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Tag: competenze

Ancora pochi giorni per partecipare a “Call for Youth”: percorsi formativi Digital per giovani under 30

La Fondazione Mondo Digitale, in collaborazione con Google, ha lanciato un’interessante iniziativa dedicata a giovani di età compresa tra i 15 e i 29 anni interessati ad acquisire e accrescere le proprie competenze nel mondo digitale: un’occasione importante per chi si affaccia nel mondo del lavoro attuale, sempre più incentrato su temi quali il digital manifacturing, l’innovazione, il gaming e la stampa 3D.

L’iniziativa è chiamata “Call for Youth” e consiste nella possibilità di partecipare a percorsi formativi su quattro tematiche:

– percorso per imparare ad usare la laser cut e la stampante 3D e gli strumenti tipici di un FabLab;
– attività di videomaking con animazione 3D ed effetti visuali;
game development e l’interactive storytelling;
– percorsi sulla tecnologia immersiva e la realtà aumentata.

I giovani che avranno accesso a Call for Youth potranno scegliere tra due diverse tipologie di percorso intensivo, entrambe della durata di una settimana:

PERCORSO ALL4ALL: La durata del percorso è di una settimana (da lunedì a venerdì) e i partecipanti seguono tutti e quattro i percorsi formativi previsti per un totale di 22 ore. Ogni giorno è previsto un laboratorio diverso per un percorso intensivo che tocca i vari aspetti dell’economia digitale.

PERCORSO ONE4ONE: Anche in questo caso, la durata è di una settimana (da lunedì a venerdì), ma ci si concentra su un solo percorso formativo a scelta (per un totale di 22 ore, comprese 16 ore di laboratorio).

Le lezioni si terranno nella sede della Fondazione Mondo Digitale a Roma (Via Quadraro 102 – Quartiere Tuscolano) a partire dal 2 marzo 2015: le iscrizioni sono aperte ancora per pochi giorni, fino al 15 gennaio.

Napoli, 13/01/2015

Consigli per startup: i 9 passi fondamentali per il successo di una nuova impresa

Laura Dornbush (AHA Strategic Partners), specializzata in Business and Personal Coaching, ha pubblicato attraverso LinkedIn un interessante contributo sul tema delle startup in cui elenca 9 passaggi critici da tenere in attenta considerazione per lanciare un’attività imprenditoriale di successo. Si tratta di un vero e proprio vademecum che i founder dovrebbero cercare di implementare passo dopo passo: vediamo più nel dettaglio i singoli step che lo compongono.

1) Smettere di mirare alla perfezione

La perfezione è soltanto un mito, non è la realtà: attendere che tutto sia perfetto serve solo a rallentare il momento della partenza. In più, bisogna sempre ricordare che “L’ottimo è nemico del bene“, vero più che mai anche quando si parla di startup e impresa.

2) Pianificare il successo

Per raggiungere il successo, in generale e a maggior ragione quando si tratta di startup, occorre prendersi tutto il tempo necessario per l’attività di pianificazione. i piani sono indispensabili per comprendere meglio il percorso da fare.
L’autrice cita in questo caso Benjamin Franklin: “Failing to plan is planning to fail“: quindi, non è possibile raggiungere la perfezione, ma è possibile e indispensabile costruire un piano solido per raggiungere il successo.

3) Fare le proprie ricerche

La ricerca è un aspetto imprescindibile per aspiranti imprenditori: amare ciò che si fa non basta, se non si conosce al meglio il settore, il mercato, tutto ciò che concerne il proprio business. La ricerca è un fattore chiave per capire se la strada che si sta scegliendo di percorrere con la propria startup è quella giusta.

Quindi, quando si sviluppa il business plan, è importante effettuare un’accurata attività di ricerca sul mercato di riferimento, sulla concorrenza, su prodotti e servizi complementari, etc. Infine, riguardo alla ricerca, non bisogna mai trascurare l’attività di documentazione dei risultati: si tratta infatti di dati e informazioni indispensabili sia per l’attuale pianificazione che per le future ricerche di cui la startup avrà bisogno nel corso degli anni.

4) Identificare i “core values”

Si tratta dei valori fondamentali della cultura aziendale, che rappresentano il cuore di qualsiasi attività e, in particolare, di una startup. Saranno indispensabili per affrontare eventuali crisi e periodi di stallo, per avvicinarsi ai clienti e costruire relazioni con loro, per scegliere le attività su cui concentrare il business.

In questo ambito Laura Dornbush consiglia ai founder di tenere sempre a mente che “si tratta di una maratona, non di uno sprint“: occorre lavorare in maniera continuativa per far sì che i clienti conoscano i valori dell’azienda e accrescano la loro fiducia, con la consapevolezza che i risultati arriveranno con il tempo.

5) Definire al meglio il target

La maggior parte delle startup sono convinte che il target di riferimento sia composto semplicemente da chi ha i soldi per comprare il loro prodotto/servizio: purtroppo, questo tipo di ragionamento porta a spendere male le risorse, attirando fasce errate di clientela e finendo per erodere i profitti.

L’autrice consiglia invece di prendere il tempo necessario per definire il target di mercato: partendo da aspetti demografici, occorre restringere sempre più il campo e identificare un target di clienti più possibile specifico. Si tratta infatti del modo migliore per assicurarsi di soddisfare al meglio i bisogni.

6) Trovare finanziamenti

Il sostegno finanziario, naturalmente, è indispensabile per una startup: spesso il rischio è quello di partire con una grande idea e un grande progetto, ma di arrivare a fine percorso senza i capitali necessari per il “salto” dalla fase di startup a quella di impresa consolidata.

Il primo passo che Laura Dornbush consiglia di fare è quello di impostare una rete di sostegno finanziario partendo da amici, famiglia, parenti e poi accedere alla banca. L’obiettivo deve essere quello di assicurarsi un flusso di cassa costante per svolgere le attività quotidiane, più un piccolo budget per eventuali spese impreviste.
Con il passare del tempo, la startup potrà poi avere accesso ad eventuali finanziamenti o prestiti.

7) Affidarsi all’outsourcing quando è possibile

Esternalizzare le attività è un passo indispensabile per assicurare il successo del business: una startup non può pensare di fare tutto da sola, anche perché alcune attività potrebbero togliere tempo prezioso per il core business.

Le aree che una startup dovrebbe esternalizzare sono, secondo l’autrice, soprattutto quelle relative agli aspetti contabili e amministrativi.

8) Assumere le persone migliori

La startup è fatta soprattutto delle persone che la compongono: ecco perché è importante assumere le persone migliori che ci si può permettere. Occorre quindi uscire, parlare con le persone, capire cosa sanno fare e come possono dare un contributo al progetto.

Inoltre, è importante guardare in maniera obiettiva le competenze dei componenti del team e assicurarsi di assumere persone che possono completarlo.

9) Creare una dashboard finanziaria

Molte aziende perdono soldi perché non hanno stabilito fin dall’inizio il proprio schema di riferimento per tenere sotto controllo gli aspetti finanziari del business: occorre invece creare la propria dashboard e aggiornarla in maniera precisa e puntuale nel tempo.

Secondo l’autrice, l’ideale sarebbe dedicare almeno 15 minuti all’aggiornamento settimanale della dashboard finanziaria della startup, per tenere sotto controllo gli aspetti fondamentali del business.

Per leggere il post originale: https://www.linkedin.com/pulse/9-critical-startup-steps-launch-your-dream-business-laura-dornbusch

Napoli, 22/12/2014

DigitalOn: da Aviva e Polihub, un’opportunità dedicata a startup e idee innovative per professionisti, imprenditori e PMI

DigitalOn è un’iniziativa dedicata ai progetti innovativi in ambito digitale a supporto di professionisti, imprenditori e piccole-medie imprese promossa dal gruppo assicurativo Aviva e da Polihub, l’incubatore del Politecnico di Milano.

Si tratta di un contest aperto ai migliori progetti innovativi con focus sul miglioramento della produttività di professionisti, imprenditori e PMI, con particolare attenzione alla protezione delle attività e all’assicurazione del business.
I progetti devono necessariamente essere basati sull’utilizzo di tecnologie digitali, quali Web, Mobile, Social, Internet of Things, Big Data, Cloud, etc.

La partecipazione a DigitalOn è aperta a:

– persone fisiche con un’idea innovativa (che possono presentarsi singolarmente o in team);
sviluppatori già a lavoro su un prodotto/servizio (anche in fase di test);
startup avviate da non oltre 5 anni;
imprese già consolidate, ma con un progetto innovativo nelle aree di interesse del contest.

L’iscrizione va effettuata esclusivamente attraverso il modulo di partecipazione on-line disponibile al seguente link: http://www.polihub.it/aviva-le-idee-innovative-per-limpresa-di-domani
La deadline è fissata per domenica 11 gennaio 2015 e i documenti dovranno essere allegati sia in italiano che in inglese. Inoltre, ciascun partecipante può candidare fino a un massimo di due progetti.

Un apposito Comitato di Valutazione (composto da docenti del Politecnico di Milano ed esperti executive di Aviva) selezionerà i 10 progetti finalisti sulla base di criteri quali: qualità e competenze del team, innovatività del progetto, attinenza ai concetti di protezione e tutela, mercato e potenzialità di business, fattibilità tecnica, efficacia del pitch.

I 10 migliori progetti avranno accesso ai due eventi previsti per la fase finale:

26 gennaio 2015: giornata a porte chiuse dedicata agli incontri one-to-one dei finalisti con docenti universitari e manager di Aviva, per approfondire la conoscenza dei progetti e per supportare i team nello sviluppo delle idee;

4 febbraio 2015: conferenza aperta al pubblico con la presentazione dei pitch alla giuria.

I progetti vincitori avranno la possibilità di essere ospitati per 12 mesi all’interno di Polihub, usufruendo del programma di accelerazione Startup Program del MIP – Politecnico di Milano. Inoltre, riceveranno il supporto di Aviva riguardo al raggiungimento degli obiettivi di business e potranno essere aiutati nella realizzazione e commercializzazione dei progetti sul mercato italiano e, potenzialmente, estero. Sono previsti, inoltre, momenti di incontro con i principali Venture Capitalist nazionali e l’accesso al network e ai canali di comunicazione di Aviva e Polihub.

DigitalOn prevede inoltre l’assegnazione di tre premi speciali:

– un viaggio a Londra per due persone, per incontrare il team digital di Aviva e partecipare ad un Hackathon;
– uno stage di sei mesi presso Avanade con possibilità di assunzione per i partecipanti più giovani (con rimborso spese mensile di 800 euro più ticket);
– un premio per la sicurezza da DELL Software & Security, consistente in un anno solare di protezione completa per una rete da 25 a 50 postazioni.

Per maggiori informazioni è possibile consultare il Regolamento integrale di DigitalOn disponibile a questo link: http://www.polihub.it/wp-content/uploads/2014/11/regolamentoDigitalOn.pdf

Napoli, 17/12/2014

Culturability 2014: dalla Fondazione Unipolis, contributi a fondo perduto e percorsi di incubazione per progetti di innovazione culturale e sociale

Il 1° dicembre si è aperta la call 2014 di Culturability – Spazi d’innovazione sociale, il Bando della Fondazione Unipolis dedicato al sostegno di progetti di innovazione culturale con un forte impatto sociale: in palio per i migliori sei progetti altrettanti premi del valore di 60.000 euro ciascuno, di cui 40.000 euro come contributo a fondo perduto e 20.000 in attività di incubazione e formazione.

La partecipazione a Culturability è aperta a:

organizzazioni senza scopo di lucro (tra cui associazioni, fondazioni, organizzazioni non governative, imprese e cooperative sociali) composte in maggioranza da giovani Under 35;

reti di organizzazioni non profit, anche per progetti in partnership con soggetti con sede all’estero, istituzioni ed enti pubblici, soggetti imprenditoriali, in cui le singole organizzazioni coinvolte prevedano un organo amministrativo, direttivo o consiliare composto in maggioranza da Under 35;

team informali di nuova composizione, in cui tutti i componenti abbiano età compresa tra i 18 e i 35 anni, che si impegnino a costituire un ente giuridico in caso di accesso alle selezioni finali.

I progetti ammissibili a Culturability dovranno essere caratterizzati da innovatività nei settori culturale e creativo e prevedere un forte impatto sociale in termini di welfare culturale, benessere individuale e collettivo, sviluppo civile ed economico del territorio: i criteri di valutazione dei progetti prevedono infatti particolare attenzione al valore culturale, all’innovazione sociale, alla coesione e inclusione sociale e alla sostenibilità economica e temporale.
Inoltre, l’intera iniziativa della Fondazione Unipolis è incentrata sul tema della collaborazione e della capacità di creare una vera e propria rete di innovazione sociale sui territori coinvolti.
Particolare rilievo, infine, assumono gli aspetti relativi allo sviluppo e creazione di lavoro e alle capacità, competenze e motivazioni delle organizzazioni e delle persone coinvolte.

La call for ideas resterà aperta fino alle ore 15:00 del 28 febbraio 2015: per partecipare è necessario innanzitutto attivare l’apposita procedura di registrazione on-line disponibile al link http://culturability.org/?page_id=16597, per poi procedere alla compilazione del form di iscrizione disponibile qui.

La prima fase di selezione terminerà entro il 10 aprile 2015, quando il team di esperti Unipolis sceglierà i 20 migliori progetti tra le candidature proposte.
La seconda fase è dedicata alla formazione e al supporto dei soggetti selezionati, che tra il 15 aprile e il 30 maggio 2015 potranno lavorare per migliorare i progetti originari. I progetti modificati dovranno essere inviati in forma definitiva entro il 30 maggio 2015.

I 6 progetti finalisti saranno infine selezionati entro il 15 luglio 2015: saranno questi ultimi a ricevere i premi finali del valore di 60.000 euro ciascuno.
Il contributo a fondo perduto, del valore di 40.000 euro, verrà erogato in due tranche: la prima all’atto di formale accettazione, la seconda a conclusione del percorso di incubazione.
Il percorso di incubazione sarà invece articolato in una serie di moduli formativi sugli aspetti più importanti per l’avvio e il consolidamento dell’iniziativa.

Per maggiori informazioni: http://culturability.org/

Napoli, 11/12/2014

Genopole Competition 2014: dalla Francia, il contest per startup biotech con innovazioni per ambiente, agricoltura e industria

Genopole è il leading biopark francese, con sede a Evry, che organizza ogni anno la Competition per startup innovative nel settore biotech. Quest’anno, la Genopole Competition è giunta alla sua quarta edizione e prevede la selezione di progetti innovativi incentrati sul biotech nei settori ambientale, agroeconomico e industriale (con l’esclusione del settore medico).

Possono partecipare persone fisiche o aziende con progetti innovativi in fase di startup, attivi da meno di tre anni, che abbiano intenzione di aprire una sede presso il bioparco Genopole.

I progetti candidabili saranno valutati sulla base di elementi di innovatività, sostenibilità economica, qualità e competenze del team proponente, contributo del progetto alle dinamiche del bioparco e potenziali sinergie con le altre imprese e laboratori ospitati a Genopole.

Le application dovranno essere inviate, in lingua inglese o francese, entro il 30 settembre 2014 compilando il modulo scaricabile al seguente link: http://www.genopole.fr/PARTICIPATE.html
Il modulo di iscrizione e la documentazione aggiuntiva dovranno essere inviati all’indirizzo concours@genopole.fr

La Giuria della Genopole Competition selezionerà i migliori progetti biotech che saranno invitati a partecipare al seminario “The path of business creator, previsto nel mese di novembre 2014: durante l’evento, i finalisti potranno presentare le proprie idee progettuali agli esperti presenti, svolgendo anche degli incontri one-to-one per ottenere feedback e consigli utili all’implementazione delle attività previste dal progetto.

I vincitori dell’edizione 2014 della Genopole Competition saranno annunciati durante l’evento finale previsto nel mese di dicembre: il primo premio ha un valore di 90.000€, di cui 30.000€ saranno erogati sotto forma di contributo (l’assegnazione del contributo è prevista solo in caso di creazione di una sede presso il bioparco). Inoltre, il primo classificato avrà diritto ad un percorso di accompagnamento personalizzato presso Genopole della durata di sei mesi.

La Giuria, inoltre, avrà la possibilità di assegnare a propria discrezione altri due premi del valore di 45.000€ ciascuno: i premi consistono anche in questo caso in un percorso di accompagnamento a Genopole della durata di sei mesi, affiancati dagli esperti del bioparco.

Per maggiori informazioni: http://www.genopole.fr/Competition-for-Biotech-Startups.html

Napoli, 31/07/2014

Team Management: come gestire le situazioni problematiche e creare una squadra che funzioni come un ecosistema

Patty McManus è senior consultant presso la Interaction Associates, società che si occupa a livello globale di leadership, collaborazione e team management. Di recente Fast Company ha pubblicato un suo articolo sulla gestione dei team “difficili”, elencando tre possibili tipologie di questi ultimi e definendo il così detto “Ecosystem team” con le caratteristiche e i passaggi fondamentali per costruire il team ideale.

Il team è sicuramente un argomento chiave per il successo di qualsiasi business, in particolare rappresenta il fulcro alla base di una startup in crescita. E’ quindi fondamentale che il leader (o founder) sia in grado di gestire e comunicare in maniera efficace con la propria squadra, imparando a mantenere il giusto equilibrio tra la posizione “di comando” e la vicinanza al team di lavoro.

Ci sono essenzialmente tre tipologie di team problematici, che McManus elenca nel suo articolo:

1) The War Zone

Questa tipologia di team si caratterizza per atteggiamenti come il guardarsi le spalle, la formazione di “fazioni” interne, le manovre nascoste. Si tratta di una situazione in cui i componenti sono particolarmente competitivi tra loro, e i leader si trovano costretti a tener conto di queste dinamiche per mantenere il controllo.

In situazioni di questo tipo, infatti, è difficile raggiungere un accordo e spesso i leader si trovano nell’impossibilità ad agire di concerto con il team per raggiungere gli obiettivi aziendali. A volte si è costretti a mandare messaggi contradditori al team, intaccando ancora di più le possibilità di lavorare insieme per le persone coinvolte.

2) The Love Fest

In questo caso, invece, tutti gli sforzi e le attenzioni del team sono finalizzate ad andare d’accordo: il rischio è che team di questo genere tendono all’isolamento, e ad auto-convincersi di sapere già tutto ciò che bisogna sapere per lavorare al meglio.

Uno degli aspetti più difficili in team di questo genere è la tendenza ad evitare problemi e conflitti per mantenere intatta l’armonia all’interno del gruppo.

3) The UnTeam

Si tratta di team che in realtà funzionano separatamente, in cui l’unico collegamento è il leader. Qui le riunioni e i meeting sono utilizzati come occasione di aggiornamento sullo stato dei lavori e la comunicazione è di tipo “top-down”. Hanno poche o addirittura nessuna prospettiva condivisa, anche relative ad aspetti più ampi come la vision aziendale, e spesso i membri vedono le riunioni come una perdita di tempo.

In situazioni di questo genere, le persone coinvolte possono anche andare d’accordo a livello individuale, ma non ci sono connessioni nè uno scopo condiviso.

Il Team come Ecosistema

La sana alternativa a queste situazioni difficili, secondo l’autore è il team visto come Ecosistema. Sappiamo che in natura, un ecosistema è in buona salute quando conserva la biodiversità grazie all’adattamento alle circostanze e alle minacce ambientali. Allo stesso modo, i team sani, soprattutto in una situazione economica dinamica come quella attuale, devono connsentire l’armonia e il rispetto tra componenti con valori e prospettive differenti.

Quando il team funziona come un ecosistema, le attività non restano bloccate perchè si lavora sui dati e sulle conoscenze individuali dei membri, trovando su queste basi delle soluzioni in comune accordo. Eventuali divergenze di opinione sono viste come sfide in cui cimentarsi e non come situazioni in cui combattere per far vincere la propria idea.

In queste situazioni, inoltre, la comunicazione è sana e rispettosa, non forzata, e funziona attraverso riunioni strutturate. Il processo decisionale è chiaro a tutti i componenti del team oltre che al leader, il quale tra l’altro non opera in maniera autoritaria ma con un processo equo ed equilibrato, in grado di intervenire per superare eventuali empasse. I problemi e i conflitti si risolvono in maniera semplice, contando su dinamiche basate sulla fiducia.

Per costruire un team di questo genere è necessario lavorare con impegno e attenzione, e con la collaborazione attiva del leader e di tutti i componenti del team. Inoltre, ci sono delle priorità sulle quali il leader dovrebbe concentrarsi, che Patty McManus individua nel suo articolo:

1) Gestire le differenze

Un leader efficace non rifugge all’idea di avere nel proprio team persone con competenze importanti ma con opinioni differenti: sa che, per mantenere rapporti civili e rispettosi, deve stabilire delle regole e impegnarsi a farle rispettare. Un vero leader lavora per creare uno “spazio sicuro” nel quale ciascuno possa esprimere le proprie idee, anche quando sono in disaccordo, offrendo un modello di comportamento basato sull’aspettativa che i conflitti vanno affrontati e risolti.

Il leader deve però essere sempre consapevole delle possibili reazioni dei membri del team di fronte ad eventuali conflitti e disaccordi: deve essere in grado di contenere tali reazioni ed invitare il team a riformulare le proprie opinioni in maniera differente, per favorire lo scambio di opinioni, anzichè soffocarlo.

2) Costruire una sana interdipendenza

Un vero leader sa che all’interno del team è importante creare sinergie utili: ciò non significa, però, che il leader debba essere responsabile di tali sinergie, nè che debba essere sempre presente a gestire e supervisionare tutte le comunicazioni all’interno del team.

Occorre invece saper creare le giuste interdipendenze, per le quali è indispensabile il sostegno reciproco tra i componenti della squadra di lavoro in termini di obiettivi, competenze e prospettive. Se questo tipo di interdipendenza costruttiva è assente, il leader deve provare a crearla favorendo lo scambio di input e il dialogo all’interno del team.

Uno strumento molto utile in questo senso è lo scambio di feedback: il leader deve assicurarsi che i membri del team si dicano direttamente ciò che pensano tra loro, senza scaricare le critiche tra colleghi sul leader. Il leader efficace favorisce la diffusione del feedback diretto all’interno del team.

3) Non “chiudersi” ai rapporti con l’esterno

A volte c’è il rischio che, nel tentativo di cementare il team, si ricada nell’errore di “isolarsi” troppo dalla realtà esterna. Invece, soprattutto per una startup, è fondamentale mantenere vivi i contatti con l’esterno e soprattutto con i potenziali clienti.

Bisogna quindi creare quella che McManus definisce una sorta di membrana semi-permeabile tra il team e il sistema esterno, ad esempio invitando alcuni ospiti ad assistere, in via informale, alle riunioni. In questo modo sarà possibile capire cosa pensa la gente dell’azienda e del lavoro che il team sta portando avanti.

Per leggere il post originale: http://www.fastcompany.com/3033275/3-types-of-dysfunctional-teams-and-how-to-fix-them

Napoli, 25/07/2014

Il CFO – Chief Financial Officer: chi è, di cosa si occupa e quando diventa necessario assumerlo in una startup

Jeff Thomson ha recentemente intervistato per Forbes Tridivesh Kidambi, CFO della startup tecnologica CallFire: il tema centrale dell’intervista è capire quando un’azienda necessita di un CFO e cosa significa essere CFO in una startup.

Il CFO (Chief Financial Officer) è il manager responsabile della gestione delle attività finanziarie di un’azienda. Negli ultimi anni la figura del CFO ha assunto un ruolo sempre più rilevante per una startup: il compito centrale del CFO è infatti quello di guidare le decisioni aziendali in maniera efficace, stabilendo su quali opportunità puntare e, di conseguenza, come impiegare il capitale e le risorse per massimizzare le probabilità di successo della startup. Uno dei compiti principali del CFO, quindi, sta nel guidare il focus dell’azienda e della strategia di business.

Interessante è anche la differenza tra il ruolo del CFO in una startup e in un’azienda già consolidata: basandosi sua esperienza, infatti, Kidambi afferma che il ruolo chiave di un CFO all’interno di una startup è quello di costruire l’infrastruttura organizzativa da zero. In un’azienda già consolidata, invece, si presuppone che tale infrastruttura sia già pronta e in grado di fornire le risorse necessarie in termini, ad esempio, di risorse umane, IT, sistemi e processi, etc.
Quando si è CFO di una startup, invece, occorre rimboccarsi le maniche e dare la migliore direzione possibile alla strategia aziendale, in modo tale da rendere il business scalabile e costruire sistemi e processi in grado di supportare la crescita futura.

Riguardo alle competenze necessarie ad un buon CFO per una startup, Kidambi afferma che sono fondamentali la capacità di comunicare in maniera efficace e la logica decisionale. Questo perchè, quando ci si occupa di aspetti finanziari, non basta costruire un modello finanziario integrato o prendere decisioni stratgiche in materia: occorre saper spiegare quali sono le motivazioni alla base di ciascuna decisione, e quali sono le implicazioni per ciascuno degli stakeholders coinvolti. Per guadagnare e mantenere la fiducia dell’organizzazione per cui lavora, infatti, il CFO deve saper essere onesto e trasparente sul come e sul perchè delle decisioni prese, e concentrarsi sull’approccio collaborativo che permetta a tutti gli stakeholders di raggiungere gli obiettivi alla luce del modello finanziario costruito per l’azienda.

Entrando più nello specifico della sua esperienza a CallFire, Kidambi spiega il rapporto con i founder della startup e cerca di aiutare i lettori a capire come individuare il momento giusto per assumere un CFO. Prima di tutto, nel rapporto tra CFO e founder risultano fondamentali la comunicazione e la trasparenza: bisogna sempre essere aperti al confronto con i founder, che conoscono la startup meglio di chiunque altro. Il ruolo del CFO è quindi quello di collaborare allo sviluppo di un progetto cercando di razionalizzare gli aspetti finanziari di un percorso che i founder hanno già in mente.

Riguardo invece al momento giusto per una startup di assumere un CFO, Kidambi afferma che all’inizio le responsabilità inerenti gli aspetti di gestione finanziaria sono condivise tra il team executive e quello finance. Quando, però, la startup inizia a crescere e raggiunge la scalabilità, anche le funzioni relative alla finanza, alla tesoreria, alla contabilità devono essere messe a fuoco in maniera più specifica e precisa. In questo caso diventa importante avere in squadra un CFO, che riesca a gestire gli aspetti finanziari di una startup preoccupandosi del successo futuro dell’azienda.

Il ruolo del CFO è ancora più importante in una situazione economica come quella attuale, caratterizzata da continui e repentini cambiamenti: chi si occupa degli aspetti finanziari dell’azienda deve infatti avere una visione a 360° su tutto ciò che accade nell’organizzazione, occupandosi inoltre di costruire connessioni tra le varie parti di cui l’azienda si compone, offrendo idee e soluzioni creative a sfide che a volte la startup non sa nemmeno di dover affrontare.

A differenza di quanto accadeva in passato, quando gli aspetti finanziari venivano presi in considerazione solo dopo aver preso le decisioni, la gestione finanziaria oggi è vista come parte integrante dell’azienda e del team, che tiene sempre in considerazione il punto di vista finanziario di qualsiasi questione. Il ruolo del CFO non è più quello di dire sì o no ad una decisione già ampiamente discussa, oggi il CFO viene interpellato fin dall’inizio.

Per essere un buon CFO per una startup, Kidambi consiglia di impiegare tempo e buona volontà ad imparare più possibile sul settore di riferimento dell’azienda. Bisogna imparare a capire il punto di vista degli operatori del settore e, solo a questo punto, si può dimostrare loro quanto gli aspetti finanziari possano avere un impatto positivo sulla loro attività. La fiducia e il rispetto dei founder sono assolutamente imprescindibili per il CFO.

Infine, Kidambi dà un consiglio ai giovani che vorrebbero diventare CFO in una startup: dire sempre di sì. Anche se la richiesta è totalmente estranea ai propri compiti, o in generale non rientra negli aspetti strettamente finanziari, potrebbe trasformarsi in un’opportunità per costruire la fiducia con qualcuno all’interno del team, o potrebbe essere la base per creare una connessione significativa. Occorre imparare il business, non fermarsi ai numeri: il contributo di un buon CFO va infatti al di là del bilancio, ma può essere un modo per costruire l’azienda e plasmare il business.

Il post originale è disponibile qui: http://www.forbes.com/sites/jeffthomson/2014/07/15/why-a-startup-cfo-is-like-a-personal-trainer/

Napoli, 15/07/2014

Consigli alle startup: un imprenditore impara tanto dai successi quanto dai fallimenti

Con migliaia di startup in tutto il mondo a lavorare a nuovi prodotti, non c’è da meravigliarsi se il 75% delle nuove aziende fallisce. In realtà il fallimento delle startup ha anche un suo lato positivo, in quanto aiuta l’ecosistema globale: startupper e imprenditori possono infatti imparare tanto dai successi, quanto dai fallimenti. La cattiva gestione, il marketing inefficace e i problemi del team sono soltanto alcuni dei tanti possibili motivi per cui una startup fallisce.

E’ possibile che si sia fondata una startup con gli amici di sempre, che però non hanno competenze complementari, oppure che si sia fondata una nuova impresa con persone aventi competenze totalmente complementari tra loro, ma che non sono in grado di comunicare efficacemente all’interno del team“: questa è una delle possibili cause di fallimento di una startup, raccontata da Cassandra Phillips, founder di Failcon, dove gli startupper che hanno affrontato il fallimento condividono ciò che hanno imparato con altri founder.

In un recente articolo pubblicato su Entrepreneuer, il giornalista ed esperto di Digital Media John Boitnott raccoglie le storie di 4 startup che sembravano essere sulla strada del successo, ma non sono mai riuscite a decollare e alla fine sono incappate nel fallimento: vediamo cosa può imparare uno startupper da ciascuna di esse.

1) Gowalla

Milioni di persone hanno apprezzato questo social network location-based nato nel 2007 e fallito cinque anni dopo. I problemi hanno bloccato la crescita di Gowalla prima che riuscisse a raggiungere le masse: l’ingresso sul mercato di Foursquare ha infatto rubato la scena a Gowalla.

Il problema principale di Gowalla era il check-in troppo difficile da usare: Gowalla si stava imponendo come mobile web app prima che la tecnologia degli smartphone fosse abbastanza diffusa tra il grande pubblico, per cui l’entusiasmo degli utenti si è spento ben presto lasciando Gowalla nel dimenticatoio.

Nonostante un round di finanziamento da 8,3 milioni di dollari in fase di startup, Gowalla è stata acquisita da Facebook per 3 milioni di dollari: anche un’acquisizione può essere un fallimento.

Il consiglio che è possibile trarre dalla storia di Gowalla è quello di non competere mai con un gigante. Mettersi contro Facebook significa affrontare una strada in salita.
Inoltre, bisogna assicurarsi che la tecnologia sia diffusa abbastanza da consentire agli utenti di utilizzare il tuo prodotto. L’autore del post si chiede cosa sarebbe successo a Gowalla se fosse entrata sul mercato più tardi, quando la app mobile hanno guadagnato parecchio in termini di traction grazie alla maggior diffusione degli smartphone e all’avanzamento della tecnologia.

2) Pay By Touch

Nonostante un lungo elenco di investitori, questa startup che sfruttava le impronte digitali per i pagamenti mobile non ha mai raggiunto il successo. A causa di accuse di frode ed altri problemi legali, il founder ha dovuto dichiarare bancarotta a fine 2007. Nonostante avesse raccolto milioni di dollari in equity, il founder aveva troppe spese e troppi problemi anche per pagare i suoi dipendenti. Un motivo potrebbe essere che le persone erano troppo abituate ad usare le carte di credito e di debito per affidarsi ad una nuova tecnologia di questo tipo.

Secondo Boitnott, il problema di Pay By Touch sta nell’aver proposto una soluzione innovativa ad un problema inesistente: si tratta di uno dei problemi più comuni con cui va a scontrarsi una startup. A volte i founder credono che la loro idea, il prodotto, la tecnologia sia così “cool” e all’avanguardia che la gente deciderà di usarla: in realtà, perché un nuovo prodotto venga effettivamente utilizzato, occorre creare qualcosa di cui le persone non possano fare a meno. Oltre la metà dei fallimenti di una startup, secondo l’autore, sono imputabili a questa causa.

3) RealNames Corporation

Fondata nel 1997, consente agli utenti di Microsoft Internet Explorer di utilizzare un sistema di denominazione basato su parole chiave per registrare domini direttamente dalla address bar del browser Microsoft Internet Explorer. Tutto ciò senza dover appartenere a domini di primo livello, come “.com” e “.net”.

L’azienda ha raccolto oltre 130 milioni di dollari di finanziamenti, ma ha chiuso i battenti nel 2002 a seguito della decisione di Microsoft che ha reindirizzato le oltre 1 miliardo di pagine per trimestre di RealNames direttamente sul motore di ricerca MSN.

Il problema che ha portato al fallimento di RealNames è stata quindi la totale dipendenza della propria sopravvivenza dalle decisioni di un colosso del settore come Microsoft. Non bisogna mai far dipendere la propria società da qualcun altro.

4) Pets.com

Si trattava di una famosa aziendache vendeva on-line prodotti per la cura degli animali, in attività dal 1998 al 2000. L’azienda aveva effettuato investimenti milionari in campagne di marketing, tra cui un annuncio durante il Super Bowl. I founder erano convinti di poter raggiungere il successo grazie ad una nicchia di mercato.
Ma il grosso problema era il costo delle spedizioni, che erano troppo elevati, soprattutto per i prodotti di fascia di prezzo più elevata. Le vendite di Pets.com diventarono presto troppo complicate.

Il consiglio da imparare da questo fallimento secondo l’autore è che occorre essere sempre brutalmente onesti sui progressi della propria startup: molto spesso, infatti, i founder hanno paura di chiedere aiuto, o lo fanno troppo tardi. Le cose, invece, sarebbero molto più facili se si riuscisse ad essere più onesti fin da subito con se stessi e con il proprio team.

L’articolo originale è disponibile a questo link: http://www.entrepreneur.com/article/235028

 

Se sei un aspirante startupper, con un’idea imprenditoriale innovativa e con la voglia di iniziare la tua avventura nel mondo delle startup, puoi ricevere altri consigli e suggerimenti utili lunedì 14 luglio 2014: il CSI – Centro Servizi Incubatore Napoli Est ospita infatti l’evento gratuito dedicato allo storytelling e al networking per startup e imprese Tip & Tricks for startupper!

Per partecipare a Tip & Tricks for startupper basta registrarsi compilando il form disponibile a questo link: https://www.incubatorenapoliest.it/event/t-and-t-for-startupper/

Napoli, 07/07/2014

360by360 Competition: da 360 Capital Partners, in palio 360.000 dollari per startup italiane nei settori Digital, Industrial & Cleantech e Medical Devices

Resterà aperta fino al 15 ottobre 2014 la call for ideas per l’edizione 2014 di 360by360 Competition, iniziativa promossa da 360 Capital Partners per valorizzare l’ecosistema italiano dell’innovazione grazie al supporto (sia finanziario che operativo) per le migliori startup nazionali.

La partecipazione è aperta a persone fisiche, team di progetto, startup e imprese già esistenti: i proponenti non ancora costituiti in forma societaria si impegnano a costituirsi entro 30 giorni dall’eventuale proclamazione a vincitori della Competition. Requisito fondamentale per la partecipazione è che i progetti imprenditoriali abbiano sede operativa e legale societaria in territorio italiano: gli organizzatori intendono infatti lavorare per la crescita dell’ecosistema startup Made in Italy. Non sono invece previsti limiti di età per presentare la propria candidatura.

I settori di riferimento dei progetti partecipanti a 360by360 Competition sono essenzialmente tre: Digital, Industrial & Cleantech e Medical Devices (il Regolamento specifica che sono esclusi i progetti in ambito Biotech e Pharma).

Per partecipare alla call occorre compilare il form di iscrizione disponibile al seguente link: http://360by360competition.com/presenta-il-tuo-progetto/

Il form va compilato on-line entro la deadline fissata per il 15/10/2014, e al modulo vanno allegati una presentazione della startup ed un video-pitch della durata di circa 3 minuti (in lingua inglese).

Tra i progetti pervenuti durante la prima fase (call for ideas) la Giuria selezionerà i migliori 16, sulla base di una serie di criteri tra cui le competenze dei componenti del team, lo stadio di sviluppo del prodotto/servizio, il grado di innovazione, la dimensione del mercato di riferimento e i ritorni economici previsti.

Nella seconda fase, prevista dal 15 novembre al 10 dicembre 2014, i progetti pre-selezionati dovranno presentare l’eventuale documentazione aggiuntiva richiesta dalla giuria e partecipare ai colloqui di approfondimento con il team di 306 Capital Partners.

La terza e ultima fase di 360by360 Competition consiste nell’evento finale di premiazione previsto per il 21 gennaio 2015: ciascuna delle 16 startup finaliste avrà a disposizione 15 minuti per presentare il proprio progetto alla Giuria di esperti (10 di presentazione e 5 di Q&A). Al termine dell’evento saranno annunciati i vincitori.

360 Capital Partners prevede per il vincitore della 360by360 Competition un premio consistente in un investimento pari a 360.000 dollari: si riserva inoltre la possibilità di premiare con investimenti di varia entità anche altre tra le startup partecipanti.

Napoli, 24/06/2014

Consigli per startup: cinque elementi fondamentali per costruire un business di successo

John Orcutt è CEO di Pie Digital ed esperto di startup tecnologiche in Silicon Valley, con oltre 25 anni di esperienza in grandi aziende americane. Recentemente ha pubblicato un articolo per il magazine on-line WeWork, incentrato sul tema dei segnali che lasciano trasparire che una startup è sulla buona strada per raggiungere il successo sul mercato.

Naturalmente esistono alcuni indicatori per misurare il successo di un business, come il dimensionamento del mercato o il rispetto della tempistica prevista nel business plan: ma oltre a questi indicatori, l’autore indica altri cinque elementi comuni che nella sua esperienza ha riscontrato nelle startup di successo.

1) Il talento giusto

In qualsiasi settore, per qualsiasi tipo di attività, il punto di partenza migliore è avere il talento giusto nel team. Ecco perchè è importante controllare attentamente il “track record of success” del candidato (valutando il CV prestando particolare attenzione ai risultati tangibili e misurabili ottenuti dal candidato), e valutando aspetti come l’energia, la passione e “la chimica”: bisogna tener conto anche della prima impressione, dell’intuito che ci consiglia se il rapporto lavorativo può avere successo.

Alcune domande utili da porre al candidato prima dell’eventuale assunzione possono riguardare, inoltre, la motivazione e la gestione del tempo (il suo impegno si ferma all’orario lavorativo, o utilizza il tempo libero per aggiornarsi e migliorare le sue competenze?). Infine, bisogna sempre valutare come la persona potrebbe integrarsi nel team e se sarà possibile avere un buon rapporto lavorativo a livello di squadra nel lungo periodo.

2) Un problema ben definito

Un’altro aspetto fondamentale per una startup è la ricerca necessaria a comprendere in maniera efficace il problema che si propone di risolvere. Bisogna raccogliere tutto ciò che gli utenti hanno da dire su come hanno provato ad affrontare e risolvere il problema, reclutare dei clienti per effettuare i test avendo cura di costruire un campione rappresentativo da un punto di vista geografico e demografico ed intervistare tutti.

In alcuni casi è utile incontrare di persona alcuni test users: l’esperienza “nel mondo reale”, quella che Steve Blank definisce con l’espressione “get out of the building”, è di cruciale importanza per una startup impegnata a creare una soluzione innovativa. Una volta effettuati i test è poi necessario effettuare un’accurata business analysis per assicurarsi che il problema sia abbastanza diffuso ed importante per i potenziali clienti, tanto da valere un investimento di tempo, denaro, risorse per risolverlo.

Ancora, bisogna occuparsi di definire le dimensioni del mercato: quante persone hanno quel problema da risolvere o obiettivo da raggiungere? E quanti sarebbero disponibili ad adottare il vostro prodotto o servizio come soluzione? Il mercato è grande abbastanza da sostenere il vostro sforzo? Una startup deve riuscire ad individuare un target ben definito di persone da raggiungere con il primo tentativo di release, per poi occuparsi in seguito di aumentare la dimensione del target di riferimento in fase di crescita.

3) Metriche chiare

Come si fa a capire se si è sulla strada giusta? Come è possibile misurare, confrontare, valutare i risultati? Per rispondere a queste domande, Orcutt fa riferimento alle metriche. Scrivere le metriche fin dall’inizio, già in fase di ricerca e poi di analisi, rappresenta il metodo migliore per una startup che ha bisogno di definire il problema e di identificare le migliori soluzioni oggi e in futuro.

Le metriche vanno quindi impostate fin da subito in maniera tale da assicurare alla startup che si stanno affrontando i problemi nel modo migliore per avere successo con il proprio business. Le metriche vanno utilizzate fin dall’inizio e per tutta la durata del processo, dalla ricerca alla produzione. Per le startup tecnologiche, inoltre, è facile costruire degli indicatori e degli strumenti di misurazione a basso costo o gratis, attraverso delle applicazioni ad hoc: una ragione in più per inserirle fin dall’inizio della vita di una startup.

4) Prototipazione rapida

Il consiglio è quello di procedere prima possibile a lanciare un prototipo sul mercato: per pivot, modifiche e aggiustamenti c’è sempre tempo. Utilizzare prima possibile i prototipi in fase di test consente alla startup di ottenere ottimi risultati in tempi rapidi.

I prototipi possono essere di vario tipo, più o meno realistici: semplici schizzi, immagini, mockup, simulazioni interattive. Il consiglio dell’autore è quello di investire un po’ di tempo per selezionare gli strumenti di prototipazione più adatti al proprio prodotto/servizio e alle proprie esigenze.

5) “Iteration is a way of life”

Per le grandi società già consolidate sul mercato, ciò che conta è seguire un piano di business ben collaudato raggiungendo i migliori risultati possibili a livello di execution. Per una startup, al contrario, il focus è sulla ricerca del miglior modello di business su cui basare la produzione e, in seguito, impegnarsi per scalare.
In una situazione di questo genere, quindi, la strada da seguire è quella basata su ciò che Orcutt definisce un “ciclo virtuoso” di iterazione rapida e miglioramento del prodotto. Il team deve muoversi continuamento in un processo fatto di testing, controllo delle metriche, ridefinizione e poi di nuovo testing.

Collegandosi a ciò che scrive Eric Reis in The Lean Startup, la strada giusta è quella di iniziare con un prototipo semplice per iniziare ad affrontare i dubbi sul se e come il prodotto deve essere costruito, se sarà sostenibile e quali sono i cambiamenti necessari da apportare per raggiungere tale sostenibilità.
Insomma, bisogna costruire prototipi sempre più dettagliati fino a giungere a un minimum viable product da lanciare.

In conclusione, Orcutt si dice convinto che sicuramente per una startup conta molto anche una buona dose di fortuna: ma le probabilità di successo possono sicuramente crescere grazie al lavoro del team e all’attenzione per i cinque elementi di successo presi in considerazione.

Il post originale è disponibile qui: http://www.wework.com/magazine/knowledge/5-signs-startup-right/

Napoli, 10/06/2014

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