa al monitoraggio: l’attività è affidata alle Camere di Commercio, che trasmetteranno al Ministero apposita reportistica in formato elettronico con cadenza massima semestrale. L’attività di monitoraggio consente al MISE di valutare l’adeguatezza degli incubatori certificati di start up innovative.

L’ultimo aspetto analizzato dal Decreto Ministeriale è quello dei controlli: gli incubatori certificati hanno l’obbligo di conservare per almeno 5 anni dal momento dell’iscrizione della Sezione Speciale del Registro delle Imprese gli atti e i documenti attestanti la veridicità delle informazioni fornite alla CCIAA.

L’iscrizione alla sezione speciale della CCIAA avviene mediate presentazione, in formato elettronico di un’apposita Autocertificazione attestante il possesso dei suddetti requisiti.

Napoli, 24/05/2013

Approfondimenti: il Crowdfunding in Italia

 Il crowdfunding  è un sistema di finanziamento “dal basso” che prevede il ricorso alla collaborazione della “folla” (crowd) per la raccolta di fondi finalizzata a sostenere la realizzazione di progetti, idee ed iniziative di vario genere. La raccolta viene effettuata attraverso appositi portali on line, delle vere e proprie piattaforme destinate all’incontro tra coloro che richiedono finanziamenti e coloro che li erogano.

Quello del crowdfunding è un tema di grande attualità: proprio oggi si chiudono infatti le consultazioni aperte un mese fa dalla Consob, sulla base delle quali verrà emanato il Regolamento in materia di crowdfunding previsto dal Decreto Sviluppo bis (argomento al centro di questo articolo pubblicato qualche settimana fa nel nostro blog).
Il Regolamento della Consob sul Crowdfunding farà dell’Italia il primo Paese europeo a dotarsi di una normativa nel settore, nella quale si prevede di dare grande rilevanza all’Equity crowdfunding: si tratta di un’occasione molto importante per dare un quadro di riferimento ai finanziamenti di nuove idee imprenditoriali. L’Equity crowdfunding è infatti il sistema di finanziamento dedicato alla partecipazione di investitori nel capitale delle startup: l’auspicio è che la normativa preveda un sistema chiaro, accessibile a tutti e che vada a preservare gli investitori meno esperti, garantendo al tempo stesso un quadro di riferimento che possa aumentare l’accesso ai finanziamenti per le nuove startup del panorama imprenditoriale nazionale.

Per capire meglio di cosa si tratta, analizziamo innanzitutto i diversi modelli di crowdfunding:

Reward-based: si tratta di donazioni in cambio delle quali si ottengono premi o riconoscimenti di varia natura, che possono essere materiali (come ad esempio il pre-ordine di un prodotto non ancora sul mercato) oppure intangibili (come un “grazie” sul sito web). Si tratta della tipologia di piattaforme di crowdfunding più diffuse, di cui il più noto esempio è Kickstarter.

Equity-based: è il modello basato su azioni finanziarie, che prevede l’acquisto di azioni del capitale di una startup. In genere la piattaforma stabilisce un periodo di tempo e una somma target da raggiungere, che viene suddivisa in migliaia di parti uguali corrispondenti alle singole offerte.

Microfinanza: si tratta di microprestiti in cui i servizi finanziari sono offerti a clienti con bassi redditi che normalmente non riescono ad accedere ai canali di finanziamento bancari, spesso gestito da un intermediario locale.

Social lending: è il prestito sociale o peer-to-peer, che avviene tra persone (senza l’intercessione di un intermediario finanziario) e a tassi di interesse più bassi rispetto a quelli del sistema bancario.

Donazioni: si tratta di piattaforme di raccolta fondi per il no profit, grazie al quale è possibile finanziare enti e associazioni o iniziative di utilità sociale e culturale.

In Italia la situazione del crowdfunding è stata recentemente analizzata in occasione di Crowdfuture, conferenza sul futuro del crowdfunding in Italia, durante la quale sono stati diffusi i dati di un report sulle piattaforme italiane di crowdfunding.
Dal Report si ricava prima di tutto la composizione del mercato del crowdfunding in Italia: si contano, al 10 aprile 2013, 21 piattaforme attive e altre due ancora in fase di lancio. La maggior parte delle piattaforme appartengono al modello Reward-based (12 piattaforme, corrispondenti al 52,2% del totale), seguono le piattaforme dedicate alle Donazioni (7, corrispondenti al 30,4%), due piattaforme Equity-based e due Social Lending (ciascuna corrisponde al 8,7%).

Tra le piattaforme Reward-based italiane, ritroviamo la partenopea DeRev, tra le startup vincitrici della nostra competition VulcanicaMente: è una piattaforma che si rivolge a progetti e idee innovative e creative che riescono a risolvere un problema o fornire un nuovo prodotto in grado di migliorare la vita delle persone e della comunità. Si tratta quindi di idee e progetti con una forte propensione al sociale, nella maggior parte dei casi in campo artistico e culturale.
DeRev offre un servizio di crowdfunding a chi fa parte della community, che può essere di varie tipologie (All or nothing, Keep it all e Fundraising, a seconda della presenza o meno di target prefissati in termini di durata e di somma da raccogliere), tutte afferenti al modello Reward-based in quanto prevedono una “ricompensa”.

Le altre piattaforme italiane di crowdfunding elencate nel report e afferenti al modello Reward-based sono: Boomstarter, Com-Unity, Crowdfunding-Italia, Eppela, Kapipal, Produzioni dal Basso, Starteed, Finanziami il tuo futuro, Kendoo, Cineama, Musicraiser.

Tra le piattaforme che si occupano della raccolta di Donazioni, invece, nasce a Napoli nel 2010 Fund For Culture, piattaforma on line nata allo scopo di promuovere l’innovazione sociale nel settore culturale. Il progetto si rivolge, quindi, da un lato a coloro che sono in cerca di fondi per realizzare un’iniziativa culturale e, dall’altro, al mondo dei donatori in Italia che vogliano sostenere la cultura nel territorio. Il crowdfunding messo in pratica da Fund For Culture è quindi a fondo perduto per gli investitori. La piattaforma Fund For Capital ha all’attivo il Kublai Award 2011 ed è stata tra i finalisti di Working Capital 2011.

Le Donazioni rappresentano il modello di crowdfunding con il rapporto più alto tra progetti presentati e finanziati: ben 130 progetti finanziati su 176, per un totale di 245.000 euro raccolti ed erogati grazie al crowdfunding.
Le altre piattaforme di Crowdfunding italiane che applicano il modello delle Donazioni sono: BuonaCausa, Iodono, Pubblico Bene, Retedeldono, ShinyNote, Terzo Valore.

Il report prosegue con le due piattaforme italiane dedicate al Crowdfunding Equity-based: si tratta, come abbiamo detto, del modello di raccolta dei capitali più idoneo per le startup, che in Italia è ancora relativamente poco diffuso rispetto ai primi due modelli analizzati. Abbiamo già accennato all’attuale situazione del sistema di Equity crowdfunding italiano, che è in attesa di regolamentazione: nel frattempo, il report evidenzia come ad oggi le piattaforme Equity-based siano le meno diffuse in Italia, anche dal punto di vista del numero di progetti ricevuti e finanziati. Le piattaforme Reward-based, infatti, hanno ricevuto 1.522 progetti e ne hanno finanziati con successo 242, mentre il Crowdfunding Equity-based ha finanziato 8 progetti sui 110 ricevuti, per un valore totale pari a due milioni di euro.

Le due piattaforme Equity-based attualmente operanti sul mercato italiano indicate dal report sono SiamoSoci (marketplace per startup non quotate in cerca di investitori, che attualmente collabora con Working Capital di Telecom Italia) e We Are Starting (piattaforma di recente creazione, nata nel marzo 2013).

Ultimo modello di crowdfunding attualmente presente nelle piattaforme italiane è quello di Social Lending, detto anche P2P (Peer-to-Peer). Il cosidetto prestito sociale ha finanziato circa il 35% dei progetti ricevuti, con 1.855 finanziati su 5.313 per un totale di oltre 10 milioni di euro.
Le due piattaforme italiane di Social Lending sono Prestiamoci e Smartika: la prima nasce nel 2010, ed è un marketplace in cui si incontrano Richiedenti e Prestatori.
Un aspetto molto importante è la diversificazione del portafoglio di progetti in cui ciascun prestatore investe, un meccanismo che consente di controllare al meglio il rischio.
Anche Smartika è strutturata come una piattaforma di incontro tra Prestatori e Richiedenti, e prevede un meccanismo di diversificazione del portafoglio di investimento simile a quello di Prestiamoci. Nata in origine come Zopa, la sua attività è stata interrotta nel 2009 dopo alcuni mesi di lavoro per problemi inerenti alla mancanza di Autorizzazioni. Da circa un anno, ottenute le Autorizzazioni in questione, il team di Zopa ha ripreso la propria attività con la piattaforma Smartika.

Il Report include anche l’analisi delle criticità del sistema di crowdfunding italiano: prima di tutto, evidenzia l’attuale situazione di scarsa chiarezza del quadro normativo, ma come sappiamo tale aspetto è attualmente in via di definizione. Si riscontra inoltre una mancanza di cultura del crowdfunding e difficoltà nella promozione e comunicazione delle piattaforme. Infine, l’attuale sistema di pagamento presenta delle difficoltà tecniche.

Ciò nonostante, si riconosce una grande vivacità nel mercato di crowdfunding italiano: si tratta di un sistema che sta maturando facendosi via via più complesso e articolato, ma mantenendosi comunque in una situazione di crescita controllata.
Si evidenzia inoltre una maggiore attenzione alla necessità di diffusione della conoscenza di questo importante strumento a fasce sempre più ampie della popolazione: lo dimostra l’aumento degli eventi sul crowdfunding in tutto il territorio nazionale.
Tutti questi aspetti fanno ben sperare per l’evoluzione e la diffusione del crowdfunding in Italia, visto da più parti come uno strumento fondamentale per la nascita di progetti basati sull’innovazione e sulla sostenibilità che possano guidare i nuovi imprenditori verso il futuro e il cambiamento: restiamo in attesa del Regolamento della Consob per capire quali saranno le evoluzioni.

Per saperne di più, il Report è disponibile al seguente link: http://www.slideshare.net/crowdfuture

Napoli, 30/04/2013

In arrivo il Regolamento sul Crowdfunding

La Consob ha pubblicato il 29 marzo il documento di consultazione sul Crowdfunding, così come previsto dall’art. 30 del cosiddetto “Decreto sviluppo bis”, il n. 179 del 18/10/2012. E’ possibile inviare osservazioni al documento fino al 30/04/2013.
Nato dalla constatazione di come il bisogno di liquidità sia una tra le più grosse criticità per la nascita di nuove imprese nazionali, il documento fa dell’Italia il primo Paese europeo ad avere una normativa in materia.
La bozza di regolamento disciplina l’Equity Crowdfunding, “l’accesso al pubblico risparmio da parte delle startup tramite portali on line“, che mira a sostenere la nascita di nuove start up innovative o l’ampliamento di quelle esistenti. Tra le aperture previste dalla normativa, è sicuramente fondamentale la possibilità di versare direttamente on line, e non più l’obbligo di versare materialmente solo al momento della costituzione della società. Ciò nonostante, la previsione specifica di riservare l’equity crowdfunding esclusivamente alle start up innovative e a quelle a vocazione sociale, così come previste dalla legge, rappresenta una forte limitazione, tanto da auspicare una prossima estensione della regolamentazione a tutte le tipologie di impresa.
Il documento pubblicato dalla Consob, composto di 48 pagine, si apre con una sezione dedicata al quadro legislativo di riferimento: in questa sezione, dopo una definizione del fenomeno in oggetto, si specifica chiaramente l’obiettivo della Consob di tutelare attraverso la regolamentazione gli investitori, in particolare quelli non professionali (retail), basandosi sul presupposto che le partecipazioni al capitale di imprese neo-costituite, peraltro in un settore incerto come quello delle tecnologie innovative, possono essere uno strumento finanziario particolarmente rischioso.
In seguito, la bozza definisce i protagonisti dell’equity crowdfunding: i gestori di portali on line e le start up innovative, così come previsti dalla normativa contenuta nel già citato decreto 179/2012.
La Seconda Parte del regolamento è dedicata innanzitutto alla normativa sulla pubblicazione di un apposito Registro dei gestori di portali on line negli elenchi della Consob, subordinata alla verifica del possesso dei requisiti di onorabilità e professionalità previsti dalla legge da parte della Consob stessa.
Sono previste inoltre una serie di regole di condotta per i gestori, relative in particolare alla trasparenza, all’informazione e agli obblighi di comunicazione. E’ dato ampio rilievo anche in questa sezione alla tutela degli investitori non professionali, attraverso specifiche previsioni sugli obblighi di correttezza per il gestore che assicurino parità di trattamento tra gli investitori e assenza di conflitto d’interesse. Le informazioni devono essere chiare, comprensibili, non fuorvianti, costantemente aggiornate e di facile reperimento.
In questa sezione della bozza di Regolamento sono identificati anche gli obblighi di informazione e comunicazione a carico delle start up, che dovranno rendere pubblici i dati necessari all’emissione delle azioni nell’offerta del portale (ad esempio, descrizione dell’emittente e del progetto, curriculum vitae degli amministratori).
La Parte Terza rappresenta il cuore dell’intero documento: essa è dedicata alla Disciplina delle Offerte tramite portali e prevede l’obbligo secondo il quale una quota di investimento pari ad almeno il 5% degli strumenti finanziari sia sottoscritta da investitori professionali: in mancanza di tale quota minima, non è possibile offrire azioni agli investitori non professionali. Questa regola è un prerequisito di garanzia per gli investitori retail, che possono beneficiare delle attività svolte in maniera professionale da investitori più esperti: ne consegue che per ciascuna start up dovrà obbligatoriamente esserci almeno un investitore professionale.
Al documento sono infine allegate le istruzioni per presentare la domanda di iscrizione nel Registro dei Gestori, la Relazione dull’Attività di impresa e sulla struttura organizzativa, le Informazioni sull’offerta.
Come accennato sopra, le Consultazioni terminano il 30 aprile 2013: sarà possibile inviare le proprie osservazioni tramite il SIPE – Sistema Integrato per l’Esterno oppure alla CONSOB – Divisione Strategie Regolamentari Via G.B. Martini, n. 3 – 00198 ROMA.
La bozza di Regolamento è consultabile sul sito della CONSOB al seguente link: http://www.consob.it/main/aree/novita/consultazione_crowdfunding_20130329.htm

Per ulteriori approfondimenti si rimanda, anche, all’articolo dell’ottimo Gianluca Dettori http://www.chefuturo.it/2013/04/il-crowdfunding-va-di-corsa-puo-essere-lanno-doro-delle-startup/

Napoli, 04 aprile 2013